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Capitolo XIII: Davvero la festa è finita?




La mattina seguente...

Elettra si svegliò parecchio indolenzita. Ora lo sapeva: la scrivania non era un luogo adatto per dormire comodamente. Quella di passare la notte nello studio non si era rivelata un'idea geniale.

Tutt'altro.

Avvertì del calore inconsueto avvolgerle la mano e si stupì nel constate che essa era ancora stretta in quella del Conte, esattamente come quando aveva preso sonno.

Il suo proprietario si trovava placidamente addormentato dalla parte opposta della scrivania. La giovane lo osservò attentamente, non potendo fare a meno di paragonarlo ad un bambino, con la testa appoggiata di lato nell'incavo del gomito e i capelli leggermente arruffati.

Improvvisamente le venne un'inspiegabile voglia di passare una mano in quei capelli color ebano per scompigliarli ancora un po', ma si limitò a staccare con delicatezza la mano dalla sua, facendo attenzione a non svegliarlo.

Aveva tenuto fede alla sua promessa restando lì con lei, dovette constare. Le aveva tenuto la mano per tutta la notte e da lui tutto quello non se lo sarebbe mai aspettato.

Avvertì uno spiffero d'aria colpirle la schiena e solo allora Elettra si accorse di avere ancora indosso l'abito della festa.

Che cosa avrebbero pensato di lei a Palazzo al vederla vestita con lo stesso abito della sera precedente?

Avrebbero pensato che fosse rimasta a dormire lì.

E il passo all'ipotizzare di avere passato la notte in compagnia di un uomo sarebbe stato molto breve.

Quanto tempo avrebbero impiegato a corte a fare il nome di Riario?

A quel punto sarebbe stato praticamente impossibile togliere dalla testa di tutti l'idea di una notte di passione tra lei e il Conte.

Che avrebbe detto Gentile Becchi quando quelle voci gli sarebbero giunte alle orecchie?

No, doveva assolutamente cambiarsi.

Guardò attentamente Riario, che a giudicare dal ritmo regolare del suo respiro sembrava dormire profondamente.

Con movimenti circospetti e tentando di fare meno rumore possibile, Elettra si diresse verso l'armadio.  Aprì la prima anta e ne estrasse un paio di pantaloni, una camicia e una giacca che teneva lì in caso di bisogno.

Diede una seconda occhiata veloce al Conte: dormiva.

Si tolse velocemente l'abito, facendolo scivolare veloce sul pavimento e rimanendo così completamente nuda.

Stava per indossare la camicia, l'aveva già in mano, quando sentì dei movimenti sospetti alle sue spalle, seguiti da alcuni passi nella sua direzione.

Elettra si irrigidì all'istante e per lo sconcerto la camicia le cadde a terra. Si sentì una stupida. Non avrebbe potuto, ad esempio, cacciare prima Riario dal suo studio e poi cambiarsi?

Ovviamente le buone idee arrivano sempre dopo che quelle pessime vengano attuate...

Avrebbe potuto dire qualcosa, intimarlo a lasciarla sola, invece rimase immobile nella propria posizione, permettendo così all'uomo di avvicinarsi.

"Mi sono chiesto per tutta la sera come potesse apparire quel disegno nel suo insieme", disse Riario con un tono di voce un po' più basso di quello abituale, facendo riferimento ai fiori disegnati da Leonardo. Essi erano ancora lì, sulla sua pelle e finalmente completamente visibili. La notte non aveva fatto scomparire l'intricato intreccio floreale, ma ne aveva semplicemente sfumato i contorni nei punti di contatto, rendendolo se possibile ancora più affasciante di prima. Senz'altro più misterioso.

Tutto da esplorare.

Elettra intuì il pericolo, come la preda avverte l'odore del cacciatore prima di fuggire, ma ancora una volta non fece nulla per uscire dai guai. Forse in quel guaio voleva restarci ancora un po'. "Non tutti possono permettersi un Leonardo Da Vinci sulla pelle", si limitò a ribattere sarcastica, seppure la sua voce fosse impregnata di nervosismo mentre parlava.

"Nemmeno certe angeliche visioni appena svegli vengono concesse a tutti. La bellezza del paesaggio davanti ai miei occhi non ha pari", le sussurrò ad un orecchio lui, facendosi così più vicino. Le prese una sua ciocca di capelli tra le dita e se la portò al naso per aspirarne il profumo.

Lo aveva già fatto, alla bottega di Leonardo, ma a differenza di quella volta, non era la paura la sensazione dominante nella giovane. Aveva trattenuto il fiato durante quei gesti, concedendosi di espirare solo quando avvertì il respiro caldo di lui lambirle il collo.

Le scostò i capelli su di un'unica spalla, per poter avere libero campo lungo l'intero disegno e cominciò a percorrerlo con le dita, lentamente.

La nuca, la spalla, la giravolta e poi a scendere lungo il solco della colonna vertebrale.

Il Conte sorrise compiaciuto: era dalla sera prima, da quando lei aveva fatto il suo ingresso al banchetto, che desiderava farlo.

Avvertì la ragazza sciogliersi al suo tocco, per poi tornare ad irrigidirsi sul finire della schiena. Era forse aspettativa la sua? Il respiro fattosi pesante e il rossore che era certo fosse comparso sul suo viso gli suggerivano che lei aspettava senz'altro la sua prossima mossa.

E si sarebbe spinto un po' più in là se solo qualcuno non avesse bussato alla porta.

L'atmosfera creata tra di loro si ruppe ed Elettra sgusciò via in un istante, raccogliendo i propri vestiti da terra e dall'armadio, per poi indossarli in fretta mentre camminava verso l'entrata.

Ancora accaldata, scostò la porta quel tanto che serviva per mostrare solo il volto.

"Buongiorno, madonna", la salutò Fabrizio. Aveva le guance rosse, ma non di certo per un piacevole incontro clandestino con qualche bella dama. Il naso anch'esso rosso e l'occhio un po' ballerino suggerivano tutt'altro... Qualcosa di liquido, forse il Chianti avanzato dalla festa?

"Ma siete rimasta qui tutta la notte?", chiese preoccupato, biascicando le parole.

"E' appena l'alba, sono passate solo poche ore", rispose Eletttra, reprimendo una risata nel pugno chiuso. Solo i servi fiorentini potevano permettersi di bere sul lavoro.

"A cosa devo la tua visita?", domandò a sua volta.

"Sto cercando il Conte Riario, il Magnifico desidera parlargli ma non si trova da nessuna parte"

Elettra a quelle parole si irrigidì: nessuno doveva sapere che Riario aveva passato la notte con lei.

"Sarà nella cappella del palazzo, di fronte a questo edificio ma più a destra, a pregare", disse fingendo un'aria vaga.

Il servo la guardò perplesso, non capiva la necessità di tutte quelle informazioni. "Sono un po' allegro, ma ricordo ancora dove si trova la cappella di famiglia", biascicò Fabrizio dopo alcuni secondi.

Il Conte, invece, aveva capito al volo che quell'informazione era per lui. Si guardò intorno alla ricerca di una via di fuga, trovando solo una finestra alle spalle della scrivania. Lei doveva senz'altro saperlo che quella era l'unica altra uscita. Era incredibile: costretto a fuggire di soppiatto dalla finestra dello studio di quella ragazzina impertinente! Lui, un Conte!

Sbuffò irritato, ma alla fine l'aprì, per poi scivolare fuori silenzioso diretto alla Cappella.

Le avrebbe fatto pagare caro quell'affronto appena ne avesse avuta l'occasione.

Elettra nel frattempo, una volta accertatasi della fuga del Conte, aveva invitato un Fabrizio secondo lei non ancora abbastanza sbronzo ad assaggiare ciò che rimaneva della bottiglia aperta durante la notte.

"Ho qui un liquore fantastico al sambuco, lo distillano nella casa di campagna dello zio. Dovresti provarlo", aveva detto. Non che per convincere il servitore servissero quelle parole, la vista della bottiglia era già stata più che convincente di suo.

La ragazza rise quando a Fabrizio scappò un rumoroso colpo di singhiozzo.



***


Poco più tardi...


Dopo che Fabrizio ebbe avvisato il Conte Riario che, ovviamente, si trovava nella cappella di famiglia dei Medici a dire un rosario, Elettra si diresse verso le cucine. Ad accompagnarla c'erano la bottiglia di sambuco piena ancora per metà, Fabrizio e un bicchierino quasi vuoto.

Passarono dalla sala da pranzo, dove, nonostante fosse appena l'alba, Gentile Becchi e Lorenzo de Medici stavano facendo colazione.

"Buongiorno, signori", li salutò la giovane, nascondendo la bottiglia dietro la schiena e cercando di sembrare normale nonostante quello che fosse successo poco prima con Riario la turbasse ancora molto. La verità era che aveva anche una paura del diavolo di essere scoperta.

"Cosa ci fai qui a quest'ora?", le chiese suo zio, perplesso.

Elettra rise, cercando di rendere le sue successive parole comiche e di dissimulare così il proprio nervosismo. "Finita la festa sono andata nel mio studio a prendere delle carte e mi devo essere  addormentata, sarà successo più o meno due ore fa", disse, concludendo la frase con una risata che l'orecchio più attento avrebbe considerato falsa.

Ma i due uomini, forse per via dell'ora, non colsero quella sfumatura.

"Allora invece del buongiorno dovrei augurarvi la buonanotte", ribattè ironico il Magnifico.

"Si, mi sa che è più opportuno. E voi, cosa ci fate già alzati a quest'ora?", chiese a sua volta.

"Dobbiamo andare a testare le nuove spingarde di Da Vinci. Speriamo solo di non saltare in aria di nuovo", rispose Becchi.

Nel frattempo entrò nella stanza anche il Conte Riario e Fabrizio ne approfittò per vuotare nuovamente il proprio bicchiere. Elettra gli diede una gomitata nelle costole per fargli capire di trattenersi.

"Dormito bene, Conte?", chiese ironica.

Un sorriso di scherno comparve sul volto del suo interlocutore. "Benissimo", rispose.

"Conte Riario, felice che vi siate unito a noi per colazione", si intromise il Magnifico.

Nel mentre arrivò un servitore dalle cucine con dei vassoi ricolmi di dolci. Per quanto ci provasse, non riusciva a camminare in linea retta. Gli scappò anche un colpo di singhiozzo mentre si apprestava ad appoggiarli sul tavolo.

Riario lo guardò perplesso. "Noi a Roma puniamo i servi per molto meno", disse acido.

"Anche i servi hanno bisogno di fare baldoria ogni tanto", ribattè Elettra divertita. Intanto cercava di tenersi stretta la bottiglia dietro la schiena, mentre Fabrizio tentava di strappargliela di mano. "A proposito, io vado. Ci rivediamo domani mattina", aggiunse rivolta a tutti i presenti.

"Non restate qui a fare colazione, madonna?", chiese Riario stupito.

"E perdermi i commenti a caldo sulla festa? No, le comari della cucina sono le più informate di tutta Firenze!", disse divertita.

Prese a braccetto Fabrizio, che altrimenti non sarebbe stato in grado scendere incolume le scale e si diressero alle cucine.

La situazione là era parecchio caotica: di tutti i servi presenti, erano ben pochi quelli sobri, gli altri erano brilli, oppure la loro ubriachezza aveva raggiunto livelli tali da farli addormentare  sul pavimento.

L'anziana cuoca, nel frattempo, sbraitava ordini a destra e a manca. "Possibile che dobbiamo ridurci così tutte le volte che i Medici danno una festa?!", la si sentì urlare ad un certo punto.

Elettra fece il suo ingresso proprio in quel momento, ridendo. "E io che sono venuta qui solo per spettegolare un po'", disse sedendosi su uno dei grandi tavoli al centro della stanza. Appoggiò il liquore al sambuco accanto a sè.

"Oh, ce ne sono di cose da dire", disse Benedetto, uno dei giovani servi, sedendosi al suo fianco. Aveva più o meno l'età di Elettra e andavano molto d'accordo. Probabilmente non aspettava altro che quel momento, come tutti infondo.

"Sono tutta orecchie", ribattè la ragazza.

Quasi tutti si fermarono per ascoltare e condividere quello che sapevano. Nel frattempo Elettra riempiva dei bicchierini che si trovavano sul tavolo con quello che restava nella bottiglia.

"Fabrizio! Ce ne è abbastanza per tutti!", disse quando lo vide tentare di prenderne uno.

Una delle cameriere le si avvicinò. "Ho visto la signora Pazzi lasciare la festa... e non era in compagnia di suo marito!", sussurrò.

"Dovremo ingrandire il portone del Duomo, allora. Già Francesco ci passava a stento prima, figuriamoci ora!", rise Elettra. "E chi era il fortunato?", chiese curiosa.

"Luca degli Albizzi"

"Wow, un politico fedele ai Medici. A Messer Pazzi verrà un colpo quando lo saprà"

"E c'è anche di meglio", disse la dispensiera, "In giro circolano delle voci riguardanti quel Conte che stiamo ospitando"

"Quali voci?". Per un istante l'espressione di Elettra si incupì, per poi tornare in apparenza quella di prima.

"Si dice abbia perso la testa per una dama fiorentina!"

La ragazza quasi si strozzò con la sua stessa saliva: era possibile che si stessero riferendo a lei? No, pensò. Come sarebbe stato possibile? Che fosse riferito a lei o no, nessuno avrebbe dovuto sapere che avevano passato la notte insieme. Un'idea le sovvenne alla mente per confondere le acque. "Io ho sentito che se la intende molto con Francesco Pazzi", disse. Avrebbe giocato un bel tiro a Riario.

"E' naturale, trama alle spalle dei Medici. Fa continui viaggi d'affari a Roma", ribatté la cuoca, che nel frattempo si era unita al gruppo delle comari.

"E se non fossero solo viaggi d'affari? Potrebbero anche essere viaggi di piacere...", disse Elettra con l'aria di chi la sapeva lunga.

"No" fu un coro unanime di stupore.

"Quindi quel bel pezzo d'uomo del Conte è un sodomita?", chiese Benedetto con un sorriso da orecchio a orecchio. Lui lo era, dichiaratamente.

"Io ho sentito così. Fonti certe me lo hanno riferito", mentì la ragazza.

"Ho delle notizie bomba!", proferì una delle cameriere, entrando nella cucina.

"Cosa?", ripeterono tutti in coro, tremendamente curiosi di sapere la risposta.

"Il Conte Riario non ha dormito nelle sue stanze, stanotte. Sono entrata per rifargli il letto ma era intatto"

"Che vi avevo detto! Era da Francesco Pazzi", disse Elettra, trattenendo a stento le risate.

"Ed ecco spiegato perché era introvabile, stamattina", concluse qualcun altro.

"Esattamente", rispose lei, sibillina.

"Pensi che io abbia qualche possibilità, di spassarmela un po' con il Conte?", chiese Benedetto ad Elettra, appoggiando la testa sulle sue ginocchia con aria sognante.

"Tu provaci"

Già si stava pregustando le risate!

Andarono avanti a scambiarsi pettegolezzi ancora per qualche minuto, poi Elettra interruppe tutti, attirando la loro attenzione picchiettando con una forchetta sul bordo del proprio bicchiere.

"Un attimo di attenzione, signori", disse, "Vorrei fare un brindisi: a noi, inguaribili comare fiorentine, e a tutti quelli che ci permettono di esserlo!"

Davvero la festa era finita? No, era appena incominciata.

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