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Capitolo 30~

Lorenzo scese lentamente le scale che collegavano il primo piano, dedicato ai clienti della locanda, al pianoterra, lasciando spazio alla taverna vera e propria che ospitava invece uomini per una bevuta occasionale.

Aveva in testa un asciugamano con cui strofinava pigramente i capelli umidi, mentre vestiti caldi ed asciutti gli fasciavano il corpo allenato. L'ex soldato lanciò un'occhiata al locale: al bancone non c'era nessuno, e pochi erano i tavoli occupati, per lo più da coloro che restavano per la notte.

All'unico tavolo vicino alla finestra, Erika sorseggiava un enorme boccale di birra con un terribile ghigno sul volto, mentre il ragazzino davanti a lei se ne stava dritto con la schiena, come se fosse seduto su un cespuglio di spine, gesticolando animatamente.

Ciò, per Lorenzo, non preannunciava che divertimento.

Si diresse al tavolo e la mezzelfa gli fece un cenno col capo, salutandolo. Sperava che quella ventata di buonumore durasse il più a lungo possibile, perché adorava vederla sogghignare.

- Allora? Di cosa stavate parlando? - Lorenzo scostò la sedia in mezzo ai due e si sedette scomposto.

- Niente – gli rispose, fulmineo, il ragazzo. - Niente di niente. Davvero – aggiunse, con foga, rendendo ancor più curioso l'uomo.

- Io non ne sarei così sicura... - borbottò Erika tra un sorso e l'altro. - Il ragazzo...

- Lore! - lo richiamò il giovane, e ciò lo sorprese più di tutto il resto. Era la prima volta che lo chiamava con un soprannome, e ciò lo fece sorridere. - Com'è andata con la raccolta di informazioni?

Lorenzo Larosa osservò quello che era diventato in strane circostanze il suo nuovo allievo. I palmi appoggiati al tavolo in legno vecchio e consumato, le gote leggermente arrossate per l'imbarazzo, e negli occhi la determinazione a non far rivelare niente ad Erika.

Lorenzo sorrise, e lo accontentò. Avrebbe lasciato perdere, ma solo per il momento. - Ho ottenuto cospicue informazioni utili. Tre principali. Quale volete? A, b o c?

Xerxes ed Erika si lanciarono un'occhiata prima che la mezzelfa rispondesse con una c estremamente convinta.

Lorenzo si sfregò le mani, sul viso un sorriso canzonatorio. - In queste cose, mia carissima Erika, fai proprio pena. Se la mia vita dovesse mai dipendere da qualcosa di simile, sono sicuro che finirei i miei giorni provando le peggiori torture di questo mondo. Comunque – riprese il filo, quando vide la mezzelfa alzare un sopracciglio in modo intimidatorio e il sogghigno allargarsi sulle sue labbra – hai beccato la presunta meno interessante.

- Ovvero? - si intromise Xerxes, ora nuovamente seduto.

- Ovvero, mio bel giovanotto impaziente – lo canzonò Lorenzo – la città rimarrà chiusa per qualche giorno. Per dei presunti motivi di sicurezza.

Erika abbassò il boccale, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolino, e lanciò un'occhiata intensa al compagno. - Spara. Cosa nascondi?

Xerxes spostò lo sguardo prima su di lei, poi su Lorenzo, e di nuovo sulla mezzelfa. A quei due le parole non servivano più di tanto, ormai Xerxes lo aveva capito da tempo, ma restava sempre qualcosa di interessante da osservare.

Lorenzo si passò una mano sui capelli ancora umidi, sorridendo di sbieco. - Mi conosci troppo bene.

I caldi occhi marroni della donna sembrarono illuminarsi a quelle poche parole. - E la cosa è reciproca. Quindi, forza: spara la notiziona.

Concludendo ciò, Erika riprese a bere, e il sorriso di Lorenzo si allargò.

Non aspettava altro, si ritrovò a pensare Xerxes, incredulo.

Lorenzo avvicinò la sedia al tavolo e si sporse, abbassando la voce e catalizzando l'attenzione su di sé. - Da quello che sono riuscito a rimettere insieme, una carrozza è entrata in città poco dopo di noi.

- Beh, in una città come questa non è insolito – lo interruppe Xerxes. - Sono molti i nobili che vanno e vengono da Seynar, e non solo loro.

- Sarà anche vero – lo accontentò il cavaliere. - Ma la famiglia che possiede lo stemma del drago che viene in una città come Seynar?

- Vorrai scherzare – Xerxes sbiancò. - Quelli non si muovono mai.

- Ne sei sicuro? - domandò Erika, il boccale nuovamente appoggiato sul tavolo e l'indice della mano destra che tamburellava, nervoso, contro il legno.

- Non del tutto – rispose a sorpresa l'uomo. - È una mia congettura, però ho buoni motivi per crederlo. La carrozza, da quello che ho capito, è stata costruita usando un legno particolare, molto raro non solo da queste parti ma in tutto il Regno. O si possiede un gran bel patrimonio e una gran mania di volerlo sperperare o se ne è i Guardiani. Parlo del legno di Iovins glans.

- Ci credo che hai pensato a loro – sospirò Erika, il dito che non si dava pace. - Solo loro si possono permettere tutto quel legno per una carrozza. Roba da matti. Utilizzare qualcosa di così sacro per una carrozza.

- Per di più, sono riuscito, grazie alle mie splendide capacità di persuasione – Lorenzo ammiccò ed Erika sollevò un sopracciglio, l'ombra debole di un sorriso – a farmi descrivere la forma.

- Non ho mai sentito di questo legname – li interruppe Xerxes. - E non capisco come tu abbia fatto a riconoscerlo senza vederlo, ma cosa ci serve sapere che forma ha la carrozza? Io ne avrò viste centinaia, e tutte si adeguavano agli strani gusti dei proprietari.

- Mio carissimo ragazzo – Lorenzo stava iniziando a dargli sui nervi: perché era così allegro? Se davvero erano loro, c'era poco da sorridere e da essere contenti. - Devi imparare a pazientare.

- Parla lui – lo derise la mezzelfa. - Ma continua, non vorrei mai interrompere il qui grandissimo sir Lorenzo Larosa. Che sia mai!

Lorenzo sorrise, stando al gioco. - Grazie, milady. Farò in modo di non annoiarla troppo. Devi sapere, giovanotto – si voltò verso Xerxes – che il legno di Iovis glans è un legno estremamente pregiato. Cresce solo in determinate e ben precise condizioni, e basta davvero molto poco a farlo morire. Ecco uno dei motivi per cui è così raro. Inoltre – continuò – ha una leggenda alle spalle che ne fa schizzare il prezzo alle stelle. Questa bella signorina al mio fianco che non riesce a mollare il boccale di birra glielo racconterà.

Erika alzò gli occhi al cielo, ma continuò al posto del compagno. - Iovis glans è in una lingua antica e dimenticata dai più, che viene ancora studiata solo in pochissimi monasteri o luoghi di studio. Il nome sta per ghianda di Giove, un dio di una civiltà contemporanea alla lingua di cui ti ho accennato – prese un sorso di birra e continuò, il dito che aveva smesso di battere. - Si narra che Giove, re di tutti gli dei e di tutti i cieli, fosse il più temuto di tutti. Solcava giorno e notte il cielo con furia, scatenando temporali e tuoni a non finire, terrorizzando ogni popolazione di ogni dove. Cambiava forma di continuo: prima era un drago dalle fauci enormi, poi l'incarnazione stessa del vento e del fulmine, comparendo e dissolvendosi poco dopo, lasciando dietro di sé solo disperazione, odio e fiamme che non facevano che accumularsi, bruciare e crescere sempre più. Gli uomini non riuscivano più a sopportare quella situazione, così come le creature magiche e gli altri dei, costretti a dover sottostare a un tiranno così instabile ed incomprensibile.

- Qua viene la parte migliore – sogghignò Lorenzo, fissando i suoi occhi in quelli della mezzelfa, che rispose con un mezzo sorriso.

- Beh, per non farla troppo lunga, Giove rimase affascinato da una ragazza, una popolana. Non si sa molto su di lei, ma fu l'unica a far sentire il nostro bel dio furioso come un ragazzino alla sua prima cotta. Un gran bel traguardo, no? Giove, allora, si rese conto che non sarebbe mai piaciuto alla ragazza nello stato in cui era, e così si trasformò in un bellissimo principe, pronto a tutto per conquistarla.

- Allora non aveva un cuore così freddo – la interruppe Xerxes.

La mezzelfa scosse il capo, un sorriso malinconico sul volto. - Così mi è stato tramandato. La fanciulla cadde innamorata di quel bel principe che le aveva dimostrato tanta generosità ed affetto e, ricambiandone i sentimenti, aveva permesso anche l'avvenire di un periodo di pace e di tranquillità.

- Ma – la bloccò nuovamente l'ex Cacciatore, ormai coinvolto nella storia.

- Ma – gli sorrise Erika. - Chi poteva dire quanto sarebbe durato? Il dio si sarebbe stufato della ragazza? E se così non fosse stato, cosa sarebbe successo alla sua morte? Molti erano inquieti per questa faccenda, temevano quella calma prima della tempesta. Così, si organizzarono: se Giove aveva trovato qualcosa da amare, essa rappresentava anche la sua più grande debolezza.

- No... - Xerxes spalancò gli occhi.

- Sì – sogghignò Lorenzo, godendosi le espressioni che si alternavano, una dopo l'altra, sul volto del suo giovane allievo.

- Approfittandosi del buon umore del re degli dèi, Giove fu addormentato, vittima di una pozione che lo avrebbe tenuto occupato il tempo necessario di portar via la giovane – continuò la mezzelfa. Ora guardava le sue mani, le dita intrecciate l'una all'altra. - Fu rinchiusa in un luogo così lontano da casa, così nascosto dal resto del mondo, che i raggi del sole non riuscivano a penetrare il mantello di oscurità che copriva perennemente quei boschi. E mentre il tempo passava, mentre gli dei inferiori e gli uomini si armavano, nascondendosi in quelle stesse tenebre, Giove comparve insieme ad un fulmine che squarciò per un singolo istante quell'oscurità. «Dov'è?!» gridò, nella voce solo il terrore di non poterla più vedere sorridere. «Dov'è?!» gridò ancora, e sembrò di sentir risuonare per quei boschi il suo cuore creparsi e sbriciolarsi dalla sofferenza. Avrebbe potuto sprigionare il suo potere, distruggere tutto ciò che lo circondava in un istante, e ritrovarla in pochissimo tempo, invece... - Erika si interruppe un attimo, riflettendo. - Il dolore di poterla perdere lo sopraffece e Giove cadde ginocchioni a terra, a pregare coloro che si nascondevano di risparmiare la vita alla giovane. In cambio, lui sarebbe scomparso, non avrebbe mai più disturbato la quiete di quel mondo terreno che aveva appena iniziato ad apprezzare. «Vale» questa fu l'ultima parola sentita pronunciare dal dio più terribile che fosse mai esistito, ed essa era rivolta ad una mortale, una popolana, che lo fissava atterrita, la paura che faceva tremare ogni centimetro del suo corpo. Una singola lacrima solcò il volto del bel dio, una lacrima di dolore, di sofferenza, di amore. Essa scivolò, lenta, finché non cadde a terra. Giove scomparve, e nessuno fece caso a quella lacrima, se non la giovane che, ancora tremante, si avvicinò al punto che per ultimo aveva visto colui di cui si era inesorabilmente innamorata. Là, anch'ella si lasciò cadere a terra in un pianto disperato. Tanti sentimenti, tante emozioni, infuriavano dentro di lei. Fu allora che trovò la lacrima di Giove, una lacrima che si era concretizzata nella loro promessa d'amore: fu allora che comparve la prima Iovis glans. La giovane coltivò quella ghianda in quella foresta oscura, palcoscenico del loro ultimo momento insieme, da cui nacque una splendida quercia dal legno bianco come la neve, simbolo della speranza della giovane nel poter rivedere, seppur per un'ultima volta, l'amato.

Al concludersi della storia, solo lo scrosciare della pioggia dominava la stanza. Erika appoggiò la testa sul braccio disteso sul tavolo, perdendosi nei suoi pensieri.

- Ecco perché eri così sicuro – intuì Xerxes. - Il colore del legno non poteva non dare nell'occhio...

Lorenzo schioccò le dita. - Bingo. Però potrebbero benissimo non essere loro. In definitiva stiamo parlando solo di una carrozza che potrebbe essere stata verniciata semplicemente di bianco.

- Non è da escludere – convenne il ragazzo, sospirando. - Io lo spero proprio, anche se è improbabile.

- Perché improbabile? - domandò Lorenzo.

- Chi mai vorrebbe imitare il marchio, l'emblema, il sigillo... insomma, chiamalo come vuoi, di una famiglia che si porta dietro solo disastri?

L'ex soldato non poté non annuire, rubando la pinta di birra della compagna. - Non hai tutti i torti.

- Quali erano le notizie a e b? - li domandò la mezzelfa, sbuffando per il gesto dell'uomo e nuovamente attenta alla loro discussione.

- Partendo dalla b, c'è una voce preoccupante che gira. Avete presente le notizie sulle aggressioni da parte degli Asfer, no? A quanto pare, qualche uomo in alto – e con l'indice indicò il soffitto – ha intenzione di prendere sottomano la situazione iniziando una guerra contro le altre razze.

Appena Xerxes realizzò le parole di Lorenzo, rimase allibito.

Anche la mezzelfa sembrava scioccata alla notizia. I suoi grandi occhi castani erano spalancati, la bocca leggermente aperta, la pelle violacea mortalmente pallida.

- Ecco, riprenditela – disse Lorenzo, passando il boccale. La mezzelfa la afferrò prontamente e se la scolò fino all'ultima goccia.

- Questa cosa non ci voleva proprio... - sussurrò alla fine, coprendosi la faccia con una mano. - Che casino...

- Ben detto! - concordò Lorenzo. - Mi sa che dovremmo spostaci molto presto. Questo posto diventerà presto un inferno.

Xerxes non credette alle sue orecchie. Cosa aveva appena detto Lorenzo?

- Non hai intenzione di tentare di fermarla? La guerra, intendo – domandò, pungente. - Sei un cavaliere, un soldat...

- Lo ero – lo corresse l'uomo, con un tono così freddo che Xerxes rabbrividì nonostante il maglione caldo. - Ero un cavaliere, ero un soldato. Ora non sono altro che un vagabondo che gira il mondo.

Ma nella sua voce, benché fosse quasi impercettibile, vi era anche una nota di rammarico e di rimpianto.

La mezzelfa si morse l'interno della guancia a quelle parole, ma decise di non dire niente. Vi era un tempo e un luogo per ogni cosa: lei doveva solo attenderli.

Lo stesso fece Xerxes, intuendo che non era il caso di aggiungere altro. Aveva imparato a sue grandi spese quando stare zitto o continuare ad insistere.

Lorenzo prese un respiro profondo prima di ricominciare a parlare e condividere con loro il punto a. - Ricordate quel poco che ci hanno detto le due guardie alle mura? Del tentato omicidio di Malcom de Sar, il Signore di questa città? - Erika e Xerxes annuirono, al che Lorenzo continuò. - Ho chiesto un po' in giro. Nonostante sia passato un po', pare che sia ancora sulla bocca di tutti. Pare che Ian de Sar, il figlio di Malcom de Sar, abbia passato una serata con la presunta assassina. Me l'hanno descritta vagamente, ma pare proprio che sia la giovane che stai cercando, ragazzo. Capelli rossicci e di media statura.

- Potrebbe essere comunque un'altra ragazza che le assomiglia – ipotizzò Erika.

Lorenzo mosse l'indice a destra e a sinistra, più volte, in segno di diniego. - A quanto pare è stata vista insieme ad un enorme Asfer, quindi non ci sono dubbi. È lei.

- Elvia...

Il cuore di Xerxes capitolò. Sperava davvero che fosse lei, ma dentro di sé qualcosa gli diceva di non fidarsi. In tutta la sua vita, tutto ciò che aveva desiderato non aveva fatto altro che sfuggirgli come sabbia dalle mani. Ora aveva il terrore che, facendo crescere quella speranza, quel desiderio, avrebbe diminuito le possibilità di incontrare ancora una volta l'Allevatrice.

Incrociò le dita delle mani, mentre un sentimento di terrore cominciò ad aumentare. Aveva davvero il diritto di incontrarla? Lui era stato tra i primi a darle la caccia. Aveva anche cercato di ferirla...

L'immagine della ragazza si impose davanti ai suoi occhi. I suoi capelli che si confondevano vicino al fuoco, gli occhi che brillavano luminosi mentre osservava le stelle e il sorriso, così sincero da mozzare il fiato, quando parlava con i suoi due protetti, con Krir e Akemi.

Il battito tornò regolare, il panico e il terrore scomparvero. Tutto ciò durò pochi secondi.

Lui doveva cercarla, andare avanti. Glielo doveva.

L'avrebbe ritrovata, le avrebbe parlato un'altra volta, avrebbe accarezzato le morbide piume di Akemi e avrebbe scambiato una lunga occhiata con quel musone di Krir.

Al pensiero dei sue Asfer, però, si ricordò della guerra che Lorenzo aveva menzionato. Se era davvero così, se stava davvero per scoppiare, i due cuccioli erano in pericolo.

Ed Elvia era la prima a doverne essere informata.

- Quando riapriranno la città, Lorenzo? - domandò. Una strana calma lo aveva pervaso, e questo lo notarono anche gli altri due al suo stesso tavolo.

- Penso domani mattina. Non possono tenerla chiusa più di tanto.

- Perfetto – disse, alzandosi in piedi. - Che ne dite di fare una tappa a Mystrangel?

La mattina di due giorni dopo, alle prime luci dell'alba, il trio lasciò la cittadina. C'era voluto un intero giorno per ottenere il permesso di andarsene da quella città e per ottenere il necessario, ma alla fine furono fuori. Xerxes si voltò un'ultima volta verso la città. Aveva sentito da molti quanto essa fosse in realtà gioviale e piena di vita, e sperò di non rivederla nuovamente sotto un'atmosfera così tetra e cupa. Lanciò uno sguardo anche al palazzo dei Signori della città, chiedendosi cosa mai avesse portato Elvia ad avventurarsi tra quelle mura, fino al punto di ferire Malcolm de Sar e ricevere una così grande ira dal figlio.

Da una delle tante finestre del palazzo, Ian osservava con occhi freddi le mure di Seynar. Nel suo animo, sentimenti contrastanti stavano lottando senza tregua. Stava ancora pensando alla discussione segreta che aveva avuto con il rappresentante di quella famiglia e alla sua proposta, quando notò alcune persone allontanarsi dalle mura, così come aveva fatto il rappresentante quella stessa notte.

Per un attimo, i suoi occhi e quelli di Xerxes si incrociarono, immancabilmente, ma nessuno dei due considerò più di tanto quel singolo attimo.

Poi, il ragazzo salì in groppa al suo cavallo e raggiunse Lorenzo ed Erika, l'uno che cavalcava di fianco all'altra.

La loro destinazione era Mystrangel, il luogo che Elvia voleva inizialmente raggiungere. Se l'Allevatrice era stata vista a Seynar, voleva dire che era riuscita ad uscire sana e salva dalla Foresta dei Sussurri, e che si sarebbe diretta in quella cittadina che si affacciava al mare.

Xerxes covava nel cuore la speranza di poterla rivedere. 

xxx

Piccola nota. 

Giove, prima di andarsene, dice «Vale» rivolto verso l'amata. Non è né il nome della donna né un suo soprannome. E' una parola latina che, se posta alla fine di un discorso, sta per «addio». 

Già che ci avevo infilato un dio romano, perché non metterci un saluto di commiato in latino?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto o che, per lo meno, non vi abbia annoiato troppo. 

Sperando a presto,

Ellyma~

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