Capitolo 5
«Credo sia normale sentirsi spaesati. So la storia di Jane e capisco perfettamente la tua preoccupazioni. È normale anche che tu ti aspettassi che lei avesse bisogno di te, ma non credi sia meglio così? Ora goditi questa vacanza e basta. E se proprio non sopporti le loro smancerie potrai sempre giocare ai lego con me e Tom.» Mi fa l'occhiolino e io rido.
«Ti farà vedere qualche mossa di karate. Te lo prometto.»
«Allora va decisamente bene.»
Restiamo a parlare per molto tempo, fin quando non vedo sorgere il sole dalla finestra. «Credo si sia fatto tardi» dice lui prendendo il telefono che aveva lasciato sul tavolino «Le sei. Facciamo una passeggiata prima di svegliare Tom?» Quello che mi suggerisce la solita me è di andare a casa salutandolo educatamente e ringraziandolo per la chiacchierata. Ma la me a cui piace stare con Scott dice semplicemente una parola. «Si.» Mi dice di aspettarlo un secondo e torna dal piano di sopra con una felpa nera. Camminiamo sulla sabbia fresca bagnandoci i piedi con l'acqua del mare. Arriviamo lontano da casa sua. Parliamo di ogni singola cosa. Non mi dice perché si prende cura di suo fratello e io non lo chiedo. Parliamo delle cose più banali. Cibo preferito, il suo è la pizza. Gli dico che è banale. Mi chiede che film preferisco. Ci penso un po' e gli dico di rispondere per primo. Risponde "Star Wars". «Sei un po' un cliché.» Mi ha dato una spallata scherzosa che ci ha fatti ridere visto che sono quasi caduta in acqua e mi ha chiesto di illuminarlo con il mio film preferito. «In realtà piace anche a me "Star Wars"» lo informo «Allora non dirmi che sono un cliché!» Si posa la mano sul cuore, fingendo di essere ferito. «Ma il mio film preferito in assoluto è Titanic» affermo con sguardo sognante «Poi sono io che sono banale» mi prende in giro «Sei un po' melodrammatica.» Sollevo le sopracciglia, «Titanic è un gran film.» Gli do uno schiaffetto scherzoso sulla spalla. «Mai visto.» Spalanco la bocca «Questo è un reato» lo incolpo. Solleva le mani ridendo. «Devi vederlo per forza.» Devo convincerlo. «Cosa ne dici se lo vedessimo insieme? Stasera Tom dorme da un amico... Se ti va potresti cenare a casa mia e poi guardare il film.» Lo fisso un secondo «È un appuntamento?» Mi rendo conto subito dopo di cosa ho detto. Che figuraccia. «Sembro un'idiota se ti dico di sì?» Scuoto la testa «Allora è un appuntamento. Dovrai mettere un vestito e cercherò di baciarti quando ti riaccompagnerò a casa.» Arrossisco pensando a quello che ha detto. «Sto letteralmente a due passi da casa tua. Non devi riaccompagnarmi.» Si mette davanti a me continuando a camminare all'indietro. «Non vuoi che io ti baci?» chiede in tono canzonatorio. Non rispondo. Non lo so. La conversazione finisce lì, ma sono felice. Poi torniamo a casa sua per svegliare Tom che deve andare a scuola. Entro. Lo accompagno anche nella camera del bambino perché me l'ha chiesto lui, ma resto appoggiata allo stipite della porta mentre Tom si lamenta perché non ha voglia di andare a scuola. Quando mi vede sorride. Corre da me e mi abbraccia stupendomi. Gli accarezzo la testa. «Sei l'amica di Alex.» Annuisco «Marika.» Mi chino per arrivare alla sua altezza anche se sono davvero bassa. «Tu e il mio fratellone siete fidanzati?» Scott lo prende e lo trascina nel bagno che ha in camera. «Fai la doccia. Veloce ti aspettiamo per colazione.» Chiude la porta «Mi dispiace» si scusa «Tranquillo. È bello pensare all'innocenza dei bambini.» Sorride «E lo siamo stati anche noi. Fa strano vero?» Annuisco. Ha ragione, è davvero strano. Scendiamo in cucina. È molto grande con una penisola di legno con quattro sgabelli azzurri. Mi dice che non vuole aiuto per la colazione, ma non lo ascolto. Preparo i pancake. Mentre cucino sento il suo sguardo su di me. «Sai che è la colazione migliore che Tom mangerà da quando mia madre non c'è?» Fingo di non aver sentito per non rovinare la sintonia che si è creata tra noi, non so se gli vada di parlare con me di sua madre. «Ti insegnerò a farli così mangerà una buona colazione anche quando non ci sarò» lo rassicuro mettendo i pancake in un piatto «Sarebbe un invito a rivederci?» Sollevo le spalle «Ci rivedremo anche stasera» gli ricordo «E mi insegnerai a fare i pancake stasera?» Scuoto la testa. Sorride. Si, era un invito a rivederci. Io preparo il caffè mentre lui prepara il latte e cioccolato per Tom che arriva pochi minuti dopo. Si arrampica sullo sgabello e fissa con sguardo scettico il piatto di pancake ricoperti di sciroppo d'acero. «Che cosa sono?» domanda prendendo tra le manine il latte che Scott ha messo sulla penisola. «Pancake. Assaggiali, sono buoni.» Mi siedo vicino a lui. «Li hai fatti tu?» mi chiede. Dico di sì. «Allora li mangio.» Prende la forchetta «Quello che fa Scott fa schifo» sussurra al mio orecchio, ma il fratello lo sente lo stesso. Gli fa la linguaccia e il bambino lo guarda male. Assaggia i pancake e gli si illuminano gli occhi scuri. «Puoi venire a fare colazione da noi sempre?» Rido «Ci penserò.» Continua a mangiare mentre Scott sorride. Mangio anche io e poi Tom deve andare a scuola. «Grazie di tutto» dico davanti alla macchina di Scott. «Vuoi venire con noi? Possiamo fare un giro» propone. Sorrido sinceramente. Vorrei dire di si. «Credo che dovrei tornare a casa. Passare tutta la giornata insieme prima del nostro primo appuntamento non sarebbe un cliché.» Ridacchia «Ma sarebbe bello.» In effetti ha ragione. Sarebbe bellissimo. «Dovrei dormire o stasera sembrerò uno zombie.» Mi guarda e mi accorgo della bellezza dei suoi occhi. Sono scuri, ma sono anche caldi. In realtà mi accorgo solo ora della sua bellezza in generale. Prima ero troppo presa a parlare per notare che sarà più alto di me di venti centimetri, che ha le spalle larghe, i capelli scuri e lisci tra cui sta passando le mani in questo momento. È abbronzato per il mare e ha le labbra sottili. «Saresti bellissima ugualmente.» Arrossisco di nuovo. Mi volto, ma lui mi tira per il braccio. Mi lascia un bacio sulla guancia facendo aumentare il colorito rosso delle mie guance. «Alle sette stasera. Ti passo a prendere.» Rido perché lo fa ugualmente anche se stiamo attaccati. Ma non mi oppongo. Sale sull'auto blu, sui cui Tom lo sta aspettando, e li guardo allontanarsi. Fin quando la macchina non sparisce dietro l'angolo resto lì. Poi mi incammino verso casa di Alex e, mentre salgo gli scalini per entrare, mi sento stupida. Guardo l'ora. Sono le otto meno dieci. Vado in cucina a prendere un bicchiere d'acqua «Ciao» mi saluta Alex addentando una fetta biscottata ricoperta di marmellata. Lo saluto con un cenno del capo «Jane?» domando prendendo un bicchiere dalla credenza in alto. «Si sta vestendo. Dov'eri?» Mi guarda «Già. Dov'eri?» Jane entra in cucina posando lo sguardo su di me che mi sto versando l'acqua. Mi mettono in soggezione. «Con Scott.» Jane non mollerà facilmente, tanto vale arrendersi subito. Inarca le sopracciglia. «Tutta la notte?» Si siede sullo sgabello accanto ad Alex. «Abbiamo parlato, poi abbiamo fatto una passeggiata, svegliato Tom e lui l'ha portato a scuola. Stasera ceniamo da lui.» Si guardando sorridendo «È un bravo ragazzo» mi informa Alex. «Lo so.» Annuisco «Solo il fatto che si prenda cura di Tom lo dimostra» dico e Alex annuisce. «Quindi resterai di più a Miami?» mi domanda euforica la mia amica. Faccio spallucce «Non sapevo quando tornare ieri e non lo so nemmeno adesso.» Finisco di bere la mia acqua «Vado a dormire. A più tardi.» Mi salutano e corro verso camera mia. Probabilmente non riuscirò nemmeno a dormire. Levo il costume che ormai mi stava dando fastidio e mi faccio una doccia veloce. Asciugo in fretta i capelli e infilo i pantaloncini e la canottiera con cui dormo. Mi butto sopra il letto matrimoniale con l'intento di stare un po' lì a pensare ma, appena il mio corpo tocca il materasso, mi addormento profondamente.
Mi risveglio all'ora di pranzo con un profumino di carne che proviene dal piano di sotto. Scendo di corsa le scale dopo essermi infilata una gonna e un top. Jane e Alex sono in cucina. Lui cuoce la carne mentre lei prepara l'insalata con un calice di vino rosso accanto. «Ciao» li saluto sedendomi sullo sgabello. Alex mi posa un bicchiere di vino davanti e gli sorrido. «Il miglior risveglio.» Non rispondo e bevo un sorso. Chiacchieriamo un po' e poi mi alzo per apparecchiare in sala da pranzo. Nel farlo passo vicino alla porta del salotto e il mio sguardo cade automaticamente sul pianoforte bianco. Non resisto e mi siedo. Poso le mani sui tasti e inizio a suonare. La "Sonatina di Beethoven" inonda la stanza. La ricordo ancora alla perfezione. Sorrido nel sentire il susseguirsi di note. Jane entra nella stanza seguita da Alex. La guardo un istante mentre sorride orgogliosa. Suono le ultime tre note prima che gli applausi entusiasti dei miei due amici risuonino nella stanza. Jane mi butta le braccia sulle spalle stringendomi «Brava Mar!» si complimenta felice. Si siede accanto a me guardandomi con lo sguardo di anni fa. Prendo un respiro profondo e intono "Nuvole bianche", la sua preferita. Sorride mentre muove la testa a ritmo e Alex ci guarda dall'entrata. Mi godo questo momento. Forse mi sbagliavo a pensare che Jane avesse bisogno di me; sono io ad avere bisogno di lei. Ma so che non è merito suo se sto suonando, perché lo avrei potuto fare mesi fa. Detesto ammetterlo ma, alla fine, credo che sia merito di Scott e di tutto quello che ci siamo detti stanotte. Mi fa stare bene, fin troppo bene. Ed è strano pensarlo per una persona che conosci da meno di ventiquattrore, con cui hai passato la metà del tempo da quando sei qui. Ma Scott mi ha fatto riflettere. Il mio sogno non è studiare medicina e fare chissà cosa del mio futuro, il mio sogno è suonare. È riempire i teatri di gente che vuole sentire me, che compra dei biglietti per me. Si è decisamente quello il mio sogno. E non lo butterò via così, non lo farò. Riuscirò a realizzarlo. Devo solo trovare la forza e il coraggio di farlo. Ma chissà, magari sarà Scott a darmela.
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