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Capitolo 9 - Quod optimus medicus sit quoque philosophus

<< Ancora tu? >> mi lasciai sfuggire, sbigottita.

<< Anche io sono contento di rivederti >> ironizzò Tommaso, ripiegando una mappa del policlinico e ficcandosela in tasca.

<< Ecco dov'era finita la nostra cartina dell'università! >> osservai, notando le mie iniziali sul foglio. << Sei un ladro, lo sai? >>.

<< Ok, è chiaro che non ti fa piacere rivedermi >> fece lui, sbuffando sonoramente. << Però adesso ti serve il mio aiuto per trovare l'aula di Biologia, giusto? >>.

Che ricattatore...

<< Oppure potresti restituirmi la mia mappa e la troverei da sola >> dissi io, togliendogliela dalla tasca e dischiudendola.

<< Come sei antipatica >> enunciò il ragazzo, risentito. << Non mi chiedi neppure che ci faccio qui? >>.

<< Forse tu ignori il piccolissimo dettaglio che sono le nove passate e la lezione sarà già iniziata >> esclamai, irritata. << Parliamo camminando >>.

E ci avviammo verso il padiglione.

<< Deduco che ce l'abbia fatta a superare il test >> dichiarai, lievemente affannata.

<< Sì, deduci bene. Finalmente ce l'ho fatta... lo studio e la determinazione questa volta mi hanno premiato >>.

E le venti domande che ti ho passato io, avrei voluto dire.

<< Complimenti >> dissi invece.

<< Grazie >> mi sorrise.

Notai che indossava anche quel giorno delle infradito e dei pantaloncini stile "Baywatch".

<< Senti, non ti sembra un po'... inappropriato venire a lezione vestito così? >> mi permisi di notare.

<< Così come? >> chiese lui, guardandosi i piedi e le gambe. << Con i pantaloncini e le infradito, vuoi dire? Sai, non ci tengo a morire di caldo oggi >>.

<< Come vuoi tu >> non insistetti. << Eccoci arrivati. E la porta è chiusa >>.

Ero intimorita dalla reazione che avrebbe potuto avere il professore.

<< E quindi? Bussiamo >> propose lui, sereno.

<< Non so se e quanto ci convenga >> dichiarai. << La mia coinquilina ha detto che questo prof è un tantino severo >>.

Un tantino severo?

Ok, io e gli eufemismi eravamo come Barbara D'Urso e le tragedie familiari.

<< Non preoccuparti, non dirà nulla! >> mi assicurò Tommaso. << E' il nostro primo giorno, capirà... sei sempre agitata >>.

E bussò alla porta.

Ad aprirci fu un uomo molto alto e magro (quasi scheletrico), con pochi capelli in testa e un'espressione - sempre eufemisticamente- furente. Notai che con il corpo faceva perno su un bastone, stile dottor House.

<< Ma tu guarda chi ci fa l'onore di presentarsi a lezione >> dichiarò, fingendosi ammirato. << I due fidanzatini di ritorno da una vacanza al mare >>.

<< Non siamo... >> iniziai, infastidita e a un tempo intimidita.

<< Prendete pure posto, prego >> mi interruppe, accennando un inchino.

Entrati in aula, notammo tristemente che tutti i posti erano occupati.

<< Dove...? >> chiesi, esitante.

<< Oh, poverini. Non ci sono più posti? >> si finse indignato. << Prego, sedetevi sulla cattedra >>.

Fantastico.

La mia prima lezione a Medicina e già un professore mi detestava.

E tutto grazie allo stupido abbigliamento estivo di Tommaso e alla mia curiosità, che avrebbe fatto invidia persino a Pandora.

<< Stavamo parlando di Galeno e del suo precetto... avete studiato latino, voi due? >> si rivolse a noi l'insegnante, claudicando verso la cattedra e accendendo il proiettore.

<< Sì >> risposi, notando che Tommaso non sembrava intenzionato a proferire alcuna parola.

<< Bene... signorina... ? >>.

<< ... Martini >> completai.

<< Signorina Martini... mi traduca la frase che legge nella prima slide >>.

Odiavo quel professore.

Lo conoscevo da soli cinque minuti ma già lo detestavo con tutta me stessa.

Mi voltai verso il punto in cui il proiettore riproduceva le diapositive e lessi: "Quod optimus medicus sit quoque philosophus".

<< Allora... >> iniziai, schiarendomi la voce.

Ero terribilmente imbarazzata: una cosa del genere non mi era mai successa, in tanti anni di scuola.

<< "Che il miglior medico sia anche filosofo" >> tradussi.

<< Brava, se non altro sa il latino >> si complimentò il docente, visibilmente infastidito. << Questo per farvi capire che il medico non può prescindere dalla conoscenza della letteratura, ragazzi. Come ha detto Schopenhauer: "La medicina è la mia legittima sposa, mentre la letteratura è la mia amante: quando mi stanco di una, passo la notte con l'altra" >>.

Schopenhauer?

Di una cosa ero certa: quella frase non era assolutamente di Schopenhauer.

<< Checov >>.

Oddio.

Inconsciamente l'avevo corretto.

<< Cosa dice? >> volle sapere l'uomo.

<< Ehm... >>.

Avevo davvero il coraggio di correggerlo davanti a tutti?

<< Niente >> dissi.

<< Eh no, qualcosa l'ha detto, signorina. Adesso lo vogliamo sentire >> insistette il professore.

Ok, te la sei cercata, allora.

<< Dicevo che la frase è di Checov >>.

<< Checov? Devo essermi confuso, allora >>.

Era piuttosto imbarazzato.

<< Ma lei è veramente preparata, sa? Non vedo l'ora di ascoltarla all'esame >> ebbe la premura di aggiungere, a mo di minaccia. << Io non dimentico mai un volto >>.

Ecco.

Il sottofondo di "Psycho" avrebbe calzato a pennello.

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