Capitolo 42~
- È meravigliosa – sussurrò Elvia, la voce strozzata dall'emozione.
Quando Manuel l'aveva invitata a fare un giro nella famosissima Biblioteca di Nardasia, aveva accettato senza pensarci su due volte. Nija gliela aveva consigliata per aiutarla, certo, ma erano stati gli occhi di Manuel ad averla convinta. Ad Elvia davano l'impressione di brillare, e non poté fare a meno di paragonarlo ancora una volta ad un piccolo Akemi inquieto che aveva a che fare, per la prima volta dopo diverso tempo, con una pietanza del tutto nuova.
Manuel le teneva gli occhi incollati, un sorriso sornione che non gli aveva abbandonato il volto da quando la ragazza aveva accettato il suo invito. Ancora non credeva di avere di fronte a sé il soggetto della propria tesi, e questo lo rendeva ancora più agitato. C'era una parte di sé che continuava a dubitare di quell'inaspettata opportunità, e che reputava quell'incontro come frutto della mancanza di riposo che aveva segnato le sue ultime settimane. Eppure...
L'Allevatrice scostò il mantello, in modo tale che l'avvolgesse meno strettamente. All'interno della Biblioteca la temperatura risultava essere più alta rispetto a quella esterna, caratteristica che rendeva la struttura ancora più particolare. Normalmente, i bibliotecari e i monaci preferivano temperature molto più basse per prolungare e migliorare la conservazione di antichi manoscritti e manufatti, e per impedire a insetti insidiosi di danneggiare i mobili antiquati.
Al primo autunno che aveva trascorso tra quelle spesse mura, quando il freddo aveva iniziato a penetrare prepotente anche tra di esse, Manuel aveva posto l'interrogativo al supervisore Rocher. Questi gli aveva rivolto un'occhiata stranita, prima di sollevare le spalle in un gesto di totale indifferenza.
"Vai a chiedere al Professor Willmston, se proprio ci tieni", gli aveva suggerito, prima di sparire tra gli scaffali. Rocher era quel tipo di bibliotecario mai curioso, che accettava le cose per come erano. Manuel aveva notato che non faceva mai domande troppo invadenti, e questo gli aveva fatto spesso torcere la bocca in un'espressione di disappunto. Come poteva una persona fare un lavoro del genere e non sfruttarlo al massimo?
E così era andato a cercare il Professor Willmston, trovandolo chino sull'ennesimo libro. Alla domanda, il vecchio studioso gli aveva rivolto un sorriso ormai sdentato. "Il freddo, caro il mio ragazzo" aveva cominciato a spiegare, ridacchiando leggermente. "Potrebbe risvegliare un essere che nessuno vorrebbe mai incontrare", e non questo non aveva più detto niente, nuovamente concentrato su ciò che aveva sotto le dita.
Manuel se ne era andato quasi pestando i piedi, manco fosse tornato bambino. Da una singola domanda erano germogliati molti più interrogativi di quanti se ne fosse inizialmente aspettato.
Quale animale si risveglia con il freddo? Non doveva essere il contrario?
A quei pensieri, si era poi fermato di botto. Per quale assurdo motivo aveva pensato ad un animale?
Ora che aveva un'Allevatrice in carne ed ossa di fronte ai propri occhi, capiva che – qualunque essere si trovasse addormentato nel calore di quelle mura – doveva trattarsi molto probabilmente di un Asfer.
- Fa caldo all'interno della Biblioteca, quindi ti consiglio di togliere almeno il mantello – e con un gesto della mano le indicò di seguirlo.
- Preferirei di no – rifiutò la ragazza, la mano sotto il mantello. Manuel non aveva ancora avuto modo di identificare che genere di creature stavano accompagnando l'Allevatrice nel suo viaggio, ma la curiosità sembrava starlo mangiando vivo. – Ci sono troppi occhi indiscreti al momento.
Ecco una nuova informazione che la ragazza gli aveva gettato addosso quasi senza rendersene conto. Sapeva bene che le Allevatrici erano identità molto speciali e rare, quindi era ovvio pensare che venissero anche cacciate per i poteri che sembravano possedere; ma erano comunque protagoniste di una leggenda, chi mai avrebbe pensato che fossero realtà?
Tuttavia, il modo in cui si muoveva, come cercava di passare il più possibile inosservata, come era estremamente protettiva nei confronti dei suoi Asfer... tutto questo diceva a Manuel che anche lei aveva dovuto affrontare diverse difficoltà.
L'uomo le rivolse un sorriso, rassicurante. – Allora non ci rimane altro che visitare le sezioni che ci interessano. Stasera penserò a una soluzione per quanto riguarda domani.
Elvia ricambiò il sorriso e lo ringraziò ancora di cuore. Tra un paio di ore la Biblioteca avrebbe chiuso i battenti ai visitatori, quindi non avevano molto tempo da sfruttare per quel giorno. Manuel, tuttavia, si era gentilmente offerto anche per l'indomani, assicurandole che era del tutto libero.
Senza scambiarsi più altre parole, Manuel indicò ad Elvia di seguirlo. L'Allevatrice si aspettava di dover percorrere una delle tante scale a chioccola che facevano da pilastri a quell'immensa struttura, per finire poi tra scaffali di legno centenario, così massicci ed alti che occorreva agli studiosi utilizzare degli scalini poco stabili. Rimase stupita dai movimenti di questi ultimi, così sicuri e veloci nell'effettuare ogni singola azione, e trattenne il fiato con orrore quando vide un ragazzo perdere quasi l'equilibrio a tre metri dal pavimento.
Manuel Raincat, invece, la sorprese, quando la condusse verso i piani inferiori della Biblioteca.
Mano a mano che vi si avvicinavano, diminuiva il numero di uomini e donne che sfogliavano i libri di quelle sezioni, così come il calore dei focolari che venivano attizzati a intervalli regolari. Un brivido percorse la schiena dell'Allevatrice a ogni scalino che la conduceva verso le fondamenta di quella struttura. Si strinse, le mani a toccare la pelliccia di Krir e il punto del maglione sotto cui si trovava Akemi, e quasi sospirò di sollievo a saperli lì con lei. Fu grata di avere il mantello, nonostante la calura che sembrava quasi soffocarla, perché avrebbe odiato sentirsi minimamente vulnerabile.
Sotto il proprio tocco, sentì chiaramente i peli di Krir rizzarsi leggermente, così come le piccole unghie di Akemi graffiarle il petto. Così come lei sentiva su se stessa quella leggera inquietudine – come di occhi che seguivano i loro passi in modo incessante –, così i due Asfer avevano percepito il suo stato d'animo.
Era strano come Nardasia, che doveva rappresentare un punto di svolta nel suo viaggio, la mettesse in tale soggezione.
Forse perché rappresenta l'unica cosa in diretto contatto con il passato?
Un pensiero del tutto legittimo che attraversò la mente di Elvia, i suoi occhi che vagavano da uno scaffale all'altro, tutti ricolmi di libri dall'aspetto, dalle dimensioni e dai contenuti più disparati. Non volendo, si fermò di fronte a un tomo che riportava il titolo sbiadito di Come far andare d'accordo i propri figli a tavola. Non poté reprimere un lieve sorriso che le ricordò quasi con malinconia il giorno in cui quella loro avventura scalmanata era iniziata, quando Krir e Akemi stavano battibeccando su cosa avere per cena, quando ancora passava le giornate in tranquillità, per la testa solo la crescita dei due cuccioli e il velo di tristezza che la morte di Damiana aveva lasciato dietro di sé.
La ragazza voltò le spalle a quel libro, e proseguì dietro a Manuel. Quelli ormai erano giorni che appartenevano al Passato, mentre lei doveva avere occhi per il loro Presente e, soprattutto, per un Futuro che sembrava incerto come mai prima le era sembrato.
- Teoricamente non dovrebbe entrare nessun altro oltre a me – commentò l'uomo, riportando su di sé l'attenzione dell'Allevatrice. Stava smanettando con un groviglio di chiavi, dall'aspetto anche abbastanza vecchio, quando trovò quella che gli interessava. Con un gesto deciso, aprì la porticina di metallo che si trovava quasi nascosta dall'ennesimo scaffale e si incamminò ancora una volta verso il basso. – Ma per te posso fare un'eccezione, basta che non lo vai a raccontare in giro – aggiunse, rivolgendo un'occhiata di sbieco alla ragazza, assicurandosi di essere ancora seguito. – La porta si chiude automaticamente, quindi non ti preoccupare.
- Sarò muta come un pesce – promise Elvia.
Impiegarono forse una decina buona di minuti prima di raggiungere un'altra porta, questa volta di un bel legno dello stesso colore della neve. La ragazza rimase sorpresa a quella vista e vi passò sopra la mano, constatando che non vi fosse nessuna vernice sopra. Akemi tirò fuori il muso da sotto le sue vesti, curioso anche lui di quell'oggetto.
- Si tratta di legno di Iovis glans – la informò il giovane Accademico. – Raro e particolare. E costoso, molto costoso. Secondo alcuni documenti che ho scoperto per caso, è il terzo oggetto costruito con questo materiale. Quindi possiamo considerarlo come un vero e proprio pezzo d'antiquariato, prezioso quanto la Biblioteca stessa... no – si contraddisse quasi immediatamente, la fronte corrucciata. – Non è vero. Niente è più prezioso di tutta la conoscenza qui racchiusa, nemmeno il legno di Iovis glans.
Elvia si lasciò sfuggire un lieve mugugno. Non che non fosse d'accordo con quello che Manuel aveva appena detto; tuttavia, c'era qualcosa che la incuriosiva. Nella Foresta di Nija aveva affinato il proprio potere, e ciò le aveva permesso di scrutare con maggiore facilità e chiarezza le emozioni che albergavano all'interno di determinati oggetti. Aveva scoperto che erano pochi quelli che riuscivano a trattenere dentro di sé emozioni abbastanza forti e intense da essere trasformate nelle fiamme che solo lei era in grado di vedere.
E quella porta – quella singola porta – era completamente circondata da una calda fiamma arancione.
Ne rimase incantata, e solo dopo alcuni secondi si rese conto di avere in bocca un sapore dolce, che le lasciava dietro una leggera scia amara. Le venne in mente una di quelle caramelle all'arancia con cui Damiana era solita premiarla dopo una sessione di allenamento, e la nostalgia l'avvolse.
Sospirò, sovrappensiero, mentre Manuel maneggiava con il vecchio lucchetto che chiudeva la porta. – Certo che per essere un posto non visitato, è abbastanza nascosto – si lasciò sfuggire. Non ne sapeva molto di biblioteche, ma, da quello che Manuel le aveva raccontato, probabilmente lui era l'unico da diverse decine di anni a mettere piede in quel posto.
Un click fece eco al gesto di esultanza dello studioso. – Non penso che molti conoscano questo posto, soprattutto visto che nessuno si aggira per i reparti che abbiamo attraversato – rispose, mentre si passava le mani sul vestiario. Il corridoio era buio, pieno di polvere e vi era un'aria ristagnata, che aveva fatto storcere immediatamente il naso ai due Asfer. – Io l'ho scoperto per caso per stavo cercando un posto in cui riposare senza essere beccato dal mio supervisore. Ho iniziato ad incuriosirmi, e alla fine un vecchio professore qua alla Biblioteca mi ha dato la chiave. Ovviamente mi ha fatto sgobbare come un mulo, e mi ha fatto risolvere non so quanti indovinelli, ma ne è valsa la pena – commentò, ridacchiando al pensiero. – Per quanto riguarda la combinazione, ci ho impiegato forse un mese per scoprire quella giusta.
Elvia spalancò gli occhi, voltandosi verso di lui. Quale pazzo ossessionato passava un mese sopra a un lucchetto cercando di aprirlo?
Manuel annuì soddisfatto alla sua reazione, e proseguì compiaciuto nella sua spiegazione. – Probabilmente è stata una delle poche cose a cui posso dare il merito alla mia tremenda testardaggine. Ma adesso – annunciò, spingendo leggermente la massiccia porta in legno bianco e rivelando il contenuto della stanza. – Ti presento una delle pochissime stanze che racchiude alcuni dei preziosissimi manoscritti dettati dal pugno stesso del Fondatore. Benvenuta in uno degli studi di Framel La Os.
XxxxX
Con la fine degli esami, ritorno!
Mi dispiace davvero un sacco per l'attesa >_>
Ellyma~
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