Capitolo 39
Marika
Spesso ci sentiamo come se fossimo in apnea; poi ad un certo punto torniamo alla realtà e ci rendiamo conto di star respirando.
Io alla realtà ancora non ci sono tornata.
Sono in un totale stato di trance da ore in cui ho continuato a fissare la foto del matrimonio sul caminetto con Crystal accanto rannicchiata a piangere silenziosamente.
Per una volta è Jane quella forte tra noi.
Trovare un amico è come trovare un tesoro, ma perderlo? A cosa possiamo paragonare la perdita di un amico? No, questa volta non troverò una risposta ragionandoci perché non riesco nemmeno a pensare.
Cole Holden, il mio migliore amico, è morto.
Luke Moore gli ha sparato alla tempia, a sangue freddo, come se lui non fosse nient'altro che un pezzo di carne.
«Quel bastardo» borbotto e Jane si volta sconvolta verso di me.
«T-tu hai detto una parolaccia» dice e io annuisco.
«Fanculo, non mi importa. Merita di andare all'Inferno.»
Poi mi appoggio a Crystal e la stringo in un abbraccio forte che non ricambia, ma so che vorrebbe farlo.
Dopo che la polizia è arrivata, meno di un minuto dopo lo sparo, ha arrestato nuovamente Luke e raccolto il corpo senza vita di Cole per portarlo in obitorio.
Crystal era ancora al telefono in silenzio e sconvolta e loro le hanno detto che l'avrebbero interrogata.
Prendo il coraggio e la forza anche per la mia migliore amica e inizio ad accarezzarle i capelli per confortarla.
«I-io devo chiamare delle persone» parla per la prima volta dopo ore.
«Crys possiamo pensarci più tardi» la tranquillizza Jane, ma la mia amica si alza lo stesso.
«Rose?» domanda mentre sale il primo gradino, «In camera sua con Alex e Mason.»
Lei annuisce e va di sopra
Crystal
Il dolore può essere stimato con un numero preciso? Direi infinito ma io vorrei dare un numero.
In una scala da uno a dieci risponderei sempre infinito.
Però so cosa devo fare.
Allora chiamo mia madre che scoppia in lacrime e esprime la sua delusione verso il figlio che ha cresciuto.
Sono costretta a chiamare anche mio padre che si spreca nel dirmi un «Mi dispiace» senza valore; l'ho chiamato solo per fargli sapere che è soprattutto colpa sua.
Poi ho dovuto fare la parte più difficile: chiamare i genitori di Cole.
«M-mi dispiace così tanto signori Holden» singhiozzo posandomi una mano sulla fronte, «Non è colpa tua, tesoro» mi convince sua madre e dal suo tono di voce capisco che non è arrabbiata.
«Pagherò io il vostro volo per venire a New York.»
Mi ringraziano dicendo che non ce n'è alcun bisogno ma io insisto.
Alla fine accettano.
Ci salutiamo.
Poi faccio come mi ha detto Cole.
Apro il comodino e estraggo il foglietto giallo con una serie di numeri scritti sopra.
«Pronto?» domanda una voce maschile, «Ciao, sono la moglie di Cole» dico io cercando di non piangere.
«Certo, piacere io son-» lo interrompo prima che possa presentarsi.
«Cole è morto.»
Un silenzio di tomba segue la mia frase, «S-Scusami?»
Prendo un respiro profondo, fa male anche solo dirlo.
«Cole è morto. Omicidio. Volevo dirtelo perché me l'ha chiesto lui. Mi ha detto di scusarsi di esserti stato lontano. Io credo gli farebbe piacere se venissi al funerale sai?»
Lui esita per quasi un minuto. «Adesso sono sconvolto. Ma comunque non verrò, grazie per avermi chiamato. Ho davvero molto lavoro e io non ce la farei a vederlo in una bara. Scherzavamo sempre sulla morte e pensare che adesso non potremo più farlo fa male.»
Sospiro, poi torno a piangere.
«Grazie di aver chiamato e condoglianze» mormora.
«Grazie» sussurro.
«Le condoglianze sono una stronzata vero?» domanda. Un sorriso malinconico si forma sul mio volto, «Si, sono una grandissima stronzata» concordo.
«Allora elimina la frase che ti ho appena detto. Grazie di avermi chiamato e se hai bisogno di qualunque cosa, anche se non ci conosciamo, chiamami pure va bene?»
Rispondo che lo farò.
«Bene... Posso mandarti una foto da mettere sulla tomba?» propone. «So che può sembrare macabro ma era una cosa nostra. Ogni volta che ci vedevamo dicevamo all'altro la foto da mettere sulla tomba, la sua è davvero bella. Posso?»
Se era quella che voleva Cole, «Certo» replico.
«In tutti questi anni Cole non mi ha mai fatto vedere chi sei o detto il tuo nome sai?» ridacchia.
Ma io non sono in vena di fare chiacchiere anche se so che lui lo fa solo per non farmi pensare.
«Adesso devo andare» dico, «Oh certo. Scusami tanto se ti ho rubato del tempo. Spero di sentirti presto... Ti mando la foto.»
Lo saluto anche io.
«Ah e, anche se non mi ha ha parlato di te in quel senso, Cole ti amava più di ogni altra cosa al mondo.»
Marika
Crystal scende le scale con lentezza estenuante, «Hai fame?» le chiedo e lei scuote la testa.
«Crys devi mangiare» dice Jane, «Non mi va.»
Si butta sul divano mentre Mason e Alex scendono le scale, «Rose dorme» ci informano, ma Crystal è tornata a fissare il vuoto e non li considera.
«Crys dovrai parlare con gli avvocati» le ricorda Alex. «Sentite. Sono passate quattro ore. Gli avvocati e tutto il resto possono aspettare tranquillamente fino a domani.»
Loro annuiscono a quello che ho detto.
Il mio telefono inizia a suonare e allora lo prendo leggendo il nome di Scott sul display.
Salgo le scale lanciando loro un'ultima occhiata e mi chiudo in bagno.
«Ciao» rispondo, «Alex me l'ha detto.»
Sospiro appoggiandomi al muro bianco.
«Domattina abbiamo il volo per New York.»
Boccheggio leggermente.
«Hai detto che ci saresti stata per me, che avresti preso un aereo se avessi avuto bisogno di te. Io lo sto facendo.»
Resto scioccata.
Mi rendo conto che sta facendo una cosa davvero bella per me, ma io non voglio che lui ci sia.
Voglio Mason anche se andrà via a breve.
«Non sei costretto a farlo» gli ricordo allora io.
«Ma voglio venire da te.»
Qualcuno bussa alla porta, allora saluto Scott dicendogli che gli manderò un messaggio con l'indirizzo del mio appartamento e di quello di Crystal.
Mi sciacquo il viso dove sono rimaste alcune lacrime secche e poi apro la porta.
Mason è lì che mi guarda insistentemente con i suoi occhi verdi.
«Stai bene?»
Non rispondo
«Domanda stupida, scusami.»
Fa un passo verso di me.
«Non riesco ancora a crederci, ma d'altronde non ci credevo nemmeno quando ho saputo di Harry.»
Si passa una mano tra i capelli scuri e sospira incurvando le spalle.
«Luke Moore mi ha sorpreso diverse volte» commenta ironicamente, «Si ma parliamo del suo secondo omicidio. Crystal resterà traumatizzata a vita» sussurro e le lacrime escono spontaneamente.
Mason mi stringe forte e io mi aggrappo a lui come se fosse l'unica cosa in grado di reggermi in piedi.
«Ho anticipato la partenza. Non posso più stare qui» confessa.
Mi allontano e lo guardo impassibile, «Parto domani mattina.» Annuisco, «Domattina arriva Scott.»
Anche lui annuisce e poi restiamo zitti a guardarci negli occhi.
«Allora è finita?»
Dovrebbe essere un'affermazione, ma dal suo tono deduco sia una domanda.
«Credo di sì, sapevamo che sarebbe andata così. Ti ho sempre detto che non eravamo fatti per stare insieme» mormoro.
«Meglio che vada.»
Si allontana, poi ci ripensa e torna indietro.
Mi prende il viso velocemente e mi bacia con foga.
Ecco il bacio disperato di Mason.
L'ultimo.
E mi mancherà.
Mi mancherà pensare che a breve lo vedrò.
Mi mancherà dover stare attenta quando giriamo insieme per paura di essere visti dai paparazzi.
Mi sentivo un'agente della CIA e ridevamo ogni volta.
Mi mancherà Mason in generale.
Mi mancherà il suo profumo, stare tra le sue braccia, le sue labbra.
Mi mancherà svegliarmi la mattina e trovarlo a guardarmi.
Mi mancheranno i suoi occhi verdi così belli.
Ma adesso lo sto lasciando andare perché non c'è cosa più giusta.
Così mi guarda un'ultima volta con ancora il mio viso tra le mani e entrambi abbiamo gli occhi lucidi.
«Ti amo Marika Fox.»
Appoggia la sua fronte sulla mia.
«Ti amo anche io Mason Lewis.»
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