Capitolo 3
[Situazioni imbarazzanti]
Punto di vista di Colton Evans
Quello che disse Christophe riguardo all'essere se stessi e all'essere fiero di aver fatto coming out nonostante quello che aveva vissuto e continuava a vivere, nonostante le cicatrici sul suo corpo e nonostante si ritrovasse ad essere pieno di bende mi fece riflettere.
Volevo anche io poter essere me stesso ma la paura mi aveva sempre bloccato, non sapevo che piega avrebbe potuto prendere la mia vita e questo mi terrorizzava paralazziandomi e mi impediva di dormire serenamente la notte.
La mattina andavamo a scuola assieme e presto diventammo amici, questo mi fece sentire terribilmente in colpa e sapevo di non meritare la sua la amicizia dato che non avevo mai alzato un dito per difenderlo in quelle settimane.
Non riuscivo a capire come facesse a non odiarmi quando io stesso lo facevo odiando me stesso e il mio comportamento egoistico, ero divento una persona diversa da come avrei voluto essere ma lui continuava a sorridermi, ad aiutarmi ogni volta che avevo un problema quando io per lui non facevo un bel niente.
«Hey Colton che hai, ultimamente non dormi molto, vero?» «Non riesco a chiudere occhio Louise, perché sono un codardo e non faccio nulla per aiutarlo e non capisco perché mi sorride e non mi odia...» sussurrai appoggiando la testa sulla sua spalla sul punto di piangere.
«Parli di Christophe Sherwood» mi limitai ad annuire «Allora perché non la come un'opportunità per fare fare le cose lentamente, non è detto che il coming out debba essere fatto subito invece che gradualmente » «Gradualmente?» «Esatto, per esempio puoi passare più tempo con lui e meno con quegli idioti, ognuno ha i suoi tempi per ogni cosa» «Grazie, suppongo sia utile avere un padre psicologo» dissi scherzando ottenendo un piccolo schiaffetto da lei.
Durante la pausa pranzo cercai Christophe con lo sguardo e lo vidi sedersi da solo ancora una volta mentre mi sorrideva da lontano salutandomi facendomi un cenno con il capo per salutarmi senza farsi vedere.
In quel momento decisi che non lo avrei più lasciato solo per proteggere la mia maschera, tanto avevo intenzione di distruggerla, pezzo dopo pezzo e mostrare il vero me.
Superai il tavolo dei popolari, il mio solito dove c'era anche la squadra di calcio, confondendo tutti e con tutti intendo ogni individuo che fosse presente e mi sedetti al tavolo con il moro.
«Hay Colton sei sicuro che vada bene così per te?» chiese osservando Louise sedersi al tavolo dove c'erano i suoi amici «Non vuoi sedetti con lei?» chiese ancora senza guardarmi e lo trovai strano da parte sua «Con Louise, è la mia migliore amica non averla in giro per un po' mi farà bene, a volte è davvero pesante…»dissi osservandola.
In realtà non sapevo bene perché avessi sentito il bisogno di specificare che lei fosse la mia migliore amica e non altro, semplicemente l'idea che lui fraintendesse la nostra situazione mi infastiva.
Parlammo di tante cose anche di cose divertenti e senza senso, cose che se qualcuno avesse sentito ci avrebbe preso per dei pazzi scappati da qualche manicomio, ma a me stava bene così perché ci stavamo divertendo ignorando tutto il resto e non riuscivo più a smettere di sorridere.
Durante le lezioni ci sedemmo sempre vicino in modo da poter parlare e ogni singola volta che mi sorrideva o lo sentivo anche solo ridere alle mie battute il mio cuore si fermava per qualche secondo per poi riprendere a battere a una velocità spropositata.
«Ragazzi, vi ricordo che tutti avete l'obbligo di frequentare attività extrascolastiche oltre l'orario normale, perciò appena finiscono le regolari lezione chi non lo ha fatto è pregato di iscriversi a una squadra sportiva oppure ad uno dei corsi offerti dalla scuola» disse il professore d'arte mentre sfilava fra le tele osservando i nostri disegni.
Qualcuno lo chiamò, lui disse che si sarebbe assentato per poco e ci lasciò soli senza chiamare supplenti o altro e ovviamente tutti ne approfittarono, in senso negativo ovviamente.
«Scometto che il finochietto si iscriverà al gruppo di danza con il suo bel tutù rosa» ghignó uno dei bulli della scuola facendo ridere tutti, Christophe compreso ma non me.
Lui rise strizzando appena i suoi bellissimi occhi azzurri per poi scuotere la testa in senso di negazione «La danza non fa per me, preferisco lo sport maschile quindi mi farò l'audizione per la squadra di calcio » disse mostrando un sorriso canzonatorio nei confronti di chi lo aveva schernito.
Tutti rimasero senza parole, persino io lo guardavo senza sapere cosa dire, a dire la verità inizialmente pensai che Christophe avesse delle tendenze suicide data la sua scelta.
A bassa voce gli chiesi il motivo della sua scelta perché ero molto, molto preoccupato per lui ma lui semplicemente mi sorrise dicendomi che quella sarebbe stata la sua vendetta verso di loro, mostrandogli quanto fosse meglio di loro.
«Ne sei sicuro, potresti avere dei problemi con loro, potrebbero nasconderti delle cose o roba simile» gli sussurrò l'allenatore cercando di non farsi sentire, non voleva essere responsabile di atti di bullismo.
Christophe fece di nuovo quel sorriso, diverso da quello gentile e bellissimo che mi rivolgeva sempre, era un sorriso altezzoso e un po' intimidatorio celato da una falsa cortesia «Coach è preoccupato per me o per loro?» chiese con la determinazione negli occhi.
Entrammo assieme nello spogliatoio dato che lo avevo aspettato mentre gli altri avevano quasi finito di allacciarsi le scarpe, senza preoccuparsi di chi aveva attorno iniziò a cambiarsi mostrando quella sua muscolatura imponente e tutte le miriadi di cicatrici che aveva sul torso.
Quando notarono l'enorme massa muscolare del moro solitamente nascosta dalle felpe sbiancarono e non dissero nulla su di lui, non prima che fosse uscito.
Io stavo per uscire ma venni interrotto dalla voce di Austin «Evans ma che diavolo fai?!» «Rilassati Sherwood, probabilmente il capitano ha una tattica per distruggere il finocchio e si sforza do essergli amico» disse uno e forse, per la prima volta dopo settimane dissi sul serio quello che pensavo, il mio piccolo passo verso il vero me.
«No, nessuna tattica, semplicemente preferisco passare del tempo con lui rispetto che passarlo con voi e se non vi sta bene tornate all'asilo a parlare con la maestra» dissi uscendo e mi sedetti affianco all'allenatore.
Il completamente infantile di quei ragazzi era l'esatto motivo dello stereotipo "ragazzo tutto muscoli niente cervello" a cui spesso ero stato affiliato, solo perché gioco a calcio.
«C'è qualcosa che non va coach?» chiesi vedendolo preoccupato «Evans, sei amico di Sherwood, quello nuovo, vero?» «Si, perché?» «Non sono tranquillo a lasciarlo entrare in squadra, perché se si rivela bravo e gli affido un ruolo importante la sua situazione peggiorerà... » «Non faranno nulla di più che parlare, negli spogliatoi se la stavano facendo a dosso».
Non riuscivo a staccere lo sguardo dalla sua figura che si scaldava sul campo, sia perché ero abbastanza preoccupato sia perché era tremendamente bello e sexy.
Ad ogni movimento potevo vedete chiaramente i suoi muscoli incordarsi mostrando quanto fossero tonici e forti, la maglia bianca era quasi trasparente e lasciava vedere la sua tartaruga perfettamente scolpita e i capelli neri appena umidi incorniciavano quei bellissimi occhi ghiaccio capaci di togliermi il fiato.
Quando l'allenatore fischiò per chiamare tutti davanti o comunque vicino a me venni distratto dai miei pensieri rendendomi conto di quanto forte stessi mordendo il mio labbro, questa era tutta colpa di Christophe e della sua bellezza.
Spiegò a tutti che avrebbe testato tutte le abilità di cui aveva bisogno ed era decisamente bravo, quasi come un calciatore professionista, o come me.
«Sei dentro!» esclamò il coach felice come un bambino abbracciandolo amichevolmente «Visto, me la so cavare a calcio» disse guardandomi sorridendomi, quel suo sorriso dolce e bellissimo, ma io alzai gli occhi al cielo, il calcio era il mio regno e io il re.
«Anche io, me la so cavare» dissi rubandogli la palla e facendo un goal perfetto prima che potesse anche solo realizzare di aver perso il controllo del pallone «Dici che me lo merito il titolo di capitano?» gli chiesi scherzando e lui alzò le mani come ad ammettere la sua colpevolezza.
Per il resto del tempo giocammo un'amichevole finimmo in squadra assieme, solo che gli altri membri della nostra squadra aiutavano gli altri ma non fu abbastanza per farci perdere.
Appena entrato negli spoiatoi mi fiondai nel box doccia dato che ero sudatissimo, mi misi sotto al getto d'acqua e poco dopo mi raggiunse Christophe seguito da dei commenti idioti.
Avevano paura di farsi la doccia con lui dato che era omosessuale e che si evitasse o roba simile, per qualche ragione per me incomprensibile io ero tanto nervoso che credetti lui fosse stato capace di sentire il battito del mio cuore tanto era forte e veloce.
«Sai che la tua popolarità colerà a picco stando con me, sono il "finocchio" della scuola in fin dei conti...» quelle parole le disse con amarezza e lo notai «Non mi importa, non mi è mai importato di essere popolare e poi avranno molto altro da dire...» «Che intendi?» «Vedrai...» dissi vago rendendomi conto di star parlando fin troppo.
«Ma porca miseria! » sbottai arrabbiato nero con un misero asciugamano bagnato a coprire la mia intimità mentre uscivo dallo spoiatoio chiedendo al coach se sapesse che fine avevano fatto i miei vestiti, non c'era nemmeno l'uniforme.
Cercammo in ogni angolo della palestra, negli armadietti e nelle docce senza trovarene la minima traccia, persino Christophe mi diede una mano ma fu abbastanza inutile, probabilmente uno di loro li aveva portati a casa.
Il moro si era impegnato forse più di me nonostante ad un certo punto sembrava aver iniziato a sentirsi male, era diventato un po' rosso, respirava pesantemente e diceva di star bene.
Mi aveva proposto più volte di usare il suo cambio in più ma avevo rifiutato sperando di trovare i miei vestiti e alla fine insistette più di quanto aveva già fatto «Ti prego, prendi il mio cambio» disse con la faccia totalmente rossa cercando in tutti i modi di non guardarmi.
E mi sentii tremendamente stupido quanto imbarazzato, avevo appena realizzato infatti che per un tempo interminabile ero stato quasi completamente nudo davanti ad un ragazzo omosessuale.
Fui certo di essere arrossito sentendo un piccolo incendio proliferare sul mio volto, abbassai lo sguardo accettando i suoi vestiti, la sua maglia mi stava lunga e lo scollo mi arrivava quasi a metà pettorali, i boxer erano più come dei pantaloncini quindi non misi i pantaloni, sarebbe stato ridicolo.
Fortunatamente le scarpe me le avevano lasciate dato che me le ero dimenticate vicino al mio box doccia e se le avessero prese me ne sarei reso conto facilmente, prima che potessimo finalmente prendere la strada verso casa il coach ci disse che Christophe era ufficialmente il mio
co-capitano.
«Perché hanno peso i tuoi vestiri?» «Perché sono una sorta di icona dei popolari, vogliono convincermi a stare dalla loro parte» dissi muovendo stranamente le braccia per enfatizzare il loro completamente stupido ed infantile.
«Dovresti accettare la tua ultima occasione per non perdere tutto ed essere insultato, non voglio che succeda per colpa mia...» disse a vice bassa con lo sguardo triste come se si sentisse in colpa e questo mi rese inspiegabilmente felice «In caso accadesse non dovresti sentirti in colpa, bhe, in realtà forse dovrei ringraziarti» dissi salendo sulla mia motocicletta per poi partire senza aspettarlo e senza aspettare una sua risposta.
Arrivai qualche minuto prima di lui e fu abbastanza per chiedermi nella mia stanza marcire dalla vergogna ed evitare qualsiasi contatto con la scusa dei compiti, almeno per quella sera.
«Con me non funziona, so che li fai sempre in classe i compiti» disse una decina di minuti dopo obbligandomi a guardare un film dell'orrore con lui ma ero troppo stanco date le mie notti insonni e mi addormentai.
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