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Capitolo 33~

- Quindi - ricapitolò Lorenzo. - Hai salvato una ragazzina che era inseguita da tre Cacciatori?

- Più o meno - fece Xerxes, esasperato. Era almeno la terza volta che diceva le stesse identiche cose, ma Lorenzo non sembrava capacitarsi di ciò che gli stava raccontando. - Quando sono arrivato uno era già a terra. Morto. Io ho solo steso quello più grosso. Lei ha poi fatto fuori l'altro.

Il maestro continuava a fissarlo con un sopracciglio alzato e le braccia conserte, scettico. - Ma credi davvero che raccontando una simile frottola riuscirai a toglierti dai guai? - sentenziò. - Voglio sapere come sono andate le cose. Voglio la verità.

Il ragazzo sospirò di nuovo. Quante altre volte doveva provarci, prima che quel cocciuto riuscisse a comprendere le sue parole? Ormai non ci voleva più nemmeno provare. - Dov'è Erika? - chiese invece, cercando di cambiare argomento.

- È nella sua camera insieme alla ragazza. Le sta accanto per paura che la febbre aumenti di nuovo. Certo che era malconcia - disse, dopo una piccola pausa, pensieroso. - Era piena di lividi e graffi. Deve aver anche perso peso negli ultimi tempi, visti i vestiti che le stavano larghi.

Xerxes concordò appieno con le ipotesi dell'uomo. Gli abiti che la ragazza portava erano di marca, raffinati, e chi si poteva permettere di spendere denaro per una comodità del genere non poteva certo soffrire di fame. Doveva essere successo qualcosa che l'aveva costretta a nascondersi e a fuggire. - Tu cosa ne pensi? - domandò poi a Lorenzo.

L'interlocutore l'osservò per qualche secondo, senza emettere alcun suono. Poi, decise che non era il caso di lasciare il suo unico allievo sulle spine e si decise ad aprir bocca. - Nel caso in cui la ragazzina si fosse davvero sbarazzata da sola di due Cacciatori adulti come tu dici e vista la qualità dei suoi vestiti, deve essere successo qualcosa che le abbia scombussolato la vita.

Xerxes aveva già dei dubbi a riguardo, ma preferì non mettere Lorenzo al corrente di ciò che quella ragazza poteva essere davvero. Gli tornarono alla mente gli occhi vermigli, cacciatori, quasi vuoti, che lo avevano inchiodato al suolo quando si era voltato verso di lui, e i brividi ripresero a percorrergli la schiena. Era rimasto come paralizzato di fronte a quella vista. Questo fino a quando la ragazza non si era accasciata a terra, svenuta, e Xerxes era accorso a controllare le sue condizioni. Le scarpe erano consunte, quasi sul punto di rompersi del tutto; la pelle, il viso e i capelli sporchi, pieni di polvere e fuliggine; e le labbra erano secche, socchiuse, quasi che chiedessero un goccio d'acqua per placare la sete della loro padrona.

A quella vista, a Xerxes si strinse il cuore. Rivedeva in lei il se stesso di anni prima.

- Speriamo che si riprenda al più presto - mormorò, non sapendo cos'altro dire in quella situazione.

Lorenzo gli tirò una pacca amichevole sulla spalla, e gli sorrise. - Vedrai che andrà per il meglio. Cioè, se ce l'hai fatta tu a riprenderti, che eri più morto che vivo, allora per quella ragazza sarà una vera passeggiata. E ora - aggiunge, circondandogli le spalle con un braccio - andiamo a caccia di qualcosa di commestibile per la nostra bella addormentata!

Xerxes non riuscì a non sorridere a sua volta, e si lasciò trascinare dall'entusiasmo del suo compagno di viaggi.

Uscirono dalla locanda, e vennero salutati del freddo vento dell'inverno. A Xerxes piacque quella sensazione. Lo rilassava. Lo faceva sentire vivo. Lorenzo, invece, rabbrividì da capo a piedi. - L'inverno proprio non fa per me - borbottò, mentre si strofinava le braccia con le mani. Era tipo da estate, lui, Xerxes non aveva dubbi.

Gli sorrise, e insieme si diressero verso il mercato. Si trovava nella stessa piazza del giorno prima ed era come il ragazzo se lo ricordava, niente era cambiato se non per il numero di persone che si accalcavano davanti alle bancarelle. Era il primo giorno d'inverno, ed era festa. A tutti era concesso stare a casa, di fronte al camino - se ne avevano uno - e a riposarsi. Cosa avrebbero fatto, in quel giorno? Sarebbe usciti con gli amici? Sarebbero rimasti a casa con la famiglia? Avrebbero fatto la corte alla ragazza di cui erano follemente innamorati?

Con quei pensieri per la testa, Xerxes alzò lo sguardo verso il cielo, e non si sorprese di vederlo ricoperto da nubi basse e gonfie, pronte a far ricadere su tutti loro un manto bianco di neve. Quando era stata l'ultima volta che si era preso la briga di godersi un attimo del genere? Quando, invece, aveva giocato con la neve l'ultima volta?

Non ricordava.

- Cavolo, che casino - commentò Lorenzo, per niente scoraggiato. - Che cosa prendiamo alla bambina?

Xerxes abbassò lo sguardo sul compagno, sconsolato. - Non hai chiesto ad Erika?

Lorenzo rispose con un'alzata di spalle. - Mi sembrava troppo stanca anche solo per parlare. Prendiamo qualcosa anche a lei?

- Ovvio. Non si torna a mani vuote se hai una donna che ti aspetta.

Lorenzo ridacchiò sotto i baffi. - Bravo ragazzo. Ti sto insegnando bene.

Xerxes sorrise. Era impossibile non farlo quando era il maestro a sorridere. Era contagioso.

Fecero un elenco di quello che era necessario comprare e partirono alla carica, insinuandosi tra i molti corpi e arrivando al punto anche di spingere chi era troppo lento.

- Non ne posso più - scoppiò Xerxes, dopo una quarantina di minuti buoni in cui non avevano fatto altro che litigare sui prezzi della mercanzia, e con gli altri acquirenti su chi aveva adocchiato prima o meno quel capo d'abbigliamento. Da perdere la pazienza, insomma.

Lorenzo gli lanciò un'occhiata veloce, e continuò a perlustrare la zona in cui si trovavano, alla ricerca di qualche altra cosa da comprare. - Oh, ragazzo mio - sospirò, questi, e non nascose il divertimento nella voce. - Questo non è niente in confronto a quello che dovevo affrontare io quando facevo compere con le mie sorelle e mia madre.

Xerxes vide il maestro rabbrividire, e non seppe se per il ricordo o per le folate di vento che, con l'arrivo del pomeriggio, diventavano via via sempre più fredde.

- Questa mi è nuova.

- Che cosa? - Lorenzo si voltò verso di lui, un sopracciglio alzato a enfatizzare la domanda appena fatta.

- Che tu abbia delle sorelle.

Una smorfia comparve sul suo volto sempre sorridente. - Non ricordarmele, ti prego.

- Sei tu che le hai tirate in ballo - ribatté, divertito, il ragazzo. Erano poche le volte che vedeva Lorenzo così poco propenso alle chiacchiere, e non voleva perdere quest'occasione.

Lorenzo sistemò meglio le sacche piene di roba che aveva in mano, e divagò con lo sguardo sulle bancarelle. - Mmm... Devo proprio?

- Perché no?

- Non sono così bei ricordi, in realtà. Cioè - aggiunse, svelto - sono grato ai miei genitori per tutto, ma ho passato un vero inferno per quasi tutta la mia vita.

Ora sì che sono curioso, pensò Xerxes. - Come mai?

- Sono l'unico figlio maschio di mio padre - quasi sembrò sputarle quelle parole, da quanto velocemente le pronunciò.

- E? - Lorenzo stava saltellando sul posto, spostando il peso da un piede all'altro.

- ... e ho quattro sorelle maggiori e due minori.

Xerxes spalancò gli occhi, preso alla sprovvista.

- Già - commentò Lorenzo. - Questa è la reazione normale. E immagina - iniziò, enfatizzando le parole alzando le braccia al cielo - che infanzia ho passato. Ho dovuto seguire lezioni su lezioni su come diventare un buon successore di mio padre. Non hai idea di quanto fossero noiose quelle lezioni di galateo e di buone maniere che mi toccavano... Oddio, e la letteratura? Cielo, meglio non parlarne. Ogni occasione era buona per sgattaiolare via e ad allenarmi con la spada - al che sorrise. - Quelli erano gli unici momenti che speravo non finissero mai, e invece erano quelli che più mi sfuggivano dalle mani.

- Mi pare una bella vita, da fare - commentò Xerxes, senza malizia, e si avvicinò a una bancarella che vendeva patate calde. - Due per favore! - gridò, cercando di attirare a sé l'attenzione del proprietario.

Lorenzo gli lanciò un'occhiata piena di sconforto. - Magari lo fosse stata - pronunciò, sospirando pesantemente. - Quattro sorelle maggiori non sono per niente qualcosa di semplice da gestire, se sei l'unico figlio maschio in casa - rabbrividì ancora, e adesso Xerxes ebbe la certezza che non dipendesse dal vento della sera. La faccia di Lorenzo si rabbuiò maggiormente, e il ragazzo trattenne a malapena la risata che stava cercando di soffocare con tanto sforzo. Il proprietario della bancarella ebbe un tempismo perfetto, quando lo richiamò per consegnargli tra le mani un paio di patate dolci bollenti in cambio di pochi spiccioli.

Erano molto calde, e le dita che fino ad allora non sentiva più a causa del freddo iniziarono lentamente a formicolare, fino a dargli la strana sensazione che stessero iniziando a bruciare. Se le avvicinò al viso, e accolse con un sospiro di sollievo quel calore che profumava di buono.

Ne passò una a Lorenzo, e anche lui la usò per riscaldarsi. Le rughe di preoccupazione che si erano formate mentre raccontava della sua famiglia si distesero un poco, ma Xerxes non aveva intenzione di mollare l'argomento, non quando l'uomo sembrava essere disposto a rivelargli qualcosa di personale. Non aveva osato insistere in tutti quei mesi, forse per precauzione, forse per non impicciarsi di qualcosa che non lo riguardava (a volte era meglio non saperle, certe cose), o forse per paura. Ma paura di cosa? Nemmeno Xerxes lo sapeva. Era solo una sensazione che gli si era annidata dentro di lui.

- Continua - lo esortò Xerxes, e sorrise di fronte al lampo di desolazione che attraversò gli occhi del maestro.

- Non è che ci sia poi molto da dire...

Cercava di tergiversare, lo sapevano entrambi. Xerxes diede un morso alla sua patata, stando attento a non ustionarsi la lingua, e continuò a guardare il maestro che aveva preso nuovamente a spostare il peso da un piede all'altro. Persisteva nell'osservare la piazza che, lentamente, aveva cominciato a svuotarsi. L'inverno era diventato tale che le ore di luce erano ben poche. I padri rincasavo con i figli, le madri li richiamavano per la cena.

Lorenzo non aveva quasi più niente che lo potesse distrarre e sospirò, sconfitto. - La peggiore era mia madre - iniziò, e Xerxes rimase sorpreso. Non credeva che il maestro gli avrebbe davvero raccontato qualcosa. Si aspettava una strigliata e le solite parole che gli rifilava ogni volta che provava a chiedergli qualcosa di troppo. Che il freddo gli avesse dato alla testa?

- Si alleava con le mie sorelle - disse, e deglutì. - Non hai idea. Mi davano la caccia.

- La caccia? - domandò Xerxes, sempre più perplesso.

- Sì - confermò l'altro. - Era una cosa orribile. Ogni singola cameriera e maggiordomo era alla mercé di mia madre e delle mie sorelle. E mio padre... pover'uomo, non poteva niente contro di loro una volta che si coalizzavano per ottenere qualcosa.

- Okay, ma che volevano farti? - Xerxes non riuscì a trattenere l'impulso di porgli quella domanda. Lorenzo aveva la cattiva abitudine di allargare il brodo per prendere tempo e rendersi più desiderabile come in quel momento.

L'uomo avvicinò il volto a quello del ragazzo, e proseguì. - Quando ero piccolo, riuscivano sempre ad acchiapparmi. E sai cosa mi facevano? Lo sai quali torture ho dovuto sopportare per arrivare ad oggi?

Quanto avrebbe voluto scoppiargli a ridere in faccia in quel momento...

Xerxes scosse la testa. Tutta quella teatralità lo stava uccidendo. 

Gli occhi di Lorenzo si fecero vacui, mentre i ricordi si facevano via via più vividi nella sua memoria. - Mi usavano come una bambola. Finivo tra le loro grinfie, e diventavo una femmina. Come se ce ne fossero state poche, in quella casa. Poi tornavo ad essere un ragazzino e non facevano che spogliarmi e rivestirmi, in un ciclo che non sembrava più terminare - scosse il capo, e sembrò sul punto di vomitare quello che aveva mangiato per pranzo. - E quando mio padre entrava in camera per ricordare a quei demoni che avevo delle lezioni... Io scappavo, quasi trovavo conforto anche nelle lezioni di letteratura. Non so però - aggiunse dopo qualche attimo di silenzio - cosa succedesse a mio padre a quel punto. Era troppo terrorizzato per scoprirlo... 

Xerxes cedette, e scoppiò in una risata talmente fragorosa che non furono in pochi a voltarsi verso di loro, curiosi dell'origini di quel suono così cristallino e innocente. 

Lorenzo di scostò di scatto di fronte a ciò, e sembrò quasi offeso da quella reazione. - Ti pare davvero una cosa su cui ridere così?

In risposta, la risata di Xerxes crebbe maggiormente.

XxxxX

E con questo capitolo leggero torno alla carica!
A presto,
Ellyma.

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