Capitolo 11
[Vendetta]
Punto di vista di Colton Evans
Quando aprii gli occhi mi trovai davanti le bellissime iridi tempestose del mio fidanzato e quel suo sorriso bellissimo che mi faceva sciogliere ogni volta, quel suo sorriso unico paragonabile ad una dolce carezza diretta alla mia anima.
Mi accarezzò la guancia con infinita dolcezza per poi baciarmi altrettanto dolcemente con quelle sue labbra leggermente screpolate che graffiano piacevolmente le mie e mi facevano raggiungere in breve tempo il cielo, ogni volta.
«Buon giorno principino » sussurrò sulle mie labbra allargando il suo radiante sorriso più brillante di qualsiasi stella facendomi arrossire come un pomodoro, con lui era così, semplicemente amore «Buon giorno Chris » bisbigliai con la voce impastata dal sonno facendolo ridacchiare, amavo quando rideva, anche se in realtà amavo tutto di lui.
Ci alzammo e a dire la verità ero spaventato, sapevo che dopo la prima volta solitamente chi stava sotto sentiva un dolore allucinante ma non fu lo stesso per me, immagino che il mio bel moro sapesse cosa fare e gliene fui grato, in un certo senso.
Ci baciammo ancora e non era più così imbarazzante metterci tutto quell'ardore, anzi era quasi come se ne necessitassi per poter vivere e ad essere sincero la cosa non mi dispiaceva come non mi dispiaceva lui.
Quei suoi occhi bellissimi e quel sorriso dolce e gentile che solo lui sapeva fare mi stregavano ogni volta facendomi perdere la cognizione della realtà perché lui era il mio bellissimo sogno ad occhi aperti che non potevo credere di star vivendo.
Era tutto perfetto, magicamente perfetto e purtroppo un forte sentimento in un attimo mi assalì, come se un orribile sensazione mi stesse avvertendo di qualcosa che sarebbe successo quel giorno, ma ignorai quel mio presentimento angosciante.
Tornai in me solo quando le sue labbra sfiorarono la mia pelle come la più dolce delle carezze facendo riempire di brividi il mio corpo e facendomi sentire bene come nessun altro avrebbe potuto fare.
Le sue forti braccia erano allacciate attorno al mio bacino nudo, mentre soffia sulle pelle umida per poi lasciarmi dei segni violacei ben visibili sulla spalle «Qualcosa che non va? » chiese tra un bacio e l'altro che mi lasciava sulla pelle facendomi gemere appena.
Sentii un intenso calore sprigionarsi sul mio volto e per quello fui certo di essere diventato rosso in volto mentre sentivo il suo sorriso sulla pelle, allungai il collo beandomi del suo tocco e dei suoi baci «No, sopratutto adesso » sussurrai socchiudendo gli occhi in quel mio attimo paradisiaco.
Lui annuì poco convinto e poi mi trascino in doccia con lui e fra un gioco fatto di baci, suchiotti o carezze e sfiorarsi dolcemente finimmo con il fare qualcosa di molto distante da una semplice doccia e fu fantastico.
Ogni volta che mi sfiorava, mi baciava o mi sussurrava con la sua sensuale, profonda e bellissima voce rauca che mi amava il mio cuore si scioglieva e cominciava a correre come un pazzo, lo stomaco mi si contorceva come quando si sale sulle montagne russe.
Quel giorno tornammo a scuola dopo tanto, mano nella mano e con la felicità che veniva fuori attraverso ogni mio singolo poro, se ci fosse stato un modo per misurare la felicità di qualcuno la mia avrebbe superato qualsiasi valore, ma le cose belle sono quelle che durano di meno, si sa.
Camminammo senza curarci degli sguardi puntati su di noi, chi felice, chi curioso e via dicendo, nonostante l'atmosfera fosse piacevole la cosa non mi toccava e mi sentivo come dentro una bolla ricolma di felicità ed amore, ma le bolle sono fragili ed è orrendamente facile scoppiarle.
Ci sedemmo nei posti sul fondo dell'aula di letteratura nei posti vicini aspettando l'arrivo di compagni ed insegnante scambiandoci qualche sguardo fugace che racchiudeva interi discorsi mai detti ad alta voce, un silenzio fatto di parole.
Austin venne verso di noi con un sorriso luminosissimo, probabilmente quella sua felicità era dovuta al fatto che non aveva ancora saputo che era stato finalmente dimesso dall'ospedale e come "punizione" gli fece un pizzicotto sedendosi al suo solito posto.
Nessuno si era accorto che eravamo entrati alla seconda ora dato che non avevamo molte lezioni assieme e fu un bene perché non avevo intenzione di spiegare cosa fosse successo o inventare qualche ridicola scusa per coprire quel tipo di avvenimenti.
Quando suonò la campanella che segnava la pausa pranzo tirai un enorme sospiro di sollievo, non riuscivo più a reggere quegli sguardi curiosi, insomma sembrava come se non avessero mai visto una coppia sorridersi o guardarsi teneramente...
Appena varcata la soglia della sala mensa la castana mi si buttò a dosso gonfiando le guance «Pensavo fossi morto, non mi hai scritto » sbuffó lamentandosi come una bambina per poi essere richiamata da una voce molto bassa e mascolina, bella ma mai al livello di quella del mio moro.
«Oh, andiamo Louise non comportarti come tuo padre » sbuffó schioccando la lingua sul palato facendola ghignare malignamente e io, mio malgrado, conoscevo perfettamente il significato di quel ghigno «Mh, ma tu ami papà e sei anche venuto a trovarlo prendendoti un intero giorno di ferie, almeno certe cose non fatele a scuola » affermò vendicativa.
A quelle parole l'uomo dalla discutibile altezza rimase senza fiato, fu un po' difficile ma vidi un leggero rossore avanzare su quella sua pelle pallida come la neve, segno del suo evidente imbarazzo «Si, passi troppo tempo con Eren » aggiunse scuotendo la testa per poi uscire il più composto possibile.
Mentre tutto questo accadeva mi ritrovai le braccia forti di Chris che mi stringevano a se da dietro, il suo respiro caldo che mi sfiorava la pelle del collo e il suo mento appoggiato sulla mia spalla mentre, di tanto in tanto, mi lasciava dei piccoli baci che personalmente adoravo.
«O Cristo ma quanto siete adorabili? » squittí Alexis, il capo delle cheerleader con quella sua fastidiosissima voce acuta e con tono ancora più fastidiosamente sarcastico facendomi alzare gli occhi al cielo mentre ci raggiungeva con le sue amichette al seguito.
A volte mi domandavo se fossero più stupide loro che la seguivano come dei cagnolini scodinzolanti e la veneravano o lei che credeva di essere la persona più magnifica e importante che avesse mai messo piede sul pianeta, ma non mi diedi una risposta.
«Che vuoi?» chiese piuttosto infastidito il mio ragazzo alzando la schiena lasciando svettare la sua altezza di ben centonovanta centimetri, insomma era un gigante bello e buono, molto bello.
A quel pensiero quasi risi, non era da me pensare quel genere di cose, come quanto fosse bella e attraente una persona ma se si trattava di lui non potevo fare altro che pensarci e pensare a quei suoi bellissimi muscoli imperlati dal sudore, bellissima immagine risalente alla notte precedente.
«Chi credi che io sia, mh, frocetto?» chiese acida come il latte scaduto, probabilmente non gli era andato a genio il fatto che nonostante lei ci provasse spudoratamente con me e mi avesse quasi costretto a farci sesso io l'avessi palesemente ignorata per poi mostrarmi omosessuale.
«Una ragazza con il cervello grande quanto una nocciolina, tutta rifatta che inquina la mia aria, perché? » rispose tranquillo come se nulla fosse ma i suoi occhi, fecero venire i brividi persino a me, erano freddi e taglienti come mai li avevo visti.
«Come ti permetti, dopo avermi portato via il ragazzo così?! » quasi urlò alzando il pugno in aria, lui la ignorò e sbuffo seccato, probabilmente detestava quanto me quel tipo di persona «Che c'è mi ignori perché sai che tra me e te sceglierebbe me?» ghignò lei convinta di avere la situazione in pugno, era detestabilmente ossessionata da me.
Allora le sue amiche stupide incitarono la folla di studenti ad alzare un ridicolo coro che diceva "bacio" sempre più forte e più velocemente mentre Alexis se la rideva tutta contenta per conto suo, chi la capiva...
«Allora, Colton perché non baci davanti a tutti la persona che ami e con cui vuoi stare? » chiese lei con quel suo tono di voce piacevole quanto le unghie conficcate nella lavagna quindi orribile «Ok» mi limitai a dire voltandomi verso il moro che la guardava male.
Mi staccati lievemente dalla sua presa e mi misi in punta di piedi per poter raggiungere le sue labbra e baciarlo, si sorprese del mio gesto e dischiuse perciò le labbra per la sorpresa, quindi io ne approfittai per prendere finalmente l'iniziativa in quel bacio tutto fuorché casto.
Quando ci staccammo, solo a qualche millimetro di distanza ci sorridemmo guardandoci negli occhi «Non mi aspettavo una mossa così sconsiderata dal mio principino» sussurrò con tono dolce in modo che solo io potessi sentirlo.
Quando mi voltai verso la bionda ossigenata i suoi occhi azzurri erano spalancati quanto furenti ma non disse nulla, la sua immagine era già stata largamente rovinata da quello che era successo qualche minuto fa perciò se ne andò.
Fin qui la giornata procedé liscia come l'olio ma a quanto pare il destino ce l'aveva con noi o più precisamente con me, perché quando mi ritrovai in uno dei vicoli vicino alla scuola aspettando il mio ragazzo mi si avvicinò quello che il giorno prima mi aveva aggredito, seguito da altri quattro.
«Ma guarda un po' chi si vede, sai da quello che ho sentito hai fatto fare una pessima figura alla ragazza di un mio caro amico e di conseguenza questa volta non la passerai liscia » disse avvicinandosi con uno sguardo che non seppi ben definire, un misto di pazzia e perversione e sapevo che era un pessimo mix, nonostante le braccia ingessate.
Non lasciai che mi spingesse contro il muro in modo da essere in grado di combattere e difendermi, non ero debole, non lo ero affatto, ma la sera prima il panico aveva preso la meglio cosa che non permisi quella volta.
Tenni brillantemente testa a tutti e cinque e a uno spaccai anche il naso finché non fui davvero molto vicino all'essere sopraffatto, proprio in quel momento arrivò Christophe che mi nascose dietro la sua possente e rassicurante schiena.
Quella volta capii che c'erano cose di lui che io neanche immaginavo, lo capii quando vidi le sue iridi tempesta diventare scure, un ombra spaventosa e brillare di una pericolosa luce mentre massacrava quei cinque che avevano cercato di farmi dio solo sa cosa.
«Non sono stato abbastanza chiaro ieri sera? » chiese con tono talmente cupo e basso da farmi indietreggiare, perché nonostante lo amassi alla follia fui piuttosto certo che chiunque si sarebbe spaventato a quello che stava accadendo «P-perché sei qui? » chiese affannosamente l'unico rimasto cosciente.
«Perché sono abbastanza forte da stracciare cinque mezze cartucce e proteggere la persona che amo, spero sia l'ultima volta che ve lo ripeteró, sparite » sussurrò con quella sua voce cupa scortandomi fino a casa senza aprir bocca mentre le sue nocche gridavano di sangue, sangue non suo.
Appena entrammo e chiudemmo la porta vidi ogni muscolo del suo corpo rilassarsi e il suo sguardo misto fra argento e azzurro schiarirsi come il cielo dopo un orribile temporale, fu breve l'attimo nel quale intravidi i suoi bellissimi occhi perché poi lì puntò al pavimento.
«Non volevo che lo vedessi, quel lato di me, ma è ciò che sono, qualcuno che picchia senza pietà quelle persone che mi fanno perdere il controllo » la sua voce era bassa e rotta, sentire quelle parole era stato come essere tagliato da centinaia di lame affilate, era stato come sentire che non so fidasse di me e dei miei sentimenti.
E piansi, sentii il liquido salato scendere giù lungo le mie guance abbronzate fino alla punta del mento che tremava, non volevo piangere ma aveva fatto male sentire che non credeva che i miei sentimenti fossero forti tanto quanto lo erano in realtà.
«Quindi non ti fidi dei miei sentimenti?» chiesi a fatica con le lacrime che aumentavano a dismisura mentre cercavo in tutti i modi di non piangere più di quanto già stessi facendo «Colton, io-» «Non parlarmi!» urlai fra le lacrime, ferito come mai prima d'ora.
Corsi al piano superiore chiedendomi a chiave nella mia stanza perdendomi nei ricordi della forte passione che ci aveva guidati la notte precedente e mi accasciai contro la porta lasciandomi scivolare al suolo mentre sfogavo silenziosamente il mio dolore.
Poco dopo però sentii i suoi passi lenti avvicinarsi alla porta della mia stanza e poi un leggero scricchiolio degno che anche lui era nella mia stessa posizione, ma non volevo che mi parlasse per farmi sentire ancora peggio, soprattutto non volevo che mi lasciasse, era quello che più mi spaventava.
«Colton io non ho mai dubitato dei tuoi sentimenti e non ho mai mentito, sei davvero la persona più importante della mia vita e sarei seriamente disposto a fare tutto per te ed é per questo che ti ho mostrato tutto, ma quella parte di me...» fece una piccola pausa mentre la sua voce si affievoliva, che stesse piangendo anche lui, mi chiesi.
«Quella parte di me la odio, mi fa paura ed è per questo che te ne ho parlato, speravo che così sarebbe sparita e sarebbe normale odiare o avere paura di una persona che trova gusto nel vedere altre persone soffrire» il suo respiro era irregolare, potevo sentirlo dalla porta, come potevo sentire il mio cuore accelerare il ritmo dei suoi battiti.
«Credo di essere la persona che odio di più » disse con voce flebile e rotta, una voce che sentita da lui sembrava quasi surreale, che non potevo accettare di aver provocato per un mio colpo di testa.
Aprii la porta e lo trovai lì, che piangeva ranicchiatto su se stesso, il capo stretto fra le mani con la schiena tremante e il respiro affannato, lo raggiunsi di soppiatto e lo abbracciai, quando lo feci il suo pianto divenne più forte e si buttò nel mio petto.
In quel momento mi resi conto di quanto fosse in realtà fragile come persona, di quanto fosse facile ferirlo e difficile farsi amare da lui, in quel momento compresi quanto ero stato fortunato, ma non compresi il significato di ogni parola che diceva, allora non sapevo che ogni singola sillaba che usciva dalle sue labbra era profonda e ragionata, che ogni parola era letterale.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro