Capitolo 2 - Test
<< Allora? Ci andiamo insieme? >>.
Il tono del ragazzo era diventato insistente (e come biasimarlo? Erano già le otto!).
Lo osservai meglio.
Tutto in lui stonava con l'ambiente universitario: dagli occhiali da sole in fronte alla canottiera nera (che non lasciava molto spazio all'immaginazione), fino ai jeans, rigorosamente con risvolto - che detestavo - e alle infradito ai piedi. Visto così da vicino, però, ebbi l'impressione di averlo già conosciuto.
<< Sembri troppo grande per fare il test >> osservò Giacomo, scrutandolo dalla testa ai piedi. << Sei forse un professore? >>.
Non capivo se il suo volesse essere sarcasmo o se, semplicemente, la sua intenzione fosse quella di insultare con molta "eleganza" il giovane.
<< No, non sono un professore. O almeno, non ancora >> rise lui.
Sembrava che niente potesse perturbare quella sua espressione gioviale e spensierata.
<< Ho ventisei anni, comunque. Ed è la sesta volta che provo il test >>.
<< Non credi sia il caso di cambiare strada? >> osservò Giacomo, ironico.
<< Che vuoi che ti dica, è la mia passione >> fece spallucce. << Credo sia il caso di avviarci, però. Il padiglione W è piuttosto lontano da qui, e la tua ragazza sembra sul punto di svenire per l'ansia >>.
Oddio, l'aveva notato pure lui.
Dovevo essere proprio un libro aperto.
<< Ha ragione >> dissi, deglutendo (nel disperato tentativo di ricacciare l'agitazione). << Andiamo >>.
<< Posso darti un consiglio, amico? >> domandò il ragazzo, rivolto a Giacomo.
Odiava quando qualcuno che non lo conosceva lo chiamava così, lo sapevo bene.
Sperai vivamente che non lo insultasse.
<< Quale? >> chiese invece, mantenendo un tono calmo.
<< Dovresti spostare la macchina. Di fronte all'obitorio è vietato parcheggiare, potrebbero rimuovertela >>.
<< La sposterò dopo avervi accompagnati in aula >> esclamò Giacomo, categorico.
<< Non preoccuparti, vai pure >> lo esortai, preoccupata.
Ci mancava solo che gli portassero via l'auto.
<< Tanto tu sai dov'è il padiglione, no? >> aggiunsi, rivolta al moro.
<< Sì, ormai conosco quest'edificio come casa mia >> mi rassicurò lui, sorridendomi.
<< D'accordo >> cedette. << Tu stai tranquilla, amore. Andrai benissimo >>.
Prima di allontanarsi ebbe la premura di baciarmi (cosa non da lui: in genere, odiava le effusioni in pubblico).
Sospettavo che molto dipendesse dalla presenza di quel tipo.
<< Geloso, il tuo fidanzato. Però devo dire che si fa comandare da te >> osservò il ragazzo, aspettando prudentemente che fosse abbastanza distante prima di parlare. << Io comunque sono Tommaso. Tommaso Mancini >>.
Oh, ce l'hai fatta a presentarti. Ed io che mi ero rassegnata a chiamarti "Colui che non deve essere nominato", pensai.
Ovviamente, non lo dissi ad alta voce.
<< Piacere, Melissa >> gli strinsi la mano.
<< Melissa... significa "ape", vero? >>.
<< Sì >>.
<< Non ho fatto il Classico >> fu rapido a precisare, probabilmente notando la mia espressione colpita. << L'ho letto su una rivista. Mi pare che fosse un'intervista all'ex velina, Melissa Satta... >>.
Esattamente come mi aspettavo.
Dava proprio l'impressione di essere il tipo di persona che leggeva interviste di ex veline.
<< Scommetto che tu non leggi quelle riviste, però >> osservò, ridacchiando. << Sembri più tipo da "Focus", o roba del genere... >>.
<< Vogliamo sbrigarci o vuoi pure prendere un tè? >> esclamai, irritata. << Non so se hai dimenticato il piccolissimo dettaglio che sono le otto e un quarto >>.
<< Ok, ok. Rilassati, è solo un test! Sei troppo agitata >>.
Facile a dirsi, se sei alla sesta volta.
Evitai di commentare.
Senza dire nulla, Tommaso mi fece strada fino al padiglione W (in realtà non molto distante dal bar).
<< Prego, mademoiselle >> abbozzò un inchino, non appena fummo di fronte all'aula.
<< Grazie >> dissi distrattamente, prendendo posto in prima fila.
<< Dai, non avrai intenzione di sederti lì? >> chiese, divertito. << In prima fila? >>.
Possibile che non si facesse mai gli affari suoi?
<< Non sono esattamente il tipo che copia. Probabilmente non ne sarei neppure in grado, figurati >> dichiarai.
<< Ok, come vuoi tu. Io vado dietro >> annunciò, alzando le spalle. << Certo che sei proprio strana >>.
Io?
Stai calma, Melissa, mi imposi.
Perdevo raramente la pazienza, ma quando capitava diventavo letteralmente una furia (come mio fratello aveva avuto modo di sperimentare più volte sulla sua pelle).
Prima che mi ritirassero il cellulare, ebbi il tempo di leggere un eloquente sms di Giacomo: "Stai tranquilla, pensa solo al test. In macchina al ritorno ti farò ascoltare 'Jealous guy' di John Lennon".
Ma che simpatico.
"Fidati di me, Jack", gli risposi semplicemente.
Le ore successive furono a un tempo le più lunghe e le più brevi della mia vita.
Ogni singolo quesito mi sembrava scritto in arabo, talmente ero agitata. Leggevo e rileggevo le domande e cambiavo risposte alla velocità della luce, pentendomene subito dopo. A metà compito, mi sentii chiamare da qualcuno alle mie spalle e mi voltai, sperando che i professori non se ne accorgessero.
Era quel Tommaso.
Quel ragazzo era decisamente irritante. Lo conoscevo da poche ore ma già non lo sopportavo.
<< Che vuoi? >>.
<< Cosa hai risposto alla ventuno? >> chiese, agitato.
Ecco.
Mi aspettavo pure quello da un tipo come lui.
<< Guarda che in ogni test le domande sono numerate diversamente >> svelai.
Che genio.
Iniziai a dubitare che fosse veramente alla sua sesta prova.
<< Ah, hai ragione >> fece lui, colpendosi con una mano sulla fronte. << Che scemo >>.
Finalmente ne aveva detta una giusta.
<< Quella sulla massa atomica >> specificò, sbirciando il suo test.
<< 10,81 >> gli dissi, sperando che non mi chiamasse più.
<< Grazie, correggo subito >>.
Al termine delle due ore, fui la prima a consegnare il compito.
Non ce la facevo più a tollerare le continue chiamate di Tommaso, che non perdeva occasione per farmi voltare.
<< Ehi! >>.
Incredibile, era ancora lui!
<< Guarda che ho consegnato i fogli >> lo informai. << Non posso più aiutarti >>.
<< Li ho consegnati anche io >> svelò, soddisfatto. << Ti volevo solo ringraziare. Sei stata gentilissima >>.
<< Di nulla >> dissi, voltandogli le spalle.
<< Allora, ci si vede! Magari saremo colleghi >> dichiarò, speranzoso.
<< Magari >> dissi io, tentando di nascondere il sarcasmo.
<< A presto! >> mi salutò.
A mai più, pensai.
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