Capitolo 30
«Bene io vado allora» annuncio a Scott che è in cucina a preparare una spremuta, «Prendi la macchina?» Scuoto la testa, «Mi viene a prendere Mason.» Mi lancia un'occhiata mettendo la spremuta in un bicchiere di vetro. «Che c'è?» chiedo visto che mi sta fissando.
«Non tornerai a New York.» Il suo tono non esprime una domanda ma un'affermazione, mi irrita. «Tra due settimane» rispondo come se la sua frase fosse stata una domanda. Sbuffa, «Mar non mi va di stare lontani» confessa. «Ma io ho la mia vita» gli ricordo «E io la mia» sbotta, «Appunto, io non ti chiedo di lasciare tutto per me. Non farlo neanche tu.» Si appoggia al bancone sospirando.
«Mason mi aspetta, io vado» annuncio voltandomi. «Certo, vai a scopartelo.»
Mi si gela il sangue nelle vene, ma poi mi giro. «Non ne hai il diritto!» grido girandomi verso di lui «Si invece, sono il tuo ragazzo.» Rido amaramente «Bene allora vieni a New York e molla tutto per me. Lo faresti?»
Da un lato voglio che risponda di sì perché stare con lui è la cosa più giusta, ma dall'altro voglio che mi dica di no, davvero tanto. Mi vivo questa breve discussione, poi esco senza dire nulla.
Davanti alla porta non trovo Mason, ma resto ugualmente scioccata dalla persona che sta salendo le scale. Chiudo la porta dietro di me e guardo la strada ma non trovo Mason.
Controllo il telefono e in effetti non mi è arrivato alcun messaggio, l'ho detto a Scott solo per evitarlo visto che non volevo che capisse che io me l'aspettavo che non avrebbe fatto niente per me.
In tutto questo lui mi sta guardando attentamente, lo supero andando sul marciapiede sperando che Mason non tardi, ma mi ferma in mezzo al vialetto.
«Mar» mi richiama correndo da me. «Che vuoi?» sbuffo facendo un passo indietro per mantenere le distanze. Non lo vedo da quando ho perso le speranze. Da quella sera in cui ha scelto se stesso al mio dolore. «Parlarti.» Scuoto la testa.
«Marika io sono cambiato!» protesta, «Lo so che sei cambiato, Simon. Tutti cambiamo. Sai che cambiamo ogni giorno? Fisicamente intendo.... Ci pensi mai che ogni giorno abbiamo qualcosa di diverso? Un taglietto, un sopracciglio in più o in meno. Ma tu oltre a quel capello che hai perso non sei cambiato.» Aggrotta le sopracciglia e boccheggia, «Non mi vedi da tre anni, non lo sai.» Gli rivolgo un sorriso artefatto, «Non lo voglio sapere» confesso.
«Simon mi hai fatta soffrire, ho sperato per anni che tu tornassi e non l'hai fatto. Hai scelto che era meglio che io stessi male e non voglio sapere il dopo.» Abbassa la testa e studia per una manciata di secondi le sue scarpe bianche rovinate.
«Ti ho cercata ovunque, per mesi. Sono arrivato a New York e ti ho cercata poi ho scoperto che eri qui e ho vagato Miami fino a scoprire che stai qui.» Sospiro, «Anche io ti ho aspettato per mesi. Ti ho chiamato e scritto messaggi. Non mi hai nemmeno degnato di una risposta che dicesse anche solo che non volevi vedermi. Quindi basta Simon.»
Voglio solo che lui se ne vada, di nuovo. Lo ha fatto, è bravo ad andarsene e questa volta non cercherò di fermarlo; non lo chiamerò perché io voglio che lui si allontani da me visto che non sono a mio agio con lui vicino. «Marika ti prego dammi una possibilità. Me la merito.»
Do le spalle alla casa e lui mi blocca il tragitto per scappare. Mi passo una mano sulla fronte sospirando, sono davvero in difficoltà.
«Non hai capito che vuole che tu te ne vada?» tuona una voce dietro Simon che si volta di scatto. Non ho bisogno di sporgermi per capire di chi si tratta, ma lo faccio ugualmente perché mi va di guardarlo. Una maglietta bianca tinta unita con un piccolo logo sul petto. Il costume è blu scuro e indossa delle scarpe da ginnastica dello stesso colore della t-shirt. I capelli scuri sono spettinati come al solito e gli occhi verdi guardano in cagnesco Simon.
«E tu chi saresti?» sputa acido Simon. «Uno che ti farà del male se non ti levi dal cazzo e la lasci stare» lo minaccia visibilmente spazientito. «Mar, questo non è il ragazzo per te. Tu devi stare con me» dice Simon.
«Se dovesse stare con te tu non l'avresti lasciata comportandoti da bastardo. Quando ami una persona ti prendi tutti i suoi problemi e le sue insicurezze. Ti prendi i suoi sogni e la aiuti a realizzarli. Ti prendi le sue paure e la aiuti a superarle. E tu non la ami, non meriti nemmeno di amarla. Magari non lo merito nemmeno io, ma sai una cosa? Io sono qui e la aspetto. Sono qui e le sto vicino nonostante lei voglia essere forte e indipendente, e voglio che lei continui ad esserlo con me al suo fianco. Tu l'hai mai voluto? Secondo me no perché non la ami come faccio io. Attraverserei il mondo per starle vicino mentre tu l'hai fatto per starle lontano. Se davvero la ami levati dal cazzo e lascia che sia felice.»
Simon sospira, «Sei solo un giocatore di football idiota» borbotta. Mason spalanca gli occhi, si avvicina a passo svelto a lui e gli lascia un pugno forte sulla mascella.
«Il giocatore di football idiota almeno sa amare. Non sarò laureato ma almeno farei di tutto per renderla felice al contrario tuo, coglione.»
Simon si posa la mano sulla faccia e mi guarda, «Marika.» Mi guarda con gli occhi lucidi.
«Vattene Simon» lo incito.
Questa volta, in completo silenzio, se ne va. Non so se tornerà ma mi piace pensare di no.
«Ho sentito delle urla, Mar tutto ok?» Scott esce dalla porta e resta sulla veranda. Annuisco mentre Mason lo guarda con odio. «Ci vediamo più tardi» lo saluto e lui entra in casa.
«In macchina. Adesso» ordino a Mason salendo al posto del passeggero. Resto in silenzio fino a quando non mancano cinque minuti ad arrivare a Miami Beach.
«Hai intenzione di dire qualcosa?» domanda spazientito stringendo forte il volante della decappottabile nera. Non rispondo per qualche secondo continuando a godermi l'aria sui capelli.
«Hai sbagliato» urlo voltandomi con tutto il corpo verso di lui che ridacchia leggermente. Noto che è infastidito da quello che ho detto. «Preferivi che lo lasciassi fare?» Alzo gli occhi al cielo, «Non ho detto questo ma non dovevi dargli un pugno Mason, potrebbe denunciarti e far finire la tua carriera» gli ricordo.
«Marika il pugno non l'ho dato solo per te ma perché pensa che io sia solo un idiota che non capisce un cazzo. Lui è una delle tante persone che se sono un giocatore di football allora passo la mia vita ad allenarmi, a bere e a fare sesso con ragazze a caso» dice. «Ma tu sai che non è vero, no?» Guarda dall'altra parte e accosta.
«Mason?» lo richiamo. Lui mi guarda e abbassa gli occhi fissando le sue gambe.
«Mason guardami» lo incito. Non lo fa, così gli sollevo il capo mettendogli due dita sotto il mento. Mi guarda con il senso di colpa negli occhi.
«Ti ho mentito Marika» confessa. Con la testa gli faccio cenno di proseguire, «Sono andato con altre ragazze in questi anni. Non con centinaia ma una ragazza ogni tanto me la sono fatta. Di solito una alla settimana o al massimo due.» Scoppio a ridere. «Mason lo sapevo già.» Spalanca gli occhi incredulo, «Credi che io mi aspettassi che ti fossi dato alla castità per me?» Esita un po', «Si?» Scuoto la testa. «No, capisco benissimo.» Mi prende il viso tra le mani.
«Cristo Marika Fox, io voglio sposarti.»
Non mi lascia il tempo di rispondere, ma tanto non avrei saputo cosa dire. Mi bacia con foga. Ecco il bacio disperato che volevo. Avevo bisogno di baciare Mason. Mi avvicina di più a sé accarezzandomi le gambe che i pantaloncini di jeans lasciano scoperti.
«Andiamo a casa» mormora. Annuisco staccandomi da lui e leccandomi leggermente le labbra. Prende la mia mano e la mette sopra la sua, poggiata sul cambio, e mi sento tranquilla come non mai. Mi ricordo quella sera in cui ho chiesto a Scott come fosse andata a lavoro e mi sono sentita a disagio perché mi sentivo troppo in confidenza.
«Com'è andata la tua giornata?» gli domando. Lui sorride e inizia a parlarmi dell'allenamento che ha fatto stamattina. Poi mi racconta che ieri il suo agente è andato da lui e hanno bevuto una birra insieme. Non ci vediamo da due giorni e sono così felice che sia di nuovo con me.
«E tu invece?» Deglutisco e lo guardo mordendomi il labbro. «Va bene. Puoi dirmelo.» Gli stringo forte la mano e gli racconto che ieri sono stata con Tom. Siamo andati in spiaggia e lui ha giocato a football con Alex mentre io parlavo con Jane. Quando Scott è tornato a casa per pranzo siamo andati a mangiare fuori tutti insieme e al pomeriggio siamo andati al centro commerciale.
«Che hai comprato?» domanda interessato come se non gli importasse che ero con Scott. So che non è così e che sta solo fingendo, ma lo apprezzo. Apprezzo che sia interessato a me comunque. «Questi pantaloncini, due top, un vestito, intimo e un costume» dico. «Spero che tu ti sia messa quel costume allora.» Annuisco, «Posso vedere l'intimo?» Scoppio a ridere. Dovrei dire che lo ho in borsa. «No» rispondo scuotendo la testa. Lui mi lancia una breve occhiata per poi tornare con lo sguardo sulla strada.
«Dio vorrei baciarti.»
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