Capitolo 21
Eric Jeager
[Obbiettivo]
Mi ero sorpreso molto quando al mio risveglio avevo trovato Austin, ma mi aveva reso la persona più felice in quel momento senza che ne capissi il motivo.
Da quando mi avevano dimesso passavo molto tempo con il castano e non esagero nel dire che era il tempo meglio speso in tutta la mia vita fino a quel momento, mi sentivo felice quando ero con lui.
Austin non era una brutta persona, aveva fatto delle scelte sbagliate dettate dalla paura e dalla pessima influenza di suo padre e se ne era pentito tantissimo, tanto che ancora continuava a chiedere perdono mentre dormiva.
Lo sapevo perché non avevo ancora parlato con mia sorella e continuavo ad essere insicuro su cosa fare e gentilmente lui si era offerto di ospitarmi, anche se mi era toccato il divano.
Una notte mi ero svegliato per andare in bagno e quando sono passato davanti alla sua camera, grazie alla porta aperta, ho notato come si fosse raggomitolato su se stesso, nascosto dalla grande mole delle coperte che piangeva nel sonno e chiedeva scusa al fratello.
A vedere quella scena mi si era stretto il cuore, sapevo che Chris lo aveva perdonato ma sembrava proprio che lui non fosse capace di farlo pienamente, ma lentamente lo avevo visto andare avanti, a piccoli passi e ne ero contento.
Da quando mi ero svegliato mi sentivo diverso, non mi sentivo più vuoto come lo ero stato per tanto tempo e di conseguenza non avevo più avuto motivo di abbandonarmi a piaceri occasionali cercando di dimenticare quella sgradevole sensazione.
Ma finché non lo si affronta il passato e tutte le pessime scelte che si sono prese a quel tempo tornano ad affacciarsi rischiando di rovinare il tuo presente e questo successe un giorno al supermercato.
Austin si era allontanato un attimo per cercare delle cose e io lo stavo aspettando nella parte esterna della corsia vicino al carrello, proprio allora so avvicinò a me una ragazza dalla chioma biondo ossigenato che mi guardava sbattendo le palpebre come fare civettuolo.
Io la ignorai mentre controllavo lo scorrere del tempo, non volevo avere nulla a che vedere con quella ragazza, che dall'apparenza era la classica ragazza facile che alle feste si passano tutti da ubriachi e io non volevo più essere quello che si faceva ragazze sotto ai ponti, anche se così avevo incontrato quel ragazzo che mi era rimasto a canto.
La ragazza si avvinghió al mio braccio strisciando le sue coppe contro la mia maglietta facendomi davvero innervosire, stavo per risponderle male quando sentii la voce del ragazzo «Ah, scusate... » era piatta, non lasciava trasparire alcun tipo di emozioni e poco dopo si girò sparendo fra gli scaffali.
Io la spostai bruscamente e presi il carrello partendo alla ricerca del castano, per qualche ragione che io stesso non capivo sentivo il bisogno di corrergli dietro e di dimostrargli che ero diverso, che non avevo più intenzione di fare gli stessi errori del passato e non avevo interessi in certa gente.
Lo trovai al reparto dove vendevano dei libri, si era fermato a leggere la copertina di un romanzo e mentre cercavo di comprendere me stesso mi fermai ad osservare il suo profilo illuminato dalle luci calde dei fati che lo sovrastavano.
I capelli scompigliati gli ricadevano a ciocche sulla fronte catturando l'attenzione sui suoi occhi azzurri come il celo che sembravano colpiti dal caldo tepore del sole, i suoi zigomi maschili ma non troppo marcati lo rendevano un bel ragazzo e le sue labbra carnose un po' screpolate sembrarono le più belle che avessi mai visto.
Se ne stava in piedi vicino allo scaffale, stringeva fra le dita il volume dal titolo a me ignoto e lo osservava malinconico nascondendo quello che gli passava per la testa, il suo volto inespressivo cercava di celare il suo animo la postura del suo corpo lo tradiva.
Mi avvicinai di soppiatto notando sempre più dettagli su quel suo viso che mi sembrò perfetto e, quando realizzai l'entità dei miei pensieri mi morsi la lingua, non sapevo come comportarmi o cosa dire, sapevo soltanto che finalmente avevo trovato una persona capace di comprendermi e che attirava il mio interesse.
«Cosa leggi? » chiesi quai in un sussurro cercando di non spaventarlo e di non disturbarlo eccessivamente, lo vidi sobbalzare e puntò il volto verso lo scaffale controllando i volumi, ma voltandomi nella sua direzione potei intravedere del rossore spiccare sulle punte delle sue orecchie, ma credetti fosse la mia immaginazione.
«Nulla di che, piuttosto tu non eri in compagnia? » chiese posando il libro per poi adagiare nel carrello ciò che aveva preso nel reparto precedente «É semplicemente che ciò che ho fatto in passato continua a seguirmi, ma non ho intenzione di tornare a quel periodo, non mi sento più così vuoto » dissi più a me stesso che a lui direttamente e con questo il discorso si concluse.
Quando tornammo a casa aiutai il ragazzo a sistemare correttamente le cose nella credenza, soprattutto le cose che bisognava riporre in alto dove lui non arrivava, era il principale motivo per cui amavo aiutarlo a riordinare.
Austin non mi chiedeva mai aiuto per cose del genere e io ne approfittavo per vederlo saltellare in punta di piedi nel tentativo di infilare i barattoli nei ripiani più alti ma senza andarci minimamente vicino, era così carino che non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, troppo tenero.
«Oggi cosa vuoi mangiare? » chiesi sbadatamente cercando di non far trasparire il mio intento nel preparare la cena, ma a quanto pare non ebbi l'esito sperato dato che mi lanciò uno sguardo assassino «Stai lontano dalla cucina! » sibilò in modo minaccioso puntandomi contro un coltello.
Beh, effettivamente l'ultima volta avevo fatto un po' di casino con la cena ma nulla di così grave, avevo solo fato fuoco a qualcosa, nulla che non possa essere sistemato, no?
Ad ogni modo mi delegò ad occuparmi della tavola, non che mi dispiacesse dato che così avevo l'opportunità di osservarlo mentre cucinava e in quei momenti mi sentivo seriamente uno stalker dato che non riuscivo a scollargli gli occhi di dosso.
La cosa però non terminò qui, infatti quando lui era a scuola io mi ritrovavo depresso e annoiato, persino i miei film preferiti mi apparivano monotoni e privi di significato e ogni volta che provavo a spaziare con la mente mi tornava alla mente la piacevole sensazione di calore che provai quando Austin mi strinse fra le sue braccia appena sveglio.
Per un paio di giorni fu un continuo di sospiri, sembravo una di quelle ragazze nei film che quando il ragazzo a cui vanno dietro non c'è piove sempre poi quando lo vedono c'è la luce abbagliante e il coro angelico, ma non sapevo cosa mi prendesse, non conoscevo l'amore e avevo paura di star confondendo queste due facce della stessa medaglia.
Così, una volta che mi fui armato di pazienza e coraggio, provai a chiedere consiglio a mio padre riguardo la faccenda, Levi mi ignorò completamente, odiavo quando faceva così, si limitava a dire che dovevo trovare la risposta da solo e quando chiesi ad Eren....
Mi ricoprì di ogni insulto o sinonimo di idiota esistente in ogni lingua possibile, poi quando giunse alla fine del suo florido repertorio utile nei consigli genitoriali mi disse «Non capisco come tu possa essere così idiota, davvero è la cosa più ovvia del mondo » sbuffó «Bsata che ti fai due semplici domande quali: vuoi baciarlo, voi andarci a letto, se la risposta è si non è amico » detto questo mise giù.
Passai tutta la mattinata a rotolarmi nel letto, grazie a quelle domande avevo compreso che era molto più di un semplice amico per me ed inevitabilmente finii a immaginarmi la sensazione delle sue labbra sulle mie e il problema fu che la mia mente andò anche oltre quindi mi ritrovai IB bagno sentendomi una persona orribile.
Quando tornò a casa venni assalito dal panico, non sapevo cosa dire o tanto meno come comportarmi e collezzionai una figuraccia dopo l'altra.
Per iniziare rotolai giù dalle scale, poi rovescia l'acqua, poi ruppi un piatto, poi inciampai nei lacci delle scarpe e dato che ero tutto concentrato sul capire cosa fare con i miei sentimenti quanto mi venne vicino per chiedermi se stavo bene caddi dalla sedia.
Alla fine della giornata Austin fu costretto a medicarmi date le mie pessime condizioni «Ti senti bene? » mi chiese preoccupato portando una mano sulla mia fronte e l'altra sulla sua cercando di capire cosa mi affligesse.
«Piú o meno... » dissi abbassando la testa, lui fece per rimettere a posto il kit di medicazione ma appena appoggiò la scatola sul lavandino lo afferai per un braccio facendolo voltare verso di me, appoggiai la mia testa sul suo petto e rimasi così senza dire nulla per un bel po' sperando di essere abbracciato.
«Eric? » chiesa confuso e preoccupato e io emettendo un lieve sospiro cercai di fargli comprendere, indirettamente, i miei sentimenti «Che faresti se ti rendessi conto di esserti innamorato di una persona ma hai paura di rovinare tutto in casi non ricambiasse? » chiesi e lui sembrò non afferrare il vero nocciolo della questione ma espresse comunque la sua opinione.
«Non puoi vivere nel dubbio, secondo me dovresti dire a quella persona come ti senti senza farti troppi problemi ed evitando troppi giri di parole » disse puntando le sue iridi azzurre nelle mie plumbee.
Io non potevo farcela, non contro quello sguardo così belli e profondo che celava tanti segreti e pensieri mai detti così mi rassegnai e lo tirai verso di me circondando il suo busto con le braccia «Allora, cosa risponderesti se ti dicessi che mi sono innamorato di te? » chiesi affondando il volto nella stoffa della sua maglietta spaventato dalla risposta che avrei ricevuto.
Mi aspettavo varie reazioni ma non il silenzio, non udendo risposta alzai il volto e lo vidi paonazzo, aveva gli occhi che brillavano e se ne stava immobile con la bocca semi aperta, quasi fosse in stato di completo shock.
Allora lo baciai, lasciai che le mie labbra si congiungessero finalmente alle sue come avevano tanto desiderato nel nostro periodo di convivenza, gli sfiorai la pelle morbida del volto con le dita mentre con l'altra mano cingevo la sua vita in modo da rendere più duraturo e profondo quel bacio.
Inizialmente non ricevetti alcun tipo di risposta a questo mio gesto, ma poi sentii le sue labbra muoversi in contemporanea con le mie e le sue schiudersi lasciando la possibilità alla mia lingua bramosa di scivolare all'interno della sua bocca per scontrarsi e attorcigliarsi con la sua.
Sentivo il cuore esplodermi nel petto dalla felicità donata da quel magico momento, sentivo lo stomaco contorcersi come quando si sfiora il brivido del pericolo o quello dell'altezza, sentii la mia pelle coprirsi di brividi e la sua lo stesso sotto il mio tocco e i nostri respiri che si infrangevano l'uno contro l'altro in uno soltanto.
Quando fummo ormai a corto d'ossigeno ci staccammo incatenando i nostri sguardi ancora increduli, ancora spaventati dalla possibilità che si trattasse solamente di un bellissimo sogno, ma pur sempre un sogno, ma finalmente Austin si decise a rispondere «Se tu mi dicessi che mi ami io ti risponderei lo stesso » ammise con voce leggermente tremante facendomi sentire felice come mai lo ero stato.
Io lo strinsi si più a me alzandomi in piedi, accarezzai i suoi capelli così soffici e disordinati mentre uno stupido sorriso da ebete mi si era dipinto in volto e non sembrava avere la minima intenzione di sparire e mi andava bene così, finalmente anche io ero riuscito a guadagnarsi il mio angolo di gioia e finalmente anche io ero riuscito a trovare ciò di cui avevo bisogno, ciò che mi mancava.
«Ti amo Austin Sherwood, diventeresti il mio ragazzo? » chiesi con il cuore in gola mostrando il più bel sorriso che potessi fare e lui in tutta risposta fece combaciare nuovamente le nostre labbra alzandosi sulle punte dei piedi e girandomi a se.
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