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CAPITOLO 5

Cominciai a correre via, a scappare da tutto e da tutti.
Scappavo da Logan e dalla cruce verità che non ero riuscita a tenere nascosta, ma che invece era venuta a galla, spezzando qualcosa in lui.
Scappavo da mio padre, che per colpa del suo orgoglio aveva dato in braccio alla morte l'anima del piccolo Lucas, ancora prima che fosse troppo tardi, cancellando automaticamente le possibilità di un futuro per il piccolino.
Scappavo da mia madre, che sapeva tutto fin dall'inizio, che aveva tenuto il segreto perché accecata dall'amore per mio padre, supportandolo addirittura nel suo progetto.
Scappavo dal dolore e la sofferenza che stavo provando in quel momento, e che avevo trasferito anche a Logan dal momento in cui aveva raccolto quello stupido biglietto stropicciato da terra.
Scappavo da tutto e da tutti, ma soprattutto da me stessa; avevo permesso che poche parole scritte su un normale fogliettino, che celavano una verità enorme, che io avevo cercato di nascondere, ferissero la persona che amavo di più, non raccontando nulla e proteggendo mio padre proprio come aveva fatto mia madre.
Arrivai al parco in lacrime, immersa in tutti i miei pensieri e con il vento d'autunno che cominciava a farsi sentire.
Raggiunsi quello spazio d'erba dove 11 anni prima era iniziato tutto: sembrava passato così poco tempo da quando eravamo bambini e ci eravamo conosciuti. Se doveva termimare ogni cosa, sarebbe finita dove era iniziata.
Mi sedetti sull'erba soffice cominciando a raccogliere qualche margherita per fare una coroncina, pensando a quando ne avevo regalata una anche a Logan, un piccolo bambino di sei anni vivace e chiaccerone.
"Posso sedermi qui?" Riconobbi immediatamente la voce, perciò decisi di ignorarlo, sperando che se ne andasse; ma lui interpretò il mio silenzio come un consenso e si sedette di fianco a me.
"Non ho detto che potevi sederti." Gli dissi fredda. Avevo un groppo in gola formatosi a causa del pianto.
"Ma non hai neanche detto di no; mai sentito il detto: 'chi tace acconsente?'" Ribattè con un sorriso per cercare di sdramatizzare la situazione, ma non ci riuscì.
Tacqui, non avevo nessuna voglia di parlare con lui, mi aveva fatto soffrire e aveva spezzato qualcosa dentro di me che non si era più riparato.
"È tutto okay?" Chiese titubante dopo una manciata di minuti in cui eravamo rimasti entrambi in silenzio. "Okay? Okay?! Secondo te è tutto okay?" Gli risposi urlando, girando lo sguardo verso di lui. "Jason, forse non ti rendi conto della situazione, ma Logan adesso mi odia, secondo te possono andare bene le cose?"
"È come quella volta?" Domandò, ed io capii subito a cosa si stesse riferendo.
Lo vidi avvicinarsi di qualche millimetro, quasi un movimento impercettibile, non sapevo però se era voluto o no.
"No, quella volta è stato peggio. Ti amavo e lei era la mia migliore amica." Risi, pensando a tutti i piani che avevo progettato per noi due prima di scoprire tutto: fare un viaggio di tutti gli Stati Uniti in macchina, visitando ogni città; il nostro primo San Valentino insieme; ero arrivata addirittura a progettare il matrimonio e a come avrebbero potuto chiamarsi i nostri figli; ero innamorata persa di lui, purtroppo aveva mandato in fumo ogni cosa a causa della sua cupidigia e voglia di essere sempre il più popolare. "Ma a te tanto non importava, hai sfumato tutto quanto muovendo semplicemente le mani verso quel fumo. Ero debole, ero vetro e tu sei stato prima la mano che mi accarezzava, pulendomi, e poi il pugno che mi ha mandato in frantumi." Terminai la ghirlanda dandogli un'ultima occhiata prima di appoggiarla di lato; dopo tanto tempo mi ricordavo ancora come si faceva. "Per una cosa ti devo ringraziare però, se non mi avessi tradito, non sarei più forte ora." Cominciai ad alzarmi, ma lui mi prese per il polso e mi fece risedere.
Lo guardai stranita e in malo modo, visto che lo strattone mi aveva fatto sbattere il sedere sul terreno, provocandomi un brivido di dolore lungo la schiena.
All'inizio non disse nulla, prese delicatamente la ghirlanda per non rovinare i petali dei fiori e me la mise in testa.
"Perché?" Chiesi, guardandolo confusa, ma incuriosita allo stesso tempo.
"Te l'ho detto che sono cambiato. Ascolta Vanessa, dopo che Abigail mi ha lasciato, dicendomi che era stata con me solo per farti soffrire e perché scopo bene, ho capito il male che ti ho fatto. E anche che non te lo meritavi." Adesso era lui con gli occhi lucidi; non avevo mai visto quelle iridi di ghiaccio inumidirsi mentre parlava. "Io l'amavo veramente Abigail, l'amavo più di me stesso; ti ho derisa, presa in giro, ho fatto finta di non andare d'accordo con lei mentre noi due stavamo insieme, tutto questo solamente perché me lo aveva chiesto lei." Si avvicinò un altro po', mentre io mi mordevo il labbro inferiore in modo nervoso.
Mi stava raccontando tutto ciò che era successo con Abigail, mi stava descrivendo l'amore che provava per lei, quello che pensavo fosse rivolto a me. Sentivo però che adesso stava cercando affetto, non quello che di sicuro non gli avevano dato i suoi amici, ma quel tipo di conforto che di solito è tipico delle donne, molto più empatiche degli uomini la maggior parte delle volte.
"Quando mi ha lasciato, mi sono sentito tradito e usato, soprattutto dopo la motivazione per la quale aveva deciso di rompere con me."
"Ora sai cos'ho provato io." Lo interruppi, distogliendo lo sguardo verso l'orizzonte.
"Mi dispiace ti ripeto, ma me ne sono accorto troppo tardi. Ho capito che tutto ciò che ho fatto era solo per amore; ero cieco ed Abigail era la mia guida, chi avevo scelto, il problema è che lei mi ha portato nella strada sbagliata; ora sto cercando di cambiare direzione, di tornare su quella giusta." La sua voce si era ridotta a un sussurro ed era diventata tremante, segno che era sull'orlo di piangere, cosa non da lui.
"Jason, chi mi dice che non stai ripetendo la stessa cosa? Chi mi assicura che tu non stia ancora con Abigail e stai fingendo di aver rotto con lei per imbrogliarmi?" Non ero sicura di volermi fidare ancora di lui, anche se leggevo nei suoi occhi che era la verità ciò che mi diceva, che non era uno dei suoi trucchi.
"Non so come posso dimostrartelo, ma vorrei provarci. Meritiamo tutti una seconda possibilità, no?" Fece un debole sorriso mentre cercava di asciugarsi gli occhi.
Mi alzai in piedi, facendogli segno di fare lo stesso anche lui.
Mi avvicinai a lui per abbracciarlo, cosa inaspettata e molto probabilmente stupida, ma volevo provare a fidarmi una seconda volta.
Jason all'inizio rimase interdetto, stupito e paralizzato dalla mia mossa, ma dopo poco ricambiò l'abbraccio, stringendomi ancora più forte di come non avesse mai fatto.
Sarebbe stata una cosa insensata, mi stavo gettando da sola all'interno dell'Inferno che avrei potuto provare riponendo fiducia di nuovo in una persona che mi aveva fatto soffrire da matti.
Ma non mi importava.
Come aveva detto lui, tutti si meritano una seconda possibilità nella vita, perché errare è umano sì; ma il problema è che, con mia grande paura, probabilmente provavo ancora qualcosa per lui.
E quel qualcosa, stava tornando a galla.

ANGOLO AUTRICE
Un momentino veloce per dire che aggiornerò sempre il giovedì, ciao.

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