Capitolo 21
Spesso la vita ti pone domande a cui rispondere è impossibile. In realtà non è la vita a farti queste famose domande ma sono le persone. La domanda difficile a me l'ha fatta Jane. Mi ha chiesto se vedo il Paradiso ogni volta che guardo Scott. Mi ha chiesto se l'amore complicato che provo per Scott diventa semplice solo perché è lui. Ma l'amore complicato è l'amore di Jane, il mio amore è quello strano. Perché io non riesco a non pensare che l'amore sia strano, non riesco a farne a meno. L'amore secondo me è strano perché è quel sentimento che ti rende felice ma che al contempo ti fa stare male. Non sempre l'amore ti fa soffrire perché finisce, spesso lo fa perché gli esseri umani sono destinati a commettere errori e a fare del male alle persone che amano. Scott non ha messo fine alla nostra storia ma mi ha mentito. Mi ha fatto male dicendo una bugia e non so se sarà in grado di porre rimedio.
«Marika!» Tom ridendo corre verso di me che stavo per attraversare la strada per incamminarmi verso l'albergo. Si, è lontano ma ho bisogno di camminare e schiarirmi le idee. «Ciao Tom.» Torno indietro in fretta per impedirgli di andare vicino alla strada, non voglio che si avvicini troppo alle macchine. Corre tra le mie braccia e lo stringo forte mentre lui mi racconta un sacco di cose. Continuo ad abbracciarlo e alla fine comincio a piangere. Lui se ne accorge, «Che succede Mar?» Si allontana. Gli rivolgo un sorriso triste, «Sono solo stanca» mi giustifico. Mi guarda con poca convinzione, «Scott mi ha detto che diventerai un medico e che suoni il piano» mi racconta tentando di distrarmi. «Voglio essere come te da grande» confessa e mi sento così felice per un po'. «Lui ti ama.» Abbraccio di nuovo Tom per non fargli vedere che le mie lacrime sono aumentate e sulla porta vedo Scott che ci guarda. Mi alzo prendendo in braccio il bambino e mi avvicino a casa loro. «Tom hai fatti i compiti?» gli domando quando siamo sul patio. Scuote la testolina, «Allora se vuoi diventare come me devi impegnarti nella scuola.» Non se lo fa ripetere una seconda volta. Supera correndo Scott e va in camera sua a fare i compiti «Ciao» mi saluta Scott sorridendo nervoso. «Ciao. Come stai?» domando. Non mi risponde «Non lo porterò in albergo. Non ci andrò nemmeno io. Forse tra qualche anno, ma non ora.» Annuisco incrociando le braccia al petto. «Vuoi qualcosa da bere? Del vino?» Rispondo di si e guardo l'orologio al polso mentre entriamo in casa. Sono le sette, andrò via tra poco. «Puoi fermarti a cena se ti va, faccio dei tacos strepitosi.» Mi siedo sullo sgabello del bancone, «Non puoi dirtelo da solo lo sai?» Ridacchia aprendo una bottiglia che ha preso dalla dispensa e posa due calici davanti a me. Li riempie guardandomi intensamente. «Perché hai pianto?» domanda come se la mia risposta avesse importanza vitale. «Sono stanca. E confusa» ammetto, «Sai cosa serve oltre al vino in questi momenti?» Scuoto la testa. Con lo sguardo mi indica di prendere il calice e poi mi afferra la mano portandomi con sé in salotto. Ci sediamo fianco a fianco sullo sgabello del pianoforte e posiamo i calici. «Forza, suona qualcosa» mi incoraggia. Poso le mani sui tasti e suono la prima canzone che mi viene in mente. "Somebody to you" dei The Vamps con Demi Lovato. Vorrei cantarla ma mi sento a disagio, inizio a farlo solo quando vedo il modo in cui mi guarda Scott. Vuole che io canti per lui; allora lo faccio: «Everybody's tryna be a billionaire, but every time I look at you, I just don't care. 'Cause all I wanna be, yeah, all I ever wanna be, yeah, yeah. Is somebody to you.» Vado avanti ad intonare la canzone fino alla fine e all'ultima frase si unisce anche Scott. Ha una bella voce, graffiata e che fa venire i brividi, «'Cause all I wanna be, yeah, all I ever wanna be, yeah, yeah. Is somebody to you.» Ci voltiamo l'uno verso l'altra guardandoci negli occhi. L'ultima nota risuona nella stanza e i nostri visi si avvicinano sempre di più. Le nostre labbra finiscono per incontrarsi in un bacio dolce e intenso. Finiamo a baciarci sul divano mentre con le mani mi accarezza i fianchi e io gli tiro piano i capelli. «Scott non capisco il problema di matematica!» Tom interrompe il nostro momento. Ci stacchiamo con le labbra rosse e il fiato corto. Lui si alza, visto che era sdraiato su di me, e si sistema la t-shirt nera che si è alzata e i capelli. Mi rivolge un sorriso per poi lasciarmi un ultimo bacio leggero e corre da suo fratello dicendomi di aspettarlo. Lo guardo allontanarsi e poi il mio sguardo finisce sullo specchio appeso al muro. I capelli scuri sono in disordine e li sistemo passandoci le dita in mezzo. Mi alzo mettendo la spallina del top rosso al suo posto visto che era caduta e poi lo tirò giù visto che si era sollevato. Prendo il calice e scolo il vino in un sol sorso per calmarmi. Poi mi siedo di nuovo davanti al pianoforte e, nell'attesa, inizio a suonare di nuovo un'altra canzone che ricordo. "Someone to you" di Banners e la canto senza alzare troppo la voce, non voglio distrarre Tom. Mi rendo conto di quanto mi mancava suonare. La Danimarca mi ha traumatizzata, Simon lo ha fatto e io ho scelto di dire addio a tutto ciò che aveva fatto parte della mia sofferenza; ma adesso che sono tornata a suonare mi sento come se fossi nata per la seconda volta e davanti ho un'opportunità grandiosa anche se non so ancora cosa voglio. Ma non è poi così importante per ora, ci penserò in futuro. Qualcuno batte le mani appena finisco e, quando mi volto, trovo Scott e Tom che applaudiscono energicamente. Tom corre da me e si siede sullo sgabello. «Mi insegni a suonare il pianoforte?» mi domanda «Certo che sì!» Allora inizio con le prime cose che ho studiato io quando ho cominciato e, anche se le scale sono davvero noiose, la felicità nei suoi occhi mi fa sorridere. Ha davvero voglia di imparare. Questo bambino è davvero fantastico.
«La cena è pronta!» annuncia Scott. Ci voltiamo verso di lui che è appoggiato al muro vicino all'entrata della sala da pranzo. Tom si alza e corre a sedersi a tavola, quando passo vicino a Scott lui mi prende e mi lascia un bacio sulla fronte indugiando un po' per restare a contatto per qualche secondo di più. Ci sediamo e Tom inizia a raccontare tutta la sua giornata a scuola, mi sento in famiglia. Anche io lo facevo a cena con i miei genitori. Guardo Scott che ha già gli occhi su di me.
«A te invece com'è andata in albergo?» domando innocentemente. Sgrano gli occhi non appena mi rendo conto di ciò che ho chiesto. Ho fatto la tipica domanda che una moglie fa al marito dopo una giornata di lavoro. Mi sento a disagio e sento che un silenzio imbarazzante sta per cadere sulla tavola, ma non succede. «Bene. Domani ci sarà un pranzo molto importante, Tom che ne dici di andare con la nonna?» propone al bambino che sbuffa annoiato prima di dare l'ennesimo morso al suo tacos. «Posso stare io con lui» dico per poi bere la mia birra, «Sei sicura?» Annuisco. «Bene allora vai a prenderlo a scuola e venite qui. Ti lascio la mia macchina.» Scuoto la testa, «E tu come vai al lavoro?» chiedo «Ne ho un'altra in garage, ti lascio le chiavi di quella e vai a prendere Tom... Hai la patente vero?» Rispondo di si. «Stai attenta. Io amo Becky.» Poso il tacos che stavo per addentare e lo fisso sconvolta, «Le hai dato un nome.» Annuisce. Scoppio a ridere e poi torno a mangiare.
«Starò attenta a.... Becky.» Mi ringrazia , «Cosa ti va per pranzo?» domando a Tom. Ci pensa un po' su, «Pollo.» Annuisco. Domani mattina andrò al supermercato. Tom resta a parlare con noi fino a quando non deve andare a letto. Io sparecchio e Scott lo porta in camera. Mentre lavo i piatti lui mi cinge la vita con le braccia e posa il mento sulla mia testa. «È bello che tu sia qui.» Sorrido e lui mi lascia un bacio sul collo per poi andare a finire di sparecchiare.
Tolstoj ha detto una frase molto celebre in cui al momento mi ritrovo, "Possiamo capire noi stessi quando possiamo vedere noi stessi in qualcun altro." Io mi sto capendo ora che sono con Scott. Penso che potrei anche prendere una decisione sulla proposta di David. La nebbia, che sarebbe la confusione, nella mia testa si sta dissolvendo. Scott entra in cucina e mette in ordine le ultime cose. Io mi asciugo le mani e resto appoggiata con la schiena al piano cottura. Mi tiro su e mi siedo guardandolo mettere la maionese in un ripiano in alto. Mentre allunga il braccio la maglietta si tira leggermente su mettendo in mostra l'addome abbronzato. DIstolgo imbarazzata lo sguardo sperando che non se ne accorga. Poi lui viene da me e mi si mette davanti appoggiando la fronte sulla mia. Mi bacia dolcemente e io trovo una risposta alla domanda di Jane. «Quando ti guardo io vedo il Paradiso.»
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