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Capitolo 14

Dopo averci fatto indossare i camici rosa della terapia intensiva neonatale, siamo potuti entrare. Rose era, ed è ancora adesso, in un'incubatrice attaccata ai macchinari. Crystal non riesce ancora a camminare e quindi è dovuta rimanere sulla sedia a rotelle e piangeva tantissimo incolpandosi di tutto. «Dovevo stare più attenta, o meglio stare a letto» dice guardando la bambina che, seppur piccola, è davvero bella. «Crys Rose starà bene ok? Non farti tutte queste paranoie» la rassicuro. Poi lei deve tornare a riposarsi e quindi la portiamo nella sua stanza. Cole mi dice che resterà ancora qui e mi lascia le chiavi di casa e l'indirizzo che imposto sul navigatore. Appena arrivo mi faccio una doccia calda per rilassarmi, controllo il telefono su cui non trovo nulla di importante e mi metto a letto. Mi addormento prima di poter anche solo mettermi a pensare alla discussione con Scott. In realtà non è stata una discussione perché non gli ho nemmeno lasciato il tempo di parlare e mi dovrei sentire in colpa per questo, ma sono troppo stanca per i sensi di colpa al momento.



Mi risveglio all'ora di pranzo e trovo un messaggio di Cole che mi dice di essere passato a farsi una doccia per poi tornare in ospedale. Nessuna chiamata di Scott, così lo chiamo io. «Ciao» risponde. «Ciao ti disturbo?» domando, «No stavo solo rileggendo delle carte», ed è in questo preciso istante che mi ricordo che Scott ha un albergo, quindi un lavoro, e che io non me ne sono mai curata. «Come va l'albergo?» domando allora. «Mar so che non ti interessa. Tom sta bene e ti saluta.» Sorrido, mi manca quel bambino. «Tu come stai invece?» Vorrei che mi urlasse contro ma so che non lo farà. «Bene, sono stanco. Spero che Crystal stia bene visto che hai attraversato il Paese per lei.» Colgo l'ironia nella sua frase, «Sei ancora arrabbiato» dico «Se dev-» Gli parlo sopra, «Era un'affermazione» lo punzecchio. Lo sento sospirare esasperato, non capisco nemmeno perché discutiamo visto che non porterà a niente. «Ne ho parlato con Cole ieri e lui accetta il fatto che Crystal lo metta al secondo posto rispetto a me e Jane» lo informo, «Sono sposati. Io e te stiamo insieme da due settimane e già sembra che io non esista quando le tue amiche hanno un problema.» Provo a mantenere la calma, «Sai che lo farei anche per te. Se tu avessi un problema verrei a Miami» sbotto cominciando a camminare nervosamente per la stanza, «Allora vieni qui. Ho un problema. Non ci sei tu. Non ci sei tu e Tom mi chiede sempre quando tornerai. Mia nonna vuole portarmi via mio fratello perché pensa che io non sia in grado di prendermene cura. Il mio albergo sta andando a pezzi, ti basta per venire da me?» Boccheggio. «Non ti basta. Stai con Crystal. Ti faccio chiamare da Tom stasera.» Poi riattacca. Provo a chiamarlo ma mi dà la segreteria. Così mi vesto ed esco senza fare colazione, non la faccio quasi mai, e vado in ospedale con l'umore sotto i piedi. Crystal vorrà sapere cos'ho e mi fa piacere, ho bisogno di parlare con qualcuno che non mi urli contro. Scott lo ha fatto e mi ha fatta passare per un mostro. Cristo, vogliono portargli via Tom. Provo a chiamarlo di nuovo mentre passeggio verso l'ospedale che non è poi così distante da casa di Cole. «Marika sto lavorando» sbuffa, «Si lo so ma devo dirti una cosa.» Resta in silenzio in segno di proseguire. «Vuole davvero portarti via Tom?» Gli occhi mi si riempiono di lacrime al pensiero di Tom lontano da Scott. «Si» replica con voce roca, «Pensa che io non sia in grado di prendermi cura di lui con tutto il lavoro che ho e crede che mi serva una figura femminile accanto per crescere un bambino. Cristo ha quasi otto anni e sta benissimo.» Lo sento imprecare sottovoce, «Senti che ne dici di organizzare un pranzo o una cena con lei? Verrei a Miami e le diremmo che stiamo insieme e che ti aiuto con Tom senza dire che sto a New York» propongo. «Marika non farlo per all-» Non lo faccio finire, «Non allevio i miei sensi di colpa. Tengo a te e a tuo fratello e il pensiero che possano separarvi mi fa stare male. Accetta il mio aiuto Scott» lo supplico.


«Non sei costretta a farlo.»
«Lo so ma lo voglio. Tom è un bambino straordinario e se lo è è solo merito tuo che l'hai cresciuto. Scott io non so perché tu abbia dovuto fare da padre a tuo fratello, ma lo hai fatto bene e ci hai messo il cuore e meriti di continuare a badare a quel bambino. Farò di tutto per far si che accada anche se tra noi due le cose non dovessero andare.»


Lo penso sul serio. La relazione tra me e Scott deve ancora crescere, ma so che farei di tutto per rendere felice Tom. La sua felicità dipende dallo stare con suo fratello, e la nonna non potrà portarlo via.


«Grazie Mar. Quando Tom potrà capire ti sarà eternamente grato, anche se spesso mi detesta.»
«Lui non ti detesta!»
«Vuole sapere perché non ha una madre e un padre, lui non si ricorda di loro e io non glielo voglio dire. Merita di meglio di una famiglia come la nostra.»


Mi prendo un secondo per pensare alla risposta da dare, ma non lo so. «Vorrei dirtelo. Vorrei parlarti della mia famiglia ma non posso. Non ci riesco perché anche solo pensare a loro mi fa venire da vomitare. Mar meriti di meglio dei miei problemi.» Alzo gli occhi al cielo, «Smettila. Dopodomani dimetteranno Crystal dall'ospedale se tutto va bene e partiremo per New York. Dammi ventiquattro ore di dormita dopo e sarò a Miami da te.» Sento che sorride. «Cristo sei meravigliosa. Mi manchi.» Trattengo il fiato per quello che ha detto. «Mi manchi anche tu.» Poi mi saluta dicendo che deve finire di lavorare e riattacca. Sono felice, fin troppo. Lo sono perché Scott ci tiene a me e io tengo a lui e sono felice che le cose si siano chiarite. Quando entro in ospedale ho un sorriso ebete stampato in faccia che si spegne non appena entro in camera di Crystal. Lei e Cole si stanno urlando contro. «Ragazzi» mi intrometto «Cosa sta succedendo?» Cole, senza nemmeno guardarmi, prende la giacca e fa per uscire ma lo fermo. «Siediti» gli ordino, «No.» Fa un altro passo verso la porta. «Smettila di comportarti come un bambino. Siediti.» Sbuffa ma poi esegue. «Spiegate» li incito «Voglio venire a vivere a Los Angeles» afferma Cole. Io sgrano gli occhi in risposta, «Come perdonami?» Per un secondo spero di aver sentito male, ma poi ripete la frase e mi sento svenire. «No!» replico senza nemmeno accorgermene. Mi metto la mano davanti alla bocca. «Tranquilla, è la stessa reazione di Crystal.» Si passa una mano tra i capelli neri. «Mi hanno offerto un posto in questo ospedale, vogliono che diventi chirurgo fetale, sapete cosa vuol dire? È l'occasione della mia vita e non posso sprecarla per uno studio in cui guardo vagine tutto il giorno.» Soffoco una risata e Crystal mi lancia un'occhiataccia, mi ricompongo. «Cole so cosa vuol dire per te, ma non pensi a tua figlia? E a Crys?» I suoi occhi verdi mi scrutano attentamente. «Crystal vuole restare a vivere nell'appartamento dove Luke è entrato pochi giorni prima di uccidere una persona. Vuole restare nella città che ha fatto sfondo ad una tragedia: la nostra» sbotta, «Ha fatto da sfondo anche alla nostra storia!» protesta Crystal. «Pensi che non lo sappia? Pensi che io sia solo un egoista del cazzo quando non ti rendi nemmeno conto che l'egoista qui se tu. Tu che vuoi restare a New York dove non abbiamo più niente. Cosa ti lega a New York? Eh Crystal? Ti sei quasi laureata. Possiamo aspettare che tu finisca gli studi. Tua madre vive lì? Non vi vedete nemmeno se vivete a cinque minuti a piedi di distanza. Ti lega Jane? Alex ha venduto l'appartamento. Jane resterà a Miami. Non tornerà a New York e non ve l'ha detto.» Le gambe non mi reggono. Mi lascio andare sulla sedia di plastica vicina al muro. Niente segreti tra migliori amiche. Jane ha mentito. Ha detto che sarebbe tornata New York.

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