Capitolo 36~
Erano ormai trascorri diversi mesi da quando Elvia aveva preso la decisione di fermarsi nella foresta di Nija. Si era allenata con costanza, sia nelle arti marziali con la spartana Metra che nel controllo dei suoi poteri con la Signora. Inoltre, il suo legame con gli Asfer non aveva fatto altro che migliorare a dismisura, in particolare con Krir e Akemi. Al pensiero dei due cuccioli, Elvia non poté far altro che sorridere dolcemente.
Ahh, sospirò, le mani sui fianchi e il volto rivolto verso il cielo, dove piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a discendere. Ne abbiamo passate fin troppe in fin troppo poco tempo.
Elvia non sentiva il freddo penetrarle prima nei vestiti e poi sotto la pelle. La neve scendeva, così come il gelo, senza sfiorarla. La ragazza chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare dal lieve tocco del vento che soffiava. La magia faceva davvero miracoli.
- Che ne pensi dei miei poteri? – una voce alle sue spalle la fece lievemente sussultare. Non che non ne avesse già percepito la presenza, ma anche il leggero suono in quel luogo sacro avrebbe fatto trasalire anche il più forte e coraggioso dei guerrieri.
- Niente male – rispose Elvia, girandosi verso la sua interlocutrice. – Anche se non mi dispiacerebbe poter toccare la neve.
Nija le sorrise, avvicinandosi alla ragazza. Ragazza forse non era ormai il termine più adatto a descriverla: la giovane quel giorno compiva vent'anni, età che per gli Asfer e per gli umani di quel mondo segnava l'ingresso al mondo adulto. Nei mesi che aveva passato nella sua Foresta, Elvia era maturata sotto ogni punto di vista. – Goditi il caldo finché puoi – la rimbeccò. – Avrai modo di patire il freddo non appena metterai piede fuori dalla foresta.
Nija aveva grandi poteri e, tra questi, vi era quello di controllare le condizioni atmosferiche entro un certo raggio d'azione. La neve cadeva, sì, accumulandosi in piccoli strati sul terreno e sulle cime degli alberi; ma lei e tutti gli Asfer che lo abitavano non sentivano il minimo brivido. Ciò era dimostrato anche dagli abiti di Elvia, la quale indossava pantaloni di tela leggera e una canotta dello stesso tipo, come se non si trovasse nel pieno dell'inverno ma nel bel mezzo di una delle estati più calde. In quei mesi i suoi capelli si erano leggermente allungati, arricciolandosi appena sulle punte, e le cadevano poco sotto le spalle.
- Penso che mi mancherà – confessò Elvia, allargando le mani come ad abbracciare tutto quello che la circondava. – La Foresta, i Lexys, Arianwen e la loro Signora.
La persona appena nominata – Nija – scrollò le spalle con un gesto noncurante. – Io invece non vedo l'ora di eliminare questo odore di umano che alberga nella mia casa. Wen non fa altro che sbuffare scocciata ogni volta che lo sente.
Elvia rise a quelle parole. Si sentì rincuorata nel sapere che, nonostante non vedesse il Drago Custode da diverso tempo, essa se la passasse bene. – Immagino che farà i salti di gioia domani quando me ne andrò!
- Oh, assolutamente. Ha anche intenzione di bandire un banchetto per questo – commentò la Signora, sorridendo contagiata dalla risata della giovane. Non voleva ammetterlo, ma quella piccola donna le sarebbe mancata. Erano ormai anni che non si sentiva così affezionata a un essere umano e le dispiaceva doversene distaccare così presto, anche considerando tutto quello che aveva fatto per lei. Mai, mai, si sarebbe sentita sdebitata dopo l'enorme favore che le aveva fatto nel riportarle il fermaglio che Daniel le aveva donato e la sua carissima Arianwen ancora in vita.
- Non mi sarei mai aspettata qualcosa di diverso – convenne l'Allevatrice abbassando nuovamente le braccia lungo i fianchi.
Nija si fece tutto di un colpo seria. – Se mai decidessi che è troppo per te, che non riesci più ad andare avanti, sappi che questa ormai è come se fosse la tua nuova casa. Arianwen potrà mostrare del risentimento, ma è solo una bambina cocciuta. In realtà ti vuole molto bene.
Elvia ne era più che consapevole; tuttavia aveva preso la sua scelta e non sarebbe tornata indietro. – Verrò a trovarvi, un giorno – promise, il cuore che sembrava stringersi nel petto. Quel luogo e le creature che lo abitavano le erano entrate davvero dentro, e non lo diceva tanto per dire. – Quando tutto questo casino verrà finalmente sistemato, allora verrò a disturbarvi ogni volta che ne avrò voglia.
Nija ancora non aveva ancora completamente chiara la situazione. Stava ancora raccogliendo informazioni grazie al suo legame e con le altre Signore, ma, anche mettendo tutti i pezzi che riusciva ad ottenere insieme, non era in grado di capire il motivo per cui Elvia si sentisse responsabile di aggiustare la situazione. Era forse il titolo passatele da Damiana che la spingeva a tanto? Il fatto di essere la nuova Detentrice della Storia, di essere un'Allevatrice? Neanche dopo aver insistito o a ad aver usato i suoi poteri era riuscita a scoprire niente di utile. Elvia le sorrideva in modo triste per poi cambiare l'argomento subito dopo, cosa che la faceva davvero spazientire.
Davvero, sospirò dentro di sé. Gli umani sono e saranno sempre difficili da capire.
- E così sia – dichiarò semplicemente, fissando gli occhi chiari in quelli di Elvia. – Io, Nija, Signora della Foresta dei Sussurri, concedo a te, Allevatrice Elvia Olsen, succeditrice di Damiana Reylae e del titolo di Detentrice della Storia, l'onore di metter piede nel mio territorio con la più piena libertà. Qualunque cosa succede, qualunque sia la via che deciderai di percorrere, sarei considerata la benvenuta. Adesso e per sempre.
Nija aveva ancora l'aspetto di quando Elvia l'aveva vista per la prima volta – una bambina, piccola, che le raggiungeva a malapena il petto con la sua statura eretta, i capelli di un bellissimo verde germoglio e gli occhi così chiari da sembrare in grado di scrutare dentro l'anima di chiunque. Eppure, non le trasmetteva più quell'ondata di paura, di rabbia, che invece l'aveva scossa all'inizio; adesso una calma limpida la circondava con gentilezza e, con altrettanta gentilezza, la osservava. Durante una delle loro chiacchierate, Nija le aveva confessato che quello non era il suo vero aspetto, ma che era stata rilegata in quella forma a causa della perdita di potere che Malcom de Sar le aveva indotto.
"Non che mi manchi." Le aveva detto, quando entrambe erano distese sul prato della radura in cui si erano conosciute. Elvia ricordava che quel giorno il cielo notturno era puntellato da un tale numero di stelle che le era mancato il fiato. "Avere questa forma è molto più comodo e richiede un dispendio minore di energia."
Gli occhi di Elvia si fecero lucidi. Si sarebbe aspettato tutt'altro da una persona come Nija, benché meno quel dono così importante. Le Foreste erano un territorio che davano l'autorità assoluta alle proprie Signore e dare il permesso a qualcuno – Asfer o umano che sia – di poter entrare a piacimento significava riporre in loro la più totale fiducia.
Elvia si inchinò, così come la prima volta, il ginocchio a terra e la testa rivolta in basso; e, sempre come la prima volta, le rivolse il proprio saluto. – Le porgo i miei ossequi, Signora e Padrona delle creature di questo luogo incantato, Nija dei Sussurri. Io, Allevatrice Elvia Olsen, succeditrice di Damiana Reylae e del titolo di Detentrice della Storia, mi inchino di fronte alla sua generosità e accetto con umiltà la fiducia che avete in me posto. Mai, in tutta la mia vita, le sarò abbastanza grata per il dono che mi ha concesso. E mai, sarò in grado di ripagarla per la bontà che ha dimostrato nel dare a me e ai miei protetti, il Manfeel Akemi e il Vulpus Krir, una casa in cui soggiornare in questi mesi.
Nija annuì, compiaciuta da quella risposta, e, con delicatezza, posò la mano sui morbidi capelli di Elvia. Da quel piccolo toccò, nacque una luce flebile che circondò con lentezza l'intera figura dell'umana.
Elvia aveva riacquistato la capacità di vedere da ormai diverse settimane, ma molto spesso si ritrovava ad osservare l'ambiente circostante con gli altri sensi. E così quella volta, proprio grazie a questa nuova abitudine, fu in grado di percepire tutte le emozioni e il calore che Nija le stava passando insieme con il proprio dono. Elvia pianse. Calde gocce le solcavano il viso mentre la bocca era inarcata in un lieve sorriso. Oh, quanto le sarebbero mancate quella Signora e la sua Custode sempre così scorbutica. Oh, quanto le sarebbero mancati la calma della Foresta e la gentilezza dei suoi abitanti.
La Signora le accarezzò i capelli con dolcezza, come a rassicurare quella povera ragazza che aveva tutta l'intenzione di gettarsi a testa bassa contro il suo destino. Nija avrebbe voluto poter fare di più, ma il suo stesso essere la tratteneva, relegandola nella sua adorata Foresta. Aveva fatto tutto quello che in suo potere, offrendole un posto in cui affinare le sue abilità e anche quel piccolo seme imbevuto del suo potere magico e della sua infinita riconoscenza.
Quanto, quanto, le era entrata nel cuore quella ragazzina umana, che si sarebbe spenta ben presto come tutti gli altri esseri umani? Quanto sarebbe stato grande il solco che avrebbe poi lasciato nella sua anima?
Un'unica lacrima – del colore della linfa grezza più pura e piccola quanto una gocciolina d'acqua – accarezzò il suo volto di bambina, per poi cadere su di Elvia mentre la Signora si sporgeva verso la giovane. Elvia ne era totalmente ignara, ma quello era l'ennesimo preziosissimo regalo che le veniva fatto: così come il potere sprigionato da una piuma e da un ciuffo di pelo concessi volontariamente da un esemplare di Manfeel era potente, quella lacrima lo era molto di più.
Elvia era molto amata e questo amore l'avrebbe sicuramente protetta più avanti, quando gli ostacoli si sarebbero frapposti tra lei e la sua meta.
Lo sentiva, lo percepiva, lo capiva.
Quella sarebbe stata l'ultima notte nella Foresta dei Sussurri, l'ultima che avrebbe trascorso con Nija, con Arianwen, con i Lexys. Il giorno dopo lei, Krir, Akemi e Metra avrebbero abbandonato quel calore che li aveva circondanti in quei mesi, quel tepore che li aveva riscaldati fino in fondo all'animo.
Grazie, avrebbe voluto gridare Elvia, mentre abbracciava quella Signora bambina e piangeva con tutta se stessa.
- Ma che si può vedere una donna adulta piangere così? – un ruggito potente scosse l'atmosfera che circondava le due figure di Elvia e Nija. La ragazza sorrise, e il suo sorriso crebbe quando sentì la risposta che la Signora rivolse al suo Drago Custode. – Oh, Arianwen. Non pensavo tu fossi una bambina così gelosa.
Elvia percepì chiaramente un'ondata di irritazione diffondersi di colpo per tutta la radura, insieme a un odore acre di fumo. Wen aveva sempre avuto questo brutto vizio di sbuffare, cosa che l'Allevatrice non reputava buono per la crescita di un Asfer. Si staccò da Nija lentamente, cercando con lo sguardo il Drago. La trovò che se ne stava in disparte e scoppiò a ridere a quella vista. Incuriosita dalla reazione della giovane, anche Nija si voltò e nemmeno lei potè fare a meno di ridacchiare.
Arianwen sbuffò nuovamente, infastidita da quella situazione. Un conto era se rideva quell'umana, un altro se rideva la sua Signora.
- Wen, certo che non fai altro che sbuffare – commentò Akemi. Il piccolo coniglietto si trovava sopra la testa dell'enorme draghessa, le orecchie verdi e bianche rivolte come al solito verso il basso, impegnato a controllare dei piccoli germogli.
Ad Elvia non sembrava ancora vero quanto fosse migliorato in quei pochi mesi, quando la prima volta che lo aveva incontrato non era in grado di gestire minimamente il proprio potere. Ora, invece, l'Allevatrice si sentì invadere da un moto di orgoglio nel constatare la bravura con cui gestiva molti germogli alla volta e la maestria con cui li intrecciava con facilità assoluta.
- Ma si può sapere cosa stai combinando? – riuscì a chiedere la giovane, incredula di fronte a quella vista. Si mise a sedere sul prato verde, staccandosi da Nija, e si asciugò la scia umida che le lacrime avevano lasciato sulle sue guance.
Akemi arruffò il pelo, contento della domanda. – Ovviamente aiuto Wen nel diventare più carina. Anche se lo è già molto di suo.
Arianwen sbuffò ancora, ma sia Elvia che Nija si lanciarono uno sguardo d'intesa, cogliendo subito l'imbarazzo che aveva colto l'Asfer. Non che non fosse prevedibile, conoscendo l'orgoglio che l'animava; ma quello che più le straniva era il comportamento bonario e comprensivo che aveva nei confronti di Akemi, il quale le chiedeva anche l'impossibile. In quel momento il Manfeel aveva avvolto il terribile e cocciuto Drago Custode con i suoi teneri germogli in intrecci e ghirlande di fiori, rendendola quasi meno minacciosa ed inavvicinabile rispetto al solito.
Elvia sorrise, senza cattiveria. Era felice, davvero molto felice in quel momento.
Si appoggiò una mano sul petto e giurò a se stessa che sarebbe riuscita a fare quello che andava fatto. Non avrebbe permesso a quel mondo di ricadere una seconda volta nella stessa tragedia di centinaia di anni prima.
Avrebbe protetto quella pace.
C'è l'avrebbe fatta, ne era sicura.
- Ce la faremo, tranquilla.
L'Allevatrice quasi sussultò quando sentì la voce di Krir spuntarle affianco. La volpe aveva affinato le sue capacità illusorie a tal punto da riuscire perfino a cancellare la propria presenza. Anche Metra, che dava del filo da torcere alla stessa Nija, faceva fatica a individuare la posizione dell'Asfer una volta che aveva deciso di fare sul serio.
- Lo spero – gli rispose, prendendo un respiro profondo per calmare il battito accelerato del suo cuore. – E tu smettila di spuntarmi così alle spalle. Finirai per farmi prendere un colpo un giorno di questi.
Krir generò delle ali – piccole ali di un piumaggio bianchissimo – e si alzò in volo, facendo qualche giro sopra alle loro teste. All'Asfer era sempre piaciuto volteggiare nell'aria, sin da quando lo aveva salvato nei meandri della sua Foresta.
- Ci penserò – concesse, appoggiandosi poi sulle gambe della ragazza, mentre faceva sparire le ali illusorie. – Allora domani è il grande giorno? – domandò, stiracchiandosi e aprendo le piccole fauci in uno sbadiglio.
Elvia cominciò ad accarezzarne il pelo morbido, beandosi di quella piacevole sensazione, e annuì alla domanda dell'Asfer. – Pensavo di dirigermi a Nord.
Akemi drizzò le orecchie di colpo a quell'ultima parola. – Come mai a Nord?
Elvia inclinò il capo, indicando Nija. – Ti ricordi le storie che vi ho raccontato sulla Matrona delle Allevatrici? Ho intenzione di trovare la spada della dea Hena. Sono sicura che ci sarà utile in futuro.
Al che Nija annuì. – Sono passati troppi anni per ricordare esattamente il luogo in cui la spada è stata posta a riposare. Per di più, gli dei e le Signore hanno unito i propri poteri affinché quel luogo sacro non venisse mai più violato da esseri mossi solo dall'avidità e dalla bramosia. Ormai, anche per noi è difficile raggiungerlo.
- Figuriamoci se quest'umana ne è in grado – commentò Arianwen, avvicinandosi con passo pesante alla propria Signora. Akemi aveva finito la sua opera, e adesso si trovava acciambellato sopra la testa di Arianwen, in silenzio, ascoltando con attenzione quella conversazione.
Elvia fece un sorrisetto. – Vuoi scommettere? – le disse, nella voce un tono di sfida.
Arianwen mostrò leggermente le zanne, minacciosa. – Sappiamo entrambi come andrà a finire, umana.
E invece no, pensò la ragazza. O ci mettiamo a fare qualcosa adesso, o questo mondo non avrà altro che una triste fine.
- Staremo a vedere – disse, invece. – Se vinco io dovrai portarmi rispetto e darmi del lei.
Il Drago Custode a quel punto mostrò del tutto i denti affilati e le spaccò la mente con il ruggito che le lanciò in via telepatica. Elvia rabbrividì da capo a piedi e scosse la testa con movimenti secchi, cercando di riprendere il controllo dei propri sensi. Arianwen, quando voleva, sapeva davvero il fatto suo: era riuscita a penetrare nonostante lei si fosse allenata proprio per bloccare e aprire canali telepatici con gli Asfer. Ormai, aveva padroneggiato quell'arte a tal punto che Akemi non doveva più appoggiare le sue orecchie sulle sue tempie per farle capire nel dettaglio quello che le diceva. Cosa che, invece, continuava a fare per abitudine e che alla ragazza non dispiaceva per niente.
Nija ridacchiò di fronte a quella piccola scenetta comica, forse l'ultima che vedeva da una parte la giovane Allevatrice Elvia e dall'altra la sua carissima Wen. – Potresti provare a Nardasia – consigliò, mettendosi in mezzo alle due e rispondendo alla tacita domanda che albergava nell'aria. – È una città che risale alla fine del Grande Conflitto e che è stata fondata da uno dei compagni di Fawl. Oggi dovrebbe essere conosciuta da ogni essere vivente come la città in cui viene raccolta la Storia di tutti i Tempi e di tutti i Regni.
- Che ironia – commentò Arianwen, sbuffando e fissando gli occhi aguzzi sulla figura di Elvia. – La nuova Detentrice della Storia che va nella Città della Storia per imparare la Storia.
L'Allevatrice non riusciva a capire. Dove volevano arrivare lei e la sua Signora?
- Conoscendolo – cominciò a spiegare Nija, la mano che accarezza con lentezza le squame lucenti di Arianwen. – deve aver trascritto nei primissimi tomi tutto quello che c'era da ricordare su Fawl e tutto ciò che è accaduto allora.
- Di chi o di cosa stai parlando? – domandò Elvia, il cuore che le martellava nel petto. Anche se non voleva ammetterlo con se stessa, suo malgrado aveva iniziato a capire.
Nija, così come Arianwen, fissavano Elvia con occhi limpidi e pieni di serietà. – Framel combatté a fianco di Fawl per scongiurare la distruzione portata tra Asfer e umani. A differenza di quello che si pensava allora, fu uno dei pochissimi a sopravvivere fino alla fine. Fu lui a mantenere viva la Leggenda delle Allevatrici e a dare inizio alla raccolta di ogni genere di conoscenza che hanno portato alla Nardasia e alla civiltà odierna. E, te lo dico perché è una delle pochissime cose che ricordo ancora chiaramente, aveva molto a cuore la figura di Fawl. Penso quindi che troverai qualcosa di utile andando lì.
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