Capitolo XIX: Innocenti, parte I
48 ore prima della sentenza...
La porta dello studio di Lorenzo si trovava lì, proprio davanti a lei.
L'anticipazione del processo a Gentile Becchi aveva momentaneamente gettato tutti nel panico, ma il piano doveva comunque andare avanti e così non si era perso tempo, mettendosi immediatamente all'opera.
Elettra prese un profondo respiro: doveva assolutamente calmarsi se non voleva mandare tutto a monte. Date le tempistiche più che strette, in caso di fallimento non ci sarebbe stata una seconda opportunità.
Si guardò intorno con circospezione ed incontrò lo sguardo del Conte Riario, che tenendo fede a quello che aveva detto la sera precedente, camminava avanti e indietro per i corridoi adiacenti. L'avrebbe avvisata se fosse sorto qualche problema.
Quando vide quanto la ragazza fosse nervosa, le sue labbra si incurvarono in un timido tentativo di sorriso rassicuratore.
Lei gli rispose con uno decisamente meglio riuscito, stupendosi del grande sforzo compiuto dal Conte per sembrare più umano del solito. Che quel comportamento fosse dovuto a della malcelata irrequietudine anche da parte sua?
Se così fosse stato, quello poteva considerarsi un evento più unico che raro.
Elettra osservò ancora per un po' quella porta chiusa a chiave: essa non restava mai aperta, a meno che non ci fosse Lorenzo al suo interno, o qualche servitore intento a fare le pulizie. Pochissimi avevano la chiave per entrare ed Elettra non era certo tra di loro.
Non le sarebbero bastate due semplici forcine per aprirla, ma fortunatamente Zoroastro le aveva prestato alcuni dei suoi "ferri del mestiere". Quel piccolo favore le sarebbe semplicemente costato una pinta di birra.
Le sarebbe piaciuto che anche Riario chiedesse lo stesso pegno.
O anche un altro tipo di alcolico più o meno forte, per lei sarebbe stato indifferente, si ritrovò a pensare.
Sospirò e si concentrò sulla propria missione.
Dopo aver scelto gli strumenti che più si adattavano a quel tipo di serratura, li inserì nella toppa e cominciò a muoverli nel tentativo di trovare la giusta posizione per aprire la porta.
Quello sarebbe stato il momento giusto per cominciare a credere a una qualche entità trascendentale.
Finalmente la serratura scattò, salvando così eventuali divinità da bruschi atterraggi sulla terra. Elettra si guardò ancora una volta intorno, prima di abbassare la maniglia ed entrare.
Richiuse immediatamente la porta alle sue spalle, rimanendo così sola nel grande studio di Lorenzo.
Si diresse velocemente alla sua scrivania.
Sapeva esattamente dove il Magnifico tenesse tutti i documenti più importanti. Si mise accovacciata tra la seduta del padrone di casa e lo stupendo mobile di legno con stucchi dorati ed alabastro, tastandone il bordo con le dita in cerca di una qualche anomalia. C'era un cerchio leggermente in rilievo. Lo premette ed immediatamente comparve un piccolo scomparto segreto contenente una scatola di legno: esattamente quello che stava cercando.
La prese e l'appoggiò delicatamente sulla lastra d'alabastro.
La scatola era anch'essa dotata di serratura, solo che a differenza della porta era decisamente più ostica: era stata progetta da Andrea insieme con la scrivania e quindi a prova di scassinatore.
Estrasse dalla tasca i due ferretti più fini che riuscì a trovare e si mise all'opera.
Alcuni minuti più tardi e parecchie imprecazioni dopo - che avrebbero fatto impallidire anche uno scaricatore di porto - anche quella serratura fu forzata, permettendo così al Elettra di poterne studiare il contenuto. Sfogliò il tutto velocemente, certa che la sua memoria avrebbe fatto il resto. I documenti erano uno più compromettente dell'altro. Le sarebbero senz'altro costati la ruota se qualcuno l'avesse scoperta.
Una volta finito di visionarli, rimise ogni cosa al proprio posto ed uscì dalla stanza.
Stava armeggiando con i ferretti per richiudere la porta a chiave, quando udì dei passi nel corridoio.
E non erano i passi regolari del Conte Riario.
Per lei era finita, lo sapeva bene: il rumore era troppo vicino e non ce l'avrebbe mai fatta a fuggire.
"Elettra, cosa stai facendo?!".
Non era la voce di Lorenzo, fortunatamente, ma quella di Leonardo. La ragazza non era mai stata così felice di sentire la voce del geniale artista.
"Sshh", gli disse mentre si sentivano altri passi provenire dal corridoio adiacente.
"Lorenzo, come state?", era la voce del Conte Riario.
Elettra prese la mano di Da Vinci, conducendolo velocemente via.
Fecero un paio di svolte e poi la ragazza lo condusse verso un'anonima porta di legno scura. Essa era chiusa, ma stranamente lei ne possedeva la chiave, che estrasse da sotto la gonna della sua veste. Fece scattare la serratura e in silenzio lo spinse dentro, per poi richiudere l'infisso alle spalle di entrambi.
"Potresti spiegarmi cosa sta succedendo?". Il tono di voce di Leonardo era un misto tra preoccupazione e rabbia.
Solo successivamente si guardò intorno, constatando di trovarsi in una vecchia e polverosa biblioteca. Doveva trattarsi della stanza che ospitava la collezione di libri appartenuta a Cosimo de Medici, di cui Elettra si prendeva cura personalmente da quando l'uomo era morto.
Era stato lui a darle quell'incarico ancora bambina.
Probabilmente presa dal panico, la ragazza aveva deciso di dirigersi là. Esso era in effetti il luogo più vicino allo studio di Lorenzo dove lei fosse certa che nessuno sarebbe mai venuto a ficcanasare.
"Leo l'ho fatto", disse, mentre con la schiena appoggiata al muro si lasciava lentamente scivolare a terra. Si sentiva senza forze, come se quello che aveva appena fatto le avesse prosciugato tutte le energie.
Da Vinci non osò proferire parola: Elettra gli aveva spiegato tutto il piano di Riario. Si limitò a sedersi fianco contro fianco a lei.
"Mi sento di avere tradito Firenze", sussurrò la ragazza mentre i suoi occhi diventavano lucidi. Appoggiò la testa sulla spalla di Leonardo, che di rimando le strinse un braccio intorno alle spalle, portandola così più vicina a sé.
"Va tutto bene, Elettra. Tu non sei una traditrice... a mali estremi estremi rimedi, no?", le disse per confortarla.
Bussarono alla porta.
"Elettra, siete qui dentro?". Era la voce del Conte Riario.
"Che mente arguta, Conte!", rispose ironico Leonardo facendo ridere la ragazza. Sapeva esattamente come fare per tirarle un po' sù il morale.
Riario entrò nella stanza, fulminando l'artista con lo sguardo.
Da Vinci ricambiò con un sorriso strafottente, per poi sciogliere l'abbraccio e rialzarsi da terra.
"Sarà meglio che vada. Voi avete parecchie cose da dirvi e io non voglio finire sulla ruota", disse ironico. "Ci vediamo più tardi", salutò Elettra, passandogli una mano sulla testa e scompigliandole un po' i biondi capelli costretti in un alto chignon.
Lei storse un po' il naso in una strana espressione a metà tra il divertito e il seccato.
Riario lo osservò uscire e solo quando la porta si richiuse alle sue spalle, decise di parlare. "Ottimo lavoro", disse semplicemente. Le porse le mani per aiutarla ad alzarsi.
Elettra non rispose, limitandosi a sospirare. Accettò di buon grado l'aiuto che il Conte le offriva.
"Avete qualcosa che non va", notò lui.
"Sagace", rispose lei, sarcastica.
Riario alzò gli occhi al cielo: non gli bastava già quell'artista presuntuoso? Ora ci si metteva anche lei a prenderlo per i fondelli. 'Dio li fa e poi gli accoppia', pensò. "Posso sapere, di grazia, cosa vi prende?", domandò, non riuscendo a celare completamente una vena di fastidio nella voce.
"Mi sento come se stessi tradendo Firenze", disse Elettra.
"In un certo senso è quello che state facendo"
"Così non mi aiutate, Conte"
Girolamo si umettò le labbra, nervoso. Conosceva benissimo lo stato d'animo di Elettra in quel momento. Ci era passato anche lui molto tempo prima, quando il Santo Padre gli aveva chiesto di diventare la spada della sua Chiesa. "So come vi sentite, io sono stato molto peggio quando ho eseguito il mio primo incarico per ordine del Papa". Non era abituato a parlare di sé stesso, non sapeva neanche cosa gli era preso, in quel momento, per parlarle di una cosa così delicata.
"Cosa vi aveva chiesto di fare?", chiese lei con timore. Si era resa conto che il Conte sapeva molte cose sul suo conto, ma lei di lui sapeva ben poco.
"Magari un giorno ve lo racconterò", rispose vago, distogliendo lo sguardo da quello di lei.
Elettra avrebbe giurato di aver visto i suoi occhi farsi lucidi per un istante.
Girolamo non si sentiva pronto a raccontarle di Celia o delle altre cose orribili che suo padre gli aveva ordinato di fare. Parlarne avrebbe significato mostrare le crepe che si nascondevano dietro quella maschera imperturbabile e no, non avrebbe potuto farlo. Che cosa sarebbe stato della fiducia di lei una volta che a avesse scoperto il mostro che ci celava dietro quei modi cortesi?
"E il senso di colpa poi scompare?"
Un'altra domanda difficile, quella che la ragazza gli poneva.
No, non scompare. Ti perseguita appena ne ha l'occasione: ti appare davanti agli occhi, nei sogni, in momenti come quello... e ti ammonisce, ti riporta continuamente a quella notte, ti mostra quello che hai fatto. L'unico modo per resistergli è chiudersi a guscio, far credere a tutti gli altri che sei forte, che sei invincibile. Con il tempo però diventi freddo e ancora più spietato. E gli altri cominciano a temerti.
"Certo, appena vostro zio sarà libero quello che oggi avete dovuto fare sarà solo un lontano ricordo", le disse.
Lei lo abbracciò di getto, piangendo sul suo petto le ultime lacrime di colpevolezza.
Girolamo si stupì di quel gesto e infatti non ricambiò subito: per sentirsi a proprio agio doveva essere lui ad iniziare il contatto. Doveva avere il controllo su qualsiasi cosa.
"Cosa avete scoperto nello studio di Lorenzo?", le chiese dopo diversi momenti, allontanandola da sé e tornando al suo solito tono freddo e distaccato.
Elettra si asciugò in fretta alcune lacrime dal viso e poi sospirò ad occhi chiusi, cercando il coraggio anche per compiere quell'ennesimo passo nel piano per liberare Gentile Becchi.
"Avete spostato i fondi pontifici sul banco dei Pazzi", disse. Era più un rimprovero, che una constatazione.
"Qualcos'altro? Magari che non riguardi me, penso di essere a conoscenza delle mie azioni", ribatté Girolamo sarcastico. Per certe questioni era convinto che si dovesse arrivare subito al punto.
"Lorenzo sta cercando nuovi investitori per compensare la perdita dei vostri fondi"
"E?"
"E ha inviato lettere a tutte le principali corti europee"
"E?". Quello sembrava più un interrogatorio: doveva cavarle le parole di bocca perché dicesse almeno una frase completa.
"Sembrava molto interessato ai reali spagnoli"
"Elettra, lo so che per voi è difficile, ma provate a dirmi tutto insieme. Non posso continuare a farvi domande!"
"Poi ho letto alcune missive segrete dirette a Re Ferrante di Napoli e al Duca Federico di Montefeltro. Lorenzo sta cercando nuove alleanze militari", sussurrò tutto d'un fiato.
Lo osservò per la prima volta in viso da quando aveva iniziato a porle domande e lo trovò con un sorriso stampato in faccia.
"Siete stata davvero in gamba, ottimo lavoro", le disse.
Un complimento. Anch'esso si trattava di un evento più unico che raro, il secondo di quella strana giornata.
Provò a sorridergli di rimando, ma quell'espressione morì sul suo volto nel momento esatto in cui lui avvicinò la mano al suo viso, accarezzando dolcemente una guancia, per poi scendere a sfiorarle appena il collo.
Se poche ore prima non aveva esitato a lasciarsi andare tra le sue braccia, ora, dopo aver appena sbandierato al nemico informazioni che dovevano restare segrete, Elettra si rendeva perfettamente conto della pericolosità di certi gesti.
Sì, per il bene di tutti era meglio non accordargli più certe libertà sul suo corpo.
"Grazie Conte", rispose asciutta, facendo qualche passo indietro per aumentare la distanza tra loro.
***
44 ore prima della sentenza...
"Ho detto a Elettra di restare qui da noi per cena, non mi va che se ne stia a casa da sola in questo periodo", esordì Giuliano sedendosi a tavola.
Da quando la delegazione romana era giunta a palazzo, i pranzi e le cene erano piuttosto affollati.
"Hai fatto bene, Giuliano", confermò Clarice con un largo sorriso. Fece cenno ai servitori intenti a servire la prima portata di aspettare l'arrivo di quell'ospite dell'ultimo minuto. Le faceva sempre piacere condividere i pasti con quella ragazza, le parere che portasse sempre un pizzico d'allegria in più.
E specialmente in quel periodo, una pausa per svagarsi avrebbe fatto bene ad Elettra.
Dovettero attenderla solamente per qualche minuto.
La ragazza entrò trafelata e con il fiato corto: era evidente che aveva fatto tutto per arrivare puntuale, ma nemmeno questa volta c'era riuscita. "Scusatemi, alle volte gli artisti sanno essere davvero logorroici", disse. E per artisti intendeva Botticelli, che aveva preso appuntamento nel suo studio per parlarle esclusivamente del timore che il suo ultimo quadro acquistato da Lorenzo e messo proprio in quella sala da pranzo fosse sostituito da un ipotetico - e non esistente - quadro di Da Vinci. Le lamentele si erano protratte di più di un'ora oltre il tempo prestabilito ed Elettra era riuscita a levarselo dai piedi solo dopo averlo minacciato di prendere il suo quadro e farci un falò. In quel momento, con il suddetto quadro proprio davanti ai suoi occhi, le venne voglia di prenderlo e rilegarlo nelle cantine. Piuttosto che vederlo ancora davanti agli occhi avrebbe lasciato la parete bianca.
Lorenzo si alzò, stingendole amichevolmente la mano, segno che nonostante tutto non ce l'avesse affatto con lei. "Sono felice che ti sia unita a noi", disse. Le fece cenno di sedersi alla sua destra, in un posto lasciato vuoto apposta per lei, proprio vicino alla piccola Maria che, saputo che ci sarebbe stata anche Elettra, aveva voluto a tutti i costi mettersi lì. Di fronte a lei vi erano invece il Conte Riario, Giuliano e Clarice.
La cena andò avanti tranquillamente tra resoconti giornalieri, risate e un po' di umorismo.
Durante il dolce, l'atmosfera però cambiò: il Conte aveva deciso di mettere in atto la seconda parte del piano, alla ragazza bastò uno sguardo per capirlo.
O forse fu lui a concederle di capire.
"Sono stato informato che state cercando nuovi investitori", disse in modo quasi affabile, mantenendo i toni colloquiali usati da tutti fino a quel momento.
"Noi cerchiamo sempre nuovi investitori, Conte Riario", rispose Lorenzo con un sorriso all'apparenza veritiero. Doveva essere davvero di buon umore quella sera.
Peccato che lo sarebbe stato ancora per poco.
"Mi è stato anche detto che puntate soprattutto sui sovrani spagnoli, Fernando e Isabella", rivelò Riario.
Il Magnifico spalancò gli occhi per lo stupore e rischiò di strozzarsi con la torta di mele che fino ad un attimo prima stava gustando con piacere.
Notando il silenzio, Riario decise di continuare. "So anche dei vostri tentativi di alleanza con il Duca Federico"
Lorenzo ne aveva abbastanza. La rabbia stava salendo velocemente e se non si fosse subito calmato, avrebbe sicuramente infilzato quel viscido serpente con la forchettina da dolce. "Scusate", si congedò tra un colpo di tosse e l'altro.
Il Conte sorrise soddisfatto ad Elettra, scura in volto. Giuliano, procedendo secondo i piani, uscì dalla stanza per cercare il fratello, seguito a ruota da Clarice.
Lo raggiunsero che aveva appena superato il portale che portava agli appartamenti del Magnifico.
"Com'è possibile che sappia di tutte queste cose?!", urlò Lorenzo. "Le lettere alla Spagna sono state spedite stamattina all'alba e la risposta di Federico è arrivata appena prima di pranzo!"
La vena sul collo del Magnifico pulsava e in momenti come quello dire qualcosa di sbagliato avrebbe portato solo a brutte conseguenze. Lo sapeva bene Clarice e lo sapeva fin troppo bene anche Giuliano: non a caso la maggior parte delle volte che i due fratelli erano arrivati alle mani era successo dopo sfuriate come quella.
Solitamente dopo un commento sarcastico del minore.
Gli elementi c'erano tutti anche quella sera.
"Io ti avevo detto che la spia non era Gentile Becchi", disse con sarcasmo Giuliano, facendo appena in tempo a richiudersi la porta alle spalle prima che un vassoio d'argento la colpisse in pieno.
Avrebbe lasciato a Lorenzo tutta la notte per pensare a riprendere la caccia alla spia.
***
29 ore prima della sentenza...
La sala delle udienze del Palazzo di Giustizia era gremita di gente, per la maggior parte curiosi, e quando il giudice diede il via all'udienza, ormai vi erano solo posti in piedi.
Gentile Becchi venne fatto entrare scortato da due guardie della notte e con i polsi legati da due pesanti manette. A Elettra si strinse il cuore nel vederlo ridotto in quelle misere condizioni, strinse forte le mani a Giuliano ed Aramis, che si trovavano ai suoi fianchi.
Non ebbe il coraggio di guardare suo zio negli occhi, abbassandogli quando le sfilò accanto.
Dal bancone dietro sentì sussurrare qualche parola di incoraggiamento da Leonardo, Nico, Zoroastro e dal Verrocchio, mentre Vanessa le appoggiò una mano sulla spalla in un gesto di conforto.
Oltre al più giovane dei de Medici, non vi era nessun altro esponente del casato all'udienza. Neanche il Conte Riario era presente, causa impegni diplomatici improrogabili le aveva detto la sera precedente, aggiungendo alle proprie parole alcune scuse. Aveva però rassicurato Elettra sul fatto che sarebbe venuto il giorno dopo per la sentenza.
I due avvocati si avvicinarono al giudice per discutere alcuni particolari. Piero Da Vinci sembrava parecchio teso mentre Bernardo Machiavelli, l'avvocato dell'accusa era perfettamente a proprio agio.
"Mio padre crede che questo processo sia solo una perdita di tempo, secondo lui Gentile Becchi è morto nell'esatto istante in cui l'hanno rinchiuso al Bargello", disse Nico sottovoce, cercando di non farsi sentire da Elettra.
Ovviamente lei aveva udito tutto.
"Tuo padre prenderà un bell'abbaglio questa volta", ribatté voltandosi e cercando di imprimere sicurezza a quelle parole.
Leonardo e Zoroastro diedero all'unisono un coppino sul collo del giovane Nico.
"Ahi!", si lamentò il mal capitato.
Andrea dovette intervenire per zittire le risate che nel frattempo si erano levate dal piccolo gruppo. Anche Elettra riuscì a sorridere, divertita.
"L'imputato è accusato di crimini contro la repubblica di Firenze", esordì il giudice, dando inizio all'udienza. "Come si professa il vostro cliente, avvocato Da Vinci?"
"Innocente, vostro onore"
Elettra non riuscì a non notare l'espressione divertita dell'avvocato della difesa.
Da Vinci chiese il permesso di fare un arringa iniziale. Permesso che gli venne accordato.
Mentre Piero parlava di quanto Becchi fosse un onesto cittadino fiorentino, di come avrebbe dato la sua vita per difendere quella città e di tutto quello che aveva fatto fino a quel momento per Firenze, Elettra si perse nei propri pensieri. Stava davvero facendo la cosa giusta? Si, stava evitando che un innocente venisse condannato a morte. E l'altro innocente, quello che sarebbe finito sulla ruota al posto di Gentile Becchi? No, quello non era giusto. Davvero si sarebbe macchiata la coscienza di un simile orrore? Anche la sua, di innocenza, sarebbe scomparsa.
Fu distolta da questi pensieri quando vide suo zio alzarsi e dirigersi verso il banco degli imputati per essere interrogato dai due avvocati.
"Giurate di dire la verità, tutta la verità e nient'altro che la verità?", chiese il giudice.
"Lo giuro", disse Gentile Becchi alzando la mano destra.
Elettra sperò davvero che fosse così, non era ancora certa che suo zio avrebbe collaborato per togliersi dai guai.
"Avvocato Da Vinci, inizierete voi", si rivolse il giudice.
Piero di alzò, andando poi a sistemarsi di fianco alle prove del caso. "Questo oggetti sono vostri?", chiese all'imputato, indicandoglieli.
"No, non mi appartengono".
Elettra emise un lungo sospiro di soddisfazione. Fortunatamente stava collaborando.
"Li avete mai visti prima d'oggi?"
"Me li ha mostrati Lorenzo de Medici prima che venissi arrestato, ma prima d'allora mai"
"Obiezione, Vostro Onore! L'imputato deve limitarsi a rispondere sì o no", si intromise l'avvocato Machiavelli.
"Obiezione respinta", disse secco il giudice.
Da Vinci sorrise soddisfatto, continuando con il suo interrogatorio. "Ora vorrei chiedervi chi ha accesso al vostro studio"
"Chiunque desideri parlarmi", rispose Becchi.
"E quando non siete presente?"
"Il mio studio rimane sempre aperto, non lo chiudo mai a chiave. Ho fiducia nei miei collaboratori"
"Avvocato Da Vinci, dove volete arrivare?", chiese il giudice, scettico.
"Avete sentito anche voi: lo studio del mio cliente, ovvero il luogo dove sono state ritrovate suddette prove, rimane sempre aperto, quindi è lecito supporre che chiunque sarebbe potuto entrare per sistemarvi false prove"
"Affermate dunque che il vostro cliente è stato incastrato?"
"Esattamente, Vostro Onore"
Nella sala delle udienze calò il silenzio. Anche il giudice si fece pensieroso: il discorso filava alla perfezione.
Elettra sorrise soddisfatta: quella era esattamente la reazione desiderata. In fondo, vi era sempre la formula 'Oltre ogni ragionevole dubbio' e instillare il dubbio nei presenti era sembrata a tutti fin da subito la linea migliore. "Leo, tuo padre è un grande", sussurrò voltandosi.
"Un grande approfittatore", ribatté l'altro.
"Ho finito, passo la parola all'accusa", disse infine Piero, tornando al suo posto.
Bernardo Machiavelli si alzò, andò verso il bancone dove vi erano poggiate tutte le prove e prese in mano un sacchetto colmo di scudi romani. Lo fece poi ricadere rumorosamente davanti agli occhi di Becchi. "Parliamo di questi"
"Come ho già detto al mio avvocato, io non ne so nulla"
"So che la vostra famiglia ha avuto parecchi problemi di tipo economico, recentemente"
"Investimenti sbagliati", disse Becchi.
"Che hanno portato vostro cognato ad indebitarsi con alcuni strozzini dalla cattiva fama... Ma partiamo dal principio: voi avete un fratello, Filippo, e una sorella, Bianca. E' esatto?"
"Si"
"La vostra è una nota famiglia di ricchi mercanti fiorentini che, qualche decennio fa, ha deciso di passare dalle brevi tratte commerciali terrestri, alle lunghe rotte commerciali marittime. Correggetemi se sbaglio."
"Per ora è corretto"
"Ora, tornando a voi tre... voi, il primogenito, avete deciso per la carriera ecclesiastica mentre vostro fratello minore ha ereditato la passione per il commercio. Strano, non trovate?"
"Filippo non aveva il carattere per intraprendere una carriera ecclesiastica, così ci siamo scambiati i ruoli. Non vedo niente di strano in tutto questo."
"C'è un altro fatto che mi incuriosisce... voi avete deciso di cedere la vostra posizione nell'attività di famiglia ma non l'avete divisa tra Bianca e Filippo, bensì essa è andata tutta a vostro fratello. Perché?"
"Obiezione Vostro Onore, l'avvocato Machiavelli sta sviando dal motivo per qui siamo qui oggi!", si intromise Da Vinci.
"Obiezione respinta. Però stringete il discorso Machiavelli!"
"Immagino sia per evitare l'intromissione di vostro cognato. Studiandolo ho scoperto che qualsiasi attività commerciale da lui aperta è fallita inesorabilmente, cosa che lo ha portato ad indebitarsi pesantemente"
"Non tutti hanno il fiuto per gli affari"
"Ma i problemi non sono solo su quel lato della famiglia... vostro fratello manca da molto, ormai"
"Due anni, per la precisione"
"Appunto, potrebbe anche non tornare... il mare aperto può essere molto pericoloso e la rotta per il Giappone non è di certo una delle più sicure"
Da Vinci spalancò le braccia in un gesto più che eloquente, che il giudice non potè non notare. "Siete al limite della pertinenza, Machiavelli" disse annoiato.
"Scusate Vostro Onore, ma niente è fatto per niente. Volevo solo capire dall'imputato chi si occupa dei figli di Filippo, nel frattempo."
"Sanno badare a sé stessi"
"Certamente, almeno per Aramis immagino sia così... so che ha intrapreso anche lui la carriera ecclesiastica. Non è strano che l'unico erede maschio abbia fatto una simile scelta?"
"Mio nipote è stato libero di scegliere quello che più gli aggradava"
"So che, come voi, è un vescovo e so anche che è il segretario personale di Lupo Mercuri, il curatore degli archivi segreti vaticani. Di conseguenza è molto vicino al Papa"
"Immagino di sì, visto che lavora in Vaticano"
"E di vostra nipote Elettra, cosa mi dite?"
"Anche lei sa badare a sé stessa", disse Becchi a denti stretti.
"Ho qui parecchie denunce a suo nome per schiamazzi notturni, violazioni del coprifuoco e pure una notte in carcere a Pisa. Credo che vostra nipote sia da tenere d'occhio"
"Ciò che è successo a Pisa è stato solo un grosso malinteso"
"Un costoso grosso malinteso, come tutte le altre denunce, in fondo"
"Se legge bene i verbali delle denunce noterete che oltre al nome di mia nipote vi sono anche altri nomi di spicco, come quello di vostro figlio Niccolò. Fareste bene a tenere d'occhio vostro figlio, avvocato Machiavelli", ribatté sarcastico Becchi. Il sarcasmo era una delle caratteristiche distintive della famiglia Becchi, per quanto lui tentasse di tenerlo celato.
"Nico, hai fatto bene a mandare a quel paese tuo padre e ad unirti a noi", disse Elettra voltandosi verso di lui.
"Vogliamo parlare della casa che le avete comprato per il compleanno?", continuò Machiavelli. "Le case sono costose al giorno d'oggi..."
"Fate la vostra domanda, dunque"
"Con quale denaro l'avete pagata?"
"Di sicuro non con il denaro datomi da Roma. Il denaro proviene da un fondo fatto da me e da Filippo per gli eredi della nostra famiglia"
"Qui ho finito, Vostro Onore", disse alla fine Machiavelli.
"Riprenderemo con la seduta dopo una breve pausa", fece il giudice.
***
"Mi sembra sia andata bene, fino a questo momento", disse Elettra uscendo finalmente all'aria aperta. A differenza di Aramis e Giuliano, lei non si era sentita di andare a parlare con Gentile Becchi. Nico e Zoroastro avevano deciso di accompagnarla fuori.
"Sarebbe potuta andare meglio", ribatté Nico, "Mio padre è un osso duro"
"No, tuo padre è un fottuto bastardo", fece Zoroastro.
"Ognuno ha portato avanti la propria linea: Piero ha instillato non pochi dubbi sull'effettiva colpevolezza di mio zio, mentre Bernardo ha insistito sui punti deboli della famiglia". Elettra incrociò nervosamente le braccia sotto al seno e sospirò. "Ed io sono uno di quei punti deboli"
"Elettra non fare così", cercò di rabbonirla il moro.
"Zo, lo sai anche tu che è la verità!". Gli occhi le divennero lucidi.
"Piantala di piangerti addosso, cazzo! Non fai altro da giorni! Io tuo zio l'ho visto in ben poche occasioni e non sono mai state piacevoli, anzi, credo che mi odi, ma ha comunque puntato tutto sulla tua diversità. Quelli che tu consideri come 'punti deboli', lo sono solo per te. Per noi sono i tuoi punti di forza!", urlò Zoroastro al limite dell'esasperazione. "Quindi ora muovi il tuo bel culo e torni dentro perché là c'è qualcuno che ha davvero bisogno di te! E nel frattempo ti togli anche quell'espressione da funerale dalla faccia". Nessuno sapeva come faceva, eppure Zo con i suoi modi tutt'altro che fini riusciva sempre a far sta meglio gli altri.
***
L'udienza riprese e nella sala fece la sua apparizione la guardia della notte che aveva trovato il il materiale incriminato nello studio di Becchi.
"Potete spiegarci con precisione ciò che avete fatto quel giorno, signor Conti?", chiese Machiavelli. Questa volta avrebbe iniziato lui a porre domande per primo.
"Alle guardie della notte era arrivato l'ordine di perlustrare l'intero palazzo alla ricerca di qualsiasi indizio sulla spia"
"E voi come mai avete deciso di ispezionare lo studio di Gentile Becchi?"
"Non l'ho scelto io, ad ogni guardia sono stati affidati precise stanze da ispezionare"
"E cosa avete fatto una volta entrato nello studio?"
"Ho cominciato a cercare indizi e poi ho trovato quel libretto...", Conti lo indicò sul tavolo delle prove, "...si trovava su uno degli scaffali, nascosto tra altri libri e quando l'ho aperto ho scoperto che conteneva proprio ciò che stavamo cercando"
"Può bastare, grazie. Vostro Onore, io qui avrei finito"
"Avvocato Da Vinci, ora è il vostro turno", disse il giudice.
Piero si alzò, avvicinandosi alla guardia della notte. "Una volta trovato le prove contro il mio cliente cosa avete fatto?"
"Sono andato immediatamente a cercare Lorenzo, per comunicargli la notizia come da protocollo"
"E cosa avete pensato quando avete rinvenuto tali prove?"
"Obiezione, Vostro Onore. L'avvocato Da Vinci non può chiedere ad un testimone la sua opinione!", disse Machiavelli.
"Obiezione accolta. Da Vinci se non avete altro da chiedere tornate al vostro posto", rispose il giudice.
"Ho pensato che non era possibile: Gentile Becchi non può aver compiuto una simile azione, secondo me è stato incastrato", ribatté Conti, incurante di quello che il giudice aveva appena detto. "Scusate Vostro Onora, ma non potevo tenere per me questa opinione"
"Limitatevi a rispondere alle domande che hanno la mia approvazione". Il giudice pareva seccato.
"Vorrei chiarire ancora un'ultima cosa", disse Piero, "Potrei sapere chi vi ha dato l'ordine di cercare la spia?". In realtà lui lo sapeva già, ma secondo la sua linea difensiva questa domanda era essenziale.
"L'ordine portava la firma di Lorenzo de Medici e di Gentile Becchi, signore"
"Grazie mille per l'informazione". Sul volto di Da Vinci comparve un largo sorriso. "Quindi, stando a quanto dicono i fatti, il mio cliente avrebbe dato l'ordine di perquisire il suo studio, consapevole che in esso ci fossero prove molto compromettenti contro la sua persona... Non mi sembra un comportamento che una mente fine come quella di Gentile Becchi metterebbe in atto". Fece una pausa per amplificare le successive parole. "C'è qualcosa che non torna in tutto questo, Vostro Onore"
Il giudice lo guardò pensiero, mentre Piero tornava al suo posto, di fianco a Becchi. C'era davvero qualcosa che non tornava... "Dichiaro conclusa l'udienza. La sentenza è fissata per domani alle tre", si limitò a dire.
∼
Angol-INO dell'autrice
Buongiorno a tutti! Innanzitutto voglio scusarmi per la mia prolungata assenza.
Secondo, vi scrivo per informarvi che tutta questa parte riguardante il processo non è ASSOLUTAMENTE riprodotta riprendendo fedelmente i processi che si svolgevano nel '400 a Firenze, diciamo che è più il risultato di ore e ore passate a guardare serie tv americane su Fox Crime!
Spero che nessuno se la prenda per questa cosa, alla prossima settimana!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro