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Capitolo XIV: Demoni, parte II


Quando Elettra arrivò nel piccolo cortile del convento era ancora in stato di confusione. Si mise affianco a Leonardo e Giuliano e negli istanti che precedettero l'apertura del cancello per accogliere i nuovi arrivati, si ritrovò inconsciamente a sfiorarsi le labbra con un dito, in un gesto che sembrava quasi cercare di volere evocare le sensazioni provate poco prima nella biblioteca.

Il suo apparire così distratta, unito ai suoi movimenti e allo sguardo molto interessato di Riario, portarono Da Vinci a farsi sospettoso, ma la successiva entrata del Capitano Grunwald seguito da alcune guardie papali, dal cardinale Mercuri e Aramis, gli impedirono di porle alcuna domanda.

"Portiamo ausilio alle amate sorelle nella persona del prefetto Mercuri", disse il Capitano delle guardie svizzere.

"Lupo Mercuri, il curatore degli archivi segreti del Vaticano", notò Leonardo.

Elettra parve finalmente riscuotersi ed annuì a quell'affermazione. "Mio fratello è il suo lacchè", gli sussurrò sotto voce, avvicinando le labbra al suo orecchio per non farsi udire da altri.

"Oggi vengo qui incaricato da sua Santità in persona", disse il diretto interessato.

"La vostra offerta d'aiuto è misericordiosa, prefetto, ma la badessa è in grado di condurre le preghiere per il suo gregge", ribatté Giuliano. Ci mancava solo quello fra i piedi!

"I miei ordini sono di eseguire i sacri riti dell'esorcismo demoniaco. Non intendo certo lasciare le brave sorella alla mercé del Maligno", spiegò il cardinale.

"No, niente esorcismi", intervenne prontamente Elettra. La sua voce era venata di timore, brutti ricordi legati alla sua infanzia. Aveva infatti visto praticare un esorcismo in Spagna durante una missione diplomatica con Becchi. Aveva dodici anni a quell'epoca e ne era rimasta terrorizzata. Con lo sguardo cercò l'appoggio di Aramis o del Conte Riario, ma fu inutile.

Avrebbe forse continuato a protestare, ma la voce di Leonardo non glielo permise.

"Siete così in sintonia con il maligno da percepire le loro difficoltà a distanza?", chiese infatti sarcastico l'artista. 

La madre superiora, anche lei giunta nel cortile, sospirò seccata. "Insieme al Conte Riario abbiamo mandato una richiesta d'aiuto, pittore. Noi non rifiutiamo i guerrieri di Cristo nell'ora del bisogno", rivelò.

Giuliano si voltò di scatto verso Elettra. "Non dovevi tenerlo d'occhio?!", domandò.

Non se ne capacitava neanche lei, era sempre restato in biblioteca... tranne che per quei centodiciassette secondi. Le aveva detto che sarebbe andato a rimettere a posto il materiale usato per le medicazioni e infatti così aveva fatto. Possibile che in quel poco tempo fosse riuscito anche ad inviare una lettera ai suoi uomini? Poco importava, il fatto in sé era l'averla fregata un'altra volta. "L'ho lasciato solo due minuti, dannazione!", commentò, portandosi una mano alla fronte.


***


Poco dopo...


Il rito dell'esorcismo ad Elettra non piaceva per niente. Inutili erano state le sue successive proteste per evitare di arrivare a quel punto. Si era dovuta arrendere, mettendosi semplicemente in disparte con il volto imbronciato e le braccia conserte. Giuliano si era messo accanto a lei, osservando il prefetto Mercuri eseguire gli ordini del Papa con la medesima espressione ostile.

Aramis, posizionato di fianco al cardinale, ripeteva delle formule di rito mentre la poveretta da 'liberare dai demoni', nonostante fosse stata legata stretta al letto, si dimenava e urlava.
Ad un certo punto Mercuri prese la suora per la gola, stringendo sempre di più.
Leonardo, poco distante, guardò Elettra allarmato e poi scattò in avanti, deciso a fermare il prefetto, ma quando raggiunse il letto era troppo tardi: la donna era già morta.

Elettra girò la testa di lato per evitare di guardare. Quello che era successo, che quell'uomo che si proclamava uomo di fede aveva fatto, le dava il voltastomaco.

"Prima che la morte sopraggiungesse ho visto la luce di Dio nei suoi occhi: la sua anima è salva", disse il cardinale Mercuri facendosi il segno della croce, seguito a ruota dagli altri. 

Elettra a quel punto non ci vide più. "E della vostra anima invece che dite, Cardinale? Si è macchiata della vita di un altro innocente, ma tanto uno in più non fa molta differenza sul totale!", si sfogò. Avrebbe voluto aggiungere altro ma dovette correre al capezzale di Vanessa, che si era risvegliata urlando.


Mentre la bionda e l'artista cercavano di calmarla, Mercuri si avvicinò a loro. "Credo che sia arrivato il momento di purificare anche questa povera anima", disse.

Il primo istinto di Elettra fu quello di lasciare correre la propria mano nel punto della cinta in cui solitamente teneva la spada, ma essa era mancante, poggiata ad un angolo della parete quella stessa mattina perché la impacciava nei movimenti. L' idea di alzarsi per prenderla fu simultanea alla presa ferrea con cui Leonardo la trattenne dall'agire.

"Non la toccate", minacciò comunque Da Vinci rivolto a Mercuri. "Lei merita di provare a vincere questo male da sola".

Il Cardinale non apparve tuttavia minimamente intimorito dai gesti dell'artista e della giovane, così come Riario al suo fianco: dal suo punto di vista la situazione si stava allungando ben oltre il previsto.

Elettra osservò i due uomini e sospirò, decidendo per una volta di mettere da parte il proprio orgoglio e la propria rabbia. Si avvicinò al Conte, poggiandogli delicatamente una mano sull'avambraccio. "Vi prego, abbiamo bisogno di più tempo", mormorò guardandolo fisso negli occhi con un'espressione a cui era difficile, se non impossibile, dire di no.

Riario indugiò un po' sulla risposta da dare temendo le conseguenze, ma alla fine cedette. "Fino all'alba", decretò. "Poi se non troverete soluzione dovremo espellere questo demone con il fuoco"


***


Elettra avrebbe fatto a meno di Riario dopo le parole dette in infermeria, eppure, appena lei e Leonardo avevano concordato sul riprendere le proprie ricerche e la ragazza si era diretta ancora una volta in biblioteca, l'uomo l'aveva seguita.

Si era seduta, fingendo di ignorarlo e riprendendo almeno in apparenza la lettura interrotta a metà.

Il Conte si era però posizionato affianco a lei, mollemente appoggiato con la schiena al tavolo ed osservando ogni suo singolo movimento.

Passarono alcuni minuti, dopodiché Elettra alzò la testa nella sua direzione e sospirò.

"Non lo farete davvero, no?", domandò. C'era una vena di timore nella sua voce.

Osservò l'espressione di lui cambiare, farsi indecifrabile mentre irrigidiva la postura. "Sono un uomo di parola", si limitò a dire.

Lei scosse la testa. "Avete un bel coraggio, però, voi e i vostri compagni. Prima fate scoppiare un'epidemia nel convento, poi venite a offrire il vostro 'pio' aiuto e alla fine cosa fate? Uccidete tutti coloro che hanno riposto fiducia in voi. Mi sembra un bel modo d'agire", commentò con ironia.

Una cupa ironia, impregnata di sconforto.

Il Conte assunse un'aria innocente a quelle parole. "Ma io non ho fatto nulla", affermò.

Elettra si ritrovò ancora una volta a sospirare. "Magari voi non sarete l'esecutore materiale, ma non so quanti uomini in Vaticano abbiano la mente abbastanza fine da ordire un simile piano"

"Le accuse che state insinuando nei confronti miei e dei miei uomini sono gravi e per di più non supportate da prove", le fece notare Riario, all'apparenza sulla difensiva.

"Su quest'ultimo punto devo darvi ragione, per ora. Ma le cose stanno per cambiare". Un sorriso ambiguo comparve sul volto della ragazza e ciò fece incuriosire Riario.

"Che cosa avete intenzione di fare?", domandò.

"Ho intenzione di cambiare metodo", rivelò lei, avvicinandosi i fogli di carta per gli appunti e raccogliendosi nuovamente i capelli in uno chignon sopra la testa. "Fino a questo momento abbiamo dato per scontato che la risposta sul male che sta affliggendo quelle suore potesse trovarsi in questa biblioteca, ma essa dal punto di vista medico è fortemente carente di materiale, ne occorre di nuovo"

Il Conte la osservò perplesso. "E dove pensate di trovare questo fantomatico nuovo materiale? Firenze è distante"

Elettra si indicò la testa con l'indice. "Tutto qui"

Aveva letto troppi saggi e libri riguardanti ogni possibile tema per poter fallire, la risposta doveva senz'altro essere sepolta nella sua memoria e lei l'avrebbe scovata e riportata alla luce.

Si sedette sul tavolo a gambe incrociate, la posizione che considerava migliore per concentrarsi. Ad occhi chiusi si stiracchiò e dopodiché avvicinò a sé alcuni fogli e un'altra matita, prendendo a scarabocchiare velocemente una serie di parole.   

Riario la osservò perplesso, infastidito e allo stesso tempo affascinato dai suoi strani modi di fare. Specialmente da un suo modo di fare: teneva la matita nella mano sinistra.

"Sapete che la sinistra è la mano del diavolo e che non bisognerebbe assolutamente scrivere con essa?", le fece notare.

Elettra alzò per un istante lo sguardo su di lui, per poi ritornare a scrivere. "Allora se entro l'alba non avrò trovato una soluzione bruciatemi insieme alle suore", ribattè mostrando disinteresse. 

"E avete pure una pessima calligrafia", aggiunse il Conte, avvicinandosi per poter leggere meglio ciò che scriveva e faticando a riconoscere in quei segni lettere appartenenti all'alfabeto occidentale.

La ragazza sbuffò. "Lo so", disse annoiata. "Ma tornando al problema, noi sappiamo i sintomi: allucinazioni..."

"Visioni demoniache", la corresse Riario.

"Allucinazioni, Contenoninterrompetemi, spasmi, vomito, febbre alta, idropisia... Non credo esistano molte malattie con queste caratteristiche".

Elettra le scrisse tutte sul foglio in colonna e di fianco cominciò a scriverle in altre lingue.

Magari partendo dalla parola chiave si sarebbe ricordata del testo in cui erano menzionate, trovando così la malattia che provocava quei sintomi. La sua memoria non poteva fare cilecca proprio in quel momento.

Avrebbe trovato quel nome anche a costo di analizzare ogni singolo istante della propria vita.


***


Nel frattempo, a Palazzo della Signoria...


"Nessuna notizia dal convento?", chiese Lorenzo con preoccupazione: temeva che il fratello non riuscisse ad essere all'altezza della situazione. Gli era stato riferito che per la città circolava la voce che quelle possessioni fossero un castigo divino, il giusto costo che i Medici doveva pagare per aver rinnegato Dio, ma i Medici erano al potere per volere del popolo, non potevano perderne l'appoggio.

Becchi, di fronte a lui, scosse la testa. "Ancora nessuna notizia né da Giuliano né da Elettra. Non sappiamo nulla da quando Riario ha fatto chiamare alcuni dei suoi". Anche lui era preoccupato: quei due ragazzi non erano proprio capaci di tenersi fuori dai guai. Non ne erano mai stati capaci, neanche da bambini. 

"Il fatto che l'unico che abbia comunicato qualcosa sia Riario non è positivo", fece notare il Magnifico. 

"No, non lo è, ma confido in Giuliano, saprà tenere a bada la situazione". Becchi sorrise rassicurante, per poi cambiare espressione al comparire di una guardia della notte. Lo osservò perplesso. 

"Riguardo alla questione della spia ho ordinato di cercare nell'intero palazzo senza alcuna eccezione", rivelò Lorenzo. Si rivolse poi alla guardia: "Avete trovato qualcosa?"

Il soldato si guardò in giro a disagio. "Forse dovremmo parlarne in privato, vostra magnificenza"

"Mostratemelo Conti, o penserò che voi nascondiate qualcosa!". Lorenzo era conosciuto per molti pregi, ma la pazienza non era certo tra di questi. 

Riluttante, la guardia gli porse alcuni oggetti. Al Magnifico tremavano le mani mentre li osservava: niente di tutto quello avrebbe dovuto trovarsi in casa sua. "Dove li avete trovati? Dove?!", chiese mentre sentiva la rabbia crescere.

"Da messer Becchi, signoria"

Becchi strabuzzò gli occhi: non poteva credere alle proprie orecchie. "Voi mentite! Non li ho mai visti", ribattè.

"Era su uno degli scaffali, Magnifico. Lo giuro. Nascosto tra altri libri", rivelò la guardia.

"Siete voi...siete voi che mi avete tradito!". Il de Medici faticava ancora a crederci: Becchi era come un padre per lui e Giuliano, serviva la sua famiglia da quando suo nonno Cosimo era salito al potere.

"Lorenzo è sicuramente un errore!", si difese nuovamente il diretto interessato. Avrebbe voluto farlo ragionare, ma sapeva già che sarebbe stato impossibile.

"Scudi romani, carte con impresso il sigillo papale, un elenco dei luoghi dove nascondere le consegne per Roma trovati in casa mia!"

"Vi prego, Lorenzo!"

Un ceffone in piena faccia raggiunse Becchi. Se non fosse stato per la porta alle sue spalle, probabilmente sarebbe caduto per le scale talmente fu forte.

"Tacete! O vi taglierò la gola con le mie mani.", lo minacciò Lorenzo con il piccolo pugnale che teneva legato alla cintura. "Portatelo via. Rinchiudetelo al Bargello", disse alle guardie che stavano giungendo nel frattempo attirate dal trambusto. Scortarno fuori il povero consigliere, che sconvolto si guardava intorno con aria persa. Conosceva la legge, sapeva quale fosse la pena inflitta ai traditori: la ruota.

Il suo ultimo pensiero, prima di mettere piede in una umida e sporca cella del Bargello fu per sua nipote, Elettra.


***


Al Convento di Sant'Antonio...


"Sono ore che..."

"Conte, per favore, fate silenzio!", lo interruppe malamente Elettra. Erano davvero poche le persone che potevano permettersi di zittire Riario senza pagarne le conseguenze e fortunatamente la ragazza pareva essersi conquistata la sua simpatia. 

Però l'uomo aveva ragione: erano ore ormai che Elettra se ne stava seduta su quel tavolo a gambe incrociate e con gli occhi chiusi, a pensare e ripensare a quale malattia corrispondessero quei sintomi.

Cominciava ad albeggiare, fatto che la innervosiva parecchio. 

"Che lingue mi mancano...", disse prendendo gli appunti sparsi sul tavolo a cerchio tutto intorno a sé. Le sfuggiva di certo qualcosa, se lo sentiva. 

"Credo che qui ne abbiate scritte già abbastanza", le fece notare il Conte con tono ovvio. Aveva perso il conto di quanto fogli la ragazza avesse riempito con le lettere e i simboli più disparati. Gli Archivi Segreti Vaticani abbondavano di testi in lingue straniere, ma era certo che con quella notte lei fosse andata molto vicino alla loro varietà, se non addirittura superata.

Le sue capacità erano sprecate a Firenze. 

Elettra scosse la testa. "Mi manca di sicuro qualcosa", mormorò tra sé e sé. Improvvisamente si illuminò. "Gli stati dell'Europa: Italia, Inghilterra. Olanda, Francia... il francese, quello l'ho saltato!". Cominciò a scrivere i vocaboli anche in francese. Li osservò per un po'.

"Ma certo!", urlò scattando in piedi. "E' senz'altro così!", disse con un sorriso da orecchio a orecchio.

Riario la guardò perplesso. 

"Ho trovato", gli disse avvicinandosi. "Possiamo ancora salvarle", sussurrò vicinissima al suo volto poco prima di posare le labbra su quelle di Girolamo. Durò appena un istante, poi corse fuori dalla biblioteca alla ricerca di Leonardo.

Il Conte, ancora stupito dal suo gesto, si avvicinò agli appunti sul tavolo. C'era un foglio con solo una scritta: due parole in latino, il nome che tanto aveva cercato.

L'aveva sottovalutata di nuovo.


***


"Leonardo! Leo!", urlava Elettra correndo per tutto il convento. Urtò una novizia, facendola quasi finire a terra. Le indicò le scale che portavano al cortile.

"Leo! Giuliano!", chiamò quando fu fuori e in vista di entrambi. Percorse i gradini che li dividevano alla velocità della luce.

Anche Da Vinci sembrava euforico, avevano entrambi la stessa espressione da pazzi dipinta sul volto.

"Claviceps purpurea", disse lei. 

"Sul piede della statua di San Francesco", aggiunse l'amico. 

Si misero entrambi a ridere, poi Leonardo la prese per mano correndo a perdifiato fino all'infermeria: era l'alba e dovevano sbrigarsi.

"Claviceps purpurea", urlarono all'unisono entrando nella stanza. Erano arrivati appena in tempo: le guardie svizzere stavano cospargendo i malati con l'olio. Se fossero arrivati giusto una manciata di secondi più tardi non avrebbero potuto fare niente per salvarli.

"Come dite?", chiese Riario fingendo di non aver capito. Si umettò le labbra, segno che nonostante non lo desse a vedere era nervoso.

"Il fungo della segale cornuta ha effetti tremendi: spasmi, vomito, idropisia, cancrena e, secondo i sopravvissuti, la nitida sensazione che il corpo bruci. Come tra le fiamme dell'inferno. Sconvolge la mente, capite? Causando allucinazioni e manie", spiegò Leonardo.
"Capisco", disse Riario sarcastico. 

"Il piede della statua là fuori è ricoperto di segale cornuta. Ogni vittima ha baciato il piede di Sant'Antonio prima di cadere ammalata. Tutte le sorelle colpite, Vanessa, persino il pio ufficiale Bertino l'hanno baciato", continuò Da Vinci.

"Ciò che voi insinuate è pura follia", ribatté Mercuri adirato.

"Davvero? E perché né voi né gli uomini del capitano Grunwald siete infetti? Perché gli eretici come Giuliano de Medici, il giovane Nico, Elettra e io non lo siamo? Noi non abbiamo baciato il piede della statua, né voi né i vostri uomini"

"Voi lo sapevate, l'avete architettato per minare il potere dei Medici dall'interno!", disse Elettra.
"Non ascolterò oltre queste odiose calunnie", ribatté Mercuri a denti stretti.

"Vi basta baciare il piede della statua per provare che sono calunnie", controbatté Leonardo con ironia. Sapeva che non lo avrebbe mai fatto.

Elettra sorrise sarcastica al Conte. 'Beccato', pensò.

"Segale cornuta? Chi ha mai sentito una tal cosa", commentò stizzito il prefetto Mercuri.

"Geoffroy du Breuil, uno storico francese. Ha raccontato di un'epidemia simile nel XII secolo. Certi passatempi non erano solo di Boccaccio...", rispose ironica Elettra. "Negli Archivi Segreti del Vaticano avrete di sicuro una copia della cronaca". In quel momento vide suo fratello impallidire di colpo e capì: era stato lui a visionare quel manoscritto, per ordine o di Mercuri o di Riario. 

"C'è un rimedio per questa afflizione: un unguento preparato con queste erbe...", disse Leonardo mentre scriveva gli ingredienti, "...ed aceto, unito a vigorosi salassi. Affrettatevi, possiamo ancora salvare le persone colpite", si rivolse alla badessa.

"Complimenti, Da Vinci", alla fine Da Vinci era riuscito a guadagnarsi la stima e il rispetto di Giuliano. Una bella pacca sulla schiena ne fu la dimostrazione.

"Grazie, maestro", la stima proveniva anche dalla madre superiora. 

"E come avremmo dovuto fare, artista, per mettere in atto tutto questo?", il Conte Riario era curioso per natura da sempre.

"Oh, non è stato difficile, Conte. Il convento è aperto a tutti i fedeli, come ha detto la madre priora, quindi anche un solo uomo, in qualunque momento, poteva entrare qui, contaminare il piede di Sant'Antonio ed aspettare..." 

"La spia che Lorenzo sta cercando, deve essere stato lui!", lo interruppe Elettra.

Da Vinci non fece in tempo a confermare le intuizioni dell'amica: cadde a terra in preda a spasmi e cominciò a farneticare ed urlare. Era stato contaminato anche lui: il bacio che Vanessa gli aveva rubato nel proprio delirio. 

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