Capitolo 4
[Preoccupazione]
Punto di vista di Christophe Sherwood
Era stato decisamente troppo per me e il mio autocontrollo essere davanti a quel corpo perfetto solcato da tante ma minuscole gocce d'acqua che scivolavano lungo la sua pelle abbronzata ad ogni suo minimo movimento e a ogni respiro tracciando le linee dei suoi muscoli definiti perfettamente quasi fossero stati scolpiti.
Arrivai poco dopo di Colton, sentii la porta della sua camera chiudersi ma non feci particolarmente rumore, non potevo dato il mio "problema".
Mi precipitai in bagno cercando di placare Sherwood Jr. evitando di fare il minimo rumore, dovetti farlo più di una volta perché quando la mia mente vagava focalizzava quell'immagine così sexy ed erotica che Sherwood Jr. si svegliava, non voglio scendere ulteriormente nei dettagli, è imbarazzante da raccontare.
Sapevo che stava morendo di imbarazzo ma lo obbligati ugualmente a guardate un film con me nel salotto solo che si è addormentato sulla mia spalla cercando di rimanere sveglio proprio come un bambino ed era così tenero che quasi mi venne voglia di urlare.
Era così dannatamente tenero che avrebbero dovuto dichiarare quel livello di tenerezza illegale per la mia salute era meglio che non lo vedessi essere così dolce e carino spesso.
Smisi di concentrarmi sul film e nel tentativo di mettermi comodo senza svegliarlo finii per mettermi disteso sul divano con lui appoggiato sul mio petto, il risultato fu il mio cuore che batteva come se cercasse di rompere la barriera del suono.
Guardare com'era rilassato mentre vagava beato nel mondo dei sogni mi fece sentire felice e quello era l'ennesimo segnale che non potevo più ignorare, ero certo che quello che provavo per il biondo fosse amore anche se mi dicevo che non potevo, che lui non era gay, non poteva esserlo.
Ma poi mi venne in mente com'era arrossito, ricordai quelle sue frasi ambigue e misteriose quando si parlava delle prese in giro e si accese in me un barlume di speranza, anche se piccolo e debole non riuscivo a non aggrapoarmici nonostante non volessi, non volevo innamorarmi e poi essere ferito.
Gli accarezzai la chioma biondo miele e come avevo sempre immaginato i suoi capelli erano soffici e delicati come la più pregiate delle sete, la mia mano non si fermò iniziando a scendere sfiorando la pelle perfetta del suo volto e poi del suo collo e notai come si lasciassero dietro delle scie di brividi; poi le mie dita salirono nuovamente sfiorando quelle morbide labbra rosee e calde che erano proprio come le immaginavo.
Sembravano così dolci ed erano tanto belle che ebbi l'impulso di assaporarle con le mie, avvicinai il mio volto al suo ma mi fermai quando i miei capelli sfiorarono il suo volto, non era giusto, non potevo farlo.
Sfiorai ancora e ancora la sua pelle continuando a osservare il suo bellissimo volto appena illuminato dalla luce della luna che filtrava dalle grandi finestre del salone finché anche io mi addormentai.
Ero in uno stato di transizione, non ero completamente sveglio ma non stavo neppure dormendo, lo sentii muoversi sopra di me e avvicinarsi lentamente sempre di più al mio viso e poi fermarsi bruscamente e questo mi svegliò quasi del tutto.
Iniziò a giocherellare con le mie guance ridendo senza motivo, io mi stropicciai gli occhi e quando li aprii mi ritrovai davanti ai suoi smeraldo brillanti ma un po' tristi, quasi quella sua appartenute felicità non fosse reale.
Quel suo sorriso e quel suo sguardo gioioso velati di tristezza ma bellissimi appena sveglio potevano essermi fatali, di fatto il sentii il mio cuore fermarsi per un lasso di tempi decisamente preoccupante.
Non potevo più avere dubbi sui miei sentimenti quando ritrovandomi a pochi centimetri da quelle bellissime e sensuali labbra il mio pensiero ero solo quello di sfiorarle con le mie assaporandole in un bacio sempre meno casto.
«Ma che diavolo...?» biascicai con la voce ancora impastata dal sonno guardandolo confuso mentre mi abituato alla luce mattutina «Sono soffici» ammise ridacchiando come un bambino o come un ubriaco.
«Hai bevuto?» gli chiesi serio e preoccupato sentendo l'odore familiare dell'alcol provenire dalle sue labbra «Ho bevuto» confermò lui sembrando più lucido «Perché?» «Petché sono dannatamente stressato…» sussurrò spostandosi da sopra di me sedendosi in modo composto indicandomi una bottiglia di vodka nel pattumiera.
«Quindi ti sei svegliato in piena notte e ti sei messo a dormire su di me?» chiesi sorridendo cercando di sdrammatizzare la situazione ma fu inutile, non ero mai stato bravo in questo genere di cose.
«Ti va di dirmi cosa succede, cosa c'è che non va?» «La mia vita, ecco cosa c'è che non va!» quasi urlò rannicchiandosi su se stesso portandosi la testa fra le ginocchia e tirandosi i capelli quasi volesse strapparli via «In che senso?» «Nel senso che sono un fottutissimo codardo e non riesco a vivere la mia fottutissima vita in modo decente!».
Il suo sguardo color foresta da luminoso qual'era divenne buio e spento, io mi inginocchiai in modo da essere alla sua altezza e gli presi le mani cercando di fargli percepire la mia vicinanza «Se vuoi parlarne ci sono» sussurrai sorridendo, lui aprì la bocca come per dire qualcosa ma subito dopo la richiuse distogliendo lo sguardo da me «Non preoccuparti, lo posso risolvere da solo»
Lo aiutai a raggiungere la sua stanza sano e salvo e poi me ne tornai al piano inferiore toccandomi il petto all'altezza del cuore sentendo le mie guance farsi sempre più calde chiedendomi fino a quando sarei riuscito a nascondere quel mio fortissimo sentimento nei suoi confronti.
Venni riportato alla realtà da sick of it degli skillet che segnalava una chiamata, ci misi un po' a rispondere «Bonjour, vous etez Christoph Sherwood?» «Oui, c'est moi, qui parles?»riaposi in francese, brevemente l'uomo mi spiegò che era richiesta la mia presenza alla lettura del testamento che si sarebbe svolta in Francia per poter firmare le pratiche in modo da ereditare le cose lasciatemi dai miei zii, coloro che mi avevano amato come un figlio.
Mi disse che mi era stato prenotato un volo e in un pacchetto spedito una settimana prima ci trovai tutte le carte necessarie per il volo e la prenotazione del biglietto oltre che dell'albergo, il volo partiva da lì a poche ore.
In fretta e furia preparai la valigia con le prime cose che mi arrivarono sotto mano e delle quali io avessi davvero bisogno, dato che Colton dormiva e non volevo svegliarlo scrissi velocemente un biglietto dicendogli tutto quanto in qualche riga coincisa poi presi la mia valigia e uscii.
Mi imbarcai e già sentivo la mancanza del mio biondino preferito, sapevo bene che in quel tempo che avrei passato lontano da lui non avrei fatto altro che sentire la sua mancanza e preoccuparmi decisamente troppo per lui sperando in un suo messaggio o in una sua chiamata.
Avevo il posto dal lato del finestrino e mentre l'aeroplano prendeva quota osservavo la città, gli edifici e le persone diventare sempre più piccole fino a sembrare dei pezzi di una casa delle bambole.
Atterai giusto in tempo in modo da essere presente alla lettura del testamento anche se avevo corso così veloce che sarei potuto andare in arresto respiratorio, ma tralasciamo i dettagli irrilevanti.
Mi guardai attorno e fra i presenti riconobbi l'uomo che corrispondeva al ruolo di mio "padre" e lo ignorai, prendendo posto in una delle numerose sedie libere in quella stanza cupa.
«I signori Dubois lasciano tutti i loro averi al qui presente Christophe Sherwood, c'erano delle condizioni riguardo alla tutela dei beni fino al compimento della sua maggiore età ma non serviranno dato che ha diciotto anni» tradusse l'interprete ai parenti americani.
Mio padre cercò di controbattere ma non venne neppure preso in considerazione dato che le disposizioni erano più che chiare e perciò stupidamente decise di minacciarmi in modo che gli vedessi tutto.
Ma io non avevo intenzione di lasciarmi sopraffare ancora da quell'idiota, avevo trovato il mio motivo per lottare ed essere fiero della mia vita e libertà «Tu e tuo figlio farete meglio a non date più problemi ne a me ne ai miei amici o chi che sia, non vi conviene farmi arrabbiare» dissi sputando veleno su ogni singola parola mentre sentivo la rabbia farsi viva in me.
E per quanto mi sarebbe piaciuto massacrarlo di botte non potevo farlo e andarmene semplicemente a casa, avevo molte altre cose da fare per mettere tutto in regola e in più dovevo far visita alla loro tomba.
Restai a Parigi per una lunga settimana, mi sembrò un eternità data la lontananza da Colton e la presenza asfissiante di mio padre, in più l'ansia non aiutava: guardavo il cellulare ogni minimo secondo aspettando qualcosa da parte sua ma nulla.
Il volo di ritorno fu quasi peggio del primo, avevo immaginato vari scenari tra cui il fatto che avesse iniziato ad odiarmi per non so quale motivo e quindi non mi aveva voluto scrivere, non potevo immaginare quello che mi aspettava al mio ritorno.
Toccai il suolo americano nel bel mezzo della mattinata, lasciai le valigie nella mia stanza senza neppure disfarle e mi precipitai a scuola giusto in tempo per la fine delle lezioni, non sarei riuscito a restare con quest'ansia fino al tardo pomeriggio.
Appena varcai la soglia della scuola sentii tutti gli sguardi a dosso, solo che c'era qualcosa di diverso dal solito, c'era chi mi sorrideva gentilmente, chi ridacchiava o chi mi indicava con i suoi amici e faceva una faccia sconvolta e questo mi lasciò confuso, molto.
Fui un minimo sollevato nel vedere Louise avvicinarsi a me, almeno sarei riuscito a capire quello che era successo e il motivo di quelle strane occhiate che mi venivano rivolte, almeno speravo che lei me lo dicesse.
«Mi spieghi che succede, che mi sono perso?» «Ti sei perso l'evento del secolo, non mi aspettavo una cosa così plateale quindi penso proprio che sia il protagonista di tutto ciò a raccontati quello che è successo!» esclamò ridacchiando saltellando felice, ma che diavolo avevano tutti?
Vidi Colton seduto su una delle panchine li vicino e lo ragiusi, lui mi invitò a sedermi accanto a lui e notai come i suoi occhi tremassero e come le sue gote fossero colorate di un tenue rosa «Com'é andata a Parigi? » «Bene, che mi sono perso?»
Lui mi guardo in modo colpevole e si, era semplicemente adorabile «Potrebbe essere successo qualcosa che ha sia migliorato che peggiorato la tua situazione scolastica...» fece una piccola pausa schiarendosi la voce «Oggi tuo fratello ha esagerato, stava straparlando e mi sono arrabbiato, ero molto arrabbiato e l'ho steso e ho finito per urlargli di smetterla, che ero e gay e potrei aver detto che mi sono innamorato di suo fratello...» disse tutto d'unfiato diventando rosso come una mela matura.
Vedendo che non stavo parlando o altro continuò «Vedi ultimamente mi sono reso conto che tutte quelle cose inspiegabili che sento quando sono con te sono i sintomi dell'amore e in questa settimana mi sono sentito solo e triste, dannatamente triste perché non c'eri, sono semplicemente tornato alla monotonia di prima rendendomi conto di quanto tu abbia reso le cose diverse, speciali... io ti amo...» sussurrò alla fine sembrando piuttosto spaventato.
Non potevo crederci, non stavo avendo alcun tipo di reazione perche stavo ancora elaborando le informazioni «Sei innamorato di me?» chiesi ancora incredulo e lui si limitò ad annuire mentre il mio cuore esplodeva di gioia e la mia ansia spariva nel nulla.
Non sapevo come poter dire quello che provavo, in quel momento ero in panico quindi feci quello che il mio cuore mi suggeriva, gli sfiorai una guancia con la mano e lo avvicinai a me per poi far scontrare le nostre labbra.
In quel bacio sorrisi come un idota, assaggiare quelle labbra era stato il mio desiderio per un bel po' e finalmente lo avevo fatto consapevole che quelle labbra sarebbero state la mia droga, come lo sarebbe stato il bisogno di far scontrare le nostre lingue.
Ancora con la mano sulla sua guancia calda a qualche centimetro dalle sue labbra sorridendo felice come non lo ero mai stato in tutta la mia vita «Ti amo, Colton» sussurrai osservando i suoi occhi smeraldo farsi lucidi e il suo sorriso tremare appena prima che si fiondasse fra le mie braccia.
Quando si fu calmato mi lasciò un tenero bacio a stampo «Mi sei mancato» sussurrò a bassa voce come se non avesse voluto che io lo sentissi davvero, ma lo sentii e lo strinsi forte a me «Sei mancato anche a me» sussurrai baciandogli il capo.
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