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Capitolo 38~

Manuel starnutì, e questo rischiò quasi di fargli perdere l'equilibrio. Non poté far altro che tirare su col naso. Aveva le mani piene di documenti importarti che doveva portare al Professore al più presto, e se perdeva tempo anche quella volta...

Il giovane sospirò pensando all'ultima ramanzina che gli era toccata. Cosa aveva combinato quella volta?

Oh, giusto, ricordò, boccheggiando alla ricerca di aria. Quei documenti pesavano fin troppo per essere dei semplici pezzi di carta e le sue flebili braccia da studioso non erano abituati a uno sforzo di quel tipo. Se ricordava bene, era finito addosso a un importante mecenate e l'aveva quasi fatto finire giù per una delle interminabili scale della Biblioteca.

La scena era rimasta impressa nella sua mente, come marchiata a fuoco: il solito vecchio ciccione di turno che visitava la sua Biblioteca era quasi rotolato di sotto come un sacco di patate, se non fosse stato per i pronti riflessi di una delle guardie che aveva assunto. Oh, quanto aveva riso nei giorni seguenti quando ne ricordava la faccia, rossa e piena di indignazione, e quella sfinita della guardia a cui era toccato sopportare tutto quel peso improvviso. Se l'era goduta di meno quando, invece, il proprio supervisore l'aveva richiamato quella sera stessa nel suo ufficio. L'aveva tenuto in piedi per ore, riempiendogli la testa di assurdità come il denaro, la beneficienza su cui si basava la loro struttura, il rispetto per quella gente così ricca...

Manuel aveva smesso di ascoltare subito dopo, stanco di quelle futili chiacchiere. Capiva che loro potevano fare tutto ciò perché erano altri a sostenere le spese economiche che gli permettevano di studiare ciò che più gli interessava, ma questo non voleva assolutamente dire che doveva sempre compiacere tutto e tutti.

L'ultima cosa che gli interessava era proprio fare qualcosa che non stimolava il suo interesse.

Il supervisore Rocher non si era accontentato di quelle ore che gli aveva fatto passare in piedi, e così l'aveva assegnato a diversi professori, diventandone letteralmente lo sguattero. Erano passate tre settimane da quando doveva svolgere le mansioni al posto degli alunni e si domandava quando quella tortura sarebbe giunta al termine. Non vedeva l'ora di tornare ai suoi studi e alla sua tesi.

Sospirò, mentre saliva l'ennesima rampa di scalini. Quella settimana toccava al Professor Willmston, e lui era solito chiudersi nei meandri più bui del terzo piano della Biblioteca.

Quell'uomo adorava non stare in mezzo alle persone e si abbandonava totalmente alla lettura, aspetto che il ragazzo rispettava totalmente. Che senso aveva, altrimenti, dedicare la vita ai libri?

E la Biblioteca di Nardasia era piena zeppa di libri.

Manuel aveva sentito parlare di quel luogo sin da quando era piccolo. Era diventata una tradizione della sua famiglia mandare i propri eredi a Nardasia per proseguire gli studi e diventare degni successori del Casato. Non che a lui spettasse qualcosa, essendo il terzogenito, ma si riteneva fortunato per l'occasione che gli era stata data.

Sbuffò, quando si ricordò l'astio che aveva per i libri da bambino. Erano tutti così ossessionati con Nardasia che, per un certo periodo, lui ne aveva sviluppato un completo rigetto. A quei tempi preferiva di gran lunga uscire a giocare e ad allenarsi con la spada. Quale ragazzino si poteva chiamare tale se non sognava di diventare un eroe e di salvare la propria dama in pericolo?

Rise a quei ricordi. Come cambiano le persone, me per primo.

Manuel salì l'ultimo gradino, le braccia che gli tremavano per lo sforzo. Ora non gli mancava che attraversare una serie di corsie e girare a un paio di scaffali, e avrebbe finalmente raggiunto il Professor Willmston, sempre mantenendo in equilibrio la pila di fogli che più volte aveva rischiato di far cadere. Lo trovò come sempre al suo solito posto, vicino a una delle tante vetrate che adornavano la Biblioteca, chino sull'ennesimo librone dalle pagine ingiallite e morse dal tempo. Era talmente immerso nella lettura che non si accorse nemmeno dell'arrivo del ragazzo e dei documenti che aveva richiesto solo qualche ora prima. Manuel aspettò pazientemente che il vecchio professore facesse caso a lui: aveva provato altre volte ad attirare la sua attenzione, ma aveva sempre miseramente fallito. In un'occasione lo aveva fatto aspettare anche per un paio di ore, se ricordava bene, proprio quando era arrivato da poco alla Biblioteca e il supervisore Rocher non faceva altro che fargli sbrigare una facendo dietro l'altra.

"Questo è quello che ha sempre fatto ogni Raincat" gli aveva rivelato in un'occasione quando aveva sentito il ragazzo sbuffare per l'ennesima volta. Manuel si era ammutolito a quelle parole, ferito nell'orgoglio. Era sempre stato un tipo pieno di sé, e nelle parole di Rocher aveva letto una sfida.

Era come se suggerissero che non sarebbe stato in grado di portare a termine quel che tutti, persino i suoi fratelli maggiori, avevano fatto prima di lui.

Sì, Manuel si era sentito lacerato nell'orgoglio.

Da quel giorno non si era più lamentato, svolgendo qualsiasi lavoro gli venisse affidato, e aveva scalato la gerarchia con una velocità assurda. Rocher si era sentito davvero soddisfatto osservando come il ragazzo riuscisse a svolgere un compito dopo l'altro, ostentando una serietà che gli era del tutto estranea all'inizio. In quel momento lo reputava persino migliore della maggior parte dei suoi allievi, tra cui i precedenti Raincat. Purtroppo, l'uomo non aveva ancora avuto di sperimentare la sua sbadataggine, caratteristica che lo contraddistingueva dall'intera famiglia. Nel territorio dei Raincat, Manuel era famoso proprio per tutti i guai che portava con sé ogni volta che accompagnava il padre o uno dei suoi fratelli in una delle loro ricognizioni.

Con quanti grattacapi aveva già avuto a che fare? Il povero Rocher aveva ormai preso il brutto vizio di sospirare. Mai, nei suoi cinquantasei anni, si era trovato di fronte un tale giovanotto combinaguai.

Manuel, al contrario, aveva iniziato ad apprezzare quella vita lontano dalla propria famiglia e dai doveri e gli obblighi che questa finiva per imporgli. Era dura sgobbare per i professori e per gli alunni più grandi di lui, ma ci trovava un senso di appagamento che non sembrava non bastargli mai, soprattutto quando riusciva a portare avanti la sua tesi.

Si trovava alla Biblioteca da ormai tre anni e aveva tutta l'intenzione di mettere in pratica tutta la conoscenza da ventiduenne che avevano accumulato. Anzitutto, non vedeva l'ora di dimostrare a Rocher quanto lui fosse migliore dei suoi fratelli.

Erano passati anni da quella frecciatina, ma gli bruciava ancora.

Sarebbe riuscito a terminare la sua tesi nel minor tempo possibile, e a ottenere così il permesso dal padre di lasciare per un certo periodo Nardasia e mettersi in viaggio. L'ideale sarebbe stato partire a primavera iniziata, in modo da evitare l'inverno rigido che quell'anno era calato; ma si doveva mettere sotto con la stesura del proprio testo.

Avrebbe voluto sbuffare. Essere lo sguattero dei professori non lo aiutava di certo e, anzi, gli prendeva fin troppo tempo, tempo che avrebbe speso volentieri in altro.

Era con questi pensieri per la testa che il Professor Willmston lo richiamò. – Manuel, da quanto tempo sei qui?

-    Da una decina di minuti, all'incirca – rispose il ragazzo, raddrizzando la postura rilassata che aveva avuto solo pochi attimi prima. Quel vecchietto era forse l'unico che riusciva a metterlo in riga con poche parole. Nemmeno il giovane sapeva il motivo per cui finiva sempre sull'attenti quando era in sua compagnia.

Willmston lo fissò, gli occhi vacui – così chiari da provocargli sempre un brivido lungo la schiena – e la mente ancora attaccata ai concetti che stava assimilando dal libro sotto le sue lunghe mani rugose. Si accordava bene a quell'antica Biblioteca: ecco quello che Manuel aveva pensato sin dalla prima volta che lo aveva incontrato.

Girava voce che avesse ben novantasei anni e che avesse passato tutta la vita all'interno della Biblioteca di Nardasia, chino sui suoi volumi. Ogni volta che Manuel veniva da lui cercando un qualsiasi libro, il Professor Willmston glielo indicava senza alzare gli occhi dalle pagine vergate da inchiostro slavato. Alla fine, Manuel aveva iniziato ad apprezzare quell'uomo più di quanto volesse ammettere a se stesso.

Il ragazzo lo osservò spostare lo sguardo da lui ai documenti che aveva da poco appoggiato sul piano di lavoro.

-    Sono quello che ho chiesto? – domandò, la voce graffiante come quella di un vecchio corvo, e chiuse l'antico manoscritto. Si alzò una piccola nuvola di polvere che invase la faccia del Professore, ma l'uomo sembrò non farci minimamente caso mentre avvicinava a sé i documenti.

-    Sì, Professore – confermò il ventiduenne, che fremeva dalla curiosità. Willmston aveva la fama di aver letto la gran parte dei libri che appartenevano alla Biblioteca di Nardasia, così come quella del più grande restauratore di manoscritti.

Cosa poteva mai aver sollevato la sua, di curiosità?

Inchiodò i suoi occhi su ogni movimento dell'anziano professore, deciso a non perdersi nemmeno un suo gesto. Lo osservò mentre raddrizzava la schiena – che aveva assunto la curvatura di chi aveva passato anni su uno scrittoio – e ne sentì gli scricchiolii inquietanti propagarsi per le sale silenziose. Era un'azione che al ragazzo aveva ricordato un vecchio ramo che geme sotto il vento furioso dell'inverno, ad eccezione del fatto che il Professore non sembrava avere la minima idea di spezzarsi.

-    Manuel – lo chiamò. Era passata una mezz'ora buona da quando si era messo a leggere, le vecchie dita che tremavano leggermente ogni volta che provava a cambiare pagina. Trattava ogni singolo pezzo di carta, indipendentemente dalla loro età, come la cosa più preziosa a quel mondo.

-    Mi dica, Professore – rispose prontamente Manuel.

-    Se la mia memoria bacata non mi ha ancora abbandonato – premessa che fece alzare le sopracciglia al giovane uomo con scetticismo – stavi basando la tua tesi su un'antica leggenda del nostro Regno. È così?

Al che Manuel rimase sorpreso. Come faceva il vecchio Willmston a sapere dell'argomento principale del suo scritto finale? Non ricordava di averne parlato con nessuno, proprio per rendere maggiore la sorpresa durante l'esposizione finale. Il suo ego ne aveva l'assoluto bisogno. – È giusto. Se posso osare – cominciò, la voce umile di chi vuole ottenere quello che vuole. – Come mai questo interesse improvviso?

Il Professor Willmston, come a sentire i suoi novantasei anni, impiegò qualche minuto buono ad alzare i suoi occhi chiari – occhi che Manuel aveva sempre temuto per la facilità con cui sembrava scrutare dentro di lui – e a fissarli nei suoi. – I libri parlano, mio caro ragazzo. In tutta la mia lunga vita non mi era mai capitato di sentirli così eccitati per un giovanotto che se ne va in giro a scoprire ogni loro segreto, assaporandone ogni loro centimetro – e qua ridacchiò, facendo leggermente arrossire Manuel, il quale si irritò velocemente per quella sua reazione. Non stavano mica parlando di donne, ma di semplici libri. – Mi sembra di vedere il me stesso di diversi decenni più giovane – commentò, appoggiando l'ennesimo documento letto sulla pila di fogli alla sua destra. Incrociò poi le lunghe dita nodose, la risata scomparsa dalle sue labbra e uno sguardo fin troppo serio per un vecchio spensierato come lui. – Adoro leggere cose nuove, soprattutto se sono scritte bene. Il modo in cui scorrono le parole, il metodo in cui lo scrittore ne pone una da una parte e l'altra altrove... è un'arte che mi ha sempre conquistato. Ho diversi anni sulle spalle, come puoi ben vedere, e non ho mai sentito di un alunno che si sia appassionato a miti e leggende. Sono tutti presi con questa scienza, roba innovativa, certo... e che la Dea della Saggezza non me ne voglia a male! Oramai sono vecchio e sono fatto solo per le cose vecchie. Come questa Biblioteca, ad esempio. E come l'argomento della tua tesi, ecco un altro esempio. Me ne avresti a male se ti chiedessi di farmelo leggere? Avresti il mio appoggio per qualunque tuo progetto futuro, ovviamente.

Manuel sentiva il collo rigido, e il sudore freddo scorrergli sotto la calda tunica invernale.

Quello che fino a pochi minuti prima gli sembrava solo un signore anziano, appassionato da una vita alla carta e all'inchiostro, si era rivelato essere una vecchia volpe astuta. E, a sue spese, il ragazzo sapeva bene che con quel tipo di persona era meglio non scommettere troppo.

Si inchinò leggermente verso il suo interlocutore, gli occhi chiusi e sul volto una maschera inespressiva. – Se mi permette l'ardire – cominciò, la mano chiuso in un pugno lungo la parte bassa della schiena. Sentiva i capelli, cresciuti in quei mesi, sfiorargli le guance. – Temo che, allo stato in cui si trovano, non siano adatti alla vista di un professore rinomato in tutto il mondo quale è lei, Professor Willmston.

L'uomo ridacchiò alle lusinghe del giovane. – Ragazzo mio, non ti devi preoccupare di questo... i miei occhi hanno visto cose ben peggiori di qualche abbozzetto di tesi.

Manuel Raincat sospirò dentro di sé, leggermente offeso con il Professore per aver sminuito la propria opera in quel modo. Doveva aver perso colpi se non era riuscito a scorgere la vera natura del professore anche dopo tutto il tempo che avevano passato assieme. – Mi potrebbe concedere un mese per terminare alcuni scritti? Vorrei proporle il meglio.

Il Professor Willmston sembrò soppesare quella proposta. Non molti osavano provare a contrattare con lui, e quel giovinetto lo aveva sempre trovato interessante. Aveva una personalità peculiare: come poteva il terzogenito di una delle famiglie dal lignaggio più antico del Regno essere un imbranato totale, ma allo stesso tempo una persona così arguta?

Lo incuriosiva, certo, ma molto spesso la curiosità è cattiva consigliera. – Due settimane.

Manuel alzò la testa di scattò, lo sguardo allarmato. – Professore... mi dia tre settimane, almeno. Preferisco buttare al camino tutti i miei appunti, che farle vedere un'opera incompiuta.

... ma non sempre era cattiva consigliera, e per una volta poteva andare anche bene. – Va bene. Qualche settimana di attesa non mi ucciderà mica – concesse alla fine, strappando un sospiro di sollievo al giovane Raincat. – Parlerò io con Rocher. Non ti darà noia per queste tre settimane.

Sì, Willmston era davvero compiaciuto del loro nuovo acquisto. Il ragazzo era intelligente, sperava solo che non facesse niente di sconsiderato. Aveva anche ponderato più volte se presentarlo o meno al loro piccolo circolo. Gli venne da ridere a quel nomigliolo, ma un conato di tosse glielo impedì.

-    Ah, la vecchiaia – borbottò. Il suo corpo diventava ogni anno sempre più ingombrante e arrugginito. Sarebbe riuscito a vedere terminato il suo progetto? O, semplicemente, ad avere tra le mani la giusta Allevatrice?

Manuel ringraziò il Professore, inchinandosi per enfatizzare le sue parole. Al cenno di assenso dell'anziano, ancora immerso nei suoi pensieri, girò i tacchi e se ne andò. Il suo piano di lasciare tutti di stucco era crollato miseramente, e lui non aveva neanche avuto modo di porne le basi.

Si fermò solo una volta mentre scendeva le scale che lo avrebbero portato prima al pian terreno e poi alle camere da letto, riservate a quegli allievi che desideravano passare la loro vita immersi nella conoscenza e nella ricerca.

Una delle poche cose che aveva appreso volentieri dalla sua famiglia era la diffidenza, e il giovane trovava l'improvviso interesse del professore sospettoso.

Perché, poi? Per una tesi basata sulle leggende del Regno e, in particolar modo, incentrata sulla vicenda di Fawl e della nascita delle Allevatrici?

-    Forse è il caso di rivedere tutto quanto... - borbottò, mentre finiva di scendere quelle scale che aveva sempre trovato interminabili. Neanche l'abitudine gliele faceva gradire di più.

Tuttavia un ghigno si fece largo sulle sue labbra.

Quella era una sfida da intellettuali, e lui adorava quel genere di competizione.

XxxxX

Mi dispiace per il ritardo, ma eccomi qui!
Ellyma~

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