Capitolo 32~
Xerxes non ricordava l'ultima volta che aveva corso così tanto, il cuore in gola che non smetteva un attimo di martellare, furioso. Forse quella volta che stava scappando da un animale selvatico, incontrato durante la raccolta di alcune erbe? O quella ancora quando, da bambino, era stato rincorso da un venditore infuriato da cui aveva rubato qualche mela?
No, di certo non era come allora.
A quei tempi la paura e la fatica erano sul punto di schiacciarlo, insieme al fiato corto. A quei tempi, correva per sopravvivere.
Ma adesso il sentimento che non faceva che crescere dentro di lui non era niente di simile. L'adrenalina aveva invaso ogni centimetro del suo corpo, e Xerxes era sicuro che, in quel momento, avrebbe anche potuto toccare il cielo con un dito. O con entrambe le mani, se solo lo avesse voluto.
Non vedeva l'ora di rivederla.
E di abbracciarla.
Sempre e solo se il suo cuore avesse retto all'emozione.
Il ragazzo accelerò, arrossendo a quel pensiero, e seguì le voci dei tre uomini che imprecavano senza sosta contro i cittadini che si mettevano fra loro e la ragazza.
Xerxes si mosse, veloce, tra la folla che aveva iniziato a diradarsi mano a mano che le voci dei Cacciatori si spostavano verso la zona più vecchia e malfamata della città.
Non ci pensò due volte, e si buttò in una viuzza laterale, simile in tutto e per tutto alle molte altre di Mystrangel. Erano in tanti a perdersi, tanti a non essere più ritrovati una volta entrata una di esse, ma il ragazzo conosceva ancora bene quelle strade, in particolare la zona verso cui si stavano dirigendo gli inseguitori.
Il muretto che si ritrovò davanti era uno di quelli che più odiava. Da piccolo, quando ne combinava davvero di grosse, finiva spesso intrappolato in quel vicolo, con le spalle appoggiate a quello stesso muretto. E quante ne prendeva, poi. Si sorprendeva ancora di essere ancora tutto intero.
Erano passati anni da allora. Si era unito alla Gilda. Aveva completato quest di diverse difficoltà, svolgendo anche le mansioni più umili. Era stato deriso, ma anche amato. E, alla fine, era diventato discepolo di colui che era stato capitano delle guardie reali, colui che anche Vinch stimava solo per sentito dire, qualcuno che aveva fatto grandissime cose nella sua giovane vita.
Ne era l'allievo da quasi quattro mesi, ormai.
Un lato della bocca di Xerxes si sollevò, formando un piccolo sorriso. Sì, erano passati anni. Quel muretto che allora gli sembrava irraggiungibile, che gli sembrava troppo alto per poter essere scavalcato, adesso non era che un piccolo ostacolato da superare per poter raggiungere la meta che si era prefissato.
Il ragazzo saltò, appoggiando il palmo della mano destra in cima al muretto, e, facendo pressione, sollevò il corpo, scavalcandolo così in un paio di secondi appena.
Atterrò, i piedi piantati saldamente a terra, e riprese immediatamente a correre, l'orecchio teso a captare qualsiasi genere di rumore. Sapeva, però, che quello non sarebbe bastato.
Spostò lo sguardo da una parte all'altra della via, cercando qualcosa che l'aiutasse a portarsi in alto.
Perché, come gli aveva una volta consigliato Erika, non c'era niente di meglio del poter osservare le mosse della propria preda dall'alto.
Xerxes svoltò prima a sinistra, e poi a destra, il fiato che iniziava a mancargli.
Sin da quando Mystrangel aveva posto le proprie fondamenta in quel territorio tra mare e foresta, erano esistite quattro torri, una per ogni punto cardinale, che andavano a circondare la piazza principale della città. Da ognuna di esse si poteva osservare con chiarezza ogni singolo punto della vecchia Mystrangel, progettazione originale dell'impianto cittadino che, con l'aumento della popolazione, aveva richiesto la costruzione di nuove case, alcuna delle quali anche a ridosso di queste torri.
Questo permetteva il loro accesso anche senza il consenso della vigilanza.
Naturalmente, solo se non si veniva beccati.
Xerxes era sempre stato agile, sin da piccolo. Era una dote che era rimasta nonostante tutto il resto, e grazie a Lorenzo aveva migliorato anche la propria forza e velocità.
Era fiducioso. Ce l'avrebbe fatta.
Sollevò lo sguardo verso il cielo, alla ricerca della Torre dell'Est, e la trovò che svettava, fiera ed antica, alla sua sinistra. Svoltò in quella direzione, ritrovandosela a poco meno di un chilometro di distanza. A guardia della porta che dava sulla sua strada, vi erano due uomini in uniforme blu e bianca, i colori del mare e della luna.
Erano in pochi a credere nella matrona delle Allevatrici, ma quelle uniformi erano un lascito dei primi abitanti di Mystrangel, e come tali, insieme alle quattro torri gemelle, erano divenute parte della storia e della cultura della città. Gli amministratori non se ne sarebbero mai sbarazzati.
Xerxes prese l'ennesima viuzza laterale e, facendo presa su una grata della finestra dell'edificio, si issò sul primo tetto. Tenendosi chinò, proseguì nel suo cammino, fino a raggiungere prima il secondo tetto dell'edificio accanto, e poi il terzo e il quarto, ed infine il quinto ed ultimo.
A quel punto si ritrovò davanti agli occhi le solide mura in pietra della Torre dell'Est.
Il ragazzo deglutì, osservando il vuoto che lo separava dalla torre, e la piccola finestrella a circa mezzo metro di altezza a cui doveva arrivare.
Xerxes prese un respiro profondo. Quello era sicuramente il momento peggiore per farsi prendere dall'ansia, lo capiva persino lui. Solo nel caso ringraziò Lorenzo ed Erika e pregò per la loro felicità, e per la salute dei loro futuri pargoli.
Fece qualche passo indietro, prese la rincorsa e saltò.
È orribile, quasi di pessimo gusto, quando la vita ti passa davanti agli occhi e i rimpianti ti invadono la mente, prima che la morte sopraggiunga.
E questo era ciò che stava succedendo al giovane ragazzo, che era riuscito per miracolo ad aggrapparsi a quella finestrella con mano tremante, i piedi che annaspavano nel vuoto, alla ricerca di un appiglio.
- Oddiooddiooddio - ripeté, la voce tremante. - Ma chi me lo ha fatto fare - borbottò, aggrappandosi con anche l'altra mano al bordo della finestrella. Con un ultimo e faticoso sforzo, il ragazzo riuscì ad issarsi, il battito, veloce, del cuore che gli martellava nelle orecchie.
Se ne stette là fermo, per qualche secondo, a riprendere il fiato; poi si rialzò e iniziò a percorrere i gradini che l'avrebbe portato in cima alla torre.
Ci volle appena un minuto.
Il vento gelido di inizio inverno sferzò le guance accaldate del giovane, facendolo rabbrividire in modo violento. Seppur fosse ancora presto, il sole stava già calando, sommerso dal mare, lasciando il posto alla notte.
Il ragazzo si avvicinò al bordo della torre, priva di una qualsiasi ringhiera, e guardò di sotto, alla ricerca della giovane.
Xerxes non la scorse nell'immediato, ma a causa del grande numero di persone che stavano tornando alle loro abitazioni, riuscì ad individuare delle sagome scure che si stavano dirigendo al confine est, verso la foresta che circondava come un muro invalicabile quel lato della cittadina.
Mare ad ovest. Foresta ad est. Catena montuosa a nord.
Mystrangel era conosciuta come la Cittadina Inviolabile del Regno non per niente.
Il ragazzo fece un passo indietro. Ora non gli toccava che scendere da lì, e l'unico modo per raggiungere l'Allevatrice senza rompersi l'osso del collo era quello di scendere le scale come avrebbe fatto una persona normale.
Prese appunto della posizione della ragazza, e si voltò, scendendo di corsa quei scalini che gli parvero interminabili.
- Se è davvero salito qualcuno, il capo non ce la farà passare liscia – sospirò un uomo, il suono pesante dei suoi passi che battevano sulla pietra, alla base della Torre dell'Est.
- Te lo assicuro – disse una seconda persona. - Mi sembra di aver visto qualcuno sul tetto poco fa. E questo – aggiunse, estraendo la spada dalla fodera che portava al proprio fianco – mi sembra proprio il rumore di passi che scendono.
L'uomo iniziò a salire gli scalini di corsa, seguito dal compagno. Questo, però, non fu un problema per colui che si era intrufolato senza invito in quel monumento.
Xerxes non le vide nemmeno, le guardie. Adocchiò la prima finestra, da cui sapeva di non rischiare l'osso del collo, e si buttò. Atterrò in piedi, rotolando a terra per attutire la caduta. Sopra di lui, le guardie si sporsero, il fiato corto, e si accertarono che fosse vivo.
Xerxes però non diede loro il tempo di osservarlo meglio: si sollevò, la testa che gli girava leggermente, e prese a correre, svoltando subito in un vicolo buio e ristretto.
Non avrebbe permesso a nessuno di rallentarlo.
Non avrebbe permesso a nessuno di mettersi tra lui e l'Allevatrice.
Non di nuovo.
Corse. Corse a perdifiato, veloce come mai aveva fatto.
Chissà... chissà cosa gli aveva fatto quella donna per portarlo a comportarsi così. Non la conosceva bene, ci era stato solo pochi giorni assieme; ma quei giorni erano piantati nel suo cuore come un pugnale, un oggetto che non andava rimosso se ci teneva, alla vita.
Forse lo shock di essere con un piede e mezzo nella fossa lo aveva portato a sviluppare dei sentimenti per Elvia? Era possibile una cosa del genere?
Un urlo improvviso – un urlo femminile – lo riportò di nuovo alla realtà.
Gli si gelò il sangue nelle vene.
Possibile che l'avessero già raggiunta? Possibile che fosse stata battuta, nonostante fosse così abile?
Il ragazzo aveva raggiunto l'ultimo quartiere ad est, dove ormai non vi abitava più nessuno. Questo a causa della vicinanza della foresta. Sin da quando si era trasferito a Mystrangel, era dilagata in lui, così come in tutti gli abitanti della cittadina, un'unica ed assoluta consapevolezza: quella di non mettere piede della foresta.
Chissà per quale motivo, ma tutte le Foreste del Regno erano come maledette.
Xerxes rallentò per riprendere fiato, mentre il gelo della Foresta iniziava ad insinuarsi sotto la sua pelle. Era sempre così quando un essere umano si avvicinava ad una di esse.
Il ragazzo si nascose dietro un muro in pietra mezzo distrutto, cercando con lo sguardo i tre uomini. Non poteva irrompere senza un piano: i numeri non erano dalla sua, e non aveva sicuramente la forza fisica e l'esperienza di battere tre Cacciatori ben allenati della Gilda.
Un moto di terrore lo prese alla sprovvista, mentre le immagini di Ben ed Isgar si ripresentavano davanti ai suoi occhi.
Basta, ordinò a se stesso. Non sono loro, e se anche lo fossero Lorenzo è molto più spaventoso.
Li trovò facilmente: uno era a terra, immobile, un altro si stava medicando un braccio e l'ultimo, il più grosso, tratteneva l'Allevatrice.
- Stai ferma! - urlò uno dei due, quello che stava trattenendo la donna incappucciata che, disperata, cercava di allontanarsi.
- Lasciami! - gridò, la voce rotta dal pianto. - Lasciami! Morirà così! Lasciami!
A terra stava un piccolo serpente albino che non dava segni di vita.
- Oh – fece quell'altro, prendendo per il collo l'animale. - Tu dici questo mostriciattolo?
Xerxes si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa che l'aiutasse ad affrontare i due uomini rimasti senza mettere a rischio la ragazza e l'Asfer. Si maledisse per aver dimenticato la spada alla locanda e afferrò una manciata di piccole pietre di cui la zona era piena.
Doveva agire in fretta, non aveva molto tempo.
- Ti prego – supplicò la giovane, ormai sul punto di scoppiare in lacrime. - Non fategli del male...
- Ah sì? - ringhiò quello, stringendo la presa. - Dovevi pensarci prima che uccidesse Micheal!
- Ti scongiuro... - pianse la donna. - Non fare del male al mio Kija...
I due Cacciatori non erano in guardia, e ciò andava a suo vantaggio.
Rasente il muro che cadeva a pezzi, Xerxes si avvicinò via via all'uomo che tratteneva la ragazza. Era grosso, i muscoli delle braccia che sembrava sul punto di strappare le vesti, e alto, molto più del giovane. L'Allevatrice, in confronto, sembrava un piccolo ramoscello, così piccolo e sottile che, nelle mani del Cacciatore, avrebbe potuto facilmente spezzarsi.
Tuttavia Lorenzo gli aveva insegnato una tecnica terribile e estremamente dolorosa, che risultava infallibile se eseguita nel giusto modo.
Andiamo.
Con uno scatto quasi felino, saltò l'ennesimo muretto su cui si era nascosto e si fiondò alle spalle dell'omone. L'altro lo vide, ma non ebbe il tempo di avvertire il compagno.
Xerxes alzò il ginocchio con tutta la forza in suo possesso e colpì le parti basse dell'uomo, che mollò la presa sulla ragazza e si rivolse, furioso e sofferente, verso di lui.
La tecnica mortale aveva avuto successo.
Il giovane, però, non diede tempo al suo opponente di reagire.
Gli rifilò uno schiaffo all'orecchio, che lo sbilanciò, facendolo cadere a terra. Con l'altra mano tirò le pietre che aveva raccolto addosso all'altro, con la speranza di colpirlo per fargli almeno mollare la presa sull'Asfer.
Non era mai stato bravo con le armi da lancio, ma almeno quel giorno Fortuna sembrava essere al suo fianco.
- Piccolo moccioso...! - inveì il Cacciatore, lasciando andare l'Asfer, che venne afferrato prontamente dall'Allevatrice. - Questa me la paghi!
Xerxes non lo ascoltava più. Doveva prima occuparsi dell'omone alle sue spalle che, benché traballante, si stava rialzando in piedi e che lo guardava con occhi pieni d'odio.
E ci credo, pensò il giovane. Chiunque essere umano di sesso maschile vorrebbe farmi fuori dopo una cosa del genere.
Gli si avvicinò, e mentre quello fletteva il braccio all'indietro per colpirlo, Xerxes gli tirò prima un pungo in mezzo al petto, lasciandolo senza fiato, e poi sotto il mento, stendendolo completamente e facendolo finire gambe all'aria.
Bastava poco per mettere giù qualcuno di più grosso, l'importante era non farsi colpire. Soprattutto se si aveva dalla propria parte l'effetto sorpresa.
Ora ne mancava solo uno.
Xerxes si voltò, pronto a combattere, ma la scena che si ritrovò davanti agli occhi fu abbastanza da lasciarlo senza fiato.
Il cappuccio non le copriva più i capelli, mostrando, alle flebili luci del tramonto, una chioma chiara. A terra, l'altro Cacciatore aveva la schiuma alla bocca, mentre le sue mani erano congelate, nel momento della morte, attorno alla frusta che l'aveva strangolato, togliendo in lui ogni barlume di vita.
La ragazza si voltò verso Xerxes, gli occhi vermigli come il tramonto.
Per quanto il silenzio che si andò a formare fosse più pesante dell'unico Cacciatore sopravvissuto, ciò non era abbastanza da cancellare nel giovane l'immensa delusione che stava attraversando il suo animo e la fitta, dolorosa, che sentiva in mezzo al petto.
Quella non era Elvia.
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