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Capitolo 23

Punto di vista della narratrice
[Vendetta, finalmente]

Austin se ne stava rinchiuso nella sua stanza, immerso nel buio e sotterrato dalle lenzuola mentre tremava e singhiozzava a causa di quello che il padre gli stava facendo subire.

Non poteva dire quello che stava accadendo perché altrimenti quell'uomo avrebbe fatto del male a suo fratello e agli altri, il solo pensiero gli permetteva di sopportare a stento la situazione mentre si sentiva come un uccellino in gabbia.

Ormai i suoi polsi erano divenuti violacei, allo stesso modo le sue caviglie e, come se non bastasse, quell'essere spregevole aveva ricoperto il suo povero corpo inerme di ferite, tagli e lividi e la voce gli bastava appena per parlare.

Un giorno Eric, preoccupato del fatto che il suo ragazzo non uscisse più di casa e non rispondesse più al cellulare si diresse dove abitava e al citofono udì un lieve sussurro un po' spaventato «Austin, va tutto bene? » chiese preoccupato ma la risposta che lo attese vu minima e seguita dalla richiesta di lasciarlo in pace.

A quel punto non poteva fare a meno di chiedersi si avesse fatto qualcosa si sbagliato mentre percorreva la strada verso la sua moto, mentre montava in sella però, si fermò osservando una figura nota dirigersi nell'edificio.

Il moro aguzzò la vista e riconobbe chiaramente il volto del padre dei fratelli Sherwood e sentì un voto aprirglisi all'altezza dello stomaco.

Capì che probabilmente l'uomo gli stava facendo del male e lo costringeva a tacere in qualche maniera, ma non sapendo cosa fare o come poter aiutare il ragazzo barricato nella propria abitazione si diresse più veloce che poté da Christophe e Colton.

In breve riassunse i suoi dubbi e ciò che era riuscito a vedere, ovvero l'uomo entrare come se nulla fosse e solo allora notò un' ombra cupa posarsi sulle gemme tempestose del più alto e la rabbia palesarsi sul suo volto.

«Se è come dici potrebbe essere che lo ha minacciato sul serio in qualche modo, io propongo di aspettarlo là vicino e poi ci occuperemo di tutto, ma tu devi riuscire ad aiutarlo » sibilò Chris pregustando nella sua mente l'immagine sofferente e in fin di vita dell'uomo che lo aveva distrutto che implorava per avete un po' di pietà, pietà che non avrebbe certamente ottenuto.

Eric si limitò a fare un cenno con il capo mentre lasciava la loro casa pensieroso, si chiedeva come sarebbe riuscito ad entrare se Austin lo aveva tagliato fuori, ma non si pose davvero il problema quando un'idea gli balenò per la testa.

Assicurandosi che l'uomo fosse andato via il moro suonò il campanello di quella che sapeva essere l'amministratrice del condominio «Senta, scusi se la disturbo ma Austin non mi risponde e sono davvero preoccupato, potrebbe aprirmi? » «Oh, certamente, mi chiedo anche io cosa abbia... » e con queste parole, non totalmente false, si fece strada fino alla porta del suo fidanzato.

Bussò deciso attendendo, si spostò dalla visuale dello spioncino preoccupato del fatto che se fosse stato riconosciuto non gli avrebbe mai e poi mai aperto, non sapeva perché, ma lo sentiva.

Poco dopo la porta si aprì timidamente mostrando un Austin tremante e debole che, appena si rese conto dell'identità del suo visitatore, provò velocemente a chiudere la porta, ma l'altro fu più veloce ed entrò.

Solo quando fu dentro l'appartamento appena illuminato si rese conto di quanto il ragazzo tremmasse, di quanto i suoi occhi fossero gonfi, rossi e stanchi, di come le sue dita riuscissero appena a stringere la coperta e di come le sue ginocchia fossero vicine al cedimento.

Non staccò i suoi occhi da lui notando come sotto quelle gradi coperte non ci fosse l'ombra di un indumento e poi la notò, una sostanza biancastra che era appena visibile nelle parti interne delle sue cosce.

In quel momento la rabbia si dilagò in tutto il suo cuore, rabbia per quel rifiuto umano che aveva osato posare le sue schifose mani sul suo amato, non se ne rese conto, ma la sua espressione divenne spaventosa tanto da preoccupare il castano.

Questo cercò di dimenarsi quando venne preso in braccio a mo' di sposa e portato in bagno.

Il più alto lo adagiò gentilmente nella vasca e aprì un po' le tapparelle per far filtrare quel minimo di luce che gli consentì di vedere i segni sul corpo del ragazzo, allora sentì il suo cuore stringersi e un senso di colpa propagarsi per tutto il suo animo tanto vicino ad andare distrutto.

Eric si lasciò cadere a tera, a qualche centimetro dalla vasca, abbassò lo sguardo e appoggiò la fronte contro la candida superficie del sanitario aggrappandosi ai suoi bordi con le dita, non poteva credere di non essere stato lì per difenderlo quando tutto successe.

«Mi dispiace... » sussurrò con la voce mozzata mentre si sentiva morire, non era stato capace di fare nulla ma lo avrebbe fatto, avrebbe fatto in modo che quell'essere non avesse più avuto modo di appoggiare le sue dita viscide sul corpo traumatizzato di Austin.

Il castano si stupì dalla voce flebile che fuoriuscì dalle labbra del suo ragazzo, non si aspettava che fosse capace di rendere quella sua voce bassa e roca tanto delicata e sofferente ne si aspettava di ricevere delle scuse.

Il moro lasciò vedere all'altro le sue iridi lucide di senso di colpa e allo stesso tempo brucianti d'ira, poi gli sfilò di dosso con una delicatezza infinita quel tessuto che lo proteggeva dalla vista degli altri provocandogli disagio.

Nonostante temesse ogni cosa in quel momento, il tocco caldo e gentile di Eric sulla sua pelle gli donava sicurezza e conforto dimostrando solo un puro amore e un forte desiderio di prestargli il suo aiuto.

Lo aiutò a lavarsi assicurandosi di essere il più delicato possibile, di conseguenza le sue dita si mossero delicate come petali di rosa su quella pelle danneggiata e ferita da chissà quanto tempo e ogni tanto vi lasciava dei piccoli baci vellutati cercando di trasmettere all'altro un minimo di calore, di fargli capire le sue dolci intenzioni.

Dopodiché lo asciugò con cura premurandosi di non premere in alcun modo le numerose zone lesionate o irritate e lo aiutò ad indossare quche vestito in modo da tranquillizzarlo e farli sentire finalmente a suo agio.

Poi lo accompagnò in cucina dove gli preparò una tisana bollente volendo farli riprendere, per quanto fosse possibile, da quel trauma terribile a cui era stato sottoposto e mentre Austin cercava un po' di calma all'interno di sé l'altro cambiava le lenzuola sudice della perversione di quell'uomo bastardo.

Quando ebbe finito la sua bevanda il castano era terrorizzato, non voleva che Eric lo lasciasse e non aveva la minima idea di come poterlo guardare ancora una volta negli occhi dopo ciò che aveva lasciato fare a suo padre pur di proteggere coloro che amava e tra questi c'era anche lui, il suo amato moro.

Mentre era perso nei suoi pensieri sentì un dolce bacio posarsi sulla sua guancia, inizialmente sussultó spaventato, poi rendendosi conto di chi glielo aveva donato cercò di tornare ad un'espressione normale anche se non ci riusciva, era troppo per lui.

«Va tutto bene, non ti farò mai del male perché io ti amo » gli sussurrò con voce più dolce del miele trasmettendogli calore e sicurezza, quelle semplici emozioni di cui aveva davvero bisogno per sentire che quel terribile incubo era finito, per il momento.

Si lasciò accompagnare sul letto dove si stese fra le braccia forti e muscolose di chi gli aveva dimostrato il più puro e profondo dei sentimenti nonostante la situazione che si era presentata, questo rasseneró di poco il suo cuore tormentato, ma lo fece.

Quasi come se gli avesse letto nella mente Eric gli strinse una mano mente con quella libera gli accarezzava il capo con espressione seria «Non preoccuparti, non ti farà più del male » disse con tono basso consapevole di quanto fosse facile spaventare qualcuno che andava incontro a un tale trauma.

«C-come puoi dirlo? » chiese con voce tremante il più piccolo cercando solo una conferma nella quale sperare «Tu fidati di me, ok, ti prometto che andrà tutto bene » sussurrò serio mostrando chiaramente il fatto che avesse un piano in mente.

La mattina seguente quando il castano aprì gli occhi cercò in vano la figura rassicurante e dolce del suo ragazzo e un senso di vuoto e tristezza si fece spazio nel suo petto messi, però, in ombra dalla crescente paura di un'altra apparizione del padre.

Quello che non sapeva era che alle prime luci dell'alba Eric aveva lasciato il suo fianco faticosamente, voleva rimanergli accanto per rassicurarlo e coccolarlo ma aveva qualcosa di importante da fare per il suo piccolo castano.

Si diresse a denti stretti e con l'odio puro che gli circolava nella vene davanti alla porta del mostro, lì, ad aspettarlo nella notte silente c'erano Chris e Colton che condividevano lo sguardo truce e la pericolosità.

Bussarono alla porta e quando l'uomo assonnato aprì sbadatamente sbiancó, cercò di rifugiarsi in casa ma venne spinto fuori e obbligato a camminare fino alla sua macchina.

Le chiavi vennero consegnate al biondo che guidò fino a un piccolo tratto di campagna completamente disabitato dove, finalmente, fecero scendere l'uomo viscido.

«Come ci si sente quando si viene picchiati a sangue? » chiese con rabbia evidente nella voce il più alto facendo ridacchiare il padre «Ma che vuoi che ne sappia » rispose convinto che se avesse mostrato la sua sicurezza allora sarebbe potuto uscirne indenne.

Illuso.

Chris gli tirò un pugno in piena faccia che lo fece crollare al suolo con il naso che grondava sangue mentre gli girava attorno dandogli qualche calcio qua e là mancando punti vitali, non sarebbe finita tanto in fretta.

Gli venne lasciato un piccolo attimo di respiro, ovvero l'intervarlarsi fra lui e Eric che lo guardava iracondo «Com'é, intenso essere uno schifoso bastardo che stupra il figlio... » ringhió per poi calpestargli i genitali facendolo uralre di dolore, tanto non avrebbe potuto fare altro.

Per il resto del tempo non ci furono più scambi di battute, semplicemente in quel posto abbandonato echeggiavano solamente le urla di dolore dell'uomo e il suono delle sue ossa che andavano in pezzi mentre i volti dei tre ragazzi venivano appena illuminati dai primi raggi rosati di un timido sole che si apprestava a sorgere.

Fu lasciato in fin di vita in quel campo, nessuno dei tre si preoccupò di avvisare la polizia o di chiamare l'ambulanza ma non si presero neppure l'onere di togliere la vita a qualcuno perché loro erano diversi da lui, migliori.

Sapevano bene che per quanto viscido sia stato prendere la sua vita sarebbe stato scendere al suo livello e portarsi un enorme peso per tutta la vita e tutto quello che desideravano era essere liberi dall'ombra strisciante di quell'essere che non poteva neppure essere definito uomo. 

Eric tornò a casa del suo ragazzo e lo aiutò a tornare con il sorriso sulle labbra dimostrandogli quanto ci teneva a lui e che mai, per nessuna ragione, gli avrebbe voltato le spalle e che sarebbe sempre rinato al suo fianco.

Christophe e Colton finirono, finalmente il loro ultimo anno e presero la stessa facoltà universitaria, non solo perché amavano passare il loro tempo assieme ma anche perché i loro interessi coincidevano in tutto per tutto.

E mr. Sherwood?

Lui fu trovato qualche settimana dopo e ricoverato in un ospedale sotto stretta sorveglianza, aveva perso l'utilizzo delle corde vocali, delle mani, dei piedi e il suo sesso era stato risotto in poltiglia; non si riprese mai del tutto.

Oltre alle sue pessime condizioni di salute venne condannato per violenze domestiche, violenze sessuali e aggressione aggravata ottenendo il carcere a vita e le indagini sulla sua aggressione vennero velocemente archiviate perché in fondo nessuno pensava che meritasse giustizia.

La polizia fu quasi solidale con chi aveva fermato quel mostro, infatti non usò le sue risorse per trovare i colpevoli avendo intuito che probabilmente si trattava di qualcuno che aveva avuto a che vedere in prima persona con quell'essere sgradevole.

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