Capitolo 47~
Elvia procedeva, un passo alla volta, l'ansia che le riempiva il petto. Il corridoio era poco più alto di lei e le permetteva quindi di stare dritta; tuttavia, preferiva rimanere leggermente incurvata per evitare di entrare in contatto con il soffitto. Pur avendo condotto una vita umile, senza eccessi, le ragnatele erano forse una delle poche cose che malamente sopportava.
Mosse la lanterna intorno a sé, non sorprendendosi di trovarci dei muri in pietra, e, passandoci la mano sopra, si sorprese di quanto fossero lisci e freddi al tatto. Un brivido la percorse e si strinse maggiormente nel mantello, cercando di riscaldarsi. La differenza di temperatura tra lo studio e il corridoio era abissale, le sembrava di essere tornata alle giornate di cammino che si erano da poco lasciati alle spalle.
Krir si strinse al suo collo, in modo da attingere maggior calore. Aveva seguito Akemi per alcuni minuti, ma poi il gelo aveva avuto la meglio su di lui e aveva chiesto alla ragazza di poter essere scaldato.
Elvia sorrise, accarezzandogli con la mano libera il manto soffice, e continuò a seguire con lo sguardo il Manfeel che li precedeva. Da quando avevano aperto il battente, erano passati su per giù una ventina di minuti nei quali l'Asfer non era riuscito a fermarsi un attimo, esplorando ogni singola pietra. Di colpo, lo vide fermarsi e raddrizzare le orecchie, il naso che fremeva incontrollato.
- Ci siamo quasi! – gridò, l'eccitazione palese nella voce.
- Mi piacerebbe sapere cosa sta cercando – fu il commento laconico di Krir, che aveva tirato fuori il muso dal mantello e osservava la scena.
- Vorrei saperlo anche io – gli rispose la ragazza. Akemi aveva iniziato a fare delle mini acrobazie poco più avanti e li incitava a proseguire.
Non restava loro che andare avanti.
XxxxX
- Sbaglio o fa sempre più caldo? – si lamentò Elvia, tirandosi su le maniche e allargando il colletto del maglione in cerca di aria.
Era da qualche minuto che la temperatura non aveva fatto altro che alzarsi, e la ragazza aveva iniziato ad accaldarsi. Anche Krir si era dovuto smuovere dal suo posticino, trovando conforto nella frescura del pavimento di pietra.
- Per forza – le rispose Akemi. Con un balzo velocissimo si avvicinò a un soffio dal suo viso, iniziando poi a girarle intorno, i suoi occhietti che la scrutavano. Il movimento delle orecchie creò un leggero venticello che strappò alla giovane un sospiro di sollievo. – È perché ormai siamo arrivati.
Anche Elvia non staccava il suo sguardo da quello del Manfeel. – Arrivati dove? – domandò per l'ennesima volta.
Il coniglio si fermò nuovamente, sospeso all'altezza dei suoi occhi, e alla ragazza parve sorridere. – Tanto lo scoprirai. Perché rovinare la sorpresa?
- Akemi... - sussurrò la giovane, ormai stufa di quella risposta che si sentiva ripetere da quando erano entrati. – Posso almeno sapere...
- No – la interruppe il protetto, deciso, e si appollaiò sopra la sua testa.
Elvia si bloccò di colpo e spalancò le braccia in un gesto esasperato.
Sta facendo i capricci, pensò, senza parole. Sta davvero facendo i capricci come un bambino piccolo.
Lanciò un'occhiata disperata a Krir, ma questi mosse la coda e proseguì il cammino, rivolgendo la propria attenzione altrove. – L'odore è cambiato così come la luce in fondo alla galleria.
La ragazza assottigliò gli occhi, non perché non si fidasse di ciò che la volpe le aveva appena detto, ma perché questi le sembrava sospetto.
È così, eh? pensò, indispettita ma al contempo divertita. Non ci pensò due volte a recuperare terreno con una corsa e ad affermare all'improvviso Krir, il quale inveì contro di lei.
- Ben ti sta! – ribatté la ragazza, ridendo insieme ad Akemi agli acuti del protetto.
Non ci volle molto prima che il silenzio calasse, coprendo le loro risate. Erano arrivati alla fine del corridoio e ciò che si presentò loro fu uno spettacolo macabro, che li fece rabbrividire nonostante la calura.
La struttura le ricordò la radura in cui aveva incontrato Nija la prima volta; ma, a differenza della pace e della tranquillità che aveva imparato a conoscere, quel luogo emanava un odore fetido che la fece quasi vomitare.
Un senso di raccapriccio, viscido, si fece avanti dentro di lei, strisciando e affondando gli artigli con ferocia, in profondità, l'aria che le bruciava il petto. Le lacrime le annebbiarono la vista e le gambe tremavano, ma la ragazza si costrinse a proseguire.
Elvia percepì chiaramente la rabbia di Akemi crescere ad ogni suo passo, mano a mano che si avvicinava al centro dello spazio circolare in cui erano finiti. Si fermò di botto, e non poté fare a meno di scivolare sul pavimento sudicio, di fronte a quello che era stata probabilmente una creatura davvero maestosa, quando la vita le rischiarava ancora l'animo con la sua luce.
Le fiaccole, animate da una magia infinita che attingeva alle fondamenta di quel luogo, riscaldavano lo spiazzo e gettavano ombre macabre sulla figura della creatura, pietrificata in una posa addormentata. Elvia si rattristì ancor di più quando la consapevolezza che fosse stata catturata in un momento di debolezza la colpì.
Si costrinse in ginocchio e congiunse le mani, in preda al tremore, in una preghiera sommessa, chiedendo che la sua anima potesse ricongiungersi con la terra.
- Che la tua anima possa dormire beata in braccio a Nemea, dea di coloro che non hanno nome.
Le lacrime, ora, scorrevano senza freni.
Si alzò nuovamente in piedi dopo alcuni minuti ed eliminò lo spazio che la separava dalla creatura con un paio di falcate. Nonostante fosse accucciata, arrivava all'altezza del petto della ragazza, la quale rimase senza fiato di fronte alla bellezza che ancora ne incorniciava la figura. Aveva la forma di un grosso cervo, ma era privo delle caratteristiche corna che invece avrebbero dovuto esserci. Che gliele avessero strappate per venderle quando lo avevano catturato?
Si accovacciò a terra e, con la mano, ne tracciò le linee che la caratterizzavano, la tristezza che continuava a prendere piede dentro di lei.
Nessuno meritava di riposare in quel luogo da solo, nascosto agli occhi dei loro dei.
Akemi fremeva d'ira quando erano arrivati, ma il dolore di Elvia lo dilaniò a sua volta, svuotandolo. Krir, invece, pregava con la ragazza, al suo fianco, anch'egli conscio delle emozioni che la stavano scuotendo.
- Perché sono le vite più belle a spegnersi per prime? – sussurrò Elvia, dopo alcuni minuti interminabili di silenzio.
- La mia bis-bis-bis nonna mi faceva sempre l'esempio di un prato – le rispose Akemi, la voce priva di tono e le orecchie flosce sulla testa della ragazza, lo sguardo fisso sul cervo. – Andiamo sempre ad ammirare e cogliere i fiori più belli. Nessuno considera i più brutti.
L'Allevatrice rimase ferma, a riflettere su quanto quelle parole fossero vere. Poi, si avvicinò al collo della creatura e lo circondò con le proprie braccia, in un inutile gesto di consolazione.
- Io direi che è ancora viva – dichiarò Krir. Anche lui si era accostato alla statua e lo scrutava nei minimi dettagli, le orecchie ritte a cogliere ogni suono. – È molto lento, quasi impercettibile, ma il battito c'è. Tu dovresti sentirlo meglio di chiunque altro, Akemi.
Il Manfeel si alzò di botto e balzò sulla creatura pietrificata, non senza tirare una zampata a Elvia, la quale lo osservò serrare gli occhi e appoggiare nella loro totalità le orecchie, per poi concentrarsi. La ragazza chiuse le mani, e pregò che Krir avesse ragione. Se era possibile, aveva tutta l'intenzione di salvare quella vita, così come tutte quelle che erano in suo potere. E questo non solo perché era uno dei suoi compiti di Allevatrice.
Un'onda emotiva le tolse il fiato e sorrise con gioia alla speranza che era nata in Akemi.
- È lento, ma c'è – gridò quest'ultimo e centinaia di germogli brillarono in quel luogo vuoto, risplendendo come piccole gemme in mezzo all'oscurità che avvolgeva la creatura. – Krir! – urlò ancora, la frenesia che non lo faceva stare fermo. – Avevi ragione!
- Ovviamente – convenne l'Asfer, alzando fiero il mento. – Quando mai ho avuto torto?
Akemi si gettò addosso al compagno, ma questi lo evitò con un balzo svelto. Krir voleva fare il duro, ma Elvia percepì in modo fin troppo chiaro quanto condividesse i sentimenti del Manfeel. Per la seconda volta, si alzò in piedi e si rivolse decisa ai suoi due protetti. – Allora? Idee?
Krir evocò le sue ali, candide come il colore delle nuvole in estate, e valutò la situazione dopo aver controllato ancora una volta la statua. – L'incantesimo è molto vecchio. Basterebbe davvero poco per romperlo, ma questo metterebbe a rischio la sua vita – rivelò, indicando con un gesto del muso il soggetto in questione. – È estremamente debilitato dalle centinaia di anni che ha passato a dormire.
- A dormire...
Quell'ultima parola fece ricordare ad Elvia della storia che avevano letto nello studio di Framel La Os. Quante probabilità vi erano che fosse proprio così, che fosse proprio quella la creatura protagonista?
Non sarebbe stato troppo conveniente?
- La storia! Non è che è proprio il caldo l'elemento chiave? – Akemi non stava più nella pelle, e iniziò a sbattere le orecchie, sollevandosi quindi in volo, per poi dirigersi verso le fiaccole. – Basterà spegnerle e far raffreddare la stanza, no?
Elvia aggrottò la fronte. C'era qualcosa che stonava in tutta quella faccenda e che la rendeva inquieta. Lo sguardo le cadde sul pavimento, ricoperto da polvere e sudiciume di ogni genere, segno che nessuno scendeva là sotto da diversi decenni.
Chi era, allora, che manteneva le fiaccole accese?
- Non è troppo semplice? – domandò, catturando così l'attenzione dei due Asfer. Akemi fremette alle sue parole, la fretta che chiaramente pretendeva di essere accontentata.
Krir convenne con lei. – Scommettiamo la presenza di almeno una trappola non appena Akemi inizia a spegnere le fiamme?
- Ovviamente ci sono delle trappole – sbuffò il Manfeel. – Ma questo non mi fermerà dal liberare un nostro compagno – e così dicendo, soffocò la prima fiaccola con i suoi germogli. Un odore di erba bruciata li avvolse, presto sostituito da uno più leggero.
Elvia trattenne il fiato e si tenne pronta, in modo da poter affrontare qualsiasi genere di situazione le si potesse presentare.
I minuti, però, passavano e non accadeva ancora niente.
- Cavoletti fritti, avrei dovuto scommettere il contrario – brontolò Akemi, che continuò nel compito di spegnere le fiamme. – Mi aiutate, o no?
Krir, benché fosse molto pigro, si diresse alla fiaccola nella direzione opposta a quella che il compagno aveva spento. Elvia, però, rimase immobile.
Non è successo niente. Perché mi sto agitando così tanto? si domandò, e non poté fare a meno di incrociare lo sguardo con quello pietrificato della creatura. Cos'è che ci nascondi?
Un urlo agitato le arrivò ancor prima che potesse cercare una risposta.
- Si è riaccesa! Non vale! – Akemi scalciava i piedi per aria, la frustrazione che lo animava. Elvia si accorse solo in quel momento che la prima fiaccola che il Manfeel aveva spento si era rianimata, facendolo infuriare.
- Pensavi davvero fosse così facile? – lo provocò Krir. – Sono otto e sono alimentate con la magia. C'è un motivo se non si è risvegliata dopo tutti questi anni, testa vuota.
Elvia assottigliò gli occhi, pronta a fare una ramanzina ai due. Avrebbe anche sorvolato, ma non poteva tollerare che alla prima situazione di stress iniziassero a insultarsi.
- E cosa vuoi che faccia, cervellone? Che le spenga tutte in una volta?
Akemi si alluminò alle sue stesse parole e non prestò all'occhiataccia di ammonimento dell'Allevatrice. Con un movimento agile delle orecchie si diresse nuovamente verso il centro dello spazio, posizionandosi al di sopra della testa della creatura. Elvia lo osservò ancora una volta chiudere gli occhi e concentrarsi. Pochi secondi dopo, la ragazza notò decine e decine di germogli nascere e crescere nello stesso istante e cercare di spegnere contemporaneamente tutte e otto le fiaccole. Stava sfruttando lo stesso espediente usato fino a poco prima, ma questa volta al piccolo Manfeel era richiesta una concentrazione e un potere magico decisamente maggiore, nonché a un controllo più preciso e raffinato.
All'Allevatrice si riempì il cuore di orgoglio. Non era semplice utilizzare nello stesso istante quelle caratteristiche, e il suo allievo ci stava riuscendo in modo egregio? Come poté non esultare quando questi riuscì nel suo intento, portando quindi un buio assoluto a circondarli?
- Ora che Akemi ha avuto il suo momento, direi che è il mio turno – commentò il Vulpus.
Facendo uso delle sue capacità illusorie, Krir invocò una decina di sfere bianche che illuminarono di nuovo lo spiazzo. Le ombre si allungavano alle loro spalle e la ragazza percepì un repentino calo di temperatura, troppo anomalo per poter essere naturale. Si riavvolse nel mantello, cercando di mantenere quel calore di cui avrebbe fatto a meno solo poco prima.
- Mi prenderò un malanno, poco ma sicuro – commentò, indispettita. Non si sarebbe sorpresa del contrario.
Akemi la raggiunse, stanco dopo l'utilizzo dei suoi poteri, e si posizionò ancora sulla sua testa. – Impossibile. Hai i miei doni...
Probabilmente avrebbe anche aggiungo altro, ma un lieve scricchiolio li mise in allerta. I due ne cercarono l'origine con lo sguardo, l'ansia che aumentava in modo spropositato nella ragazza. Fu la voce di Krir a pietrificarli e a lasciarli senza fiato.
- Si sta risvegliando.
XxxxX
E niente, speravo di concludere il capitolo in altro modo, ma si stava allungando troppo quindi ho deciso di chiuderlo qui.
Forse è il caso di darmi una controllata con i dettagli e andare più sul sodo, non so.
In ogni caso, spero vi sia piaciuto!
Alla prossima,
Ellyma~
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