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Capitolo 9~

Quando Elvia aprì gli occhi, dapprima notò solo la luna e le stelle che brillavano intensamente sopra di lei. Riusciva a distinguerle chiaramente anche tra le fronde ricche degli alberi, perché si distinguevano come fiaccole nel buio più assoluto.

Solo dopo si accorse di essere sdraiata di fianco, nella stessa identica posizione in cui era caduta nel suo sogno, e di aver voltato leggermente la testa per guardare il cielo sopra di lei.

Si mise pancia all'aria e rimase a contemplare quello spettacolo, senza porsi domande, senza chiedersi cosa era successo, senza preoccupazioni per quello che era avvenuto nelle ultime ore, negli ultimi giorni.

Era esausta, esausta per tutto. Le serviva un attimo, un solo momento in cui dire che tutto era stato un sogno, che poteva svegliarsi da un secondo all'altro. Poi, però, le tornarono alla mente i corpi senza vita a terra di uomini e Asfer, il cielo rosso del tramonto e la terra impregnata da tutto quel sangue, le urla di quella bellissima donna al suo fianco, e la lotta accanita, disperata, dei due guerrieri.

Quell'ultimo ricordo l'aveva sopraffatta, l'aveva distrutta. Si sentiva tremendamente inerme, inutile; il dolore che aveva provato le attanagliava ancora il petto, facendole mancare il fiato. Ma era davvero suo, quel ricordo? O non era solo un ricordo, ma un'illusione creata da quel luogo?

Le ci volle un po' per rendersi conto che, attorno a lei, si era creato un leggero brusio, seminascosto dal vento che si era alzato.

Elvia non aveva le forze per mettersi seduta, così guardò attentamente il luogo.

All'inizio, non riuscì a distinguere nulla nell'oscurità della vegetazione; ma poi distinse, anche se non chiaramente, delle fiammelle semitrasparenti sospese nell'aria. Erano piccole e di svariati colori.

Una le si avvicinò e avvertì subito una leggera sensazione di calore e sonnolenza invaderla ancora una volta. Quando questa notò che la stava fissando, lanciò quello che ad Elvia sembrò un urletto acuto e filò via, così come la sensazione di calore. Anche le altre si allontanarono un poco, zittendo completamente il brusio e lasciando prevalere il silenzio.

Elvia si mise con incredibile fatica a sedere e scrutò meglio il luogo in cui si trovava. Era al centro di quella che le sembrava una piccola radura, probabilmente all'interno della Foresta dei Sussurri, circondata da alberi altissimi e rigogliosi, e illuminata da quelle piccole sfere.

Rimase leggermente sorpresa da quella vista; quelle piccole creature le facevano riportare alla mente ricordi sopiti, forse le aveva studiate e trovate in uno dei tanti tomi enormi che Damiana le aveva fatto imparare.

Una di queste, alla fine, si avvicinò lentamente ad Elvia. Poi, la ragazza si accorse che quella non era una fiammella come aveva pensato all'inizio.

Il vecchio che le si avvicinò, la barba corta e uno scintillio di curiosità negli occhi, era alto quanto la sua mano. Si sosteneva a un bastone, su cui gravava il peso del suo corpo ingobbito dall'età, e indossava una lunga veste di cui però Elvia non riusciva a identificare il colore a causa della fiamma arancione che lo circondava.

Questi fece un breve inchino alla ragazza che continuava a fissarlo stranita. - Allevatrice, gradirei molto se lei mi seguisse. Riceverà presto alcune delle risposte che cerca. Non è molto lontano, venga.

Come si era avvicinato, iniziò ad allontanarsi. Presto Elvia si ritrovò in piedi, anche se tremante, costretta a seguire quello spirito che non si era voltato una volta a controllare che lei gli fosse dietro. Al loro passaggio, gli altri spiriti si fecero da parte.

- Mi spiace di non essermi presentato come si deve, signorina; ma siamo leggermente di fretta, anche se ha ben capito che io sono ormai anziano e non posso permettermi di andare più veloce di così.

Elvia non capiva come non potesse farlo, dato che era uno spirito, un essere incorporeo.

- Io sono Assay, uno dei Custodi di questa Foresta.

- Custodi?

- Ogni Foresta ne ha. Essi sono i sottoposti di una che voi umani solete chiamare divinità minore. Veniamo anche chiamati da voi umani Lexys, spettri che torturano psicologicamente gli esseri che entrano in questo luogo; ma sono solo voci che voi umani avete fatto circolare. Siete voi ad essere troppo deboli, che vi vantate di una forza superficiale; e a causa di ciò cadete vittima dei vostri desideri e tormenti - fece una pausa come a soppesare i suoi pensieri, e si voltò a darle un'occhiata veloce, prima di proseguire di nuovo. - Però ogni tanto abbiamo delle piccole eccezioni, sì.
Come stavo dicendo, siete voi a cadere vittima dei vostri desideri; ma in parte è anche colpa di noi Custodi. E' da alcuni decenni che non riusciamo più a contenere appropriatamente il potere sopito della nostra Signora, e a volte capita che influenzi leggermente i pensieri delle creature che entrano nella Foresta, fino a tormentarle senza volerlo. Appena ce ne rendiamo conto, tendiamo a portarle fuori e a curarle in parte. Ecco spiegato perché quando uno dei più giovani le sta vicino si sente appesantita e ha sonno. Noi vecchi siamo troppo stanchi anche solo per le cure minori e presto ci spegneremo, uno ad uno, come la fiamma di una candela che ha raggiunto la sua fine.

La ragazza non riusciva a comprenderlo appieno: come poteva uno spirito come Assay morire?

Le sembrò che il vecchio le sorridesse triste mentre continuava a parlare. - Come un corpo raggiunge il suo limite di tempo, anche un'anima si sente troppo vecchia per continuare ad esistere. Non c'è bisogno che si crucci così tanto, cara ragazza. Ognuno di noi ha il suo tempo; presto lo capirà anche lei.

Le sembrava così strano il fatto che qualcuno le si rivolgesse così formalmente, ma Elvia aveva le forze solo per stare dietro ad Assay, che avanzava lentamente nella Foresta dei Sussurri, e la voce le era come sparita da quando si era svegliata qualche decina di minuti prima. Però si domandava il perché di quella sua ultima affermazione.

Questo Assay sembrava comprenderlo, così continuò a parlare senza aspettarsi molti interventi dalla ragazza stanca e provata dietro di lui. - Presto raggiungeremo il luogo in cui dimora e e riposa la mia Signora. La prego di stare attenta. Come le avevo accennato prima, il suo potere è poco stabile negli ultimi decenni.

La ragazza si domandò quanti anni avesse quel vecchio spirito che la trattava con così tanto riguardo, anche se non la conosceva. Forse essere un'Allevatrice le dava tutto quel potere?

Di colpo si fermò, congelata da ciò che stava solo in quel momento realizzando.

- Dove sono Krir e Akemi?

Il suo primo pensiero doveva essere per loro, non per se stessa. Dove erano i due cuccioli che le avevano dato tanto affetto nel momento del bisogno? Dove erano i suoi protetti?

Assay si fermò alle sue parole, ma non rispose, né si voltò verso di lei.

- Dove sono i miei due protetti? Rispondi - ora stava praticamente ringhiando.

- Signorina, la prego di continuare a seguirmi. Riceverà alcune delle risposte che cerca, anche quella che più la cruccia. E la prego di essere paziente.

Elvia strinse le labbra in una linea sottile: se era successo qualcosa ai due Asfer si sarebbe scatenato l'inferno, parola di Allevatrice.

Il resto del tragitto passò in un silenzio carico di tensione, mentre la ragazza teneva lo sguardo fisso sul vecchio spirito che sbatteva pigramente le piccole ali per continuare ad avanzare. Quel movimento costante, continuo, le sembrava come un vecchio orologio malfunzionante le cui lancette si muovevano con estrema lentezza; e ciò la innervosiva incredibilmente.

Dopo un tempo interminabile, in cui non aveva fatto altro che maledire tutto e tutti per ciò che le era successo, Assay parlò di nuovo. - Stiamo giungendo al luogo, signorina. Le ripeto nuovamente: moderi le parole e non renda nervosa ed irascibile la mia Signora. Potrebbe essere incredibilmente spiacevole cadere vittima del suo potere quando è infuriata, che quando sta dormendo e non ne è consapevole.

Quelle parole le lasciarono un brutto presentimento, mentre deglutiva la paura che le stava invadendo l'anima.

- E naturalmente - continuò - è pericoloso sopratutto per i giovani Asfer con cui si trova in questo momento.

Ciò scatenò una tempesta dentro di lei. Come osava minacciarla così apertamente? Come solo aveva osato sfiorare i suoi due piccoli protetti?

Si sentiva bruciare, si sentiva oltraggiata; ma soprattutto si sentiva arrabbiata con se stessa. Davvero tutto il tempo che aveva impiegato ad allenarsi in quei dodici anni erano stati inutili?

Con passo deciso, il mento in alto e uno sguardo di fuoco negli occhi seguì quello spirito che stava disprezzando con tutto il cuore.

Lo spettacolo che le si presentò, la lascio completamente a bocca aperta, cancellando quasi tutta la furia pronta ad esplodere all'interno della ragazza.

Un'ultima fila di alberi era perfettamente allineata in un'immaginaria circonferenza, i tronchi piegati in un inchino, come quello di servi rivolti verso il proprio padrone.
Ad Elvia sembrò di scorgere dei lineamenti vagamente umani nei tronchi, ma probabilmente gli occhi le giocavano dei brutti scherzi a causa della stanchezza.

Al centro di quello spazio circolare libero di ogni tipo di vegetazione se non un dolce prato verde e qualche fiore che sbocciava alla luce della luna, la figura di una bambina dormiva beatamente, le mani sotto la guancia e le gote leggermente arrossate dalla calura estiva.

Ma forse non era solo il caldo a riscaldarla.

Una creatura l'avvolgeva in una dolce stretta, l'enorme muso vicino a quello della bambina addormentata. Il corpo era ricoperto di squame tendenti all'azzurro e al bianco; era lungo e sinuoso, grosso ed enorme, ed emanava una strana aura. Calore? Magia? Elvia non sapeva dirlo, troppo impegnata a contemplare quella scena.

Poi, delle piccole luci si accesero ad illuminare la piccola radura. Si muovevano dolcemente attorno alle due figure, come a intonare un canto che solo quella bambina e la grossa creatura potevano sentire.

Elvia fece un passo e alzò una mano, cercando di prendere una di quelle piccole luci.

Non erano Custodi, ma emanavano anche loro uno strano calore, completamente diverso da quello di Assay.

Riuscì a prenderne una delicatamente, e una tenera gioia le illuminò il cuore, cancellandole la rabbia che fino a poco prima la stava divorando; e un velo di nostalgia le coprì il cuore, facendola sorridere amaramente.

Era un piccolo e indifeso insetto, così debole ma allo stesso forte. Mandava a intermittenza una piccola luce che illuminava la mano chiusa a cupola della ragazza.

- Quella è una lucciola, un essere non dotato di magia, se non quella della vita.

L'Allevatrice aprì la mano, liberando la lucciola e lasciandola tornare verso le sue compagne, che continuavano ancora a volteggiare intorno alle due figure addormentate. Non aveva mai letto niente del genere, e ciò la stupiva. Come Allevatrice non avrebbe dovuto conoscere tutte le creature di quel mondo, magiche e non magiche? E perché guardare quella piccola creatura allontanarsi le stringeva il cuore in quella maniera, come se un ricordo volesse affiorare, ma non avesse abbastanza forza per tornare a galla?

- Le anime - parlò di nuovo Assay. - si trovano in un ciclo infinito, costantemente costrette a reincarnarsi in corpi sempre diversi e a compiere più e più volte il loro destino. Costrette a provare gli stessi amori, gli stessi dolori, gli stessi sentimenti. E quando un'anima è particolarmente forte, riesce a mantenere qualcuno dei ricordi della sua, o delle sue, vite precedenti.

La ragazza sussultò leggermente, ma non si volse verso il vecchio spirito.

- E proprio perché percepisco che la vostra anima è molto antica, proprio perché ho capito che è uno spirito molto potente, le chiedo di parlare con la mia Signora.

Elvia a quel punto si voltò, gli occhi seri. - Mi dica chiaro e tondo cosa vuole veramente da me. Non credo che lei mi abbia portata qua per qualcosa come parlare semplicemente con la sua Signora.

Il silenzio si impadronì di nuovo di quel luogo; poi una voce chiara e cristallina, carica di ironia, si diffuse in mezzo a loro. - Risponderò io alle tue domande, mia cara e dolce anima funesta.

Assay scese di colpo a terra, appoggiò il bastone accanto a sé e si inginocchiò. - Ben svegliata, mia Signora.

- Sono sempre felice di rivederti, Assay. Non inchinarti, il tuo spirito è fin troppo debole.

Lentamente, Elvia si voltò a guardare di nuovo quella bambina che oramai si era ridestata dal suo sonno.

Lunghi capelli mossi, di un tenero verde germoglio, incorniciavano un piccolo viso perlaceo e occhi di un celeste chiarissimo, quasi bianco. Due piccole e lunghe orecchie uscivano dalla massa dei capelli, mentre un sorriso dolce solcava quelle piccole labbra. Indossava una semplice veste bianca, piena di piccole e grandi piume dello stesso colore.

Come poteva quella creatura, che trasmetteva una calma e una quiete tale da riappacificarla con un sorriso, poter rilasciare quel potere così tremendo?

- Io sono Nija, Signora di queste terre. E tu, antica anima che rinnega il suo tremendo passato, quale sarà il tuo nuovo destino?


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