Capitolo 28~
In quel giorno di fine settembre, il sole era abbagliante come in piena estate. E tremendamente caldo.
Lorenzo cavalcava in testa al trio, la schiena dritta come se niente e nessuno, nemmeno il calore del sole stesso, potesse scalfirlo. Erika, dietro di lui, sonnecchiava sul cavallo in movimento.
Ma come diamine fanno? si domandò Xerxes, sconcertato.
Erano giorni che marciavano con quel tempo. Lorenzo aveva concesso a malincuore le soste necessarie per dormire e mangiare, e soltanto quando vedeva il ragazzo non farcela più. Spesso, dopo essersi riposati per qualche ora, lo svegliava per allenarlo, non permettendogli mai davvero di recuperare completamente.
Era stato terribile. Non gli dava pace.
Erika, al suo contrario, sembrava a suo agio, come se fosse abituata a quell'insolito ritmo di marcia forzata e non ne fosse minimamente disturbata. Insomma, riusciva a dormire sull'animale in movimento, e quella non era una cosa che si impara dall'oggi al domani.
Questo piccolo dettaglio venutogli in mente per caso, lo rese curioso. Da quanto tempo si conoscevano? E da quanto viaggiavano insieme? Come si erano conosciuti? Tutte domande senza risposta, e Xerxes sapeva solo quello che sfuggiva ogni tanto ai due e quello che aveva rivelato Vinch cinque sere prima. Si sentiva alquanto frustato da ciò.
- Ragazzo, ti decidi a muoverti? - Lorenzo lo richiamò alla realtà, facendolo sobbalzare. Si era voltato col cavallo verso di lui, e lo scrutava con un sorriso ironico sul viso.
Xerxes lo osservò, perso nei suoi pensieri. Era bello, con quei capelli castani e brizzolati che il vento muoveva con pigrizia. Il volto ben definito, gli zigomi alti e la pelle di un bel caffellate. Gli abiti che ne fasciavano i muscoli alla perfezione, sottolineandoli il bacino stretto e le lunghe gambe, lo rendevano ancor più affascinante. Gli occhi, poi, così azzurri da non sembrare veri, erano ciò che lo sorprendeva e sconcertava di più ogni volta che Lorenzo gli rivolgeva uno sguardo.
Aveva un sorriso luminoso e intrigante, spesso ironico quando si rivolgeva a lui, ma sempre dolce per Erika. Ma, allora, perché quegli occhi così belli non brillavano come quel sorriso?
Guardò Erika, che in quel momento sbadigliava sonoramente e lanciava sguardi assonnati ovunque intorno a lei. Xerxes si era accorto come la mezzelfa sorrideva al soldato quando lui non la guardava: dolcemente, ma con una nota triste negli occhi.
Ciò lo destabilizzava, e non faceva che creare una domanda dietro l'altra a quelle che già aveva. Però, tra quella moltitudine, una sola emerse per avere la sua completa attenzione.
Cosa li aveva spinti a viaggiare insieme?
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- Ẻ sicuro di quello che dice?
Quella era la terza volta che lo domandava, ma Xerxes non riusciva davvero a crederci.
Il contadino che aveva davanti sollevò gli occhi al cielo, esasperato. Possibile che quel ragazzo non capisse? Riprese da terra gli attrezzi da lavoro, pronto a chiudere una volta per tutte quel discorso. Ne aveva piene le tasche.
- Ti dico di sì. È passata un paio di mesi fa, ormai. E no – aggiunse svelto, quando vide Xerxes pronto a ribattere. - Non ci provare. Ne ho abbastanza di te.
- Papà! - urlò un bambino, correndo verso di loro. Indossava abiti usati, forse dai fratelli o da cugini più grandi, che gli stavano enormi, non adatti a lui.
L'uomo sospirò, scocciato. - Cosa vuoi anche tu, Margus? Non hai delle cose da fare?
Il bambino lanciò un'occhiata veloce al padre, senza curarsi troppo di lui, e rivolse uno strano sorrisino al trio composto dall'ex Cacciatore, dal soldato e dalla mezzelfa.
- Cosa volete sapere? - domandò, mostrando, con un sorriso ancora più ampio, la mancanza di svariati denti.
Xerxes colse quell'occasione al volo. Si inginocchiò davanti al bambino, gli occhi alla stessa altezza, e gli chiese, la voce che tremava leggermente per l'emozione: - È vero che qualche tempo fa è passata una ragazza dai capelli rossi per questo villaggio?
Il padre sbuffò, irritato a quella mancanza di rispetto nei suoi confronti, ma non disse niente. Sistemò meglio la presa sui suoi strumenti e si allontanò in un campo là vicino, pronto a ricominciare il proprio lavoro. Il crepuscolo stava arrivando, e lui doveva portarsi il più avanti possibile con la raccolta dei campi. Lanciò uno sguardo a suo figlio che confabulava con lo straniero dai capelli scuri, dallo sguardo ingenuo ma anche di chi ha visto gran parte di quello che il mondo gli avrebbe mai potuto dare. Poi osservò, distratto, quello che sembrava in tutto e per tutto un cavaliere errante. Infine degnò di un'occhiata anche la donna che li accompagnava, con quel berretto di lana a coprirle le orecchie nonostante facesse ancora così caldo, e che se ne stava vicino ai cavalli, insolitamente tranquilli.
- Chissà – rispose, enigmatico, il bambino.
Xerxes corrucciò la fronte. - Come chissà?
Dietro di lui, Lorenzo rise. - Margus, giusto? Mi piaci. Hai un futuro – aggiunse, strizzandogli l'occhio in segno di complicità.
Il sorriso sdentato del bambino crebbe a quelle parole, mentre Xerxes passava lo sguardo prima sull'uno e poi sull'altro, confuso.
Lorenzo scosse il capo, sorridendo. - Quanto sei ingenuo... - mormorò, e per un attimo soltanto i suoi occhi si riempirono di tristezza. Poi, si riscosse e rivolse al suo allievo un sorriso poco meno allegro di prima. - Ti dirà qualcosa solo se lo paghi. È furbo per essere così piccolo.
Xerxes guardò sgomento prima il soldato, suo maestro, e poi il bambino per un paio di volte. - Ma... - provò a ribattere alla fine, dopo aver realizzato. - Io non ho niente. Neanche un soldo – aggiunse, voltandosi nuovamente verso il bambino. - Come faccio a pagarti?
Gli occhi del bambino brillarono. - Semplice – rispose. - Non mi servono i soldi. Quando ne ho, i miei fratelli me li prendono subito. Sono inutili.
Ora, anche Xerxes lo guardava incuriosito. - E cosa vuoi? - gli chiese.
Il sorriso di Margus crebbe, i buchi più evidenti di prima. - Voglio abbracciarla! - gridò, indicando con l'indice la mezzelfa appoggiata ai cavalli.
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- Certo che i bambini sono proprio strani – commentò Lorenzo, una volta che si fu sdraiato.
- Tu dici? - ribatté Erika, con il sorriso impresso sulle labbra. - Io invece credo che abbiano buon gusto, in particolare Margus. Lui sì che sa riconoscere la vera bellezza.
Il soldato sbuffò. - È troppo piccolo per capirci davvero qualcosa – obiettò, con una lieve nota di irritazione.
Erika la colse e sorrise, i suoi occhi che brillavano. - Qualcuno qua è geloso...
Lorenzo si irrigidì a quelle parole. - Geloso? Io? Figuriamoci – fece, in apparenza tranquillo, ma si voltò dall'altra parte rispetto alla compagna, dandole la schiena.
La mezzelfa ghignò, pronta ad aggiungere altro, ma Xerxes troncò tutto sul nascere. - Smettetela – si impose. - Non ne posso più dei vostri battibecchi. Per di più, siamo in casa d'altri, non mi sembra il caso di fare tutto questo chiasso.
Erika lo guardò con un cipiglio evidente sul volto. - Ma...
- Niente ma. Prendi – la interruppe, buttandole tra le mani del pane e un po' formaggio. - Sono stati così gentili da darci anche qualcosa da mangiare, oltre a un posto in cui dormire. Non farli pentire della loro scelta.
- Ascolta il ragazzo, Erika – rincarò Lorenzo. - E fammi riposare in santa pace.
A quelle parole, Xerxes si voltò verso di lui. Solo qualche ora prima era tutto allegro, complice del bambino, e ora metteva il broncio?
Rivolse ad Erika un'occhiata confusa, ma la mezzelfa scrollò le spalle, divertita, e ghignò nella direzione del compare, non offesa per niente dalle sue precedenti parole.
Bah, si ritrovò a pensare Xerxes. Possibile che sia anche lunatico, adesso?
In quel momento, nella stalla si diffuse un lieve odore di bruciato che mise subito in allarme il ragazzo. Xerxes buttò sulla testa di Lorenzo la sua razione, e corse verso la porta della stalla. - Smettila di comportarti come un bambino! - urlò, uscendo del tutto.
Lorenzo si alzò di colpo, pronto a gridargli contro, ma il ragazzo era già sparito. Scosse il capo, rassegnato dal suo temperamento. - Incredibile. Dovrò anche insegnargli a riconoscere un pericolo vero da un piccolo incidente.
Erika, a qualche metro da lui, mantenne il suo ghigno, ora leggermente raddolcito. - Chissà chi ti ricorda.
Il soldato le rivolse uno sguardo di sbieco, ma non disse niente. Tra loro, le parole non servivano quasi mai, solo a colmare quel silenzio e quel vuoto che sembrava inseguirli da quando erano partiti.
Tornò a fissare l'uscita da dove il giovane era sparito e prese un morso dal tozzo di pane che teneva in mano. Era buono, e in quel momento aveva un che di tremendamente nostalgico.
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Xerxes sfilò il pugnale che teneva nascosto nello stivale destro e si mosse verso la fonte del fuoco. Se qualcuno avesse anche solo sfiorato una di quelle brave persone che gli avevano permesso di non dormire nuovamente all'aria aperta, da solo con quei due, avrebbe conosciuto non solo la sua lama, ma anche tutti gli insegnamenti che Lorenzo gli aveva rifilato a suon di botte e lividi.
Arrivò davanti alla casa della famiglia di Margus, e un suono concitato di voci lo raggiunse. In quel momento, la paura lo ghermì. Non poteva essere...
Entrò in casa come una furia, il pugnale alto ancora nella sua mano. In casa l'odore acre del fumo era più forte, così come le urla. Xerxes, il cuore in gola, corse verso di esse, ritrovandosi in cucina.
La signora gravida, che lo aveva accolto convincendo il marito, era a terra. Per un orribile istante, Xerxes rimase immobile, paralizzato dalla paura. Poi si riscosse e corse da lei, che, nonostante la situazione, gli sorrise debolmente. Due bambini piangevano attorno alla donna, mentre Margus fissava la scena ad occhi aperti, non sapendo che fare.
Xerxes mise giù il pugnale e le sollevò la testa, per farla stare comoda.
- Margus! - lo richiamò Xerxes, facendolo sobbalzare. - Corri a chiamare Erika! Ora! - urlò, quando il bambino non dette cenno di muoversi.
Non sapeva perché avesse mandato a chiamare proprio lei, ma, avendo sangue di elfo nelle vene, doveva pur conoscere le basi delle arti magiche e curative. Anche se, ora che ci pensava bene, non l'aveva mai vista usare la magia.
Erika arrivò in un istante. Aveva negli occhi uno sguardo serio che il ragazzo non le aveva mai visto. Dietro di lei apparvero anche Lorenzo e Margus, che si aggrappò alla camicia del soldato con paura. Lorenzo gli lanciò un'occhiata e sorrise, dolce, prima di mettergli una mano sopra la testa per tranquillizzarlo. Ora l'irritazione era del tutto sparita, e aveva lasciato il posto al suo solito io.
Erika si avvicinò alla donna per analizzare meglio la situazione. - Lorenzo, porta la signora in camera, e tu, Xerxes, aiutalo. Voi bambini – ordinò, rivolgendo loro un sorriso tranquillo. - chiamate vostro padre. State per avere una sorellina.
Lorenzo e Xerxes seguirono le indicazioni di Erika e fecero stendere la donna con molta attenzione. Il marito, John, ora si trovava accanto alla moglie e le teneva la mano, sorridendo e asciugandosi le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte.
Erika entrò nella stanza pochi attimi dopo, asciugandosi le mani con un panno pulito. - Sei pronta? - domandò alla donna, con un sorriso rassicurante sul volto. Manuela annuì, sorridendo nonostante il viso fosse una maschera di sofferenza e dolore atteso.
John si rivolse alla mezzelfa, stringendo ancor di più la mano della moglie. - Possiamo fidarci di te? Almeno sai cosa fare?
Erika sorrise così dolcemente all'apprensione dell'uomo, che questi ne rimase sorpreso e fu costretto a non dubitare, poiché non avevano nessuno, oltre a quella straniera, in grado di poter fare qualcosa. Almeno, non nell'immediato.
Manuela, la moglie, ricambiò la stretta dell'uomo con energia, sorridendo debolmente. - Avrai una bella bambina, finalmente – sussurrò al marito.
- Già – le rispose l'uomo, felice, la voce incrinata dall'emozione. - Avrò una seconda bellissima fanciulla per casa adesso.
La mezzelfa si mise affianco a Manuela e le sorrise. Poi passò la mano sul corpo della donna, e sussurrò qualche parola così piano che nessuno, nemmeno i due vicino a lei, riuscirono a sentirla.
- Cosa fa? - domandò Xerxes, curioso.
Lorenzo, affianco a lui e a braccia conserte, gli rispose, concentrato su ogni singolo gesto della compagna: - Usa un incantesimo per far in modo che il parto vada per il meglio e che entrambi, la donna e la bambina, non abbiano problemi. È un bene che l'uomo sia così concentrato sulla moglie.
Xerxes si voltò verso di lui. - Che intendi? So che la magia, e chi la pratica, non sono visti così di buon occhio, ma arrivare a questo punto mi sembra esagerato.
Lorenzo per un attimo stette in silenzio. - Fidati – gli disse, la voce piena di amarezza. - Questo non è neanche il peggio. Loro potrebbero usare solo i loro attrezzi di lavoro per cacciarti.
I suoi occhi erano fissi su Erika, attenti e pieni di rammarico e rabbia. Anche Xerxes tornò a guardarla, e il suo stomaco si chiuse vedendola concentrata sulla donna pronta a dare alla luce una nuova vita.
Come a percepire gli occhi fissi su di lei, la mezzelfa sollevò lo sguardo e ghignò. - Convinti di voler assistere? Il livello della situazione è un po' al di sopra dei vostri stomachi delicati, miei cari uomini coraggiosi.
Lorenzo sorrise debolmente, già pronto a ribattere. - Sei sicura? Devo ricordarti cosa è successo quella volta...
Xerxes non sentì come continuò: era uscito, portandosi dietro i bambini, e aveva chiuso la porta. Non aveva intenzione di assistere, non era pronto. Si diresse nuovamente in cucina, la piccola banda al seguito, risoluto a salvare almeno la loro cena.
Tuttavia, le parole di Lorenzo rimasero ad aleggiare nella sua mente, ricordandogli ancora una volta quanto il mondo potesse essere crudele con ognuno di loro.
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Due albe dopo, una piccola bambina di nome Emma dormiva, beata, tra le braccia della madre, ancora sfinita dalle fatiche di quella notte. Erano stati giorni pieni di gioia per tutti, soprattutto per il villaggio che accoglieva ogni singola nascita come una sorta di miracolo in quei tempi così bui.
Si era sparsa la voce di quel trio di stranieri che era stato al centro di quel lieto avvenimento. I bambini, figli di John e Manuela, avevano parlato a tutti del ragazzo-cuoco che preparava piatti eccezionali, e Xerxes venne presto preso d'assalto dalle donne del villaggio che volevano, dopo aver assaggiato un suo piatto, o scoprire qualche suo segreto o dargli per moglie una delle loro figlie.
- Te lo devi prendere tu! - aveva sentito una madre dire una volta alla figlia. - Dove lo ritroviamo un giovane così bravo in cucina?
Da allora cercava di tenersi nascosto, preferibilmente vicino ai cavalli di John, dove quasi nessuno si avvicinava.
Però c'era qualcuno che creava molto più scalpore di lui. Lorenzo, benché non facesse quasi niente dalla mattina alla sera, se non passare il tempo a bere con gli uomini, aveva ottenuto su di sé gli occhi di tutto il villaggio. Era bello, carismatico e aveva la capacità di farsi rispettare e seguire dagli altri. Beh, Xerxes non aveva niente da ridire: le donne almeno non lo assillavano più in massa come all'inizio.
Chi, invece, se ne stava per le sue, prestando costante supporto a Manuela, era Erika che, per quei due giorni, mantenne un profilo basso, quasi come se non volesse far notare a nessuno la sua presenza.
Forse è perché non vuole che si venga a sapere che è una mezzelfa, questo pensava Xerxes all'inizio, ma quella risposta che si era dato aveva un che di amaro. Com'era possibile che una persona come Erika, così simpatica e chiacchierona, dovesse nascondersi a quel modo, azzerando il suo essere per non essere prima scoperta e poi cacciata?
La sera prima di partire, Xerxes aveva compreso una cosa sulle due persone che ormai facevano parte della sua quotidianità, e che aveva fatto aumentare la sua stima nei confronti dell'ex capo delle guardie reali.
Lorenzo aveva tenuto di proposito l'attenzione di tutte quelle persone su di sé per Erika, per distrarle dalla mezzelfa. Ma quella era una cosa che non molti avrebbero fatto per un compagno, almeno non in quel modo. Lorenzo si impegnava davvero, anche se sembrava, alla prima occhiata, che gli venisse naturale. La sera, però, tornava alla fattoria distrutto, cercando lo sguardo della mezzelfa prima di crollare.
- Questa sì che è una ship – aveva commentato Margus, quando lo aveva beccato ad osservare Erika e Lorenzo chiacchierare insieme.
- Una ship? – aveva poi chiesto il ragazzo, distogliendo lo sguardo dai due.
Margus aveva sollevato gli occhi al cielo, in un gesto di finta esasperazione e con il sorriso sulle labbra. - Una coppia ideale, per farla breve.
Da quel momento, nella testa di Xerxes quei due erano una ship. Più precisamente, la sua ship personale.
Xerxes sellò i cavalli, preparandoli alla partenza imminente. Erano stati in quel villaggio per due giorni e tre notti, tempo necessario ad accertarsi delle condizioni della madre e della figlia, e ora dovevano ripartire.
Il ragazzo salì sul suo cavallo senza difficoltà. Le ferite non gli facevano quasi più male e la prospettiva di rimettersi in viaggio lo fece sospirare di sollievo. Le persone erano state davvero gentili con loro, ma non sopportava il modo in cui Erika cercava di non farsi notare, di come sembrasse spegnersi sempre di più.
Lei non era la solita Erika, e lui non lo sopportava. Per questo, quando Lorenzo aveva annunciato che presto se ne sarebbero andati, aveva quasi urlato di gioia.
- Non vedi così tanto l'ora di ripartire, ragazzo?
Dietro di lui, Lorenzo montò sul proprio cavallo, il sorriso sul volto.
Xerxes annuì, e rispose al suo sorriso con un altro. Non vedeva davvero l'ora.
Non avevano detto a nessuno che sarebbero partiti quella mattina, se non a Manuela e a suo marito.
John arrivò in quel momento e porse a Xerxes un sacco che teneva in mano. - Ho messo del pane, del formaggio, qualche fetta di carne e delle mele. Dovreste essere a posto per un po'. Non mi fido a darlo in mano a Mister Cavaliere – disse, indicando Lorenzo che si accigliò a quel nomignolo. - Ma so che con te non andrà tutto a male dopo il primo giorno.
Xerxes sorrise, riconoscente. - Grazie mille, signor John.
L'uomo scosse la testa. - Sono io a ringraziare voi. La levatrice è via per un incontro di aggiornamento per approfondire certa roba. Siete stati una manna del cielo, non so come avremmo potuto fare senza di voi.
Lorenzo scacciò il complimento con la mano, come se fosse una mosca fastidiosa. - Ma cosa va a dire. Il merito non è nostro, ma di Erika.
- A proposito – iniziò John con un sorrisetto malizioso sul volto. - Quando le farete la proposta?
La reazione di Lorenzo fu impagabile. Per poco non cadde da cavallo, e strabuzzò gli occhi, cercando, poi,di darsi un contegno raddrizzando le spalle. - Ma cosa andate a pensare – replicò debolmente. - Erika è solo un'amica
Le espressioni dell'uomo e del ragazzo erano talmente esplicite, che non ci fu bisogno di aggiungere altro.
Erika arrivò in quel momento, e lanciò uno sguardo a tutti, in particolare a Lorenzo che le sorrise incerto.
John si rivolse anche a lei. - Hai parlato con Manuela?
Erika annuì, titubante, e non disse nient'altro. Si diresse, invece, al proprio cavallo e montò anche lei, pronta a partire e a lasciarsi alle spalle quel piccolo villaggio.
- Allora noi andiamo – annunciò Lorenzo, e qualcosa diceva a Xerxes che era per lo più per togliersi da quella situazione scomoda ed imbarazzante. - Grazie ancora per l'ospitalità. Alla prossima – salutò, e spinse il cavallo a muoversi.
Erika e Xerxes fecero un cenno a John e si mossero anche loro.
- Ragazzo, un attimo! - lo fermò John, e continuò, veloce. - Quella ragazza di cui hai chiesto l'altro giorno è davvero passata. Era accompagnata da un enorme Asfer, un drago se non sbaglio, e chiedeva indicazioni per Seynar, che si trova a una giornata di cammino da qui – disse, indicando verso nord.
Xerxes annuì, contento di quell'ennesima conferma. - Margus me l'ha detto.
John, però, sembrava preoccupato. - Ti conviene stare attento – lo avvertì. - Qualche giorno dopo, dei mercanti che sono passati ci hanno parlato di una ragazza rossa e un Drago che si sono introdotti a palazzo e hanno ferito il Signore della città. Non vorrei che finiste nei guai, avete fatto tanto per noi.
Xerxes colse sincera preoccupazione nella sua voce e gli sorrise, tranquillo, indicandogli i suoi due compagni, che si erano fermati ad aspettarlo. - Nel caso, ho questi due – poi lo salutò e proseguì con il soldato e la mezzelfa.
- Davvero non avevi capito? - gli domandò Lorenzo, divertito ma ancora imbarazzato per la situazione precedente.
Xerxes si fece curioso. - Cosa?
Lorenzo scosse il capo, davvero esasperato. - I tuoi ex compagni ti hanno avvertito di stare lontano dai luoghi d'incontro, no?
Xerxes annuì.
- Ti sei chiesto perché?
- Per non farmi uccidere da Ben ed Isgar – Xerxes non riusciva a capire a cosa l'amico mirasse.
- E perché quei due dovrebbero avercela con te? - domandò nuovamente Lorenzo, divertito. Quando il ragazzo non rispose, lo fece il soldato per lui. - Perché hai permesso all'Allevatrice di fuggire sotto il loro naso. Quindi non c'era bisogno di andare a caccia di informazioni per sapere che era viva. Vinch te lo aveva già confermato. Quindi – continuò, senza dare il tempo a Xerxes di metabolizzare del tutto quello che gli aveva appena spiegato. - perché stai dietro alle sue tracce?
Ora anche Erika ascoltava, silenziosa come in quei pochi giorni. I cavalli continuarono ad avanzare, lentamente, e ben presto furono fuori dalla vista degli abitanti del villaggio ancora addormentati. Xerxes non aveva una vera e propria risposta alla domanda di Lorenzo, così iniziò a cercarla, conscio di doverla trovare in tutti i modi, per soddisfare prima se stesso, e solo dopo Erika e Lorenzo.
Perché era alle tracce di quella ragazza? Per ringraziarla? Per aiutarla?
Si ricordò della conversazione che avevano avuto quando erano solo dei bambini, di come lei lo avesse incoraggiato a vivere.
Anche noi abbiamo lo stesso diritto di tutti gli altri! Non mi farò togliere il mio futuro da nessuno! Nemmeno dallo stesso Destino!
Ora quelle parole rimbombavano chiare nella sua mente e nelle sue orecchie. Gli diedero il coraggio necessario a prendere un respiro profondo e a dare una risposta ad Erika e Lorenzo, sperando che fosse quella giusta anche per loro.
- Abbiamo lo stesso diritto di tutti di vivere in questo mondo – iniziò. - Non possiamo permettere che altri decidano il nostro ruolo, o il nostro futuro. Dobbiamo essere noi stessi a farlo. E io ho deciso che non sarò una pedina in mano a giocatori sconosciuti, non mi farò trascinare dalla corrente che altri stanno portando verso di noi, per condurci verso il fondo – Xerxes sorrise, guardando davanti a sé, e in quel sorriso aveva un che di triste e malinconico. - Mi dispiace trascinarvi nei miei casini, ma voglio fare qualcosa di concreto, e questo qualcosa mi spinge verso... Elvia – pronunciò il suo nome con incertezza, non sapendo se chiamarla così o meno. - E poi, non siete stati voi a decidere di venirmi dietro perché eravate curiosi? Quindi vi tocca!
Xerxes spronò il cavallo al galoppo, lasciando Erika e Lorenzo dietro di sé, il sorriso ancora sulle labbra.
- Devo dire che ne è valsa la pena seguirlo – commentò Lorenzo, tenendo d'occhio il ragazzo.
Erika lo guardò e strinse le redini del cavallo. - Sei sicuro? Stiamo parlando della famiglia reale e tu...
Lorenzo la interruppe, scuotendo leggermente la testa. - Non importa. Almeno, non ora. Al momento dobbiamo solo far in modo che quello sconsiderato non muoia.
Senza aspettare risposta dalla mezzelfa, Lorenzo tirò le redini del cavallo e si avviò dietro il suo allievo, già lontano per la strada.
Attorno a loro, la natura si stava risvegliando, sancendo l'inizio di un nuovo e misterioso giorno in cui il futuro avrebbe lentamente iniziato a realizzarsi.
Erika rimase indietro, alzando gli occhi al cielo ricoperto di candide nuvole. In quel momento, sperava solo di poter avere un po' di sollievo dalla calura di quell'estate così lunga, almeno finché non avessero raggiunto la loro prossima tappa.
Come se le avesse letto nel pensiero, un forte vento soffiò alle sue spalle e le nuvole iniziarono a correre, veloci, verso nord, verso Seynar e verso un destino per loro ancora sconosciuto.
Portò una mano al cappello per impedire al vento di portarselo via e cercò i due compagni. I suoi occhi si riempirono di preoccupazione e tristezza quando si posarono sulla figura a cavallo di Lorenzo, e la mezzelfa si ritrovò a pregare per lui con tutta la sua anima.
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Non ho mai scritto un capitolo così lungo.
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