Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo III: I Figli di Mitra

"La morte di un uomo non dovrebbe essere definita divertente", si ripeté nuovamente Leonardo. Solitamente non andava mai ad assistere alle esecuzioni pubbliche, ma quella mattina in qualche modo Zoroastro lo aveva convinto ad andarci insieme a lui e Nico. Di lì a momenti sarebbe stato impiccato un ebreo sorpreso a rubare in Via dei Librai.

Il poveretto se ne stava sul patibolo con la paura negli occhi. Era stato malamente rasato in testa e molto probabilmente picchiato dai suoi carcerieri. Indossava una lunga tunica lercia.

La folla aveva riempito la piazza ed incitava festante il boia a sbrigare il suo lavoro, impaziente di lanciare uova e frutta marcia e di fare scempio del cadavere del semita.

Era un'usanza barbara, pensò ancora Leonardo, che stonava con Firenze e la sua aura di progresso.

Poco prima che la botola si aprisse l'ebreo parlò e quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene di Da Vinci. "Sono figlio della terra e del cielo stellato, di sete sono arso. Vi prego, fate che io mi disseti alla fontana della memoria", disse.

Un attimo dopo il suo corpo senza vita penzolava davanti ai presenti.

Nico e Zoroastro guardarono l'amico, che sembrava parecchio impressionato da quella scena così cruda.

"Devo trovare Elettra", disse semplicemente prima di andarsene via di fretta.


***


Elettra si trovava nella piazza del Duomo, intenta a dirigere i preparativi per il carnevale che si sarebbe tenuto a breve. In particolare, quando Leonardo arrivò, stava urlando ordini ad un uomo in bilico su una delle impalcature poste sul muro della grande chiesa. Sembrava parecchio irritata.

"Devo parlarti", le disse.

"Al momento sono molto occupata, Leonardo, ne parliamo dopo"

"É importante". Le mise una mano sulla spalla per trattenerla lì con lui.

La ragazza lo guardò negli occhi e si rassegnò a quella pausa imprevista. Fece cenno agli operai di fermarsi un attimo. Avrebbero ripreso più tardi.

"Dimmi tutto". Si stava preoccupando per l'amico.

"L'ebreo che hanno giustiziato oggi..."

"Non sapevo che avrebbero giustiziato un ebreo oggi". Quando Elettra aveva un progetto in ballo si isolava dal mondo esterno.

"Sì, poco fa... Comunque, prima di morire mi ha guardato e ha ripetuto anche lui la frase che ti aveva insegnato Cosimo de Medici!"

La ragazza corrugò la fronte: quel fatto aveva un che di strano. Era già la seconda persona che ripeteva quella frase in poche ore. Non poteva essere un caso.

"Dobbiamo andare dal turco", gli disse l'artista.

"Ne avevamo già parlato ed eravamo d'accordo sul lasciar perdere..."

"Dobbiamo andare", gli ripeté e al vedere Elettra guardare in direzione del cantiere aggiunse: "Subito".


***


Si trovavano davanti all'insegna della Locanda del Cigno Nero. Elettra si chiese per la millesima volta perché avesse accettato di seguire Leonardo fino a lì. Aveva un carnevale da organizzare ed era rimasto poco tempo per farlo. Non sarebbe dovuta andare via. A consolarla un po' c'era comunque il fatto che, per qualsiasi progetto assegnatole, creava bozzetti in modo che, nel caso le fosse successo qualsiasi cosa che le avesse impedito di lavorare, chiunque, anche un bambino, seguendo alla lettera le sue istruzioni, lo avrebbe portato a termine. Aveva lasciato tutto al capo degli operai, sperando che questo non volesse fare tutto di testa sua. Odiava delegare agli altri.

"Alloggia qui uno straniero, un uomo turco?", chiese all'oste Leonardo, entrando.

"Lo troverete presso le rovine romane, a nord della città", gli rispose.

Elettra imprecò mentalmente. Non le restava altra scelta che attraversare tutta la città con Da Vinci. Come se lei avesse tutto quel tempo!

"Muoviamoci. Prima tu incontri questo turco, prima io posso tornare ai miei compiti", gli disse seccata.


***


Elettra conosceva molto bene quelle rovine romane, le aveva studiate a fondo anni prima.

Eppure c'era qualcosa di strano rispetto alle altre volte che ci era stata e anche l'atmosfera le sembrava diversa, più misteriosa. Forse a farle quell'effetto erano anche la moltitudine di candele accese.

Lei e Leonardo camminarono per parecchio visitando le diverse stanze del complesso, ma del Turco neanche l'ombra.

Poi notarono che una delle grandi lastre, disposta sotto le colonne portanti di quello che probabilmente era stato il salone principale, era stata spostata. Nello spazio lasciato vuoto si poteva osservare una stretta scala a chiocciola in pietra.

Dopo una breve occhiata, decisero di scendere.

Alla fine dei gradini vi era una piccola stanza.

Quello che colpì di più i due giovani fu la presenza di una grande statua in granito che rappresentava uno strano mostro composto da parti di diversi animali. Ai piedi di essa vi era seduta la persona che andavano cercando.

Sorrise nel vederli.

"La storia è una menzogna affilata come una lama da chi ha celato la verità. Nei secoli avvenire anche la vostra storia sarà dissimulata", disse il Turco. 

"Voi come fate a sapere tutto questo?", chiese Leonardo.

"Conoscete il detto 'Il tempo è un fiume'? Ciò che pochi arrivano a comprendere è che il fiume è circolare. La morte di un uomo apre sempre la porta alla nascita di un altro". Era un chiaro riferimento all'Ebreo.

"Ho visto giustiziare un uomo e prima di morire mi ha guardato e ha detto..."

"Sono figlio della terra e del cielo stellato, di sete sono arso. Vi prego, fate che io mi disseti alla fontana della memoria.". L'uomo fece una breve pausa prima di riprendere. "E' un'invocazione, un modo per i membri della confraternita di riconoscersi".

"Noi non siamo membri della confraternita", ribatté Elettra.

"Siete sicuri? Questo tempio una volta era il luogo di culto di una religione che ha avuto origine molto tempo prima di Cristo. Siamo conosciuti come i Figli di Mitra. Molta parte di ciò che viene chiamato progresso è semplicemente il ricordare ciò che è stato dimenticato, conoscenze che sono raccolte in un compendio noto come il Libro delle Lamine. Recentemente sono venuti alla luce alcuni indizi sull'ubicazione del libro. Abram Ben Youseff...". L'espressione sul suo volto mutò in una piccola smorfia di dolore, era chiaro che il Turco lo conoscesse molto bene. "...stava seguendo quegli indizi quando è stato imprigionato e messo a morte. Forse avete sentito degli archivi segreti istituiti dal Vaticano. Li cura un uomo di nome Lupo Mercuri...". Anche nominare il Curatore degli Archivi Segreti doveva essere doloroso. "...un tempo era un figlio di Mitra. Noi cerchiamo di diffondere e preservare la conoscenza, lui spera di alterarla o sopprimerla."

"Io ancora non capisco cosa questo abbia a che fare con me o con Elettra.". Leonardo era confuso.

"Cosa sapete di vostra madre?", gli chiese il Turco senza badare alle parole che Da Vinci aveva pronunciato poco prima.

"Quasi niente. È scomparsa... era una serva, credo"

"Era una schiava, potata qui da Costantinopoli contro la sua volontà.".

Al-Rahim continuava a parlare con Leonardo ma Elettra non li ascoltava più, erano solo un brusio di fondo. Alla parola 'madre' la sua mente era corsa lontana, persa in ricordi che credeva di aver sepolto per sempre. 

"Cercherete il Libro delle Lamine", disse il Turco dopo alcuni minuti. La ragazza si risvegliò dai suoi pensieri. "Il fato vi ha scelti", disse rivolto ad entrambi.

"Da dove inizio la ricerca?", chiese Leonardo.

"Dall'appeso. Nella sede dell'anima. La porta è già stata aperta per voi"

"E mia madre?"

"Lei vi sta già aspettando, dall'altra parte. Tutto ciò che dovete fare è entrare".

Solo in quel momento Elettra si accorse che il Turco teneva qualcosa in mano, una strana polverina bianca simile a farina. Ma certamente non era farina.

Al-Rahim la soffiò in faccia a Leonardo, che cadde immediatamente a terra, addormentato.
La ragazza si alzò di scatto dal tappeto su cui era seduta, portando una mano sull'elsa della sua spada.

"E ora veniamo a voi, Elettra", gli disse spostando su di lei tutta la sua attenzione. La sua espressione aveva un che di paterno.

Elettra però non si fidava di lui. E il Turco parve capirlo.

"Riponete la vostra arma e sedetevi, vi prego.", le disse con un sorriso. Nonostante tutto aveva un tono molto convincente.

Si sedette con circospezione, attenta ad ogni mossa sospetta dell'altro.

"E' arrivato il momento di parlare della vostra di madre".

Elettra non ne parlava mai con nessuno, era sempre stato un argomento delicato e doloroso. "Lei e mia sorella erano due figlie di Mitra, non è vero?", chiese di getto. 

L'altro fece un sorriso compiaciuto. "Esattamente. Vostra madre conservava per la confraternita importanti documenti. Ma il tesoro più prezioso so per certo che lo avete voi appeso al collo"
Elettra portò una mano al proprio ciondolo a forma di cuore. Sua madre lo aveva donato a Lucrezia poco prima dell'agguato, ma la sorella aveva insistito perché glielo tenesse lei. 'Sarebbe stato più al sicuro', le aveva detto. Da quel giorno lo aveva sempre portato con sé.

"Affiderete una ricerca anche a me come avete fatto con Leonardo?", gli disse in tono di sfida.

"In un certo senso. Voglio che recuperiate quei documenti. Vostra madre prima di scomparire stava addestrando vostra sorella per il recupero del Libro delle Lamine, ma non era Lucrezia la prescelta, Anna ha scelto la gemella sbagliata. Il tempo è giunto ma voi non siete preparata. Confido che qualunque cosa troverete, vi sarà di grande aiuto. Il vostro destino è quello di affiancare Da Vinci in quest'impresa. Ma potrete riuscirci solo con i giusti mezzi."
Elettra ci stava capendo davvero poco.

"Dove devo cercare?", gli chiese.

"Voi lo sapete già"

La ragazza aveva un brutto presentimento. Non avrebbe mai messo piede in casa dei suoi genitori. Quel luogo conteneva troppi ricordi dolorosi e nessuno ci era più entrato dopo quella tragedia. Non lo avrebbe di certo fatto lei.

Il Turco parve capire. "Dovete fare in fretta, per il bene di tutti"

Dopodiché prese una strana moneta, identica a quella che aveva dato nella locanda a Leonardo, e incominciò a farla roteare sul terreno.

"Imparerete presto ad usarla se vi deciderete a fare quello che vi ho consigliato.", le disse riferito al piccolo oggetto rotondo. "Ricordate le parole che vi hanno insegnato. E state attenta agli indizi lasciati solo per voi."

Poi fu tutto buio.

Gli occhi di Elettra ci misero un po', prima di abituarsi a quell'oscurità. Non c'era più niente in quella stanza, anche la statua, che doveva pesare diverse tonnellate, era scomparsa. Restavano solo lei e Leonardo, profondamente addormentato. Come diavolo aveva fatto quell'uomo a far sparire tutto?

Vi era qualcosa che luccicava, sul terreno. Era la moneta. La raccolse e se la ripose tra le pagine del suo blocco da disegno. Poi si mise il tutto in tasca.

Stava per avvicinarsi a Leonardo per svegliarlo, quando sentì dei passi nella sua direzione. Estrasse la spada dal fodero senza fare rumore e si acquattò contro il muro, vicino all'entrata. Sapere che vi erano altre persone in giro per le rovine non le piaceva per niente: era senz'altro un posto frequentato da gente poco raccomandabile quello.

I passi si fecero sempre più vicini: stavano scendendo la scala a chiocciola. Avrebbe colto loro di sorpresa.

Uno di quegli uomini stava per varcare la soglia. Alzò la spada a mezz'aria, pronta a colpire.

Solo all'ultimo istante riuscì a capire di chi si trattasse. E a fermarsi in tempo.

"Stavi cercando di farci fuori?", chiese Zoroastro, leggermente pallido.

Elettra trasse un profondo respiro di sollievo.

"Dove eravate finiti? Sono ore che vi cerchiamo. Ormai è quasi l'alba!", proseguì il moro. 

La ragazza lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Non credeva di aver passato così tanto tempo là sotto! Doveva aver perso la cognizione del tempo. Era scomparsa la mattina precedente senza dare spiegazioni a nessuno. Suo zio e i Medici dovevano essere senz'altro preoccupati.

"Il carnevale, cazzo!", disse prima di correre su per le scale.

"E il maestro?", chiese Nico preoccupato nel vederlo a terra privo di sensi.

"Gli ha dato qualcosa per farlo dormire", gli urlò Elettra ormai giunta in cima. "Non preoccuparti, prima o poi si sveglierà".

Poco dopo sentirono il rumore di un cavallo lanciato al galoppo.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro