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Capitolo 1: L'inizio del viaggio

[1700 d.C. ; Tortuga, Haiti]

Il porto di Tortuga era immerso nel calore ardente di quella mattina d'estate, con il sole deciso a fare lo scalpo a chiunque avesse abbastanza palle da allontanarsi dalla fresca ombra delle palme.
Imponenti vascelli con le vele issate dondolavano nelle acque dell'isola. I moli erano un viavai di marinai che scaricavano casse dai ponti nelle navi, con una brezza tiepida che soffiava da sud-est e il cielo blu attraversato dal volo dei gabbiani.

<< Il viaggio durerà circa un anno. La paga fa schifo, il lavoro è impossibile, e il capitano è insopportabile. >>
E proprio a Tortuga, quella maleodorante isola di perdizione, tanto problematica quanto pericolosa, che un affabile quartiermastro, stava reclutando dietro al bancone, con una marmaglia di teste rasate o tatuate che ascoltava le presunte "buone" notizie, alquanto restie per convincere gli energumeni ad imbarcarsi sulla Sea Horse.
In mezzi ai marinai assetati e ai musicisti stonati, spiccava un ragazzo di circa vent'anni, con in mano un bicchiere di rhum.
I capelli castani arruffati e disordinati dalla brezza del mattino, erano legati in un codino basso, con un foulard nero di medio spessore a coprirgli naso e bocca, ma erano gli occhi ciò che attirava più sguardi: il sinistro era dello stesso colore dell'ocra, di un marrone così chiaro e lucente, da sembrare quello di un felino.
Il destro, invece, portava un colore tanto inusuale quanto raro. Un grigio metallico, cinereo. Un grigio che rappresentava la morte stessa, che poche volte l'uomo ha avuto la sfortuna di vedere.

Seduto ad un tavolo di quella sudicia locanda, il giovane sollevò di poco il foulard, svuotando il bicchiere, e sentendo l'amaro liquido percorrergli la gola e scaldargli lo stomaco.
<< Ehi! Queste sarebbero buone notizie? E sentiamo, quartiermastro dei miei stivali, quali sarebbero le cattive? >>
Fu un energumeno intorno ai quarant'anni, con il cranio rasato e il pizzetto biondo a parlare.
L'espressione tra il rabbioso e lo sconcerto, unito al tono alto della voce, non rendevano abbastanza per esprimere la sua faccia.
Il quartiermastro, ordunque, chiuse gli occhi, alzandosi solennemente, con le dita che premevano tra il legno ruvido del tavolo, e la carta filigranata del foglio, prendendo un respiro profondo e dando alfine il verdetto richiesto.
<< Niente dolce la domenica. Il cuoco si è licenziato l'altro ieri. >>

Un brusio generale si leva tra i marinai davanti al bancone, quando il ragazzo si alza dal suo tavolo, rompendo il bicchiere di vetro nella mano e procedendo a passo spedito verso il quartiermastro, che lo guardava con il sopracciglio destro alzato.
<< Dove devo firmare? >> Disse soltanto, facendo stupire il quartiermastro, che fissava con occhi sgranati, le pupille bicolore del giovane moro davanti a lui.
<< Che mi venga un colpo. Ha fretta di salpare, vedo. Mi piace. È sempre interessante vedere tanto entusiasmo in un marinaio, soprattutto in così giovane età come lei. >>

L'uomo alzò il cappello, mostrando due buchi neri nelle pupille, in contrasto con il biondo pizzetto curato. Il sorriso largo fino alle orecchie gli donava un aria furba e affabile, cosa che probabilmente attirava parecchie donne intorno a lui.
Velocemente, il quartiermastro prese la penna, con la punta già intrisa di inchiostro e la porse al giovane, mostrando numerosi calli e piccole cicatrici lungo tutte le dita, segno del duro lavoro sulla nave.
<< Spero che riusciremo ad andare d'accordo, signor... A proposito, non mi ha ancora detto il suo nome. >>
Il moro impugnò la penna, guardando la punta nera con espressione vuota. Mise mano alla carta, tenendola ferma, e scrivendo velocemente il proprio nome su di essa, restituendo poi l'oggetto al quartiermastro, con espressione indifferente.
<< Chiamatemi Thorn. >>

In dieci minuti, i due erano fuori dal Cannocchiale Del Capitano, con la brezza marittima che gli soffiava in faccia tutta la salsedine di Tortuga, e la pietra dello sterrato irregolare che procedeva spedita sotto ai loro piedi.
Il giovane, teneva sulle spalle un modesto sacco di medie dimensioni, procedeva a passo spedito dietro al quartiermastro che intanto, canticchiava un motivetto a bocca chiusa.
<< Siete un bel tipo, Thorn. Con voi ci sarà da divertirsi. Immagino che già sappiate che su una nave mercantile, c'è poco tempo per ridere. Aggiungendo il fatto che la Sea Horse, è anche una baleniera... >>
Il moro mugugnò con fare assente, accelerando leggermente il passo, stringendo la corda della suo sacco.
<< Lo so bene. Non metto in dubbio la quantità di lavoro, poiché lo si può notare dal numero di calli e ferite sui suoi palmi. >>
Il biondo si fermò un istante, e guardandosi le mani con espressione interrogativa, alzando poi il suo sguardo verso il moro e fissandolo con stupore sul proprio volto. << Vedo che ha l'occhio attento, signor Thorn. Spero che riuscirete a farne buon uso. Ne avrete bisogno... >>
Durante la breve passeggiata lungo i moli, si udivano ordini urlati a squarciagola, pesi mastodontici che venivano scaricati o imbarcati per mano di pochi uomini, qualche corda e numerose carrucole che facilitavano quel poco che bastava a sollevare il carico.
Tutto questo riempì le orecchie del moro, che proseguiva a passo spedito, dietro al suo nuovo quartiermastro.

<< Ha fatto buona pesca, signor Alcott? >>
Una voce squillante e decisa, attirò lo sguardo del giovane, alzandolo verso un uomo che si sporgeva ben poco dal bordo della Sea Horse.
Due occhi di un azzurro freddo e glaciale squadravano il moro, contrastando con forza la barba rosso scuro, simile alla ruggine sul metallo, o al fuoco dell'inferno, con una pipa in mogano intagliato, che spuntava dalla piccola apertura visibile della bocca.
Il biondo sferrò una pacca sonora alla spalla del giovane accanto a lui, sfoderando un sorriso a trentaquattro denti, e un espressione compiaciuta al suo superiore. << Non potevamo chiedere di meglio, signor Wright! Ho qui uno squalo ansioso di prendere il mare. >>
L'uomo fece un cenno d'assenso, prendendo in mano la pipa e togliendola dalla bocca, voltandosi verso il ponte, semi gremito di marinai. << AVETE SENTITO? TUTTI AI POSTI DI MANOVRA! ISSARE LE VELE, LASCARE LE TERZAROLATE! >>

Proseguendo di pochi passi, fino a raggiungere l'albero maestro, voltandosi poi leggermente verso il mare. Supremo, indomabile, eterno. Queste furono le prime parole che vennero in mente al nuovo arrivato a bordo della Sea Horse.
Finché i suoi pensieri, non vennero malamente interrotti da un grido rabbioso proveniente dalla cabina del capitano. << ALCOTT! UN ALTRA BOTTIGLIA, SUBITO!!! >>
Il quartiermastro, sceso in sottocoperta, riemerse pochi minuti dopo, con una bottiglia di un verde scuro in mano, e un espressione tra l'esasperato e la rassegnazione.
L'occhio gli capitò per un istante sul giovane, rivolgendogli un sorriso sconsolato e un occhiolino. << Sì, capitano. Arrivo subito. Scusalo, dopo uno strano... Incidente, ha dato di matto e si è rinchiuso nell'alcol. Ci farai l'abitudine. >>
Aggiunse infine, prima di raggiungere la porta della cabina a grandi falcate, bussare sul legno di mogano della porta e entrare, sparendo dietro di essa.

<< Coraggio, signori! Abbiamo un carico da consegnare e una tabella di marcia da seguire. Regolare l'abbrivio! Rotta sud-sud-ovest! Utilizzeremo il vento di mezzogiorno per velocizzare i tempi. >>
Il moro si volse tranquillamente, vedendo il suo superiore con la pipa in bocca, mentre si dirigeva al timone, con ogni membro dell'equipaggio che scattava verso la propria postazione.
<< Giovanotto, non mi sembra che il capitano gli abbia permesso di battere la fiacca. Vada in sottocoperta. Più tardi, il signor Cotton le mostrerà la sua branda, e le illustrerà gli orari di sveglia e dei pasti. >>
Il ragazzo abbassò il capo, gettando lo sguardo sulle cime, e ai marinai che si muovevano come scimmie tra le vele e griselle. Si fermò a pochi passi dal centro del ponte, afferrando una grata in legno massiccio e sollevandola quanto bastava, cominciando a scendere per una piccola scaletta, tenendo il palmo stretto ad un anello di metallo, sparendo sottocoperta, lasciandosi alle spalle la brezza piacevole e il calore del sole, che presero posto ad un oscurità incerta, falciata via in parte dai boccaporti e dalle lanterne appese qua e là.

Buttò a terra il suo sacco, abbassando un poco il suo foulard e inspirando a pieni polmoni l'aria che entrava dal boccaporto più vicino. Aprendo poi il suo bagaglio, tirò fuori un quaderno rilegato in pelle, molto logoro e temprato dallo scorrere del tempo, con uno strano marchio su di essa, quasi invisibile, per colpa dei solchi profondi che lo attraversano. Insieme all'oggetto, prese anche una boccetta di vetro, contenente inchiostro rosso, e una penna d'oca leggermente sgualcita.
Il ragazzo buttò gli occhi sulla pagina giallastra e pulita, quasi desiderosa di essere riempita, e con decisione cominciò a far danzare la punta della penna sul foglio, lasciandosi dietro una linea curva e sinuosa, di uno scarlatto acceso.
Nonostante il ciondolare della nave, il moro non provava disturbo o problema durante la sua azione, sollevando gli occhi solo per qualche istante sulla città di Tortuga, riportandoli subito dopo sul foglio, tra un abbozzo al suo lavoro e l'immergere la punta della penna nella boccetta.
Chiuse gli occhi per un momento, pulendosi una goccia di sudore dalla fronte, prendendo un respiro profondo e guardando il disegno scarlatto che riempiva il foglio, scrutando con attenzione alcuni punti, e alzando poi gli occhi verso Tortuga e sorridendo un poco sotto il foulard. << Direi niente male, come inizio di un viaggio. >>

Un rumore di passi lo distolse dal panorama visibile dal boccaporto, congiungendo con un omone intorno al metro e settanta, con due baffoni color del mogano che gli coprivano interamente il labbro inferiore e due occhietti vispi che lo scrutavano nell'animo.
Le braccia ricoperte di colonne di nomi minuziosamente scritti, che raggiungevano il dorso delle mani. Il grembiule sporco e bucato era sovrastato dall'enorme pancione che veniva a stento coperto dalla camicia, macchiata dal sudore. << Oh, eccoti. Tu devi essere il nuovo arrivato. Piacere di conoscerti, sono Benjamin Cotton, il nuovo cuoco della Sea Horse. Dammi pure del tu. >>
Disse lui, grattandosi l'accenno di barba sul mento paffuto, mentre tendeva la mano sudaticcia, probabilmente per colpa del calore continuo della cucina.
Ripulendo con uno straccio la sua penna, il moro lasciò il libro aperto vicino al boccaporto, cosicché potesse asciugare l'inchiostro, risistemandosi il foulard e stringendo il palmo al cuoco, guardandolo quasi con simpatia. << Thorn. Piacere di conoscerti, Cotton. Spero che andremo d'accordo. >>
Il cuoco sorrise contento, girandosi su sé stesso, usando la stampella di legno sotto l'ascella, con destrezza e velocità, diramandosi fra le amache appese o le brande distese per terra. << Spero che tu non ti faccia problemi ad aiutare un povero zoppo come me. Per via della gamba, ora svolgo il mio lavoro in cucina, e devo dire che non mi dispiace, sebbene un po' d'aiuto non farebbe mai male. >>

Il moro lo seguì tranquillamente, facendo cenno positivo alla frase dell'uomo, guardando poi dove il cuoco gli stava indicando: una semplice amaca appesa ai suoi estremi, con dei ganci arrugginiti che la tenevano sospesa, un lenzuolo bucherellato di lino come coperta, e un sacchetto pieno di paglia come cuscino. << Purtroppo non abbiamo altro. Se vuoi spostare la branda altrove, dimmelo così lo riferisco al nostromo e siamo a posto. >>
Subito dopo quella frase, il ragazzo indicò il punto dove era appoggiato prima, vicino al boccaporto, dove ormai il vento aveva chiuso il quaderno, con l'inchiostro oramai completamente asciugato.
<< Ottimo. La sera, qualcuno ti aiuterà a spostare la branda. Potessi, lo farei io. Comunque, se vuoi seguirmi in cucina, ti spiego cosa dobbiamo fare... >> Disse il cuoco, con la voce che lentamente si faceva più flebile, man mano che si allontanava.
Il moro, si avvicinò al quaderno, chiudendolo completamente con un laccio di pelle, mentre ritappava la boccetta di inchiostro, mettendo il tutto nella sacca, e seguendo a passo spedito il cuoco. Si volse un ultima volta verso il mare sconfinato, sorridendo leggermente sotto il foulard, prima di lasciare il ponte sottocoperta, seguendo il baffuto verso la cucina.

Dizionario marittimo (Essendo che nel libro ci saranno parole o termini che non molti conoscono, ho deciso di aggiungere questa sottigliezza per precisare o spiegarli, così da semplificare la lettura.)
- Quartiermastro: secondo ufficiale della nave, sovrintende alle scorte e agli oggetti conservati sulla neve. Mantiene le provviste di cibo e armi, sovraintende all'impiego degli alimenti da parte del cuoco e centellina il rum da distribuire alla ciurma.
- Lascare: Rilasciare a mano una cima.
- Terzarolate: Vele spiegate per metà.
- Mezzogiorno: Vento da sud.
- Grisella: Cime che uniscono orizzontalmente le sartie, formando una scala.
- Sartie: Cime che collegano le murate di una nave agli alberi.

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