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Capitolo 49

                                 Marika
Usciamo tutti insieme dall'edificio e non sento niente.

Luke mi manca da tempo, da quando abbiamo perso la nostra amicizia che si è sgretolata con il tempo. Sono abituata a stare senza di lui, ma sono felice che lui sia pentito.

Fosse pentito.

Lucas Moore ormai è morto.

Crystal ci dice che andrà a casa con sua madre, hanno bisogno di stare insieme.

Ed è in quel momento che guardo in fondo alla piazza e vedo.

«Ragazzi, andate pure.»

Jane mi guarda confusa ma poi annuisce, «Ti chiamo stasera ok?» Le dico che va bene e loro vanno via. Percorro quel tratto di strada ed eccomi lì.

«Che ci fai qui?» domando «Sono venuto per te. Faccio quello che avrei dovuto fare mesi fa.»

Sorrido.

«Come sapevi che ero qui?»
«Alex. Come è finito il processo?»
«Luke è morto. Pena di morte poco fa.»
«Mi dispiace Mar.»

Scuoto la testa, «Io e lui ci siamo persi tanto tempo fa. Mi manca da allora ma ci ho fatto l'abitudine.»

Lui mi fa un cenno che non intendeva quello.

«Mi dispiace di essere andato a Toronto. Ti ho detto che ti avrei seguita ovunque e non l'ho fatto. Ma ti ho sempre amata Mar» sospira, «Lo so bene» rispondo.

«Capisco se non vuoi perdon-» lo zittisco, «Mase anche io ti amo da quel giorno in cui ci siamo incontrati fuori dall'università.»

Sgrana gli occhi, «Ti ricordi la prima puntata dell'ottava stagione di "How I met your mother"?»

Lo abbiamo riguardato insieme.

«La puntata del Lebenslanger Shicksschats? Me la ricordo e quel giorno ho pensato che tu fossi il mio.»

Lo abbraccio, «E tu sei il mio» mormoro contro il suo petto.

«Sai, Cole mi ha convinto a fare una cosa» dico. «Che cosa?» mi chiede.

«Tempo fa a Miami ho incontrato una persona. Si chiama David. Lui mi ha fatto una proposta davvero importante e Cole voleva che accettassi. Quel giorno lui è morto e io ho rimandato la partenza.»

Si allontana un po', «Di che cosa si tratta?» domanda con un sorriso.

«David ha un figlio che ha una scuola di musica e mi ha detto che avrei potuto terminare gli studi di conservatorio. Mi ha anche offerto un posto in un'orchestra famosa come pianista.» Annuisce, «Cole mi ha convinta. Sono riuscita a terminare gli studi di medicina in anticipo e so che se farò un errore sarà davvero bello perché la musica migliora la mia vita. Però sai che non volevo lasciare Scott.»

Di nuovo annuisce. Allora gli racconto ciò che è successo oggi.

Qualche ora prima, casa di Marika. New York
Ogni tanto ti senti come bloccata, non riesci a fare nulla che possa aiutare te stesso ad andare avanti e il problema più grande è che potresti tirarci dentro anche le persone che ami.

Sei come un'erbaccia che deve per forza essere estirpata ma nessuno prende il coraggio di farlo e quindi rimani lì, impassibile.

Ti senti come una statua di marmo, incapace di muoverti o fare qualsiasi cosa. E stai lì ad aspettare chissà cosa, forse un miracolo.

Aspetti che arrivi qualcuno a salvarti e non arriva oppure ci mette troppo.

Ecco il momento.

Credo che sia uno dei momenti più importanti della vita di una persona. Capisci di essere in grado di salvarti da sola.

Io mi sono salvata da sola e mi sono fatta salvare solo dalla musica. Non ho abbandonato il mio sogno perché non era quello che volevo, non era la cosa giusta da fare e non me ne pento.

Spesso l'amore non basta e io non sono mai stato il tipo che sta con qualcuno dipendendo da lui e dovendo fare le cose comunemente e seguendo anche i piani dell'altro.

Non posso dire di non averci provato.

L'ho fatto ed è andata male ma almeno non avrò rimorsi.

Non avrò rimorsi perché non sono riuscita ad amare Scott quanto amo la musica.

Amo più la musica anche di Mason.

So che è da egoisti ma io non riesco a mettere insieme le due cose.

Non lo posso fare.

E il fatto che lui non riesca a capire mi fa stare solo peggio.

«È il mio sogno Scott!» gli ricordo «Hai detto che saresti venuta a Parigi con me e Tom» urla arrabbiato «I piani sono cambiati. Tu vai a realizzare il tuo sogno e io il mio. E sai che non ero convinta.»

Spalanca la bocca per lo stupore, «Mi stai dicendo di lasciarci?» domanda indignato.

«Mi sembra l'unica opzione non posso lasciare il mio mondo per questo. La musica è l'unica cosa che ho» provo a spiegare.

«E io? Io non sono mai stato nei piani. Siete solo tu e la musica.»

Annuisco, non ha più senso mentirgli.

«Mi dispiace ma io penso a-» mi interrompe parlandomi sopra «A te stessa.»

Sgrano gli occhi «Mi stai dando dell'egoista?» chiedo alzando il tono di voce.

«Lo sei, vuoi lasciarci. Siamo la tua fam-»
«Non lo siete!»

Sbotto per poi rendermi conto di quello che ho detto e mettermi una mano davanti alla bocca.

«Posso cenare?» Tom, sulla soglia della porta, sta appoggiato al muro a braccia incrociate.

Mi guarda e nei suoi occhi vedo così tanta delusione.

Deludere un bambino di otto anni è la cosa peggiore che si possa fare e io l'ho fatta.

Lui potrei considerarlo come la mia famiglia perché gli voglio un bene immenso, ma non posso dire lo stesso di Scott.

«Tom puoi aspettare un secondo in cucina?» gli chiede dolcemente Scott. Il bambino se ne va.

«Vieni con me. Ti giuro che saremo felici e che farò del mio meglio per rendere tutto perfetto. Mi alzerò al mattino e andrò a comprare la colazione e poi tornerò e resterò a guardarti mentre dormi per un po' perché sei stupenda. Poi ti sveglierò e accompagneremo Tom a scuola e ci faremo una passeggiata per Parigi. Ti farò passare tutti i giorni sotto la Torre Eiffel e ti bacerò lì sotto perché è il luogo più romantico del mondo. Poi ti accompagnerò a casa e andrò sul set. Andrai a prendere Tom e pranzerete insieme. Io tornerò pomeriggio e passeremo del tempo insieme. Dopo aver cenato e messo Tom a letto ti stringerò per ore e ti ripeterò che ti amo, Marika. Ma ora tu devi dirmi che verrai con me. Io ti amo così tanto e voglio crearmi una vita con te. Sono un egoista lo so, ma stai con me. Rimani con me e non lasciarmi. Potrai fare musica a Parigi ma ti prego, non andare. Non lasciarmi. Ama me. Voglio essere la tua persona.»

Si inginocchia per pregarmi.

Ma io non sono così.

Quando mesi fa ho conosciuto Scott ho pensato che potesse essere la persona per me. Poi ho capito.

La mia persona non è lui. Non è neanche Mason.

La mia persona sono proprio io.

La mia persona è Jane. La mia persona è Crystal. La mia persona è la musica.

«Ma io non voglio» mormoro. «E allora sei un'egoista» borbotta tirandosi in piedi.

«Si, lo sono. Ma io sono in grado di amare qualcuno al contrario tuo. Costringermi a venire con te non è amore» protesto.

«L'amore è Mason no?»

Lo guardo esterrefatta, «Ti sembro stupido? Lo so da quando è venuto a prenderti quel giorno e ha preso a pugni quel tizio per te. Credevo non fosse ricambiato. Quando sei tornata ho visto quella felicità nei tuoi occhi, quella che provi quando ami qualcuno. Ma va bene, io ci ho provato al contrario tuo.»

Vorrei ridergli in faccia ma mi trattengo.

«Tom, andiamo!»» lo richiama e Tom corre da noi, «Dove?» chiede ingenuamente. «In albergo.»

Sbuffo, «Ti rendi conto che tuo fratello di otto anni è più maturo di te?» Scott mi rivolge un sorriso ironico, «Ti lascio la casa così puoi farti Mason quanto vuoi.»

Annuisco. «Prepara le cose, io do da mangiare a Tom.» Vedo il disappunto sul suo volto ma alla fine si dilegua.

Tom, seduto al bancone mentre mangia un toast, mi guarda e io mi sento in colpa. Sospiro, «Mi dispiace Tom» dico con voce roca.

«Non importa. A me Mason piace. Lo sapevo anche quando siamo andati a casa sua.» Sorrido, «Mi spedisci una sua maglia del Toronto a Parigi?» Annuisco, «Te ne spedisco cinque» rispondo e lui sorride.

Scende dallo sgabello e viene ad abbracciarmi. Mi metto in ginocchio per far sì che possa mettermi le braccia intorno al collo.

«Ti voglio bene Mar» sussurra, «Anche se lui non è la mia famiglia lo sei tu» confesso.

«Mi mancherai.»

Scott entra nella stanza con le valigie, «Andiamo Tom» incita il fratello che aumenta la stretta su di me.

«Ciao Mar» mi saluta.

«Lui ti voleva bene.» Le parole di Scott sono solo per farmi sentire in colpa.

«No, ti sbagli. Lui mi vuole bene perché capisce. E ha otto anni. Capisce un bambino e non tu. Addio Scott» lo saluto. «Addio Marika.»

10 marzo 2020, New York.
«Quindi vi siete lasciati?» Mason sorride con un'espressione incredula sul viso. Annuisco.

«E dove si trova questa scuola? Marika vengo con te, non mi importa dei Toronto Argonauts, tu sei più importante. Ho fatto una stronzata a partire ma sono pronto a stracciare tre anni di contratto.»

Gli rivolgo un sorriso, «Non farlo Mason.»

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