Capitolo 35~
- Che giorno è oggi?
Una voce roca si fece largo tra le coperte che la sommergevano e fecero sussultare il ragazzo che si trovava seduto al suo fianco. Non che lo avesse spaventato, ma in quella stanza regnava il silenzio più assoluto e qualsiasi rumore rischiava di fargli venire un colpo.
Xerxes si sporse sul letto, alla ricerca di quegli occhi che lo avevano inchiodato solo alcuni giorni prima. Erano di un colore che non si vedeva spesso da quelle parti, di un vermiglio molto acceso, e lo incuriosivano molto. Tuttavia, notò che erano socchiusi, quasi chiusi. – Due giorni dopo il solstizio – disse, dandole finalmente una risposta quando si accorse del suo silenzio prolungato. Non che non le volesse dare una risposta, ma si era perso un attimo tra i suoi pensieri.
Quando si accorse che la ragazzina non dava segni di voler dire nient'altro, Xerxes si ritrasse appoggiando la schiena alla sedia. Non la biasimava di certo, soprattutto dopo tutto il tempo che aveva passato a fare il Cacciatore. Vinch una volta gli aveva raccontato che a nord, dove un qualsiasi uomo non osava mettere piede, viveva una comunità caratterizzata da occhi di un colore simile al sangue, carnagione pallida come il latte e capelli così chiari da sembrare fragili come la neve. Xerxes allora l'aveva considerata come una storiella come tante che si sentivano sempre alla Gilda, ma adesso sapeva che era tutto vero. La ragazzina non aveva una carnagione così chiara, ma era decisamente più pallida di tutti quelli che il ragazzo aveva mai conosciuto o visto di sfuggita. I capelli erano di un normale color paglia, colore che si vedeva anche solo scendendo le scale della locanda. Però, gli occhi... quelli sarebbero stati la conferma definitiva.
Il ragazzo appoggiò una gamba sopra l'altra e incrociò le braccia. Non desiderava metterla sulla difensiva solo perché voleva vedere di che colore erano i suoi occhi, anche perché non aveva nessuna intenzione di venire morso da quell'Asfer a forma di serpente.
- Mmm... - mugugnò, chiudendo gli occhi, mentre la curiosità sembrava lacerarlo. Non era sicuro di quello che aveva visto quella sera, visto che la ragazzina dava le spalle al sole e tutto quello che li circondava aveva assunto le sfumature del tramonto.
- Grazie – sussurrò di nuovo la ragazza, e ancora una volta Xerxes venne preso alla sprovvista. Non si aspettava di certo che quella sarebbe stata una delle prime cose che gli venisse detta, ma questo lo riempì comunque di gioia e soddisfazione.
- E di che? – le rispose, un lieve sorriso sulle labbra.
La ragazzina sbuffò, quasi divertita da quella reazione. O forse il piccolo Asfer le aveva detto qualcosa? – Ha salvato Kija – riuscì a dire, tra un respiro e l'altro. Xerxes si alzò e si avvicinò al tavolino, poco più in là. Aveva richiesto al locandiere di prestargli una brocca piena di acqua un bicchiere da tenere in camera. Non che glieli avesse concessi senza, però, riuscire a strappargli qualche soldo in più, cosa che aveva portato Xerxes a sospirare. Il giovane versò dell'acqua nel bicchiere, poco meno di metà, e si avvicinò al letto.
- Ce la fai ad alzarti e bere un po' d'acqua?
La ragazzina annuì, cercando di alzarsi. Il corpo, ancora debole, non aveva però ancora recuperato le forze e i suoi tentativi furono nulli. Xerxes rivide in lei il se stesso di qualche mese prima e il sorriso gli morì sulle labbra. Sapeva cosa stava passando, sebbene in parte. Così, si sedette a lato del letto, e con una mano le inclinò leggermente la testa, mentre con l'altra le appoggiava con delicatezza il bicchiere sulle labbra. – Bevi con calma – le suggerì il ragazzo, ma il consiglio venne come assorbito dal buio della stanza. La giovane bevve tutto in un sorso e Xerxes le riempì il bicchiere di nuovo, stavolta fino all'orlo. La ragazza bevve e bevve, finché non fu sazia. Si appoggiò al cuscino con una faccia a dir poco soddisfatta e a Xerxes gli si riempì il cuore di gioia.
- Il mio nome è Lena Miriabianco – disse la giovane, prendendo leggermente di sprovvista Xerxes. – Posso chiederle il suo, di nome?
- È da un po' che non fai che darmi del lei – constatò Xerxes con una smorfia sul volto. – Non sono di certo un nobile. Dammi solo del tu, va bene? – Lena annuì con un gesto lieve del capo, da sotto le coperte Kija il serpente bianco si mosse, stringendosi sulla vita della ragazzina. – Il mio nome è Xerxes – continuò lui, alzandosi dalla sedia e piegandosi in un breve inchino. – È un piacere conoscerti, Lena.
- Il piacere è tutto mio, Xerxes.
Le sue parole erano sincere, Xerxes lo percepì chiaramente. Avrebbe potuto nascondere facilmente di possedere un cognome, e di conseguenza un titolo nobiliare; ma la ragazza aveva preferito dimostrargli quanto gli fosse grata. Non che non se ne fosse già accorto: la giovane portava la schiena dritta, nonostante il dolore che era sicuro stesse provando; anche il modo in cui parlava, il modo in cui muoveva le mani – da quei piccoli dettagli Xerxes aveva intuito che le sue origini fossero di un certo grado.
Xerxes le sorrise. Era un tipo di sorriso che non rivolgeva a molti. Quella ragazza, di pochi anni più giovane di lui, ne aveva passate di tutti i colori, e non importava che fosse una qualche nobile che non aveva mai incontrato. Forse – forse – per lui bastava aver aiutato qualcuno, così come sperava che qualcuno aiutasse la sua amica Elvia. E – chissà? – magari quel piccolo legame gli avrebbe permesso di incontrarla un'ultima volta.
- Vuoi mangiare qualcosa? – le domandò, passando oltre a quei pensieri. – Sono sicuro che sarai affamata.
La conferma non si fece attendere. Kija fu il primo a sibilare per confermare quelle parole e Xerxes non poté far altro che alzarsi e frugare nelle buste che aveva portato nella stanza. Nella previsione in cui la ragazza si fosse alzata prima del previsto, lui e Lorenzo avevano acquistato delle patate dolci calde, tipiche di quel periodo. Ci mettevano un po' a cuocere, ma, una volta avvolte, mantenevano il loro calore per molto tempo. Andavano di voga soprattutto tra le donne che le usavano come impacchi caldi al posto dell'acqua. Quando aveva chiesto a Lorenzo perché venissero adoperate in quel modo invece di mangiarsele direttamente, il maestro lo aveva guardato per qualche attimo in silenzio, prima di scuotere la testa e ridere.
"Si vede che non conosci le donne" gli aveva detto, tra una risata e l'altra. "Comunque sono molto buone anche fredde."
E con questo aveva chiuso il discorso. Xerxes, però, le preferiva in ogni caso calde.
- Oh, menomale. È ancora calda – disse, mentre sentiva su di sé lo sguardo della ragazza e dell'Asfer. – Ecco a voi.
Lena afferrò la patata con impazienza. Prese un respirò profondo, assaporandone prima il profumo – Sembra deliziosa.
Xerxes ne convenne, fiero di sé, le mani sui fianchi. – Assolutamente. Io e Lorenzo abbiamo provato tutte le bancherelle e questa viene dalla migliore. Poco ma sicuro.
Lena ridacchiò di fronte alla posa del giovane, e quest'ultimo ne fu molto felice. – Per Kija invece? Cosa mangia?
Il sorriso della ragazza scemò leggermente. – Di solito va a caccia da solo, ma negli ultimi mesi ha fatto molto freddo e non può allontanarsi più di tanto. Si nutre di topi, sono i suoi preferiti. Ma non disdegna lucertole, ragni, scarafaggi o la carne in generale.
Xerxes capì il motivo che stava dietro alla reazione della giovane e se ne sentì più vicino. – Vedrò di fare qualcosa – la rassicurò, e tornò a frugare nelle borse. – ma per ora non ho altro che questo.
Kija sibilò alla vista del pezzo di carne affumicata. Le persone del luogo facevano i tirchi, soprattutto per quanto riguardava la carne, visto il lungo inverno che li aspettava; ma sotto l'allegria di Lorenzo si erano fatti convincere con poco.
- Kija! Non fare lo schizzinoso! – lo rimproverò la giovane, le guance leggermente arrossate dall'imbarazzo.
L'Asfer sibilò di nuovo, un suono secco, diverso dal precedente. – Dovrà farsene una ragione – disse Xerxes, intromettendosi in quella discussione che vedeva solo loro due come partecipanti. – Oh almeno – aggiunse, i suoi occhi fissi in quelli del serpente. – fino a quando non ti sarei rimesso in forze. Il pane non è di certo gratis.
Kija non si mosse, continuando quel contatto per diversi minuti. Nella stanza prevalse ancora una volta il silenzio, che ampliò il frusciare del vento al di fuori della locanda con forza. Lena spostava lo sguardo dall'uno all'altro, scettica. Poi un sibilio da parte del compagno la riscosse e un sorrisino si fece largo sul suo volto.
- Ha detto che per ora gli va benissimo! – comunicò a Xerxes, sollevata, per poi domandargli, curiosa: – Certo che ne hai di coraggio per parlare così a Kija. È la prima volta che assisto a un evento simile...
Xerxes incrociò le braccia e rilassò le spalle, sorridendo alla giovane. – Non è la prima volta che ho a che fare con un Asfer così protettivo, soprattutto se consideriamo il fatto che sei la sua Allevatrice.
A quella singola ed ultima parola, la spensieratezza scomparve dal volto di Lena. Fu come quando, in una giornata d'estate, arrivano le nubi temporalesche a coprire il sole e il suo calore: il sorriso cadde dalle labbra della ragazza, le sue braccia si abbassarono, la patata avvolta quasi a contatto con le coperte. Di colpo, nella stanza sembrò fare molto più freddo. Kija fu il primo a reagire, correndo a coprire il collo della sua padrona e sibilando come avvertimento all'ex-Cacciatore.
- Non è... la prima volta...? – balbettò Lena, la voce spezzata.
Nei suoi occhi, che la fievole luce della candela rendeva più scuri e tenebrosi, Xerxes lesse una tale stanchezza che però non lo sorpresero. La caccia alle Allevatrici non era iniziata da poco e molti non si facevano scrupoli neanche di fronte a una ragazzina come Lena per ottenere un gruzzoletto di soldi in più.
Il ragazzo ne ebbe tenerezza.
Prese la sedia e la avvicinò al letto, sedendocisi. Kija sibilò nuovamente, minaccioso. Il messaggio era chiaro anche a uno come Xerxes che non conosceva il linguaggio degli Asfer; ma il ragazzo non poté reprimere il sorriso che si impadronì delle sue labbra. Sollevò una mano, avvicinandola a Lena, che alzò le braccia per coprirsi il volto. Credeva forse che l'avrebbe colpita? Che le avrebbe fatto del male? La giovane non provò nemmeno a difendersi in un altro modo, visto le condizioni in cui riversava il suo corpo; ma non chiese nemmeno di risparmiarla da una qualsiasi violenza, né provò ad urlare.
Xerxes accarezzò i capelli di Lena con movimenti lenti per tranquillizzarla. Con le sue parole non voleva di certo metterla in allarme, ma non poteva certo aspettarsi una reazione diversa da quella. Se lo doveva aspettare.
- So che le mie parole potrebbero averti confusa – le disse, il tono di voce rassicurante. – ma posso giurarti su quanto di più caro a questo mondo che non ho nessuna intenzione di farti del male. Va bene? – le chiese, per vedere se lo avesse sentito o meno.
Lena annuì, titubante, alle sue parole e abbassò le braccia.
Xerxes, allora, continuò. – L'Allevatrice di cui ti ho accennato è una ragazza che ho conosciuto qualche mese fa e con cui ho viaggiato per un po'. La considero, ehm, un'amica.
Sembrò esitare un attimo su quell'ultima parola, ma in che altro modo avrebbe potuto definirla? Lena non se ne accorse e, anzi, gli domandò: – E ora che fine ha fatto?
L'espressione di Xerxes si rattristì. – Non lo so – le rispose, guardandola. I suoi occhi erano dello stesso colore di quelli di Kija. – Ci siamo separati per colpa di una serie di cose. Ma ho comunque deciso di mettermi alla sua ricerca. Come suo amico, s'intende.
- Oh – quest'unica espressione scappò dalle labbra della giovane, che abbassò il capo, pensierosa.
Anche Xerxes abbassò lo sguardo, tamburellando con le dita il suo ginocchio destro. Sentiva il bisogno di confessarle tutto. Si sentiva stranamente in colpa. – Mi dispiace ammetterlo, ma ti sono corso dietro perché speravo tu fossi Elvia – disse tutto d'un fiato, sperando che Lena non se la prendesse troppo a male. – In ogni caso, sono contento di averti aiutato. Rimpiango solo di non essere riuscito a raggiungerti prima, ecco.
Quando si accorse che la ragazza non gli avrebbe risposto, Xerxes decise di continuare. Non le importava se Kija lo avrebbe preso a morsi o che altro: prese le mani della ragazza nelle sue e gliele strinse leggermente e incrociò per l'ennesima volta il suo sguardo con quello di lei, pensieroso e confuso. Era importante quel contatto, voleva dimostrarle che era serio. – So che è naturale non fidarsi di uno come me, spuntato dal nulla e che addirittura se ne esce fuori con "Ma lo sapevi che sono amico di un'Allevatrice?". Nessuno ci crederebbe. Però – continuò, la voce piena di determinazione. – Non ho intenzione di abbandonare una ragazzina come te in mezzo al nulla e rincorsa da chissà quanti Cacciatori. So che è presuntuoso da parte mia farti una richiesta simile, ma non ti andrebbe di unirti a noi? A me, Erika e Lorenzo? Non ti andrebbe di partire per un'avventura, alla ricerca di un'Allevatrice, mia amica, più esperta? Sono sicuro che Elvia ti accoglierebbe a braccia aperte.
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