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Capitolo 16

Austin Sherwood pov.
[Emergenza]

Louise non era tornata a scuola e nessuno aveva visto il professor Jeager, ma era piuttosto comprensibile data la situazione, però quando ero a scuola non avevo tempo di preoccuparmi per quella ragazza e il suo strambo fratello.

Una vecchia conoscenza di Christophe si era fatta viva, frequentava le loro stesse classi, intendo che avevano ogni singola lezione assieme ed era facile vedere quanto Colton detestasse la situazione, non lo avevo mai visto guardare male qualcuno e sopratutto non così tanto e apertamente.

Credo che non essendo abituato a notare la emozioni velate di chi gli sta intorno mio fratello non se ne rese conto fino a quando Colton stava per baciarlo ed Elise ha urlato il nome del moro e lo ha tirato a se, quasi con fare possessivo...

Fin qui la situazione era prevedibile ma dato che lei continuava a saltellare stringendo fra le sue braccia esili quello di Chris lui non fu subito capace di divincolarsi ma non sembrava neppure che ci stesse provando sul serio, credo che effettivamente non lo stesse facendo.

Posai velocemente il mio sguardo sulla figura di Colton e sentii il sangue ghiacciarsi nelle mie vene, i suoi occhi erano taglienti e gelidi come la morte, l'osso della mascella era ben distinguibile a causa della pressione che vi stava esercitando, aveva teso ogni muscolo del suo corpo e non aveva fatto nulla se non girarsi e andarsene con la vena che gli pulsava nel collo.

La ragazza trascinò via Chris, gli disse qualcosa che, a giudicare dalla sua faccia, era suonata come una minaccia alle orecchie di mio fratello e io seguii Colton, a volte anche il moro sapeva essere un emerito idiota in fin dei conti.

Raggiunsi il cortile anteriore della scuola, la porta era stata spaccata e immaginai fosse proprio il il mio ex migliore amico, feci qualche passo sull'erba ancora umida e quando fui vicino a svoltare l'angolo vidi almeno cinque ragazzi a terra, svenuti ricoperti di tagli ed ematomi.

Qualche passo più in avanti c'era Colton appoggiato al freddo muro di mattoni dell'edificio con una sigaretta fra le labbra e un accendino fra le mani le cui nocche erano ricoperte di sangue.

«Non sapevo fumassi...» «Non lo faccio, solo che sono molto irascibile e agitato in questo momento, come puoi vedere...» disse sbuffando mentre ispirava il fumo cercando di rilassarsi, ma poco dopo aver lasciato fuoriuscire una nuvola grigiastra sbuffó, chiaramente non stava funzionando.

Mi sedetti a poca distanza da lui, con la schiena appoggiata alla parete «Vuoi parlarne?» chiesi alzando il mento verso l'alto finché anche lui assunse la mia medesima posizione.

«Cristo, non riesco a capire che passi per la testa di Chris ultimamente, non è stato solo oggi o solo a scuola, basta che lei chiami e gli corre dietro come un cagnolino fedele, seriamente, non mi sento più il suo ragazzo»ammise in fine con gli occhi forsesta tremanti perendendosi il capo fra le mani, mostrando la sua disperazione e io mi sentivo un po' inutile a dire la verità dato che non avevo la più pallida idea di cosa dire.

Presi un respiro profondo riflettendo sulla situazione, spesso un parere estreno alla vicenda può essere molto d'aiuto, soratutto in una situazione del genere, lo ripeteva sempre il professsor Jeaer durante le sue lezioni «Chiaramente non posso capire pienamente le tue emozioni non essendomi mai trovato in una situazione simile, ma credo che il miglior modo di risolvere la cosa sia parlarne apertamente, confrontare i vostri punti di vista sulla questione e chiarire cose che sono n sospeso se ne avete, ovviamente...» feci una breve pausa per osservare la reazione del biondo e notando un netto miglioramento nella sua espressione continuai.

«...ma io posso affernare con la massima certezza una cosa, Christophe è profondamente innamorato di te e sei la persona più importante per lui, quindi ti prego, prenditene cura » terminai la frase a capo chino, come segno della mia serietà e per fargli capire quanto realmente lo stessi pregando di trattare mio fratello con i guanti e di non ferirlo e per mia fortuna le mie parole sembrarono rasserenarlo totalmente, tanto che mi rivolse un sorriso appena abbozzato.

«Hai ragione, allora anche tu hai davvero un cervello e la capacità di dare consigli, sono certo che continuerai ad essere un bravo fratello » disse mentre mi lasciava ai miei p-ensier per, presumibilmente, andare a chiarire le cose con mio fratello e speravo ci sarebbe riuscito, per il bene di entrambi, eppure una strana ensazione d'angoscia mi pervadeva l'animo rendendomi inquieto.

La pungente brezza portata dalla pioggia da poco terminata mi sfiorava la pelle e con essa le ossa facendomi rabbrividire  ma, in qualce modo, mi parve cercasse di consolarmi da quel tormento che da qualche tempo aveva cominciato a seguirmi silenzioso in ogni mio passo, come un'ombra malevola che non voleva saperne di lasciarmi andare.

Mi alzai anche io, misi gli auricolari e feci partire una raccolta di canzoni malinconiche che da tanto tempo non ero stato più solito ascoltare; lascia che fossero quelle note tristi e un po' tormentate a condurmi in quel breve viaggio senza meta e proprio in questo modo mi ritrovai, nuovamente, in quel posto dall'atmosfera nefasta pieno di persone che pregano e sperano nel miglioramento delle persone a cui tengono: l'ospedale.

Una delle infermiere ma salutò con un flebile sorriso e mi chiese di far distrarre la castana, disse che non voleva saperne di dormire o di allontanarsi dal letto del fratello, come Eren non voleva saperne di allontanare il suo sguardo dall'amato incoscente.

Io sospirai, odiavo quel posto, odiavo gli ospedali.

MI diressi nella stanza di Eric e sorrisi appena, per quanto mi fosse possibile, trovai la sorella sciupata e con lo sguardo assente e, solo allora, mi resi conto di quanto si sentisse colpevole delle cose che aveva detto, ma non lo era e aveva davvero bisogno di distrarsi «Ehy, Louise, va' a casa, fatti una doccia, dormi, ne hai bisogno, resto io» dissi a voce bassa, lei si limitò ad annuire e, prima di andarsene, mi guardò, quasi volesse dire qualcosa, ma alla fine mi lasciò solo con la curiosità di conoscere i suoi pensieri.

Mi sedetti sulla sedi acanto al letto e mi strinsi nelle spalle, sentivo come se mi mancasse l'ossigeno e come se i muri stessero per crollare proprio sopra la mia testa con l'unico obbiettivo di eliminare la mia esistenza «Già, io odio davvero gli ospedali» sussurrai fra me e me sentendo un peso enorme nel petto e gli occhi bruciare, tutto perchè io avevo paura...

L'immagine della morte di mia madre si stava lentamente sovrapponendo alla figura pallida, gelida e immobile del mio amico, gli stessi suoni, le stesse circostante, lo stesso aspetto moribondo e la stessa tremenda paura di perdere qualcuno di importante; odiavo quella situazione perchè era dannatamente uguale e non volevo perdere qualcunaltro a cui avevo aperto il mio cuore e che aveva fatto lo stesso con me, non lo avrei superato.

Ritornai in me quando sentii qalcosa scivolare sulla mia mano tremante, portai le dita a sfiorare le mie guance e sentii delle piccole lacrime umide rigarmi il volto, piangevo, io stavo pingendo di nuovo e non sapevo se alla fine di tutto avrei pianto di gioia o avrei pianto ad un funerale.

Restai fermo in quella posizione, rimasi al suo fianco mentre piangevo silenziosamente pregando un Dio nel quale non credevo affichè si svegliasse, affinche non avessi dovuto perdere anche lui, così finchè Louise tornò e mi obbligò a tornare a casa.

Camminai lentamente per le strade buie, non mi importava di essere bagnato dalla testa ai piedi, anzi, quasi mi faceva ricordare del giorno in cui avevo incontrato quel ragazzo, a ripensarci era davvero strano come avessi deciso di confidarmi con lui data la pessima prima impressione che ebbi di lui e, a quel pensiero, non potei fare a meno di ridere ripensando alla strana situazione di quella notte.

Ancora una volta fui trascinato lontano dal luogo dei miei pensieri da un tonfo e poi da del suono di una porta che veniva sbattuta con violenza, poco dopo mi apparve davanti la figura di Colton fradicio che piangeva disperato e correva veloce come un leoparedo; lo invitai a casa mia, poco distante e ,gli preparai una bevanda calda in modo che si calmasse abbastanza da rccontarmi quello che era sccesso fra lui e mio fratello.

«Sono tornato a casa per chiarire con lui, dopotutto la scuola era finita e al club non c'era, gli ho spiegato quanto tengo a lui, quanto io lo ami profondamente e quanto sia stato geloso e mi sia sentito ferito dal suo comportamento, lui mi ha chisto scusa, stava andando tutto bene ma, quando gli ho chiesto di raccontarmi quello che lo tormentava e ciò che lo spingeva a fare tutto quello che Elise voleva le cose sono degenerate...» a quel punto si bloccò nel racconto stringendo così forte il suo ginoccho, a causa della rabbia, che sentii un suono preoccupante, ma dopo qualche secondo riprese la narrazione.

«A quel punto ho iniziato ad arrabiarmi, stava sottointendendo che non aveva fiducia in me e quando ha detto che poi lo avrei odiato ha praticamente amesso di non aver fiducia nei miei sentimenti e a quel punto sono esploso e gli ho detto che doveva scegliere tra il restare con me o smettere di anche solo vedere quella ragazza e raccontarmi tutto, sai cos'ha fatto? » chiese amareggiato retoricamente «Bhe, se ne è restato fermo, ha abbassato la testa ,ha stretto i pugni e mi ha solamente pregato di non lasciarlo, ma come posso stare con lui dopo questo, come?» urlò disperato lasciandosi abbracciare mentre scoppiava in un pianto talmente addolorato che avrebbe fatto pena anche al più spietato dei cattivi.

«Io non ho intenzione di giustificare il suo comportamento, perchè è stato davvero stupido, ma lui ti ama davvero e perderti lo distruggerebbe più di quanto lo è ora, lui ora è come un bambino spaventato che teme la sua stessa ombra» «Questo lo so, l'ho visto con i miei stessi occhi, ma Austrin, lui mi ha praticamente preso il cuore e lo ha strappato in pezzi, io... io....» sapevo cosa cercava di dire, voleva dire che non avrebbe mai potuto predonarlo ma non ne aveva la forza, lo amava troppo, così gli proposi di rimanere da me per un po' e di non frequentare le lezioni se non se la sentiva, io avrei parlato con mio fratello.

Il giorno seguente andai a scuola e vidi mio fratello in uno stato terribile, stava seduto con la schiena appoggiata all'armadietto di Colton e dal suo sguardo avrei detto che era pronto al suicidio «Che ci fai qui, da solo, con quello sguardo?»chiesi quasi non conoscessi la situazione, appena lo chiesi vidi le sue iridi tremare e gli occhi farsi lucidi «Ieri io e Colton abiamo litigato, ha detto che mi avrebbe lasciato, ieri è uscitoma non sono riuscio a raggiungerlo, Elise mi ha fermato...» sussurrò l'ultima parte come se non avesse voluto farmela sentire.

In quell'esattomomento sentii un forte bisono di prenderlo a pugni ma mi trattenni «No, fammi capire bene, tu hai lasciato scappare vias il tuo ragazzo, da solo, di notte, sotto la poioggia perchè quella tizia ti ha fermato?!» lui annuì e a quel punto non riuscii a trattenermi e lo riempii di lividi, a fermarmi fu Louise  «Che diavolo, manco per un po' e guarda che succede!» disse cercando di alleggerire la tensione, ma non funzionò «Sei un deficente, cazzo Chris, questa volta col cazzo che sono dalla tua parte, non credere che non glielo farò sapere.» urlai a denti stretti mentre piangeva in silenzio.

Non poteva permettersi di piangere perchè quella era tutta colpa sua, frequentai normalmente i corsi a scuola, poi quando tornai a casa raccontai quello che era successo quella mattina a scuola e cercai di essere il più imaparziale possibile «Non gli hai fatto troppo male, vero?»chiese preoccupato e io negai chiedendomi come potesse preoccuparsi di qualcuno che aveva giocato con i suoi sentimenti «Io me ne vado, starò via per un po', ho bisogno di calmarmi prima di uccidere qualcuno...» disse per poi abbrracciarmi e preparare le sue cose.

Lui se ne andò senza dirmi dove andava e io, invece, me ne andai in ospedale e mio sedetti, com'ero solito fare, accanto al letto di Eric e lo osservai in silensio «Io non ce la faccio più, cosa dovrei fare?» sussurrai con voce flebile sentendo l'abbraccio di Morfeo trscinarmi nel mondo dei sogni.

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