Capitolo 49~
Xerxes starnutì e tirò su col naso. L'inverno aveva avuto la meglio anche su di lui, e non aveva potuto evitare di beccarsi un raffreddore con i controfiocchi.
Con un grugnito, si rigirò tra le coperte, lo sguardo rivolto verso l'unica finestra. Possibile che fosse costretto a letto, quando là fuori il tempo faceva invidia alla primavera stessa anche con il calar del sole?
Per un attimo, il volto dell'uomo che lo aveva tormentato alle terme si fece avanti e Xerxes non poté evitare una smorfia. Probabilmente era a tutta colpa sua se si era sentito male, visto che lo aveva costretto a stare a mollo per non so quanto tempo.
Giuro che se lo rivedo...
Un bussare leggero alla porta lo riscosse da quei pensieri, così come la piccola voce che gli arrivò ovattata. – Xerxes, sono Lena. Ti ho portato qualcosa da mangiare. Posso entrare?
Il ragazzo strinse gli occhi, imbarazzato di farsi vedere in quelle condizioni, ma non ebbe il coraggio di negare la richiesta alla sua nuova compagna di viaggio. – Certo.
- Con permesso... - Lena aprì la porta e, con un vassoio tra le mani, si avvicinò al letto. – Come va?
Xerxes si mise a sedere e si schiarì la voce. Stava decisamente meglio rispetto a qualche ora prima, ma si sentiva ancora un po' intontito. – Bene, ma non mi aspettavo di stare così male di punto in bianco – la voce gli uscì roca, quasi gutturale e non gli sembrò più nemmeno la sua.
- Allora è il caso di riprendere le forze – asserì la ragazzina, e gli poggiò sopra la coperta il vassoio con sopra una scodella piena di minestra. L'odore gli fece storcere il naso e chiudere lo stomaco, ma era d'accordo con lei: odiava starsene fermo, anche solo per mezza giornata. Prese un respiro profondo e, a ogni cucchiaiata, rabbrividiva.
- Non è male, dai – commentò la giovane e si accomodò su una sedia al suo fianco.
Xerxes si scolò il bicchiere d'acqua, la fronte corrugata in disapprovazione. – L'hai almeno assaggiata? No, perché è mostruosa.
Lena scoppiò in un breve risolino, guadagnandosi un'occhiataccia. – Direi che è un'esperienza per cui faccio volentieri a meno.
Il giovane scosse la testa, sconsolato. Possibile che in quella banda di matti nessuno comprendesse le sue pene? Lanciò di nuovo uno sguardo alla finestra e sospirò. Stare fermo lo portava a pensare, e i suoi pensieri lo conducevano in modo inequivocabile a Elvia.
Lena, le mani strette l'una all'altra, si sentì irrequieta. Percepì Kija muoversi sotto i propri abiti, il muso che sbucava leggermente dal suo colletto, e si sentì rincuorata da quel piccolo gesto.
- Xerxes – lo chiamò, e il cuore quasi le balzò fuori dal petto quando lui si voltò. – Ho da confessarti una cosa.
Il ragazzo fissò i suoi occhi sulla figura della giovane. Non disse una parola ma le lasciò tutto il tempo necessario affinché continuasse con tranquillità.
- Potrebbe non essere niente, ma... ci tenevo a renderti partecipe – Era titubante, ma sapeva che quello che stava facendo era giusto. L'Asfer sibilò, lieve, e ciò le dette la spinta definitiva. – Devi sapere che Kija è un essere particolare. Non saprei come definirlo, se potente o più raffinato, ma riesce a percepire cose che per altri Asfer sarebbe impossibile. Diciamo che tu hai un odore particolare che non gli è mai andato del tutto a genio... e che questo odore si è ripresentato in città... Insomma, quello che voglio dirti è che la persona che stai cercando potrebbe essere qui, in questa città. So che potrebbe essere una cosa assurda, ma...
Era confusa, non sapeva in che modo spiegare il legame che aveva con Kija. Le parole, però, le rimasero intrappolate dentro di sé quando sollevò finalmente lo guardo e incrociò quello di Xerxes. Era forse la prima volta che vedeva occhi così colmi di incredulità, ed era forse la prima volta che scorgeva tutte quelle espressioni farsi spazio sul suo volto con tanta velocità.
Le mani erano animate da un lieve tremore, un pallido sorriso era comparso a piegargli le labbra. Le parole di Lena lo avevano scosso. - ... dove? – fu l'unica cosa che riuscì ad articolare, le emozioni che gli avevano serrato la gola in una morsa spietata.
Kija sibilò, e Lena tradusse per lui. – Si trova all'interno di un enorme edificio al centro della città. Un edificio che sa di polvere e morte.
La ragazza abbassò lo sguardo imbarazzato quando Xerxes si alzò, scostando le coperte con un unico gesto deciso. Probabilmente non si rendeva nemmeno più conto dell'ambiente circostante. Si vestì velocemente e iniziò a frugare dentro la sua borsa, alla ricerca della mappa che avevano comprato per destreggiarsi al meglio in quella città piena di vicoli e viuzze. Con un'esclamazione di esultanza, la portò al letto e lo aprì, mostrandola nella sua interezza.
- Lena – chiamò, le mani a coprigli il volto a eccezione degli occhi che scandagliavano quel pezzo di carta quasi con ferocia. – Grazie. Grazie di cuore – fu ciò che riuscì a sussurrare dopo secondi interminabili di silenzio.
E quelle poche parole – Lena ne era certa – erano cariche dei sentimenti più puri. Abbassò di nuovo il capo, ma questa volta un leggero senso di ansia aveva preso posto invece dell'imbarazzo. Se fossero riusciti a trovarla... se era davvero la donna che Xerxes stava cercando con tanta veemenza, allora avrebbe incontrato un'altra Allevatrice. Sarebbe stata in grado di rispondere alle tante domande che avevano iniziato ad assillarla quando aveva incontrato Kija?
- Deve essere la Biblioteca. Non può essere altrimenti.
La giovane sussultò al suono della carta che veniva ripiegata malamente. Sollevò la testa e scorse Xerxes mettersi il mantello e la mappa in tasca, il tremore che sembrava non riuscire più abbandonarlo. Lena strinse maggiormente la presa sulle sue mani. Doveva prendere una decisione in fretta. Eppure... eppure non sapeva cosa fare.
- Xerxes – lo richiamò, e il ragazzo, la mano sulla maniglia, sembrò fremere di fronte a quella nuova attesa. – Io...
La sua voce si perse nel mezzo del rombo con cui il terreno scosse. Il gelo sembrò prendere il posto del sangue caldo che le fluiva nel corpo e la sua vista si annebbiò. La testa iniziò a girarle e il panico si impadronì di lei. L'aria non era più sufficiente. Le parve di soffocare.
Non si rese conto di cadere dalla sedia fino a quando non avvertì due braccia afferrarla, e lei si aggrappò ad esse quasi fossero un'ancora di salvezza nella tempesta di emozioni che l'avevano colta impreparata. Le lacrime iniziarono a correre veloci dai suoi occhi non appena percepì il calore di Xerxes arrivarle, e il conforto fu tale che anche i singhiozzi ebbero la meglio su di lei.
Non aveva idea di cosa era appena successo, ma non aveva mai provato tutta quella paura in vita sua, nemmeno quando era stata braccata, né quando aveva quasi perso Kija.
Tremando, avvicinò la mano al collo dove trovò il suo amato compagno. Un tepore più forte si sprigionò al contatto, un tepore che riuscì a calmarla nel profondo.
- Va tutto bene, è finito – la tranquillizzò Xerxes.
Lena scosse la testa. Un dubbio si fece strada dentro di lei, e Kija glielo confermò. – Ho come la sensazione che non sia tutto qui – sussurrò. Si fece forza e, appoggiando le mani sul letto, si rimise in piedi. – Kija mi ha appena confermato che le scosse hanno avuto origine a est, sempre verso il centro. Non può essere un caso. Xerxes, credo...
- Lo so.
Quella semplice asserzione le inaridì la gola. Lena si sedette di nuovo e rivolse il proprio sguardo al ragazzo ancora accucciato a terra. – Allora vai. Informerò io Erika e Lorenzo. Dovesse succedere qualcosa, aspettaci in prossimità del bosco. Sai, quello di cui avevamo parlato l'altro giorno con gli altri.
Xerxes annuì e si alzò in piedi, la spada che pendeva al suo fianco sotto il mantello. – A dopo – la salutò, e il caldo sorriso che le rivolse si riflesse nei suoi occhi.
Lena lo osservò uscire fino a quando la porta non si contrappose tra di loro e, solo allora, sospirò. Quanto tempo era passato da quando aveva messo piede nella stanza per portare a Xerxes il brodo? Al massimo una ventina di minuti, non di più; eppure aveva l'impressione che fosse passata un'eternità.
- Potrò incontrare Elvia, eh...
Kija le sussurrò all'orecchio, e la ragazza non poté che essere d'accordo con lui. Sperava anche lei in qualche risposta.
XxxxX
Xerxes dovette quasi fare a gomitate per attraversare il mare di persone che si erano accalcate nelle vie e che gli impedivano di proseguire per la Biblioteca. Riuscì a scorgere diverse facce scure in mezzo al panico che si era creato. I bambini stringevo le sottane delle madri e i vecchi cercavano di riportare alla mente l'ultima volta che un terremoto simile era avvenuto.
- Mai. Nemmeno da bambino. Me ne ricorderei – sputacchiò uno.
- Tu e la tua memoria bacata – lo rimbeccò una signora anziana al suo fianco. – È successo una volta e gli intelligentoni se la sono quasi fatta addosso per la paura, non ricordi? – lo prese in giro e rise alle sue stesse parole. Poi si rivolse ad alcuni bambini che erano seduti lì vicino. – Mia nonna diceva sempre che le scosse erano il gorgogliare dello stomaco di una mostruosa creatura che si trova addormentata nella parte più buia e profonda della Biblioteca. Il gorgogliare diventa sempre più forte, perché la fame della bestia non fa altro che crescere e crescere... e quando la sua fame è così grande che neanche il sonno imposto dal Fondatore è in grado di tenerla a bada, allora se ne esce di nascosto dalla sua prigione e vaga per la città, alla ricerca di bambini che non vogliono andare a dormire e che non ascoltano i propri genitori. Ahh – sospirò malinconia, e i piccoli si guardarono tra di loro. - Ricordo ancora la mia piccola amica Maria... un giorno si giocava insieme e quello dopo era sparita, catturata dalle grinfie della bestia.
Xerxes si lasciò alle spalle le grida dei bambini, e non poté che comprenderne la paura. Anche lui aveva avuto la sua dose di storie terrificanti quando era più piccolo e, ancora in quel momento, lo perseguitavano nei suoi sogni.
Riuscì ad allontanarsi dalla via principale e dalla calca che si era formata, e ad addentrarsi in una serie di viuzze che lo avrebbero portato a destinazione. Avrebbe voluto mettersi a correre, ma non voleva attirare su di sé lo sguardo delle guardie che tentavano di riportare l'ordine. Mancava solo che lo fermassero per aver borseggiato qualcuno in tutto il caos che si era andato creando.
Il cuore gli martellava nel petto, veloce, e l'euforia prese piano piano piede su di lui, portandolo ad accelerare il passo. Si era sentito così anche a Mystrangel, quando aveva rincorso i tre Cacciatori e aveva incontrato Lena. Era conscio che Kija avrebbe potuto essersi sbagliato – lui non aveva mai incontrato né Elvia né i suoi due protetti – eppure aveva come la sensazione che quella volta sarebbe andata bene. Ne era convinto.
Si portò una mano al viso, cercando di contenere il sorriso che non lo aveva mollato un secondo da quando Lena gli aveva riferito la notizia, l'altra sul pomo della spada, pronto a ogni evenienza. – Non ce la posso fare... - mormorò, socchiudendo leggermente gli occhi.
Girò l'angolo e quasi finì addosso all'ennesima persona.
- Oh, scusa – Xerxes lanciò uno sguardo all'interlocutore e rimase interdetto quando questi si irrigidì. Portava un mantello e un cappuccio che ne nascondevano la figura, ed era poco più bassa di lui.
Non ricevendo risposta, decise che era il caso di proseguire. Non aveva certo tempo da perdere con un estraneo in una di quelle tante vie senza nome. Con un cenno del capo, decise di congedarsi da quell'incontro, ma una mano strinse il suo polso.
Xerxes si voltò di scatto. Possibile che dovesse succedere tutto nello stesso giorno, proprio quando aveva fretta? Non riuscì, però, a dire nulla.
La figura incappucciata si scoprì il capo e boccoli scarlatti incorniciavano un volto famigliare. Occhi del colore dell'ambra lo fissavano spalancati, quasi come avessero davanti un fantasma e non una persona in carne ed ossa.
- Xerxes...?
Come avrebbe mai potuto dimenticare quella voce, quella stessa voce che lo aveva accompagnato nelle notti in cui sperava quasi di morire, per quanto il dolore fosse lancinante?
- Sei vivo...?
E quando le lacrime adombrarono quegli stessi occhi che gli avevano sorriso con benevolenza nonostante lui avesse voluto fare del male a lei e ai suoi protetti... come poteva rimanere indifferente? Come poteva ignorare la mano tremante che gli stringeva il polso?
Xerxes le sorrise, e percepì un calore indescrivibile dentro al petto. – Elvia – sussurrò, la voce che non voleva saperne di stare ferma. – Sono vivo – le sussurrò, e non poté fare a meno di stringerla in un abbraccio.
Quanto si era sentita in colpa per quella notte?
Non sapeva, però, che l'avrebbe rifatto altre cento volte, se fosse stato per lei.
XxxxX
Rieccomi qui, appena riemersa dagli esami, mezzi rintronata, con un nuovo capitolo. Spero sia stato di vostro gradimento.
Perdonatemi per il ritardo eccessivo, cercherò di rimettermi in riga.
Oh, e tanti auguri a cc'è_200 che oggi che compie gli anni uwu
Tantissimi auguroni :*
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