Capitolo 43~
- Devo dire che mi aspettavo qualcosa... non so, di più ordinato? – commentò Elvia, esplorando con lo sguardo lo studio del Fondatore. I tomi erano ammassati in ogni angolo, lasciando numerosi spazi vuoti negli antichi scaffali.
Manuel si toccò la nuca. – Ammetto di averci passato qualche notte di troppo durante le mie ricerche – confessò, in imbarazzo. Era stato talmente catturato da ciò che quei volumi raccontavano che, spesso e volentieri, si ritrovava a passare la notte in bianco. Altre volte, invece, si risvegliava con la bava alla bocca e il volto immerso tra le tante pagine che albergavano quel piccolo spazio.
- Lo vedo – la ragazza sorrise, mentre teneva tra le mani una vecchia coperta di lana ormai consunta fino all'osso e piena di buchi. Lì dentro la Biblioteca faceva caldo, certo, ma loro si trovavano nel sottosuolo, circondati da muri di pietra spessa: era prevedibile pensare che la temperatura calasse abbastanza, soprattutto nei mesi invernali. – Mi sorprende che tu sia ancora in salute – convenne, lanciando un'occhiata divertita a Manuel. Già in quel momento, quando il sole non era ancora calato e mentre la Biblioteca si trovavano all'interno della barriera, l'aria era più fredda.
Questi rispose con un sorriso sghembo. – Ho sempre vantato una salute di ferro.
- Bene – asserì lei. – Ora che siamo arrivati fino a qui, direi che è il caso di darci da fare. Che ne pensate?
- Direi che va bene – le rispose Krir. – L'umano non sembra nemmeno questo granché. Lo stenderesti con una mossa sola.
Elvia, suo malgrado, dovette dare ragione al piccolo Asfer: Manuel dava l'impressione di essere fragile, e la sua veste da Accademico ne accentuava la magrezza.
E nonostante ciò, si ritrovò a constatare. Non ha la benché minima traccia di fiatone.
Manuel li aveva condotti dalla bancherella di Miley fino alla Biblioteca e poi giù, per quelle che alla giovane erano sembrate scale interminabili. Tutto questo senza smettere un secondo di parlare entusiasta e di gesticolare in modo ridicolo.
Si girò di nuovo verso di lui, il volto serio, cosa che lo fece mettere sull'attenti. – Hai giurato sul nome di Nemeria, Dea della Saggezza, che non mi avresti fatto del male. Per questo ho deciso di fidarmi di te – gli rivelò e, con quelle parole, si scostò leggermente il mantello. – Al momento mi accompagnano due cuccioli di Asfer, un Vulpus e un Manfeel – Krir aveva aperto già da qualche secondo gli occhi, fissandoli in quelli dello studioso, il quale deglutì, timoroso. Non era sicuramente la prima volta che vedeva un Asfer, ma dovette ammettere a sé stesso che, quell'esemplare in particolare, sembrava pronto a saltargli addosso al minimo movimento sospetto.
Sentendosi chiamato in causa, Akemi sbucò da sotto il maglione di Elvia e anche lui lanciò uno sguardo truce all'uomo. Erano abbastanza coloro che avevano provato a fare del male alla loro Allevatrice, e non aveva voglia di aggiungere qualcun altro alla lista. Perse interesse, però, quando constatò quanto fosse mingherlino Manuel, e sbadigliò, spalancando la piccola bocca e mostrando i denti bianchi. Nonostante avesse dormito diverse ore, il calore corporeo di Elvia non l'aiutava a rimanere sveglio. Anzi, gli metteva ancor più sonno.
- Ti presento Krir e Akemi e, se non è un problema, mi aiuteranno a cercare – concluse Elvia.
Krir si stiracchiò sulle sue spalle, inarcando la schiena ed evocando le ali bianche con le sue illusioni, per poi spiccare il volo. Compì qualche cerchio sopra le loro teste. Elvia lo osservava divertita. Non si poteva sgranchire abbastanza in quello spazio ristretto, ma era comunque meglio di niente dopo una giornata intera passata a fingere di essere una sciarpa.
Akemi, invece, si rintanò di nuovo sotto il suo maglione, ma la ragazza non gli lasciò scampo. – Eh no. Adesso è tempo di lavorare – e cercò di tirarlo fuori dal suo nascondiglio. Piccoli germogli, però, presero vita, e legarono le zampe del coniglio al maglione. – Non di nuovo – si lamentò la ragazza. – L'ultima volta ci ho messo una vita a toglierli tutti!
Akemi sbadigliò ancora, muovendo le orecchie con pigrizia. – Mettimi da qualche parte. Non farmi volare, ti prego.
Elvia scosse il capo, divertita. Non aveva mai conosciuto qualcuno di così pigro in tutta la sua vita. – Fa sparire il tuo trucchetto e siamo a posto.
- Poi non buttarmi per aria, va bene?
Il Manfeel chiuse gli occhi e, nello stesso istante, i piccoli germogli verdi lasciarono il posto a tante piccole scintille ricche di magia che illuminarono il maglione di Elvia.
Manuel osservava quella scena con occhi talmente spalancati che non sarebbe stata una sorpresa vedere i suoi bulbi rotolare sul pavimento polveroso. Provava una strana sensazione, come di vertigini. Si rendeva conto di aver avuto la fortuna sfacciata di incontrare una vera e propria Allevatrice; ma che potesse anche osservare il modo in cui interagiva con i suoi protetti? No, Manuel Raincat si rese conto di aver probabilmente terminato tutta la fortuna che gli era stata concessa per quella vita.
Per questo aveva come l'impressione di non essere effettivamente lì, con loro, e di osservare quella scena.
E me ne sto così, senza fare niente?
Manuel si prese a schiaffi. Quello non era il momento di rimanere imbambolati: doveva imprimere tutto nella propria memoria e trascrivere tutto più tardi.
- Di cosa avevi bisogno? – domandò, per poi rendersi conto che Elvia lo guardava con un misto di pietà e di divertimento negli occhi.
- Andando dritta al sodo – fece l'Allevatrice, appoggiando Akemi sul poco spazio presente sulla scrivania. – Ho bisogno degli scritti del Fondatore relativi al Grande Massacro.
Manuel si fece pensieroso. – Non ho ancora avuto modo di leggere tutto – disse, avvicinandosi a uno degli scaffali alle spalle della giovane. – E non penso che qualcosa di così prezioso sia conservato in un posto come questo, visto la poca sorveglianza.
Elvia non aveva visto guardie o sorveglianti nelle vicinanze, ma era sicura che il livello di sicurezza non fosse così basso come invece credeva Manuel: se non fosse stata guidata, non avrebbe sicuramente individuato la porticina di metallo da cui erano entrati, benché meno sarebbe riuscita ad entrare in possesso della chiave necessaria ad aprirla; per non parlare della combinazione che aveva richiesto allo studioso un mese di tentativi.
La stanza era piccola, ma non per questo non conteneva al suo interno informazioni importanti.
- Va bene qualsiasi cosa – rispose lei, togliendosi il mantello e appoggiandolo sull'ennesima pila di tomi. Avrebbe preferito tenerselo addosso, ma le sarebbe sicuramente stato d'intralcio durante la ricerca. – Qualsiasi informazione sul luogo che ha visto la fine della Guerra e sulla Culla della Magia è la benvenuta.
- Culla...? – ripeté Manuel, conscio che quelle parole gli risultavano familiari. – Forse...
Elvia lo osservò spostarsi da uno scaffale all'altro, il dito che scorreva tra i titoli di ogni singolo tomo, la fronte corrugata per la concentrazione. Lanciò uno sguardo anche a Krir e ad Akemi, ma i due sfogliavano le pagine di altri volumi, presi dalla lettura.
Andò avanti così per quello che ad Elvia parve un'eternità, fino a quando non lo sentì urlare trionfante. – Trovato!
Con due balzi, la raggiunse, porgendole un piccolo taccuino logoro, poco più grande della sua mano e rilegato da cuoio. Elvia lo prese con delicatezza, con la paura nel cuore di rompere quelle preziose pagine.
Manuel le rivolse un sorriso, comprensivo. – Puoi stare tranquilla – la rassicurò. – Per quanti anni possano avere, per quanto possano essere sul punto di sbriciolarsi, questi volumi sono incantati: il tempo non avrà la meglio su di loro.
Elvia annuì e, facendo grande attenzione, iniziò a sfogliare il taccuino. Sentiva il cuore batterle furioso in gola. Quel momento risultava essere un grande passo in avanti, un passo più vicino alla fine di tutta quella storia. Forse fu per quello che non si rese immediatamente conto del fatto che non era in grado di leggere l'elegante calligrafia che vergava quelle pagine ingiallite.
Lanciò un'occhiata confusa a Manuel, che ricambiò con un gesto eloquente del capo a continuarne la lettura. Gli ci volle qualche secondo per rendersi conto che la ragazza, non essendo un'Accademica, non ne era in grado di comprendere quello che c'era scritto. Si tirò una manata sul viso. Non era da lui fare un errore di quel tipo: che fosse troppo eccitato?
Prese dalle mani dell'Allevatrice il libriccino, pronto a darle le notizie che questo riportava. – Questo è uno dei tanti diari di viaggio che Framel La Os scrisse durante la sua vita. O, almeno, è quello che credo – aggiunse, facendo cenno alla ragazza di sedersi accanto a lui sul pavimento polveroso. – Dovrebbe raccontare degli eventi che seguirono la morte di Fawl e del Traditore...
- Non ha un nome? – lo interruppe Elvia.
- Chi?
- Il Traditore.
Ottima osservazione, si ritrovò a constatare Manuel. Aveva letto talmente tanto sulla Leggenda che non si era mai soffermato davvero sui nomi dei suoi personaggi. – Non lo so – le rispose, sfogliando con gesti esperti le pagine. – Però ogni tanto trovo delle cancellature, sia nel diario che in altri tomi altrettanto vecchi. Come questo – disse, indicando una macchia nera al centro della pagina e cominciando a leggere. – Mi sono spesso chiesto perché lo avesse fatto, perché ci avesse voltato le spalle per qualcosa che fino ad allora avevamo combattuto quasi fossimo una persona sola. Eppure, quando l'ho visto sorridere sotto la spada di Fawl, non ho potuto far altro che sentirmi vuoto. Non avevo grida di gioia da condividere con tutti coloro al mio fianco per la fine della guerra, né parole piene di odio da rivolgere alla sua anima per avermi portato via chi più amavo. Mi rimaneva solo una domanda, incastrata in gola: perché, —?
Elvia percepiva in quelle parole, trascrizione di emozioni di mille anni prima, una tremenda tristezza. Un tradimento faceva sempre male; ma se era un tuo caro amico a tradirti, allora come si poteva sopravvivere a tutto quel dolore?
Krir e Akemi percepirono i pensieri dell'Allevatrice come piccole onde, piene di malinconia. Il loro legame era diventato ancora più forte dopo i fatti di Seynar, ed erano poche le cose che riuscivano a sfuggire ad esso. Akemi spiccò il volo, sbattendo le grandi orecchie piumate, e si posò sulle gambe della ragazza, dove si accoccolò. Elvia non si sorprese di quel gesto, e cominciò ad accarezzarlo dolcemente.
Krir, invece, osservava la scena seduto composto, la coda che si agitava da destra verso sinistra. Mano a mano che l'Accademico leggeva, aveva avvertito una leggera fitta al petto che lo aveva fatto sentire... strano. Non sapeva in che altro modo descrivere quella sensazione se non in quel modo.
Manuel, non sapendo come reagire di fronte a quelle reazioni, continuò a tradurre. – È passata già una settimana dalla morte di Fawl e di — e dalla fine di quello che verrà conosciuto d'ora in poi come il Grande Massacro. Sono stati molti i caduti, e non finirò mai di piangerli tutti. Al termine dello scontro, gli Dei hanno avuto pietà di tutte le povere anime che erano destinate al Nulla e hanno concesso loro un'altra occasione. Ognuna di loro è germogliata in alberi altissimi, che hanno abbracciato quella terra, protagonista di disgrazia, come a consolarla. Mi è stato raccontato che un inverno perenne è calato, rendendo il luogo invalicabile a piede umano. Riuscirò mai a venire a porre omaggio alla tua tomba, Hena, mia cara amica?
L'uomo scorse con gli occhi qualche riga e saltò un paio di pagine, prima di ricominciare. Non c'erano date a scandire e dividere i diversi spezzoni, ma non era difficile capire dove iniziassero e dove terminassero. – È trascorso qualche mese da quando ho scritto in questo diario l'ultima volta. Ultimamente sono troppo preso da tutta la burocrazia necessaria per aprire la mia Biblioteca qua a Nardasia. Anni fa mi sembrava solo un bel sogno, in molti mi prendevano in giro. Chi mai si sarebbe messo a scrivere e a leggere in tempo di guerra? Eppure... c'è stato qualcuno che ha preso sotto la sua ala anche questo mio pazzo desiderio e che lo ha anche reso suo. Perché no? Saresti il primo in tutta la Storia. Queste furono le parole che mi hanno portato a seguirla. Ah, quanto eravamo giovani ed ingenui...
Sono riuscito a salutare la tomba di Hena, finalmente. Ho penato per la gamba e per il freddo, ma sono riuscito a lasciarle alcuni dei suoi fiori preferiti. Ipomoea alba, semplice e candido come Hena stessa. Mi sarebbe piaciuto salutare anche Fawl, ma il suo corpo, così come quello di —, sono spariti dopo la battaglia. Che siano costretti anche dopo la morte a soffrire? Non posso che pregare per le loro anime.
L'altro giorno è venuto a trovarmi un altro caro amico. Lui e la sua famiglia hanno deciso che andranno a vivere nella Culla della Magia, e sono stati in molti a decidere di seguirli. Parlerò con Stephanus affinché gli venga concesso un titolo. Magari qualcosa come i Guardiani della Culla non sarebbe male, no?
Proteggerò con tutto me stesso i pochi amici che mi sono rimasti, parola di Framel La Os.
Xe— mi ha riferito che Nepheae è tornata a Hena. L'ultima che l'aveva vista era stata Hilda, quindi deve essere opera sua. Chissà se avrò mai occasione di rivederla...
Le parole successive vennero assorbite dal clangore delle campane che segnavano le cinque di quel pomeriggio. Manuel sobbalzò, così come Elvia: erano talmente presi dalla lettura che non si erano minimamente accorti del passare del tempo.
L'Accademico, suo malincuore, si alzò in piedi, e consegnò il taccuino nuovamente nelle mani della giovane. – Tra un'ora devo consegnare la mia tesi – le confessò, racimolando le sue poche cose. – Quindi ce ne dobbiamo andare...
- Posso rimanere qui?
Manuel alzò di scatto la testa. Quella domanda che Elvia gli aveva fatto, così a bruciapelo, lo aveva proprio preso in contropiede. – Co...
- Ho notato che per uscire non ho bisogno di chiavi né di combinazioni – spiegò la ragazza. – Quindi posso rimanere ancora qualche ora? Forse riesco a trovare una paio di pagine che sono in grado di leggere anche io. Poi me ne andrò, promesso.
Manuel non sapeva cosa dire. Passò lo sguardo dall'Allevatrice alla porta, per un paio di volte, prima di sospirare e cedere alla richiesta. – Va bene – e quasi Elvia gli saltò al collo dalla felicità. – Tornerò io tra qualche ora, okay? Vi farò uscire senza che nessuno vi veda, ma niente casini. Soprattutto – sottolineò, serio. – Guai a chi rovina anche un singolo pezzo di carta.
Elvia, Krir e Akemi annuirono.
Manuel, mano alla porta, sospirò di nuovo prima di lanciare un ultimo sguardo al trio e lasciarsi alle spalle lo studio.
Chi avrebbe mai potuto predire quello che gli sarebbe successo da lì a qualche ora, quando una serie di eventi gli avrebbe cambiato per sempre la vita?
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