Capitolo 1
Era una mattina di inizio estate quando Vincent si svegliò di mala voglia. Sua madre lo aveva appena chiamato - con la sua graziosa vocina stridula - dicendogli di sbrigarsi ad alzarsi dal letto e di sistemarsi per bene perché dovevano arrivare degli ospiti molto speciali per pranzo.
Ogni volta che i suoi genitori pronunciavano l'espressione "ospiti molto speciali" il ragazzo doveva aspettarsi di passare almeno un'intera giornata di estrema noia, dato che gli "ospiti speciali" in questione, di solito, erano scienziati o imprenditori o, peggio, politici che venivano da ogni parte del mondo e rimanevano come coinquilini momentanei per quasi settimane o mesi interi per affari. E questo succedeva di frequente, purtroppo per lui che non sopportava questo genere di cose.
Vincent adorava il fatto di essere nato e cresciuto in una famiglia di ricconi sfondati. Con una madre stilista ed ex modella e un padre con una carriera da grande imprenditore di autoveicoli molto conosciuto sia nella loro Francia, sia a livello internazionale, il giovane poteva avere una vita di grandi lussi per via dei cospicui guadagni dei genitori.
Tuttavia, egli avrebbe anche buttato via subito quell'angosciante routine che durava da tutta la sua vita (diciassette anni per la precisione), in cui i momenti di vero svago erano davvero rari.
Quasi invidiava la sorella minore Joudette che aveva solo tre anni e mezzo e, di conseguenza, non capiva mai cosa le capitava attorno e sembrava divertirsi con veramente poco, visto che rideva praticamente per tutto.
Nonostante la prospettiva grigia che si stava mettendo in testa, Vincent decise di lasciare il suo comodo letto e di prepararsi.
Prese la camicia bianca e lo smocking nero lasciato dalla donna di servizio, probabilmente poco prima, sull'attaccapanni della sua enorme stanza e si avviò in bagno per sistemarsi per "l'evento di giornata".
Circa dieci minuti dopo si ritrovò nuovamente in stanza ben lavato, sistemato e vestito. Si guardò allo specchio per vedere se c'era ancora qualcosa fuori posto nel suo viso che quella antipatica di sua madre (donna super fissata sulla presentabilità) avrebbe potuto rimproverargli quando lo avrebbe visto la prima volta, quella mattina. Fu felice di constatare che i suoi capelli ricci e castani erano ben pettinati, perciò, per questi ultimi pensò che sua madre non avrebbe avuto nulla da ridire. Stessa cosa per la barba appena rasa. Infine, gli occhi verdi non avevano un ciglio fuori posto. Guardò anche se ci fosse stato qualcosa che non andava bene per quanto riguardava i suoi vestiti.
Una volta si era dimenticato di attaccare il bottone dei pantaloni e quell'impicciona di sua madre glielo aveva fatto presente, addirittura, davanti ai suddetti ospiti facendogli fare una grandissima brutta figura.
Rimase talmente mortificato da quell'episodio che, da quella volta, si era messo in testa di fare sempre attenzione sui minimi dettagli per quanto riguardava ciò che indossava e sul come.
Dopo qualche ultimo sguardo veloce ai vestiti, concluse che forse c'era solo bisogno di aggiungere un accessorio in più: la cravatta. Quindi, prese la prima nera che trovò nel suo armadio e se la mise, davanti allo specchio.
Successivamente, si girò per dare un ultimo sguardo alla stanza e si accorse solo in quel frangente di secondo che il suo sfarzoso letto matrimoniale messo al centro di essa, era da sistemare e, inoltre, c'era un gran disordine sia sul letto, sia sopra al comodino di legno camosciato poco distante, sia sul grande cassettone d'oro dietro di lui. Insomma, lì dentro era presente una gran confusione.
Quelle domestiche non fanno un tubo dalla mattina alla sera, mi chiedo perché i miei non le abbiano ancora licenziate pensò irritato Vincent riguardo al personale, mentre si accingeva a riordinare il tutto.
Dopodiché, il ragazzo uscì dalla stanza e percorse il salotto che collegava tutte le stanze di quel immenso villino. Arrivò davanti la porta del salotto pensando di trovare i suoi genitori e le sue due sorelle, ma, una volta entrato, di loro non vi fu nessuna traccia.
Strano... Di solito i miei stanno sempre in salotto, anche quando aspettano ospiti... rifletté tra sé Vincent stranito dalla situazione.
Di istinto andò a cercare i suoi genitori in cucina: immaginò che, magari, i suoi genitori stavano dando ultime dritte alla governante e alle altre cameriere di servizio su cosa cucinare o su come apparecchiare la tavola.
Ma una volta in cucina, trovò la sala piena di cameriere che ascoltavano i precisi comandi dell'anziana governante e, poco più in là, Vincent poté scorgere la cuoca - una donna grassa sulla cinquantina che era perennemente vestita di bianco e verde -, la quale badava al lavoro di ben quattro pentole e anche al forno.
«Sì, signorino De La Rue?» chiese la governante appena vide il ragazzino, chiamandolo per cognome, come al suo solito.
«Beh, ecco... » Vincent tentò di dire qualcosa, ma si sentì piuttosto intimorito: non sapeva neanche lui per quale motivo, tuttavia l'aspetto di quella vecchia governante lo spaventava da sempre. Eppure, era solo una grassa vecchietta un po' nana e con le rughe, non era così pericolosa.
«Sto tentando di trovare i miei genitori e le mie sorelle... Credevo fossero qui... » concluse l'adolescente, tentando di sembrare un po' sicuro di sé.
«Il maggiordomo mi ha informato, giusto poco fa, che i vostri genitori e le vostre sorelle sono usciti tutti e quattro - insieme ai due scienziati americani che erano appena arrivati - per un viaggio in auto piuttosto lungo. Dovrebbero tornare qui tra qualche ora, per pranzo, o almeno così mi è stato riferito.» rispose la donna.
«Ah... Ehm... Capisco, allora grazie e buon lavoro» si limitò a dire in imbarazzo il ragazzo che uscì dalla sala di cottura, incamminandosi pensieroso per il corridoio.
Tutta quella fretta per nulla rifletté Vincent, infastidito dalla situazione.
Si chiese che ore della giornata fossero state, così prese il telefono e guardò l'orario sulla schermata di blocco: le dieci in punto del mattino. Non fu una sorpresa per lui dato che era abituato ormai al fatto che sua madre lo chiamasse di fretta in furia dicendogli di essere in grosso ritardo, quando era evidente che era ancora molto presto.
Giurò a sé stesso che non avrebbe mai capito del tutto quel comportamento.
Ad un tratto, si sentì come in una gabbia d'oro. Per lui risultava stressante stare solo in una villa molto grande, soprattutto con la possibilità di dover gestire una massa di quasi sconosciuti come tutti coloro che facevano parte del personale di servizio: il ragazzo vedeva tutta quella squadriglia come dei semi-sconosciuti, ma in quel caso la sua non era cattiveria. Infatti, ciò era dovuto al fatto che i suoi genitori comprarono quella casa solo tre anni prima e vi abitavano (anche se solo per il periodo estivo) da soli due anni; di conseguenza, Vincent non si era ancora abituato del tutto - almeno mentalmente - alla "servitù" e alla gente del posto.
A un certo punto, gli venne un'idea in mente: disse a sé stesso che poteva anche scappare da quel luogo e quella situazione frustante andando a fare un giro in barca di nascosto, almeno fino all'ora di pranzo.
Potrebbe essere un buon piano, ma anche pericoloso... Meglio fare in fretta, altrimenti una ramanzina e qualche restrizione per oggi e i prossimi giorni penso che non me la tolga nessuno disse tra sé il ragazzo, in conclusione.
Convinto dei propri programmi, si diresse in fretta in camera sua, ma allo stesso tempo cercò di farlo in maniera poco sospetta, per evitare brutti fraintendimenti.
Una volta a destinazione, però, trovò Flore, una ragazza sui vent'anni bionda, piuttosto minuta e snob che lavorava da circa un anno in quella villetta come domestica; stava spolverando, con molta calma, i mobili della stanza del - quasi - fuggitivo.
Il ragazzo esasperato chiese a Flore «E tu, da quanto tempo sei qui?!».
La ventenne rispose con la stessa calma con cui sistemava la stanza «Penso da circa cinque minuti. Ti serve qualcosa?».
«Sì!» rispose quello scocciato, per poi cercare di darsi un contegno.
Poi, si guardò intorno per inventarsi una scusa plausibile «Mi servirebbe... Ecco... Hai visto la mia... Palla da calcio da qualche parte? I miei non ci sono e vorrei passarmi un po' il tempo, se possibile, dato che mancheranno ancora per qualche ora» disse, infine, ghignando un po'.
«Oh, la tua palla da calcio? Hai sbagliato completamente posto dove poterla trovare, allora, credo. Oggi, appena sono arrivata qui a lavoro, l'ho vista in giardino, davanti l'entrata principale. A proposito: sta' attento a dove posi le tue cose, potrebbe essere pericoloso metterle in posti sbagliati, come in questo caso. Non ti hanno insegnato certe cose, quando eri un bambino? O forse sei rimasto ancora un marmocchio di cinque anni?» rispose lei, in una maniera talmente maleducata che irritò il ragazzo.
Egli, prontamente, rispose con la stessa maleducazione della ragazza «Senti, tu, prima di tutto: si può sapere perché mi dai del tu? Voglio dire, non siamo mica amici... E poi, sono figlio del tuo capo e lavori anche per me, quindi quel "tu" è troppo informale, se fino a ora non te l'ho detto è solo perché lavori da poco qui, ma, sinceramente, il tuo "tu" mi sta stancando. Poi, a parte ciò, sei bipolare? Fino a un attimo fa sembravi piuttosto tranquilla o sbaglio? E poi fatti gli affari tuoi, non sei nessuno per me per dirmi cosa dovrei fare e cosa no. E ora grazie, ma ti saluto» detto ciò, il ragazzo si voltò e uscì dalla stanza.
Appena chiusa la porta alle sue spalle, sentì un'ultima volta la donna dall'interno della camera controbattere alle sue parole di malo modo «Oh, mi scusi vostra altezza, ma vi ricordo che siamo quasi coetanei per il "voi", razza di scemo... » la ragazza, probabilmente, disse altro, ma lui decise di non fare più caso a quella vipera.
Piuttosto, iniziò a camminare per andare nella stanza da letto dell'altra sua sorella minore Marianne, l'altra adolescente che abitava la casa.
A Vincent pareva un po' strano fare quel percorso perché, di solito, preferiva non addentrarsi nelle camere o nei luoghi dove era sicuro di poter trovare sua sorella, dato che questa mostrava comportamenti aggressivi verso chiunque, da sempre.
Tuttavia, sì ritrovò, dopo un po' di cammino per i corridoi, dietro la porta della piccola peste e aprì la porta con calma, quasi avesse paura di trovarsela davanti, nonostante sapeva che la ragazza non ci sarebbe stata dato che, stando alle parole della vecchia governante, "l'uragano" doveva essere uscita con i loro genitori, solo poco prima.
Infatti, come volevasi dimostrare, spalancata la porta di quella stanza, Vincent constatò che Marianne non c'era e, per fortuna, nemmeno un operatore o un'operatrice di servizio domestico, sta volta.
Egli fece un sospiro di sollievo e, entrando, si chiuse la porta alle spalle.
Andò subito davanti all'armadio nella stanza e aprì le ante del grande armadio della sorella: la ragazza, quando usciva di casa da sola - per non farsi trovare dai paparazzi e allo stesso tempo per non avere alle calcagna una serie di bodyguard che considerava opprimenti -, indossava e teneva nell'armadio solo abiti maschili e aveva preso l'abitudine di addentrarsi a fare shopping in negozi poco conosciuti di abbigliamento sportivo maschile. Inoltre, metteva spesso parrucche e cappelli bizzarri di diversi tipi, sempre per lo stesso motivo.
Tutto ciò costituiva un gran favore per il fratellone, che in quel momento poteva quindi disporre in maniera indisturbata di quel ricco guardaroba che - quasi sicuramente - lo avrebbe reso irriconoscibile, una volta indossati alcuni capi di questo.
Così, si affrettò a prendere una felpa rossa a quadri con maniche corte, tasche esteriori e cappuccio e, già che c'era, un paio di pantaloncini neri. Richiuse l'armadio e cercò, dopo, un paio di occhiali da sole per tutta la stanza, in preda al nervosismo: ci stava mettendo un po' troppo ad andarsene, per i suoi gusti.
Alla fine, trovò un vecchio paio di occhiali con la montatura molto semplice nel comodino della sorellina e, per non doverseli mettere subito e attrarre sospetti o problemi, li mise in una tasca esteriore della maglia e uscì di fretta e in furia dalla stanza facendo attenzione a essere solo, fuori di lì.
Una volta fatto ciò, raggiunse il bagno poco distante e, dopo che fu entrato e che ebbe posato il telefono, si cambiò il completo con i vestiti presi in prestito, per poi piegare lo smoking e la camicia e togliere la cravatta. Lasciò tutto ben sistemato sopra un piccolo mobile del bagno. Infine, prese gli occhiali della sorella dalla tasca esterna della maglia, riprese il suo smartphone e tornò, nuovamente, in corridoio, procedendo verso la porta di servizio sul retro della casa.
Aveva quasi preso il pomello della porta, quando sentì i passi dei piedi di qualcun'altro in avvicinamento.
L'adolescente si sentì quasi prendere dal panico, ma nonostante ciò si animò di coraggio perché, ormai, come si dice in questi casi, si era messo in ballo e doveva continuare a ballare; perciò, aprì velocemente la porta e uscì fuori per poi chiudere l'ennesima porta dietro di sé.
Si ritrovò praticamente con i piedi già sulla sabbia: quella porta di uscita conduceva dritto in spiaggia. Vincent trovò la cosa strana, per essere una porta di servizio, lui non pensava potesse portare in un luogo di svago.
Magari è fatto apposta per permettere al personale di uscire prima a sistemare in spiaggia, in caso di grandi feste ambientate lì... In ogni caso è piuttosto comodo per me, in questo momento concluse lui, tra sé, mentre guardava se avesse avuto la via libera.
Non sentì e non vide più nessuno in avvicinamento, né da dentro casa, né dai dintorni e nemmeno in spiaggia.
Capì di essere solo e, quindi, sentendosi finalmente libero e al sicuro, si mise in marcia a cercare quello che gli serviva: il suo piccolo yacht di famiglia. I genitori, infatti, avevano comprato uno yacht di medie dimensioni giusto poco prima di quella estate.
Il complesso venne usato solo pochissime volte e l'avevano lasciato un po' più in là, in quel piccolo tratto di spiaggia di Bora Bora.
Si diresse verso la riva e fu solo quando iniziò a toccare l'acqua del mare che, girando la testa alla sua sinistra, vide una nave bianca di medie dimensioni poco lontano da lui: Trovò ciò di cui ebbe bisogno per scappare definitivamente nel giro di qualche oretta.
Raggiunse lo yacht e ci salì sopra per poi andare nella sala del timone.
Si sentì, inizialmente, leggermente smarrito. Non aveva una patente e sapeva a malapena guidare quella cosa solo perché, ogni tanto, glielo aveva lasciato fare il padre sotto la sua supervisione e quella di un altro esperto. Non sapeva neanche accenderlo quell'affare.
Si mise le mani in testa: se fosse tornato a casa in quello stesso momento non sapeva come sarebbe stato accolto, - sicuramente avrebbe avuto qualche scocciatura -, ma se si fosse messo in marcia con quel bestione di metallo e acciaio e lo avesse rotto per puro caso, di sicuro i suoi genitori lo avrebbero conciato per le feste una volta scoperto l'accaduto. Per non parlare del fatto che ci avrebbe pensato anche sua sorella Marianne a sistemarlo per bene per via del fatto che lui le aveva preso i vestiti, senza nemmeno informarla prima, anche solo per telefono.
Sarebbe stato un disastro.
Capì comunque che ormai non poteva più tirarsi indietro. Doveva andare, tanto avrebbe avuto guai e una brutta giornata qualsiasi cosa avesse deciso di fare. Cliccò qualche tasto a caso e azionò qualche leva e, in qualche minuto lo yacht arrivò a gallegiare in acqua - non sapeva neanche il giovane come ci fosse riuscito -.
In quel momento, Vincent decise di lavarsene le mani sul come e dove sarebbe andato via mare - voleva solo sparire per la grande stupidaggine che stava facendo e anche per lo stress - e, così, azionò la guida automatica per circa ottocento miglia nautiche.
In fondo, non voleva allontanarsi troppo e, per lui, quella distanza non fu poi così molta.
Messa la guida automatica, il giovane andò a guardare il mare da una parte della "barca".
Notò che l'acqua quel giorno fosse limpida e tranquilla, senza onde troppo alte o altro. Inoltre, sembrava una fantastica giornata di caldo e afa e c'era un sole che, probabilmente, avrebbe potuto spaccare le pietre.
In un ambiente del genere si sentiva molto più a suo agio.
Posò il telefono in una sedia di plastica e, poco lontano, ne prese un'altra a sdraio che allungò, per poi sdraiarvisi di sopra e prendervi il sole.
Dopo un po', per via del caldo pungente, si tolse la felpa e rimase a petto nudo, ma continuò a bearsi sotto il sole nel dolce far niente.
Nel frattempo, chiuse gli occhi e cercò di dormire.
Quando circa mezz'ora dopo sembrava quasi essere riuscito a dormire, improvvisamente, Vincent fu svegliato da un odore strano misto ad alghe e pesce e anche dal rumore di qualcosa di molto pesante che sentì saltare e muoversi sopra la nave. E quella cosa sembrava quasi essere seguita da altre cose simili che saltavano anche loro.
Alzò la testa terrorizzato di trovarsi uno squalo o qualche pesce strano davanti, ma questo timore presto fu sostituito dallo stupore nel vedere solo gattonare attorno a sé tre creature che lo spiazzarono.
Detta in maniera breve, vide tre sirene che lo fissavano in maniera piuttosto inquietante.
Esse apparivano come delle ragazze con la coda di pesce di colore verde smeraldo, completamente nude eccetto che per il petto coperto da una specie di reggiseno (probabilmente fatto di alghe) dalla forma incrociata.
Per fortuna, tranne che per la coda e il "vestiario" (se così si poteva definire), non erano tutte e tre uguali, altrimenti sarebbe stato ancora più strano per il ragazzo, al quale stava venendo un infarto già per l'assurda situazione.
«Quindi sei vivo, umano» lo schernì in inglese una delle tre sirene che si trovava alla sua destra, con un tono che sembrò quasi minaccioso e un sorrisetto sul viso meraviglioso e allo stesso tempo terrificante.
«Ehm... Tu parli?» le chiese nella stessa lingua l'adolescente, in maniera impacciata.
Il ragazzo non seppe se fu più intimidito per la situazione o se per il fatto che quella sirena aveva un bellissimo aspetto.
La creatura che aveva appena parlato, infatti, era molto formosa - sebbene sembrasse magra -, aveva la carnagione scura (eccetto che per la sua coda che, come detto prima, si presentava di colore verde come per le altre due sirene) e i suoi capelli che apparivano ricci e neri con una riga centrale che faceva vedere la cute. Inoltre, possedeva un paio di occhi castani molto espressivi.
Peccato per il suo tono poco amichevole tuttavia, pensò lui, riflettendo meglio.
«Sì, stupido scimmione, noi parliamo e sappiamo interpretare anche la tua lingua umana alla perfezione. Voi umani siete sempre così noiosi, fate in continuazione le solite domande... » rispose nella stessa lingua, sta volta, alla precedente domanda del diciassettenne, la sirena alla sinistra di questi.
Anche quest'altra sirena era meravigliosa, nonostante fosse stata completamente diversa dalla prima. Lei era bionda e aveva la pelle chiara. Il suo viso era illuminato da un paio di occhi verdi e cristallini, nei quali poteva essere un po' facile perdersi, soprattutto per un "Don Giovanni" come Vincent.
Ma queste non sono ragazze pensò e, quasi contemporaneamente, strillò «Voi avete la coda da pesce e parlate!».
La terza sirena che si trovava poco più distante, si spostò strisciando e arrivò proprio di fronte a lui.
Il suo volto presentava possibili origini orientali, ma non colpirono molto lo sconosciuto tanto quanto i capelli neri, lisci e lunghissimi fino a raggiungere le pinne della sua coda. Sembrava una specie di versione sirenesca di Raperonzolo.
Dopo averlo guardato come se fosse stato un animale da laboratorio, quest'ultima si girò, sospirò esageratamente e disse, rivolta alle altre due «Ragazze... Posso addormentarlo ora, così lo trasformiamo in tritone e lo portiamo dalla Nostra Signora prima che questo mentecatto scappi e metta in pericolo tutta la nostra popolazione degli abissi? Scusate, ma questo qui mi ha già stancato... Poi, come se non bastasse, odio l'aria fuori dall'acqua.»
«Fai pure!» risposero le altre due, visibilmente contente.
Vincent stava quasi contrabattendo, ma non ci riuscì, perché la sirena dalla lunga chioma scura schioccò le dita guardandolo negli occhi: nonostante non non sapesse come, il ragazzo si sentì pervadere immediatamente da talmente tanto sonno che dormì quasi subito.
La giornata era iniziata proprio bene.
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