Capitolo 29~
Le mura di Seynar si profilarono all'orizzonte, alte e maestose da quando erano state erette dagli antenati di quelle terre. Sopra di esse e della città, nubi nere e minacciose ne solcavano il cielo.
Il gruppo di Xerxes si trovava a qualche centinaio di metri dalla cittadina. Nell'aria l'odore di pioggia imminente era forte, e l'umidità impregnava le loro vesti.
- Sarà bene sbrigarsi. Sta per arrivare una tempesta coi fiocchi – annunciò Lorenzo, incitando il cavallo al trotto per non allarmare inutilmente i soldati a guardia dei portoni e delle mura.
Xerxes ed Erika non ebbero niente da ridire, e seguirono il suo esempio.
Il sole stava tramontando in fretta, e ben presto avrebbero chiuso il ponte levatoio, impedendo a chiunque di entrare ed uscire. Avevano impiegato un giorno intero di cammino per arrivare in tempo, nonostante la notte calasse sempre prima. Le provviste che John aveva regalato loro non erano quasi state toccate, rimanendo all'interno di una piccola sacca che Xerxes aveva legato al cavallo.
Nessuno di loro si era lamentato di quel ritmo, forse a causa del tempaccio che si stava creando di lì a poco, o forse solo per riposare una notte in tutta tranquillità.
Arrivarono sotto le mura e due soldati, in armatura e lancia in mano, fecero cenno ai tre di avvicinarsi. Non c'era nessuno al di loro là fuori.
- Dovete registrarvi – disse uno dei due, quello con ancora il viso di un ragazzino.
Lorenzo scese da cavallo, e si sgranchì un po' le gambe, indolenzite a forza di stare tutto il giorno a cavallo. Poi si rivolse al soldato che aveva parlato. - Scusami se sbaglio – iniziò. - Ma la registrazione non andava fatta all'interno delle mura?
L'altro soldato, quello che si era messo seduto e aveva lasciato il compito al novizio, alzò lo sguardo su Lorenzo e lo scrutò bene prima di rispondere. - Non hai sentito del tentato omicidio del nostro Signore? È qualcosa che fa ancora notizia, anche se è già passato qualche mese.
- Poco più di due mesi – precisò il giovane soldato.
Il compagno annuì. - Il figlio ha preso il ruolo del padre e ne stanno succedendo di tutti i colori.
A quelle parole, Lorenzo si incuriosì. - Del tipo?
- Bah, forestieri – Il vecchio si mise in bocca un'erba, nonostante il suo giovane compagno d'armi provasse a dissuaderlo, e la masticò con calma prima di parlare. - Subito dopo aver trovato il padre in fin di vita, ha mandato le truppe a setacciare ogni centimetro di questa città per cercare quella ragazzina. Ha spostato il blocco di registro alle mura per una maggiore sicurezza, e ha aumentato il numero delle ronde. Praticamente sta minando l'allegria di questa città e questo non va bene per gli affari di molti.
- Signore! - lo rimproverò il più giovane. - Non mi sembra il caso di parlare così del giovane Signore!
L'altro continuò a masticare quella strana erba, incurante delle proteste. - È la verità. E ora registrali, Van – lo rimproverò. - Fra pochi minuti farà buio e non potremo più farli entrare.
Il ragazzo sembrò risentito da quella ripresa, ma poi corse a prendere i documenti per poi chiedere i nomi dei presenti.
- Xerxes Kosamyer – iniziò Lorenzo, indicando il ragazzo a cavallo mentre Van prendeva nota. - La giovane donna è Erika Mellier. Io invece sono Lorenzo Larosa.
- Lorenzo Lar... - Il soldato spalancò gli occhi e alzò il capo verso Lorenzo. - Non è possibile – annaspò. - Tu non puoi essere proprio quel Lorenzo Larosa. Carl, tu che dici? - domandò al compagno.
Carl strinse gli occhi e analizzò tutta la figura di un Lorenzo sorridente più e più volte. Poi sputò a terra la manciata di erba che aveva in bocca e si alzò in piedi, rivolgendo il saluto militare a chi per lui era un superiore. Van lo imitò svelto, abbandonando del tutto carta e penna.
Lorenzo si toccò la nuca, imbarazzato, cercando di non ricambiare quel gesto che gli veniva ancora naturale. - Ormai non sono più un cavaliere, né un soldato – disse. - Non c'è bisogno di trattarmi così, davvero.
Carl tornò a sedere e scrutò l'uomo in piedi davanti a lui. - Nessuno può togliere a un soldato la sua natura – sentenziò, serio. - Benché meno se il soldato è un cavaliere. Per giunta un soldato come lei, sir. Quindi la smetta, la prego, ti trattenere la sua natura. Ciò non può che nuocere non solo a lei, ma anche a tutti coloro che la circondano.
Tutti i presenti rivolsero al vecchio soldato un'espressione incerta e piena di dubbi. L'unico a domandargli qualcosa fu Lorenzo, e Xerxes non l'aveva mai visto così serio e preoccupato dal giorno in cui aveva raccontato la sua storia a lui e ad Erika. - Cosa la rende così sicuro?
Il vecchio sorrise di sbieco, e sembrò quasi ghignare sotto la luce delle fiaccole accese per disperdere le tenebre che la notte stava portando con sé. - Esperienze, giovanotto. Ho molti più anni ed esperienze di te sulle spalle.
Lui e Lorenzo si scambiarono uno sguardo per loro pieno di significato. - Le chiedo il favore di non dire a nessuno che siamo in città, signore – si raccomandò il più giovane, al che Carl rispose con un gesto fiacco della mano.
- Come volete, sir – ribatté l'uomo, sottolineando il titolo di Lorenzo. - Van, muoviti a compilare quei fogli. I signori e la signorina vogliono riposare al caldo questa sera.
Il novizio si riprese dalla sorpresa che quella situazione aveva creato e si sbrigò a terminare il suo compito. - Potete andare – disse poi, aggiungendo svelto e rivolto a Lorenzo. - Scusi, sir?
Lorenzo lo osservò, curioso da quello che il giovane gli avrebbe potuto chiedere. - Dimmi tutto.
Van stava trepidando, e non poteva perdere assolutamente un'occasione d'oro come quella. Corse alla scrivania, alla ricerca di un foglio pulito e di una penna, e ritornò da colui che reputava una leggenda e glieli porse. - Me lo farebbe un autografo? Per favore?
XxxxX
La pioggia cadeva incessante e furiosa, così come aveva predetto senza troppe difficoltà Lorenzo. Tuoni rombavano e scuotevano le mura dell'ennesima locanda che li ospitava, mentre lampi di luce squarciavano quel cielo saturo di nubi nere e basse.
Pochi erano i tavoli e le sedie occupate, e il silenzio riempiva, opprimente, quello spazio che all'improvviso stava di troppo a molti. Tra di loro, però, Xerxes se ne stava in disparte, a fissare le gocce cadere e, senza pietà, colpire violentemente tutto ciò che si opponeva al loro cammino. Sembrava come se fossero là solo per disfare quella città, mattonella per mattonella, per cancellare qualcosa che l'aveva vista come protagonista.
- A cosa pensi?
Erika scostò la sedia e si sedette davanti a lui, i gomiti ricoperti dalla lana di una felpa sul tavolo. La temperatura era calata drasticamente a causa della pioggia incessante degli ultimi due giorni e avevano abbandonato del tutto gli abiti estivi per quelli invernali. Xerxes indossava un vecchio ed enorme maglione che Lorenzo gli aveva buttato addosso quando l'aveva visto starnutire. "Prendilo" gli aveva detto. "Altrimenti ti prenderai un malanno".
- Che Lorenzo è uscito da ore ormai – le rispose il ragazzo, ed era vero. Il soldato era uscito sotto la pioggia battente per cercare informazioni utili per il loro viaggio. - Sarei dovuto uscire io. Lui si sarà infilato in qualche posto a bere – e sbuffò, forse più che altro per sollevare un po' l'umore pesante che li opprimeva, aggravato anche dalla pioggia.
Grazie a ciò, riuscì a strappare un debole sorriso ad Erika. - Hai ragione – lo appoggiò, a discapito del compagno assente, e scosse il capo, falsamente sconsolata. - Sarà da qualche parte a divertirsi, mentre noi due ce ne stiamo qua col muso ad aspettarlo e a preoccuparci per lui.
Xerxes scoppiò in una breve risata, appoggiando poi le braccia sul tavolo e mettendoci sopra la testa, lo sguardo rivolto ora verso la porta chiusa, in attesa del ritorno di Lorenzo.
- Cos'è successo tra voi due? - domandò Xerxes, a bruciapelo. Era preoccupato per la situazione che si era creata, anche se non lo voleva ammettere. Quei due, ormai, erano diventati la sua nuova, stravagante famiglia.
Erika fu scossa da un brivido improvviso alla domanda del ragazzo, e strinse con le mani i bordi del cappello che indossava. Un gesto che, aveva poi scoperto Xerxes stando in loro compagnia così a lungo, la rendeva più sicura nell'affrontare le varie situazioni, forse perché le dava la certezza di avere le orecchie nascoste. A quel piccolo dettaglio, Xerxes si era sempre rattristato. Possibile che dovesse sempre nascondersi?
La mezzelfa prese un respiro profondo, ora calma. - Non è successo niente – lo tranquillizzò. - Sono solo un po' preoccupata per lui, nient'altro.
- Per cosa? - chiese ancora, lo sguardo adesso rivolto verso di lei.
Erika sospirò, e cominciò a fissare, distratta, la porta in legno. - Prima o poi dovremo andare dal re di queste terre e avvertirlo del pericolo, no?
- Beh, sì – rispose il ragazzo.
- Ti sei mai chiesto perché Lorenzo, che è un gran combattente ed è stimato da tutti, non è più il capo delle guardie reali? Perché si trova in giro con… - e qua la voce le si inclinò. - … con una come me, una mezzosangue?
Il ragazzo scorse gli occhi, ultimamente così sfuggenti della mezzelfa, farsi lucidi. Per quanto cercasse sempre di essere allegra, il passato che lui ancora non conosceva le gravava come un enorme peso.
La vide chiudere un momento gli occhi, la mano sul cuore per contarne i battiti sempre più lenti e potersi calmare. Poi li aprì, ma in essa vi era una nota di tremenda malinconia, e lo guardavano fisso. - Forse è il caso di raccontarti un po' della nostra vita… Ormai ti conosciamo e sappiamo che possiamo fidarci. E fidati, una come me queste cose le capisce abbastanza bene.
Xerxes si drizzò sulla sedia, gli occhi spalancati dallo stupore. - Davvero?!
- Davvero - Erika sorrise, ma quella dimostrazione di gioia non si rifletteva nel tono della voce, così carica di triste rassegnazione.
- Ma... - la sorpresa del ragazzo si troncò all'improvviso. - Lorenzo?
Erika sollevò le spalle in un gesto noncurante. - Non se la prenderà poi tanto. Cioè - ci rifletté un po' meglio. - Credo. Lo spero.
Xerxes, a quell'affermazione, si sentì girare la testa. Già era costretto ad allenarsi con Lorenzo quando era di buon umore, e finiva a terra non poche volte. Ora non ci teneva proprio a conoscere in modo più intimo la spada dell'ex generale.
Per niente.
- Non è che divento uno spiedino?
Erika ebbe anche il coraggio di esitare, di pensarci su, prima di rispondere al dubbio che stava lancinando il ragazzo in quel momento. - Dai - provò a rassicurarlo, e ora il suo sorriso era un poco più allegro di prima. - Ti vuole bene. Non penso ti voglia fare tanto male se sai qualcosa...
Xerxes si alzò di scatto in piedi, un brivido che gli percorreva la schiena. - Vado a prendere qualcosa da bere - annunciò, sperando nel ritorno di Lorenzo. Se doveva sapere qualcosa, doveva essere lui stesso a dirglielo, doveva essere una scelta presa completamente da lui.
Il ragazzo non aveva nessuna intenzione di rischiare la propria pelle. Spesso è bene restare nell'ignoranza, figliuolo. Questo gli ripeteva suo nonno, il suo adorato nonno, in continuazione.
Mentre Xerxes ordinava un boccale di birra per la mezzelfa e un bicchiere di latte per sé, la porta della locanda si aprì di colpo, lasciando entrare un uomo nascosto da un mantello scuro e fradicio della pioggia che ancora cadeva, incessante ed inarrestabile, per le strade di Seynar.
Un lampo illuminò, come una lama rifletteva la luce della luna, il cielo.
La porta si chiuse alle spalle dell'uomo quasi in silenzio, coperto dal forte ed assordante rumore del tuono che aveva seguito, incurante di tutto e tutti, il lampo.
Era quasi una sorta di danza, si ritrovò a pensare Xerxes, quella del tuono che segue, incrollabile, il lampo.
No, più una tragedia, si disse il ragazzo. Come la storia di due amanti che non possono mai toccarsi, che non possono far altro che avvicinarsi ed avvicinarsi, fin quasi a sfiorarsi... per poi vedersi allontanare, prima di poche dita, poi di una mano, e poi di un intero oceano.
- Smettila di cercare di fare il fico e va a cambiarti - Erika non si volse nemmeno, ma Xerxes riuscì a capire dal suo tono di voce che stava finalmente sorridendo. - Stai facendo andar di matto il cuore del ragazzo, Lore.
- Ah sì? - Lorenzo si tolse il cappuccio, e si passò una mano tra i capelli fradici. - Allora non faccio quest'effetto solo alle signorine di questa città, ma anche ai bei ragazzi come Xerxes.
Il ragazzo strabuzzò gli occhi, sconvolto.
Erika si volse verso l'entrata, con il più bel sorriso che Xerxes le avesse mai visto addosso. - Ma va a cambiarti, rubacuori dei miei stivali.
Lorenzo le fece un inchino, sorridendo a sua volta e guardandola dritta negli occhi. - Ai suoi ordini, ma lady.
Xerxes si ritrovò ad osservare quella scena ammaliato come non mai.
Ecco un lampo e un tuono che sono riusciti a toccarsi.
XxxX
Sono finalmente tornata!
Mi dispiace immensamente per questo ritardo, davvero :(
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto.
E... voglio farvi una singola domanda, sempre che vogliate rispondere.
Vale la pena continuare la storia?
Grazie per aver letto fino a qua.
Ellyma~
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