Capitolo 12
[Gelosia]
Punto di vista di Christophe Sherwood
Un altro monotono giorno di scuola era iniziato ma non mi dispiaceva dato che potevo trascorrerlo interamente ad osservare il mio principino, a parlare con lui e a rubargli qualche bacio fugace appena se ne fosse presentata l'occasione.
Amavo ogni istante passato con lui, ogni istante di quella vita che avevo sempre fortemente disprezzato ora mi sembrava fantastico e infinite volte avrei compiuto nuovamente le stesse scelte al fine di scontrarmi ancora con quelle bellissime gemme verdi.
Però mi conoscevo, conoscevo la mia insicurezza che se ne stava ben radicata nelle profondità più vere del mio animo e mi faceva sentire ridicolo, mi faceva sentire spaventato e confuso.
Avevo paura che la relazione che avevano costruito andasse in pezzi con la comparsa di qualche terzo incomodo, era il motivo principale per il quale avevo temuto particolarmente il rientro a scuola.
Colton si comportò normalmente mostrandomi quei suoi inaspettati sorrisi luminosi mentre eravamo vicini o parlavamo e si mostrava molto disponibile verso gli altri e la cosa non mi piaceva.
La mia paura più grande, quel tarlo nella mia testa instillato dalla mia insicurezza e il mio terrore verso la fine di tutto mi stava portando a voler minacciare chiunque avesse osato anche solamente parlargli e sapevo che era sbagliato, ma era più forte di me.
Purtroppo, proprio come temevo, durante la paisà pranzo un gruppo di ragazzi si sedette al nostro tavolo e iniziarono a parlare tranquillamente con il biondo, era una cosa normalmente in fondo e non fu certo questo il reale problema.
Fra loro c'era un ragazzo che si chiamava Jerrod, sembrava fin troppo interessato a lui, gli poneva delle domande piuttosto indiscrete mettendolo in difficoltà ed era facile notare che lo stava mangiando con gli occhi.
Non dissi nulla, lo guardai, non feci neppure una faccia particolare, semplicemente posai le mie iridi disinteressate su di lui che mi guardò, fece un sorriso nervoso e insieme agli amici si allontanarono a tutta velocità.
Quella situazione la odiavo, la odiavo con tutto me stesso, ne ero profondamente infastidito e me ne vergognavo profondamente sentendomi come risucchiato in un turbine di preoccupazioni.
Io amavo davvero Colton, era tutto ciò che rendeva la mia vita degna di essere vissuta, degna di essere chiamata tale e non avrei sopportato di perderlo, sarei andato in mille pezzi e solo lui sarebbe stato capace di farmi tornare come prima.
Io mi fidavo ciecamente dei suoi sentimenti, ma avevo paura che guardandosi attorno, rendendosi conto di quello che poteva avere e di quello che aveva, di quanto fossi la persona meno adatta per lui mi avrebbe lasciato...
Mentre camminavamo tranquillamente per i corridoi della scuola cominciò a piovere, una furiosa tempesta aveva portato con se dei fitti nuvoloni nero pece dai quali guizzavano fuori tuoni e lampi, impetuosi e fragorosi che squarciavano il silenzio che si era creato fra noi.
Entrammo nell'aula e ci sedemmo a quelli che ormai erano diventati i nostri posti, non ascoltai la lezione semplicemente guardai fuori dal vetro quello spettacolo capace di scacciare via ogni mia emozione negativa, quanto di farmi affogare nel dolore che mi macchiava l'anima.
Quello era uno di quei giorni, uno di quei giorni in cui non ci riuscivo ad ascoltare la pioggia, uno di quei giorni in cui non mi rilassava ma mi feriva facendomi rivivere quel ricordo ancora e ancora nella mia mente.
Vivide immagini si susseguivano nella mia mente come se stessi osservando la proiezione di un film, con quelle immagini riaffiorava il dolore e tutto quello che era capace di farmi stare male sul serio, tutto eccetto quello che riguardava il mio principino.
Sentii qualcosa di caldo e umido scivolarmi lungo la guancia destra, sfiorai con le dita la zona interessata e sentii la sensazione del bagnato, quella era una lacrima...
«Hey, Chr-» non gli feci finire la frase, non volevo che mi vedesse piangere come un idiota, perciò mi alzai di scatto e uscii dalla porta dell'aula senza dire nulla, mi diressi nel bagno e mi chiusi a chiave in uno dei box.
Le lacrime iniziarono a scendere sempre più veloci, sempre più dolorose accompagnate da una fitta al petto e quelle tristi e cruente immagini ancora ben vivide nella mente.
Il ricordo del sangue rosso e caldo che ricopriva il suolo, il rumore della tempesta in sottofondo, il fischio del clacson rotto, il sapore metallico del liquido viscoso e gli occhi spenti della mamma a cui la vita era stata strappata via.
Il respiro mi mancava, non riuscivo a respirare, era come se il mondo attorno a me stesse collassando su se stesso seppellendomi vivo, ero nel panico più totale fino a quando sentii la sua voce dolce e gentile quanto preoccupava che chiedeva di me.
«Ti santi bene, ti va di parlarne?» chiese calmo e paziente come al solito e sapevo che non lo meritavo, che lui meritava di meglio ma ero così egoista...
«Che giorno è? » riuscii a chiedere appena, lui mi comunicò la data r capii cos'era successo, capii perché quella tempesta mi aveva riportato alla mente quell'incidente con quell'automobilista ubriaco che portò via la mamma.
Sbloccai la serratura incapace di fare altro, poco dopo intravidi la sua chioma dorata e sentii le sue mani che sfioravano dolcemente i miei capelli neri come le ali di un corvo.
Allungai le braccia in avanti stringendole attorno alla sua figura muscolosa e lo avvicinai a me mentre non cessava di accarezzarmi la chioma, non chiese nulla, si limitò a rimanere al mio fianco mentre piangevo.
«Scusa per questo » bisbigliai a bassa voce con gli occhi stanchi e un mal di testa allucinante appoggiato con il capo contro la parete «Non scusarti» dissi regalandomi un caldo e confortante bacio che mi calmò.
«Me ne ero dimenticato, ma oggi è l'anniversario della morte di mia madre » «Mi dispiace, sul serio Christophe » «Non ce n'è bisogno, lei è morta sorridendo, sai? » dissi chiudendo gli occhi ricordando il sorriso che la mamma mi faceva sempre.
«Ah, mi sento uno schifo ora » dissi scherzosamente cercando di alleggerire l'atmosfera «E poi ora che ci penso non siamo ancora andati al nostro primo appuntamento! » esclamai alzandomi lentamente in piedi per evirare le vertigini.
«Eh?» «Non vuoi uscire?» «Si ma, non farlo se non te la senti...» «Non preoccuparti per me, ora sto bene e poi sarà un ricordo felice, no?» dissi sorridendo al mio angelo dallo sguardo sfavillante.
Tornammo in classe e quando finalmente quella tortura chiamata scuola ci lasciò liberi ci precipitammo a casa sotto la pioggia, riparati da un solo ombrello.
Non indossammo abiti formali dato che non sapevamo dove saremmo andati ma non eravamo neppure casual, non volevamo fare una figuraccia il giorno del nostro primo appuntamento perciò...
Camminammo per le strada di quella città, le luci soffuse dei locali, delle case e dei lampioni venivano come opacizzare dal manto di pioggia fine che rendeva l'atmosfera più romantica e speciale.
Ci ritrovammo davanti a un piccolo ristorante, attratti dall'insegna luminosa che riportava la scritta "Our dream" e sembrò subito ovvio che quel posto sarebbe potuto essere perfetto.
Entrammo e subito una musica dolce mischiata alla luce di candela su ogni tavolo rendeva estremamente alte le aspettative su quel ristorante, probabilmente per coppiette.
Una giovane donna ci venne incontro con un sorriso educato e ci condusse al nostro tavolo augurandoci una sera da sogno, sembrava essere il loro slogan e fu abbastanza piacevole.
La foca luce calda si specchiava nella foresta racchiusa nelle iridi del mio principino che sorrideva, come me del resto, le nostre mani si sfioravano adagiate sulla tovaglia di velluto mentre i nostri volti si avvicinavano lentamente.
«Posso portarti qualcosa bel biondino? » chiese un cameriere ammiccando ignorando completamente la mia presenza «Ah, io prendo una tagliata media cottura » disse tranquillamente Colton quasi come se quel cameriere non ci stesse provando spudoratamente con lui.
«Io pre- » provai ma venni interrotto nuovamente dal ragazzo «Da bere bellissimo? » chiese avvicinandosi più del necessario «Una soda, grazie » «Tu abiti qui, perché potremmo uscire qualche volta » «Beh, si abito qui... » il cameriere gli diede un biglietto con il suo numero di telefono.
In quel momento sentivo le mie mani formicolare, sentivo un impellente bisogno di cambiargli i connotati ma mi tratenni, chiusi violentemente il menù e lo appoggiai sul tavolo «Io prendo una tagliata al sangue e birra bruna » dissi serio con voce piatta.
«Oh, scusa non ti avevo notato...» «Comunque sei carino e- » «E fidanzato » dissi io guardandolo male mentre mi grattavo nervosamente il polso non potendo sfogare la mia rabbia e frustrazione.
Quando finalmente se ne andò io mi limitai a stare in silenzio con le braccia incrociate, un fantastico primo appuntamento nel quale un cameriere ci prova con il mio ragazzo e lui non dice nulla, proprio fantastico.
«Che c'è? » chiese lui aggrottando le sopracciglia, una cosa che mi piaceva ma in quel momento non ero di buon umore «Non lo so Colton, quel tipo ci stava provando con te e tu hai accettato il suo numero di telefono, davvero non capisco cosa potrebbe esserci che non va!» «Credi che lo avrei richiamato?» chiese alzando la voce facendomi arrabbiare.
«Beh spero di no, ma sai il punto è che hai praticamente accettato il suo flirt ma no, non c'è niente che non vada, a te non darebbe fastidio che il tuo ragazzo si metta a parlare con uno che ci prova spudoratamente con lui, no?!» dissi alzando la voce, era la prima volta in cui lo facevo.
Mi alzai in piedi e mi misi dietro alla mia sedia per prendere la mia giacca, indossarla e andarmene senza neanche guardare nella sua direzione ma mi fermai quando sentii le sue braccia stringermi la vita da dietro.
«Si, hai ragione, mi avrebbe dato tanto fastidio che probabilmente lo avrei picchiato, non ci avevo pensato, scusa » disse per poi farmi voltare verso di lui e facendomi gli occhi da cucciolo ma volevo infastidirlo un po' perciò non feci nulla.
Lui fece un piccolo sorriso poi si alzò sulle punte facendo sfiorate le nostre labbra per poi approfondire sempre si più quel bacio mentre gli cingevo la vita con le braccia, uno di quelli che non si dovrebbero mai scambiare in pubblico.
Quando ci staccammo a corto d'ossigeno «Mi perdoni? » mi chiese lui a fior di labbra facendomi sorridere, era proprio vero che ero nel palmo della sua mano «Sei sleale» bisbigliai per poi baciarlo ancora, ma questa volta a stampo.
Tornammo ognuno al proprio posto e lasciammo che le nostre dita si intrecciassero mentre parlavamo di tante cose, anche se senza senso o senza nesso logico, ma stavamo bene ed era questo quello che contava.
Sempre lo stesso cameriere ci portò quello che avevamo ordinato e ci provò ancora una volta con il mio ragazzo, penso che nella mia situazione chiunque altro lo avrebbe preso e lo avrebbe fatto nero ma non dissi nulla per non rovinare la serata.
«Puoi smetterla, sono qui con il mio fidanzato e sei fastidioso » «Ma prima sembrava...» «Sono stato semplicemente cortese, ora puoi sparire » disse sbuffando sorridendomi.
Io mi allungai per baciarlo e ghignai «Dove si trova ora la tua gentilezza?» «Non lo so, forse si è andata a fare un giro fuori» rise baciandomi con ancora più passione «Come mai tutta questa iniziativa oggi?» chiesi ridendo e lui fece spallucce con un ghignò divertito.
Pagai il conto da bravo galantuomo e poi ci dirigemmo nel nostro amato appartamento condiviso ridendo e baciandoci di tanto in tanto, dal corridoio la cosa, non so neppure come, degenerò.
Le nostre labbra si continuavano a scontrare fameliche, le nostre mani viaggiavano sul corpo dell'altro e aprire la porta in quelle condizioni non fu esattamente un gioco da ragazzi.
Eppure, dopo aver accuratamente chiuso la porta, ci precipitammo senza troppi convenevoli nella mia camera da letto impazienti, davvero tanto impazienti.
«Ti amo, lo sai? » chiese il biondo baciandomi con infinita dolcezza questa volta spaziando via tutte le mie preoccupazioni lasciando spazio all'amore e alla passione travolgente di quella notte.
Mentre ci scambiavano una serie ininterrotta di focosi baci spinsi il biondo sul morbido materasso per poi assaltare la sua intimità già ben eretta.
Le presi in bocca tutta già da subito e con la lingua stimolai il suo glande facendolo gemere e facendogli uscire dei versi tutt'altro che virili.
Quando si riversò nella mia bocca ingoiai il liquido per poi spogliarmi frettolosamente e riservare lo stesso trattamento a lui.
«Che ti prende questa sera?» soffiai sulla sua pelle perfetta mentre la ricoprivo di marchi più evidenti di quelli che già aveva «Non lo so, so solo che voglio farlo » disse lui con gli occhi velati di piacere mentre percorreva il suo petto alla ricerca delle sue labbra.
«Mhh, strano da parte tua...» bisbigliai leccando la parte di pelle sotto al lobo, sapevo che lo faceva impazzire «Dio, sento che se non lo facciamo esplodo, non so come altro dirti che ti amo e esprimerlo come si deve-» non finì la frase che gemette.
Lascia che la mia mano scivolasse lungo il suo petto lasciavamente facendolo rabbrividire poi sfiorai la sua lunghezza nuovamente eccitata «Sei già duro?» chiesi retoricamente mentre vedevo le sue gote tingersi di un rosso accesso.
«Non c'è bisogno della telecronaca » disse lui a fatica fra un ansimo e l'altro coprendosi il volto con un cuscino, ma io glielo inpedii mentre facevo strusciare i nostri membri fra loro baciandolo.
«Ah, Chris, oggi sei cosi...» sussurrò mentre il respiro si faceva più corto e si preparava, come me del resto, all'orgasmo che avvenne subito dopo «Cosi? » chiesi leccandomi le labbra famelico, si, lo volevo da impazzire.
«Così selvaggio, credo » disse lui un po' confuso sulla terminologia facendomi ridacchiare «Colpa tua » dissi prima di allargare il suo orifizio e poi sostituire le mie dita alla mia lunghezza.
In quel preciso istante Colton ribaltò le posizioni e si mise sopra di me con gli occhi che brillavano di una luce strana, era desiderio...
Iniziò a muoversi su e giù mentre io gli sostenevo le cosce con le mani sentendo un immenso piacere viaggiare per ogni singolo centimetro del mio corpo accaldato.
Avevo gli occhi semichiusi ma potei comunque bearmi della vista del suo corpo perfettamente scolpito solcato da delle minuscole gocce di sudore e marcato da me numerose volte rendendo il tutto ancora più eccitante.
Il biondo si muoveva sempre più veloce e per un attimo credetti che sarei impazzito per quanto piacere stavo ricevendo, ma poi giugemmo all'apice, io con un gemito sordo e lui con uno decisamente acuto.
Ma per come si prospettava la serata c'era ancora molto da fare, di fatti invertii le posizioni e mentre le nostre labbra si divoravano a vicenda iniziai a muovermi sempre più veloce in cerca della sua prostata mentre di nuovo il piacere guidava le nostre azioni.
«Mio dio Chris! » urlò lui aggrappandosi alle mie spalle con le unghie qualche secondo prima di raggiungere la sua fine, io le seguì dopo un altro paio di spinte e lo baciai passionalmente.
Ci infilammo in doccia per farci una doccia e andare a dormire ma le mani di entrambi andarono troppo in basso sul corpo dell'altro finendo che ancora una volta lo stava facendo senza ritegno.
Quando terminammo finimmo di lavarci, ci asciugammo e ci buttammo esausti sul letto, o meglio, io mi buttai sul letto e il mio principino si buttò teneramente su si me.
«É stato, wow » disse lui con voce impastata dal sonno «Già, questa volta il mio principino mi ha provocato e ci sono andato giù un po' pesante, scusa » «No, mi è piaciuto, buonanotte. » sussurrò prima di cadere nel mondo dei sogni e anche mentre dormiva era incredibilmente bello.
Lui era il mio tesoro, era la ragione per la quale vivevo, lui era tutto per me ma non lo aveva ancora capito, non aveva compreso il potere che aveva su di me.
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