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Capitolo 3~

                       

Elvia trasalì, voltandosi verso la fonte della voce. Sul ramo accanto era comparsa una ragazza, che la guardava con un ghigno sul viso. Aveva i capelli del verde delle foglie della quercia che le arrivavano fino alla schiena; gli occhi, anch'essi verdi, la fissavano con uno strano scintillio. Indossava una veste leggera di un caldo arancione e portava un'unica decorazione: un piccolo diadema fatto di rami, foglie e piccoli boccioli. Sarebbe stata una bella ragazza, pensò Elvia, se non fosse stato per la corteccia al posto della pelle umana.

- Vedo che hai capito chi sono. Bene - Con un gesto della mano, fece muovere un ramo sottile, che trasportava dei frutti. - Avrai sicuramente fame, come quei due cuccioli che tieni stretti tra le braccia e che hanno iniziato a svegliarsi.

L'alba era ormai sorta e la foresta aveva cominciato a svegliarsi. Gli uccelli avevano iniziato a cinguettare, cantando sinfonie delicate; le volpi e i topi si stiracchiavano nelle loro tane, mentre le formiche e gli scoiattoli si erano già messi al lavoro, alla ricerca della propria colazione. Un vento fresco trasportava tutto quello, insieme al profumo dei fiori che avevano cominciato a sbocciare, del sottobosco ancora all'ombra e della rugiada mattutina, unico sollievo di quella giornata che si prospettava calda come le altre.

Come aveva predetto lo spirito della quercia, Akemi e Krir iniziarono a muoversi. Il primo a svegliarsi fu Akemi, forse più che altro per il buon odore delle mele che per la reale necessità di alzarsi. Krir si alzò del tutto solo quando il Manfeel aveva già divorato due mele, e fu il primo tra i due ad accorgersi dello spirito che li guardava con occhi gentili.

- Su, mangiate anche voi altri. Le mele sono ottime, vero, piccolo Manfeel?

Lo spirito guardò Akemi, che annuì automaticamente in risposta e fermò la sua abbuffata, notandola solo in quel momento. Si mise in una posizione eretta, con le orecchie abbassate, e iniziò a fissarla come l'Allevatrice e Krir.

- Tu sei... - cominciò Elvia.

- Sì. Sono Myral, regina di questa foresta abitata da creature magiche e non-magiche. Finalmente posso dare a tutti e tre il benvenuto nel luogo da me protetto - e sorrise in modo caloroso ai due cuccioli, per poi incrociare i suoi occhi verdi con quelli ambra di Elvia. - In realtà, vi aspettavo da un po' di tempo.

- Cosa volete dire che ci stava aspettando?

Krir era stato più veloce di Elvia. Fissava Myral con la coda gonfia e bassa, che si agitava nel modo che Elvia più odiava.

- Proprio quello che ho detto: vi stavo aspettando.

- Ma come faceva a saperlo? Raramente si posseggono poteri di preveggenza.

Myral guardò Krir negli occhi, come a scrutarne l'anima. Krir mosse la coda, agitato, e abbassò lo sguardo. - Capisco. Non è per niente un bel avvenire, piccolo evocatore. Mi si strugge il cuore a vedere. Farai grandi cose, ma spetta solo a te decidere se esse saranno buone o cattive.

La volpe si era rannicchiata in una piccola palla di pelo rossiccio e bianco. Elvia era sul punto di chiedere chiarimenti, quando notò gli occhi azzurri spalancati dal terrore di Krir. Non voleva che scoprissero qualcosa. Aveva paura. Così, si fidò semplicemente, e prese ad accarezzare la sua pelliccia, in modo da fargli capire che non le interessava sapere, non al momento almeno.

Elvia chiuse la bocca rimasta aperta in una domanda muta, e si rivolse verso la regina della foresta dove aveva vissuto per dodici anni, aspettando la risposta all'ultima domanda di Krir.

Myral fece un strano sorriso e rispose in modo enigmatico. - Ho genitori, diciamo, particolari. Tutto qui. Posseggo un po' di preveggenza, ma nulla di particolare. È un potere strano, questo, sapete? Si mostra come e quando gli pare, come se fosse un'entità viva. Buffo no? - abbassò lo sguardo sulla sua mano, per poi rivolgerlo verso Elvia. - Ho visto che venivate inseguiti, Allevatrice, e, dato che conoscevo bene Damiana, ho deciso di darvi un aiuto. Vi ho dato un riparo e ho sviato gli inseguitori, ma ciò non significa che vi proteggerò per sempre. Stanno facendo non pochi danni accendendo fuochi, uccidendo i miei abitanti e distruggendo il luogo che tanto amo. Vi farò riposare in nome della mia amicizia con la precedente Detentrice della Storia ancora per mezza giornata, poi ve ne dovrete andare.

Che intendeva dire con genitori particolari? E conosceva davvero Damiana? Detentrice della Storia? Di cosa stava parlando Myral?

Prima che Elvia potesse anche solo formulare a voce una di quelle domande, Myral ricominciò a parlare, come a leggerle nel pensiero. - Ogni risposta a tempo debito, ragazza - spostò il suo sguardo su tutti e tre, per poi scuotere lentamente la testa. - I fili dei vostri destini sono legati. Sarete forti insieme, crescerete e imparerete molto stando l'uno a fianco degli altri. Ma ognuno di noi fa le proprie scelte, che esse siano buone o cattive - batté le mani, ora con un nuovo sorriso sul volto. - Bene! È ora di prepararsi. Tra poco partirete e vi farete seguire da quei bambini che giocano ai bulletti di turno. La mia foresta è salva.

Si alzò, pronta ad andarsene, e iniziò a canticchiare insieme agli uccelli un motivetto allegro, ma Elvia dovette subito interromperla senza, in realtà, nessun dispiace. Dove diamine doveva andarsene, se non poteva tornare a casa sua, tra quegli alberi? - Ehm... scusi, regina Myral, ma io non saprei dove andare. Non conosco nessun posto, se non questa foresta; ma a quanto pare non la conoscevo davvero così bene - le lanciò un'occhiata abbastanza significativa che implicava l'esistenza stessa della regina.

Con un sospiro poco regale, Myral si sedette di nuovo, prendendo una mela, e rigirandosela tra le lunghe dita. - Non lo so. Vedi te. Non sono io quella che ha perso casa, che deve fuggire e crescere due Asfer. Direi anche due Asfer particolari. Un... - guardò un attimo Krir. - ... volpacchiotto che nasconde segreti oscuri e... - diede un'occhiata anche ad Akemi, che fino a quel momento era stato in silenzio. - ... un cucciolo con un grosso peso sulle sue piccole spalle. Sì, li definirei proprio così.

Akemi la guardava gelido, immobile in una calma inusuale per lui; Krir si era ripreso e guardava anche lui Myral con uno scintillio di ostilità negli occhi. La regina, semplicemente, sorrise ad entrambi, calma, mentre si rigirava ancora tra le mani la mela. Non potevano niente contro di lei, e questo lo sapevano bene.

- Regina Myral, non le ho chiesto un parere sui miei protetti, ma un posto dove andare - ribatté Elvia, fredda. Non spettava a quello spirito giudicare i due Asfer, e se questi nascondevano qualcosa, a chi importava? Ognuno di loro portava almeno un segreto che non voleva confidare a nessun al mondo, anche Elvia stessa. - Oppure preferisce la nostra permanenza nella sua cara foresta?

Stavolta toccava a lei ghignare. Myral la fissò intensamente per alcuni secondi, per poi sorriderle di nuovo. - Va bene. Che ne diresti, allora, di tornare nella tua città natale? È l'unico posto che conosci dopo questa foresta. Se non sbaglio si chiama...

- Mystrangel.

Elvia si sentì mancare. Quel nome le riportava alla mente cattivi ricordi. Smise di accarezzare il pelo di Krir, e si toccò il viso, dove una piccola cicatrice era seminascosta da un vecchio tatuaggio.

- Già già! A piedi ci metterete un po', ma sarà là che troverete finalmente le vostre rispose. O almeno credo. Cercare di prevedere il futuro è quasi impossibile, quindi potrei anche sbagliarmi completamente - disse Myral, con un sorriso che si stava allargando sempre di più.

Elvia annuì, incapace di dire altro, mentre i due Asfer la guardavano insicuri: era la prima volta che la vedevano così, se non per la morte di Damiana.

XxxxX

- Elvia?

- Mmh?

- Che ti prende?

- Mmh...

Da quando avevano lasciato la foresta di Erodaw, Elvia sembrava passare da un pensiero all'altro, in un mondo tutto suo. Erano successe troppe cose in così poco tempo, che sembrava tutto un brutto sogno. Soprattutto la parte in cui Myral le diceva di dirigersi verso Mystrangel. 

Stupida vecchiaccia secolare veggente non qualificata. E dovrei fidarmi di una tizia a caso che mi caccia da casa mia e mi manda in quel posto? E dice anche che potrebbe sbagliarsi? Ma stiamo scherzando?

Dopo l'ennesimo sospiro da parte della giovane Allevatrice, i due Asfer si guardarono negli occhi, d'accordo su ciò che stavano pensando: non ne potevano davvero più.

- Mystrangel è davvero così... cattiva?

Elvia guardò i due cuccioli e si diede mentalmente uno schiaffo. Non stava adempiendo al suo compito di Allevatrice e, se Damiana fosse stata là, l'avrebbe sicuramente rimproverata. Lei doveva essere una guida per i suoi protetti, quindi doveva mostrarsi sicura di sé e non vacillare in quel modo solo per i ricordi che quel nome le riportava alla mente. Prese un respiro profondo e il suo consueto sorriso tornò sul suo volto. Doveva essere forte. Doveva almeno mostrarsi forte.

- In realtà non è poi così male. È una bellissima città. Sembra che il sole non se ne vada mai, insieme all'odore dei fiori e di quel mare stupendo. Per non parlare delle pietanze squisite, dei canti e dei costumi! Vi farò provare qualcosina se ne avremo l'occasione, promesso.

La ragazza sentì esclamare un "Mare!" e "Cibo!" nello stesso momento. Si ricordava ancora bene i momenti felici passati tra burberi pescatori e urlanti donne che richiamavano i figli a casa. Poi il sogno veniva infranto dal suo arrivo e la realtà piombava come un'onda su una piccola e indifesa Elvia. Scosse la testa. Doveva tenere a mente che Myral era un'amica di Damiana, e un'amica di sua nonna non l'avrebbe mai mandata in quel posto inutilmente. O almeno credeva.

- Su! Stiamo finalmente per uscire da questa foresta. Manca poco.

Tra i pensieri, le chiacchiere e le domande senza risposta, erano quasi arrivati alla fine del bosco. Forse per caso, forse perché avevano fatto un bel po' di rumore, o forse perché qualcuno aveva parlato alle loro spalle, successero troppe cose in così poco tempo. 

Elvia li vide troppo tardi. 

Tre ombre sbucarono dagli alberi e li circondarono. Era il gruppetto che aveva intravisto quella notte.

- Ora, niente mosse avventate, per favore - l'uomo che doveva chiamarsi Vinch ammonì Elvia, che aveva già fatto scivolare il coltello nascosto nella sua mano. - Signorina, dovete venire con noi. O con le buone o con le cattive. E spero proprio con le buone, altrimenti sarò costretto a far del male a questi due piccoli Asfer indifesi sotto la sua tutela.

L'uomo indicò i due Asfer che si erano avvicinati all'Allevatrice. Non potevano sentirlo, ma Akemi aveva iniziato a urlar loro contro le peggiori minacce e parolacce che conoscesse, qualcosa che Elvia non riusciva a comprendere completamente. E fu grata di non comprendere pienamente le lingue degli Asfer perché non riusciva a capire cosa c'entrassero le verdure e gli ortaggi in quel momento.

- Allora? Vieni con noi con le buone o con le cattive? Come ti ho già detto, preferirei con le buone, così come i Membri che ci hanno ingaggiato.

Aveva nominato ancora quei Membri, ma membri di cosa? - Chi sono? Cosa vogliono da me?

- Se ci seguirai gentilmente, ti potranno spiegare tutto loro. Allora, questa risposta?

La donna e il ragazzo si stavano avvicinando alle sue spalle, mentre Vinch la fissava negli occhi. Doveva fare qualcosa, aveva un brutto presentimento, come poco prima della morte di Damiana. Stava accadendo qualcosa di molto importante, qualcosa che non le sarebbe piaciuto per niente; ma cosa?

Con la coda dell'occhio, Elvia guardò i due Asfer. Krir aveva gli occhi persi nel vuoto; Akemi li aveva chiusi: stavano provando ad usare i loro poteri. Ammirava il loro coraggio, ma non potevano niente con il loro livello. Era lei quella che doveva fare qualcosa, ma cosa? Se fosse stata sola, forse ce l'avrebbe fatta; ma doveva proteggere i due cuccioli, e per questo era tremendamente limitata.

Strinse i pugni, forse doveva davvero arrendersi. Non era nemmeno riuscita ad uscire dalla foresta; Damiana avrebbe sicuramente riso di lei.

Di nuovo, in un attimo, successe qualcosa.

Una sagoma circondata di luce comparve davanti a loro. Elvia non riusciva a capire cosa fosse, ma le era parso di aver scorto Damiana. Scosse il capo: la sua cara nonna era morta, nessuno poteva dire il contrario.

Vinch indietreggiò, fissando la sagoma appena apparsa. Aveva gli occhi e la bocca spalancati, il viso una maschera di stupore e sconcerto. 

All'improvviso, si sentì un urlo femminile. Elvia si girò e vide Lorraine inchiodata a terra da fili d'erba. La ragazza diede un'occhiata di sfuggita ad Akemi e Krir: entrambi erano stravolti, sul punto di cadere nuovamente addormentati.

Un luccichio a destra, ed Elvia si abbassò. Xerxes aveva in mano due pugnali, pronto ad usarli. Aveva negli occhi uno sguardo deciso, che le diceva chiaramente che stavolta era preparato alla lotta e che non sarebbe riuscita a batterlo tanto facilmente.

Ma per quanto si fosse allenato, sacrificato e avesse versato sudore, non avrebbe mai eguagliato ciò che un'Allevatrice aveva provato e sopportato per essere ancora viva.

Doveva tramortirlo ed andarsene il più in fretta possibile. La sagoma di luce stava tremolando, mentre i due cuccioli erano a terra, quasi privi di coscienza. Avevano esagerato con l'uso della magia, e ora erano completamente indifesi.

Il corpo della ragazza si mosse da solo, la mente subito dietro ad esso. 

Corse verso il ragazzo, la corta lama davanti a lei. Xerxes parò con entrambi i pugnali. 

Principiante, pensò la ragazza.

Gli fece lo sgambetto, ruotò attorno al suo corpo e appoggiò la propria lama sul collo del ragazzo. Con voce gelida, gli sussurrò all'orecchio: - Getta i pugnali, o ti sgozzo.

Lui fece ciò che Elvia gli aveva ordinato, mentre i due lentamente si avvicinavano a Krir e Akemi, ancora salvi. In quel momento, la figura di luce si infranse e Krir svenne. Vinch estrasse la spada che portava al manico, ma Elvia lo avvertì.

- Getta le armi, Vinch, e lasciaci andare. Non fare nulla di azzardato, altrimenti sgozzo il ragazzo.

Per un attimo, l'uomo fu sorpreso dal fatto che lei conoscesse il suo nome. Poi lanciò uno sguardo al ragazzo, intrappolato tra il corpo dell'Allevatrice e la lama di ferro, e fece la sua scelta: buttò la spada a terra. Teneva davvero al giovane.

Ora doveva prendere Krir e Akemi e andarsene. In qualche modo, riuscì ad infilare Krir nella sacca che si era portata dietro insieme ad Akemi, ancora cosciente, ma stanchissimo. E in qualche altro modo riuscì ad andarsene, tutti e tre salvi, con un ostaggio con loro.

Non si erano accorti, però, che qualcosa di piccolo, quasi quanto un seme, era caduto nella tasca di Elvia.

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