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Capitolo XVIII: Il Piano




Mezzanotte...

Aramis sospirò, osservando in lontananza l'edificio dove aveva vissuto con la sua famiglia. Era da quel maledetto giorno di otto anni prima che non ci metteva più piede. La loro casa aveva un che di sinistro nella notte fiorentina.

"Elettra sarà già arrivata?", chiese ai suoi accompagnatori. Era una domanda retorica, visto che arrivavano tutti e tre da Palazzo della Signoria.

"Dato il rapporto problematico di vostra sorella con gli orologi, presumo di no", rispose sarcastico il Conte Riario.

"Invece vi sbagliate, Conte", ribatté Giuliano. Nonostante le persiane chiuse, una fioca luce filtrava da una delle finestre al primo piano.

Elettra li aspettava nello studio del padre, uno dei pochi luoghi di quella casa che le infondesse ancora tranquillità.

Le era sempre piaciuta quella stanza. Le ricordava il mare e aveva in sé un qualcosa di esotico. Mai come dall'osservare le condizioni in cui la camera riversava, si era resa conto di quanto assomigliasse a suo padre. Il disordine regnava sovrano e nonostante gli anni passati, tutto era rimasto come lui l'aveva lasciato. Vi erano scartoffie accumulate qua e là, cartine nautiche di ogni genere sparse in giro, libri e antichi atlanti ammucchiati sui mobili e mappamondi dalle più svariate dimensioni.

E poi vi erano gli oggetti: tantissimi souvenir provenienti da ogni angolo del mondo conosciuto, come un abaco cinese, maschere africane, stoffe orientali... vi era persino una stele con rune celtiche e una testa umana rimpicciolita, proveniente da una qualche tribù africana. Vi erano anche numerosi modellini di navi, il timone della prima nave posseduta da Filippo e altri arnesi da marinaio.

La ragazza stava osservando la parete dietro alla grande scrivania del padre: essa era interamente occupata da un affresco rappresentante tutte le terre fino ad allora conosciute. Per quell'affresco Filippo Becchi era andato di persona in Olanda a scegliere gli artisti a cui commissionare l'opera. Suo padre le diceva sempre che gli olandesi erano i migliori cartografi del mondo.

Elettra stava cercando di capire dove si sarebbe potuto trovare l'Ammiraglia, la nave di cui il padre era capitano. Oltre a quella, la famiglia Becchi ne aveva altre, più piccole, adatte a tratte decisamente più corte. Era una redditizia compagnia commerciale la loro.

Se i calcoli non erano errati (e se il viaggio fosse proceduto liscio), Elettra avrebbe potuto riabbracciare il padre di lì a pochi mesi: sarebbe dovuto infatti arrivare tra aprile e maggio del 1478.

I suoi pensieri furono interrotti dal rumore di passi sulla grande scalinata di marmo: per la prima volta era lei ad essere arrivata in anticipo e gli altri in ritardo.

La porta si aprì e nella stanza entrarono Giuliano, Aramis e il Conte Riario. Quest'ultimo storse un po' il naso al notare la testa rimpicciolita che pendeva dal soffitto, proprio sopra il suo capo.

"Non vi facevo così schizzinoso, Conte", gli fece notare Elettra mentre cercava di trattenere una risata.

"Ho visto di peggio", fece Riario con tono da superiore. Era vero, aveva visto e fatto decisamente di peggio, ma comunque non si aspettava certo di trovare lì quell'oggetto. Certi macabri manufatti non erano fatti per essere tenuti in bella vista nello studio di una rispettabile villa signorile.

Ovviamente Elettra di cosa fosse lecito o meno tenere in casa propria, importava ben poco, quindi proseguì con la propria spiegazione. "Proviene dall'Africa centrale. Quando nella tribù muore qualcuno i suoi famigliari gli tagliano la testa e ci fanno questi... ciondoli, credo. Mio padre mi ha raccontato che il capo tribù aveva una lunga collana fatta con le teste degli altri capi tribù e..."

"Elettra basta, non voglio sentire nient'altro!", la interruppe brusco Giuliano. Ancora un po' e avrebbe vomitato l'arrosto di cinghiale che aveva mangiato a cena.

La giovane proseguì, come se lui non avesse detto nulla. "La testa rimpicciolita che c'è qui è di uno dei mozzi, che è morto di malaria durante il viaggio. Papà era curioso di vedere come le fabbricavano ma la tribù era a corto di cadaveri e l'unico disponibile era quello... Volete sapere il procedimento?". Quando Elettra cominciava a parlare dei viaggi del padre aveva sempre quella faccia da pazza in stile Leonardo Da Vinci alle prese con qualche nuova strampalata idea.

"No Elettra, il Conte non è interessato a niente del genere!", sbottò nuovamente Giuliano mentre ricacciava nelle profondità del proprio stomaco il cinghiale.

"Perchè non parliamo del motivo per cui siamo qui?", intervenne Aramis, diplomatico. Neanche lui era interessato a come i rimpicciolitori di teste svolgevano il proprio lavoro. Gli era bastato il resoconto del padre da bambino.

Elettra annuì, facendo cenno a tutti di sedersi e Giuliano trasse un profondo sospiro di sollievo, cosa che fece anche il suo stomaco.

"Bene Conte, come intendete procedere?", chiese Elettra una volta che tutti si furono accomodati. Lei ovviamente si trovava sulla grande poltrona del padre seduta a gambe incrociate, mentre Aramis e Riario erano seduti dall'altra parte della scrivania, su poltroncine più piccole e Giuliano camminava nervoso per la stanza.

"Dobbiamo far credere a Lorenzo che la spia sia ancora in circolazione", disse il Conte con tono ovvio. "E per farlo ho bisogno di informazioni strettamente riservate, che solo pochissimi possono sapere"

"Tipo accordi commerciali riservati e trattative segrete?", chiese timorosa Elettra.
"Esattamente", rispose Riario.

"Mi sembra ovvio", disse sarcastico Giuliano, arrestando la propria camminata e guardando in cagnesco l'uomo: quello era solo un pretesto di Roma per conoscere meglio gli affari di Firenze, ne era certo. "Immagino che la vostra spia si sia già messa all'opera a questo punto", aggiunse.

Riario sarebbe stato tentato di ignorare l'affermazione del de Medici, ma decise comunque di sprecare un po' del suo fiato per rispondergli. "La mia spia per ora è meglio che tenga un profilo basso. Quindi no, per ora non utilizzeremo il mio informatore". Il tono del Conte era estremamente serio. "Sarete voi a reperire tali informazioni", riferì ad Elettra.

Lei a quelle parole sbiancò.

"Questa è l'idea più stupida che io abbia mai sentito!", urlò Giuliano. "Così farete finire anche lei sulla ruota!"

Questa volta sì, lo ignorò completamente.

"Non vi chiederei mai di fare qualcosa di così pericoloso se non sapessi che voi ne siete pienamente all'altezza, mia diletta", le disse. Il suo tono di voce, solitamente freddo e distaccato, aveva assunta una calda sfumatura mentre parlava, la stessa che aveva utilizzato per convincerla a stringere quel patto tra loro. Si sporse per prenderle la mano, come a volerla rassicurare che tutto sarebbe andato per il verso giusto.

O forse per dimostrare agli altri il proprio potere su di lei.

Di certo fu in quel senso che Giuliano interpretò i suoi gesti. "Non provate a toccarla", sibilò in preda alla collera.

"Altrimenti?", chiese Riario con tono di sfida mentre Elettra ritraeva di scatto la mano un istante prima di sfiorare quella di lui.

Per il giovane de Medici quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: in un attimo prese il Conte per la giacca e lo scaraventò con le spalle sopra la scrivania. Riario si mise a ridere: trovava divertente come bastasse così poco per far scattare il rampollo di casa Medici.

"Voi non mi potete fare assolutamente niente, avete troppo bisogno di me", lo provocò.  

"Giuliano lascialo andare, per favore", gli sussurrò dolcemente Elettra, che nel frattempo si era alzata e aveva aggirato la scrivania. Gli posò una mano sul suo avambraccio, in gesto che effettivamente lo calmò abbastanza da lasciare la presa sulla giacca del Conte.

"Quest'uomo è un serpente della peggiore specie! Ci sta usando solo per i suoi scopi, sta usando te solo per i suoi scopi!", si sfogò, mettendo una certa distanza da tutti gli altri presenti nella studio.

Elettra sospirò, per poi avvicinarsi nuovamente a lui. Non ci fu nessun contatto fisico questa volta. "Lo so, ma è la nostra unica possibilità", disse lei rassegnata, "Abbiamo veramente bisogno del suo aiuto"

"Ascoltate Elettra, caro Giuliano. Lei ha molto più senno di voi", ribatté Riario continuando a lanciargli frecciatine. Lo osservarono rimettersi a posto il colletto della camicia e la giacca, tenendo lo sguardo fisso sulla figura della ragazza, che di rimando gli scoccò un'occhiataccia. In risposta, un sorriso sfrontato comparve sul volto di lui.

Elettra scosse la testa, quasi a voler cancellare dalla propria mente i minuti precedenti. Tornò dalla sua parte di scrivania, senza sedersi ma restando in piedi, con mani poggiate al bordo.

"Ditemi cosa devo fare, Conte", disse dopo alcuni secondi di silenzio, con una serietà che difficilmente si poteva udire uscire dalle sue labbra.

"Mentre Giuliano distrae suo fratello, voi entrerete nel suo studio e cercherete i documenti secretati. Grazie alla vostra portentosa memoria ci metterete davvero poco a visionarli e poi vi basterà riferire il tutto a me, che ne parlerò appena possibile a Lorenzo", rispose lui con una calma disarmante, come se quello che dicesse fosse la cosa più naturale del mondo. Forse lo era davvero. Chissà quante volte la spia che aveva incastrato Gentile Becchi lo aveva fatto.

La osservò irrigidirsi e le braccia tremare leggermente e decise di aggiungere qualche altra parola di rassicurazione, un gesto raro, che difficilmente concedeva agli altri. Ma lei era diversa. "Non vi preoccupate, io e il vescovo Becchi vi faremo da pali. Niente potrà andare storto", disse piegando le labbra in un accenno di sorriso, che però lei non colse.

"E poi cosa accadrà?", chiese asciutta.

"Una volta che Lorenzo avrà capito che vostro zio non è la spia, Giuliano farà pressione su suo fratello perché la ricerca continui"

"E se non lo capisce? Mio fratello sa essere molto cocciuto", fece notare il diretto interessato.

"In questo caso dovrete essere molto convincente. È l'unico compito che vi affido, de Medici", lo liquidò in fretta il Conte, per poi proseguire ad esporre il proprio piano. "Dopodiché entrerà in azione il mio informatore, che incastrerà uno dei servi mettendo false prove nella sua camera"

Giuliano doveva essersela presa per quel commento di Riario e non potè non intervenire nella discussione. "Ha una certa abilità nell'incastrare altre persone, la vostra spia", gli fece notare sarcastico.

"Ognuno ha le sue qualità. Non trovate anche voi?"

"No, non le considero qualità", ribattè a denti stretti.  

"Tornando a noi...", lo interruppe Riario, stanco che l'uomo continuasse a sviare il suo discorso. "...una volta che Lorenzo avrà fatto perquisire l'intero palazzo e trovato la finta spia, farà liberare Gentile Becchi e questa alleanza temporanea potrà considerarsi conclusa"

"Aspetterò con ansia quel giorno", sibilò Giuliano, già alla porta pronto ad aspettare che Riario si alzasse per andarsene.

Stavano effettivamente per alzarsi tutti quanti, quando Aramis decise di parlare. "C'è ancora un'ultima questione", disse con tono greve, "Chi sarà l'innocente che finirà alla ruota al posto di nostro zio?". Era la domanda che anche Elettra e Giuliano temevano, infatti entrambi si scambiarono un'occhiata intimorita.

"Dovremo cercare qualcuno di adatto", spiegò il Conte con naturalezza, "In modo che una volta trovato sembrerà la persona più ovvia"

Giuliano tornò ad avvicinarsi alla scrivania. Si poggiò ad essa e si lasciò andare ad un sospiro. "Io saprei chi", disse. Non gli piaceva per niente condannare un innocente a quel modo, ma Firenze aveva molto più bisogno di Gentile Becchi che di un semplice servo. "Abbiamo assunto un giovane cameriere poco dopo Pasqua. Da quello che ho sentito su di lui viene da Roma ed è anche abbastanza istruito da poter passare come probabile spia", spiegò.

Anche Elettra aveva pensato alla stessa persona. Sospirò a sua volta ad occhi chiusi. "Avevo pensato anche io a lui... è abbastanza furbo ed era uno dei principali sospettati di mio zio"

"Ottimo, meglio di così non potevate trovarlo", sorrise Riario.

Gli altri lo guardarono con sospetto: possibile che quell'uomo non provasse un minimo di senso di colpa nel condannare così un innocente?

"Direi che qui abbiamo finito. Ci rivedremo domani per mettere in atto la prima parte del piano", disse, congedandosi.

Giuliano si assicurò che uscisse per primo da quella stanza.



***

La mattina dopo...


Elettra si trovava nel suo studio, a palazzo, ed aspettava con ansia il permesso per procedere con il piano elaborato la notte precedente. Per non insospettire nessuno si era messa a fingere di visionare alcune carte. Sapeva benissimo che in quel momento si stava facendo troppe paranoie, ma la paura di essere scoperta era talmente tanta che non l'aveva neanche fatta dormire una volta tornata a casa.

Bussarono alla porta e una fitta allo stomaco le rammentò quale fosse la dura pena riservata ai traditori. Per un attimo ebbe nuovamente davanti agli occhi l'incubo tremendo che aveva fatto la notte del banchetto.

Si passò entrambe le mani sul volto a volere riacquistare lucidità. "Avanti", disse cercando di sembrare il più naturale possibile.

La porta si aprì e il Conte Riario entrò con cautela.

Elettra balzò immediatamente in piedi. "Siamo pronti a procedere?", gli chiese. Una nota di timore traspariva dalla sua voce.

Lui le sorrise, cercando di infonderle coraggio. "No, ancora no", rispose mentre si avvicinava.

"E allora cosa ci fate qui?". La giovane era perplessa mentre arretrava per mantenere costante la distanza tra loro. Ad un certo punto urtò con la schiena la propria scrivania: la sua fuga era finita. 

"Avevo voglia di vedervi, mia diletta", disse Girolamo in un suadente sussurro mentre appoggiava entrambe le mani alla scrivania, ai lati del suo corpo.

Elettra avrebbe dovuto sentirsi in trappola in quel momento, eppure il suo respiro conciato non era dovuto alla paura, ma ad un sentimento ben diverso.

Anche il Conte si prese alcuni secondi per osservare il suo petto alzarsi ed abbassarsi lottando contro lo stretto corsetto dell'abito.

Alla fine il suo sguardo si posò sugli occhi azzurro cielo di lei e successivamente sulle sue labbra leggermente dischiuse.

Non calò su di esse con lentezza, come quel bacio scambiato al convento, fu tutto più veloce e meno controllato.

Con il corpo di lui a circondarla completamente e a tenerla stretta a sè, Elettra si chiese se sarebbe stato davvero così male finire per essere la sua amante. Pensò alle parole di Leonardo, secondo cui ogni momento e ogni persona erano buoni, ancora più eccitante se nel frattempo si poteva giocare con il fuoco.

Non a caso andava a letto con la favorita di Lorenzo.

E pensò a Giuliano e a Gentile Becchi, per cui la sua reputazione significava tutto per rimanere in quell'ambiente. Fu per loro che trovò la forza per allontanare Riario da sè.

Gli appoggiò entrambe le mani sul petto, per poi fare pressione fino a che lui non la lasciò andare.

Fu per pura fortuna che tutto ciò avvenne un istante prima che la serratura scattasse: Giuliano, seguito da Aramis, fece il suo ingresso nello studio. Se il giovane de Medici non avesse avuto sul viso un'espressione sconvolta, si sarebbe senz'altro accorto del rossore delle guance di Elettra e dell'espressione soddisfatta di Riario.

"Che cos'è successo?", gli chiese lei ancora con il fiato corto.

"Ho appena finito di parlare con mio fratello", disse Giuliano, "Ha anticipato la data della sentenza... sarà dopodomani!". Fece una pausa per riprendere fiato. "La prima udienza è fissata per domani"












Angol-INO dell'Autrice

Eccomi di nuovo qui con il con il capitolo-regalo! Non proprio "regalo", visto la piega che ha preso, però questo era quello che avevo ahahah

Vi ricordo che il prossimo capitolo verrà pubblicato il 7 gennaio.

E ora... vi auguro buone feste con una serie ignorantissima di immagini dei nostri personaggi preferiti ❤️


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