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Capitolo 26~

- Forza ragazzo, siamo quasi arrivati. Resisti ancora un po' e poi potremo finalmente riposarci su di un letto questa notte.

Xerxes arrancava dietro i suoi due nuovi compagni. Cosa gli era saltato in mente per intraprendere un viaggio con quei due? Non facevano altro che battibeccare, e a lui non rimaneva che sospirare, esasperato da quella situazione. Gli sarebbe andato anche bene, se solo non fossero stati così competitivi su tutto e l'avessero lasciato riposare anche solo per una manciata di minuti. Non provò neanche a rispondere per paura di cadere a terra senza fiato.

- Lore, dagli tregua. Non vedi che è stanco?

- Come se questa situazione non ti divertisse - ribatté il compagno.

- Perché, a te no?

- Certo che no, a me non piace infierire sugli altri. In particolare su quelli che sono feriti e che hanno manie suicide. Pensi davvero che io sia così crudele, mia amatissima Erika?

Come se non riuscissi a cogliere la tua dannata ironia, dannato soldato.

Erano partiti quella mattina, ma già il ragazzo non ne poteva più. Lorenzo era davvero severo con lui, in particolar modo dopo la confessione di due settimane prima sulla cospirazione contro la famiglia regnante. Appena era riuscito a reggersi in piedi, l'uomo si era messo ad allenarlo e a inculcargli ben bene tutte le nozioni per un buon soldato. I problemi, che Lorenzo sembrava non vedere, erano che lui non era un aspirante soldato e che era ancora in via di guarigione. Una ferita poteva guarire, ma la sera si ritrovava sempre con almeno una decina di lividi in più.

Ed Erika non aveva fatto che ridere per tutto il tempo, soprattutto quando il ragazzo cadeva, inciampando sui suoi stessi piedi, o quando la sera tornava tutto zuppo di pioggia o fango.

Però ridevano di meno quando ero io a cucinare, rimuginò con sollievo il giovane.

- L'unica cosa buona è che non dovrò più preparare nessun piatto per voi due pozzi senza fondo - riuscì a dire Xerxes, tra un respiro rantolante e l'altro. Si sentiva ancora a pezzi, i muscoli pesanti e rigidi come legno a causa degli allenamenti intensivi.

Erika e Lorenzo si fermarono di botto a sentire quelle parole, e si voltarono verso di lui.

La mezzelfa si avvicinò al ragazzo con passo svelto, testandogli un'improbabile alta temperatura con la mano. - Non ha la febbre - informò il compagno, serissima. - Non è che gli hai fritto il cervello con tutti quegli allenamenti?

Lorenzo replicò, pronto. - Impossibile. Ho imposto allenamenti più duri ai miei uomini e non hanno mai avuto sintomi del genere.

- E se fosse a causa delle ferite? Ti avevo detto di non esagerare!

Lorenzo sbuffò. - Ma se non facevi altro che ridere. E pretendevi anche che ti facesse un massaggio alla schiena ogni sera - le puntò un dito contro, accusandola. - Io gli insegnavo a difendersi, e tu lo sfruttavi e basta!

Erika gonfiò il petto e sollevò il mento, altezzosa. - Ah davvero? Allora vogliamo parlare del fatto che non l'hai lasciato recuperare del tutto? - la ragazza incrociò le braccia al petto, per poi indicare Xerxes. - È anche colpa tua se ci ritroviamo questo peso morto dietro!

- Ehi!

Xerxes si sentì punto sul vivo. Anche se gli avevano salvato la vita, l'avevano trattato malissimo, picchiandolo senza motivo e sfruttandolo per ogni minima cosa; e ora infierivano su di lui così? Per di più in sua presenza?

Roba da pazzi.

Prese un bel respiro e ricominciò a camminare, impettito e colpito nell'orgoglio. - Non cucinerò mai più niente per voi. Mai più - promise. - Dannati adulti rompiscatole.

Lorenzo gli mise una mano sulla spalla, fermandolo e provocandogli un brivido di dolore. Quel vecchiaccio sapeva benissimo che la spalla gli faceva male.

- Ragazzo - iniziò. - Sii ragionevole: come ci sfameremo d'ora in poi?

Xerxes strinse i denti. Odiava quando Lorenzo si comportava così, e, in quei momenti, quasi quasi, lo preferiva severo e intransigente com'era durante gli allenamenti.

- Mangeremo alla locanda - rispose il ragazzo, secco, per poi sorridere forzatamente. Il dolore alla spalla persisteva, benché Lorenzo non applicasse tanta forza. - Non eri tu che avevi fretta?

Così dicendo, il ragazzo si voltò, togliendosi di dosso il peso di quella mano, e riprese il cammino. Alle sue spalle, Erika e Lorenzo ricominciarono a bisticciare su chi dei due aveva la colpa di tutto.

XxxX

- Se questo è uno scherzo, è davvero di pessimo gusto.

I tre si trovavano davanti al Sunny Night, rimasta la solita vecchia vecchia baracca dell'ultima volta.

- Lo sapete, vero, che qua ci sono quasi morto? - riprese il ragazzo, sempre più sconvolto.

Erika rise di gusto, davanti alla sua espressione, contagiando ben presto anche Lorenzo.

Xerxes prese un respiro profondo, cercando di calmarsi e di contenere la rabbia che gli stava montando. Oppure era la frustrazione per ciò che non era riuscito a fare la scorsa volta? O, ancora, era solo l'irritazione a bussare, causata dal comportamento di Erika e Lorenzo? Quei due lo stavano esasperando oltre ogni dire, e il ragazzo aveva solo voglia di strozzare qualcuno per calmarsi, altro che respiri profondi.

Lorenzo gli diede una pacca amichevole sulla schiena, e gli sorrise. - Entriamo, forza.

Xerxes lo guardò bene: il sorriso era sincero. Sospirò, e abbandonò ogni tentativo di omicidio. Alla fine il ragazzo si era arreso, logorato dalla chiacchiera costante dell'uomo che lo aveva preso come bersaglio, e gli aveva promesso che avrebbe continuato a cucinare per lui.

Xerxes sollevò il cappuccio che gli avevano prestato i suoi due nuovi compagni e, insieme, entrarono all'interno della locanda, piena come l'ultima ed unica volta in cui il giovane ci era stato.

- Cosa vuoi prendere? - gli sussurrò all'orecchio Lorenzo.

- Un tè. Ho bisogno di calmarmi - aggiunse il giovane, sorridendo dopo aver notato il disgusto palese sul volto dell'uomo.

- Io invece vorrei della birra - si intromise Erika, anche lei sorridendo, appoggiando la testa sulla spalla non dolorante del ragazzo.

A quelle parole, gli occhi di Lorenzo si illuminarono. Annuì alla scelta della ragazza e si diresse al bancone per ordinare le bevande e prenotare le stanze.

Erika e Xerxes presero posto in un tavolino in fondo alla stanza, l'unico libero, dove avrebbero potuto tenere d'occhio tutte le persone all'interno del locale. Lo stesso tavolo in cui erano stati seduti Ben ed Isgar.

Quei pensieri fecero correre l'ennesimo brivido lungo la schiena del giovane. Ripensare a quei due, agli occhi infervorati ed eccitati dal combattimento di Ben, a quelli freddi e calcolatori di Isgar... Xerxes non riusciva a far smettere il tremore che lo scuoteva ogni volta.

Una mano calda lo distolse da quella coppia di occhi predatori che lo perseguitavano da più di un mese. Il ragazzo sollevò lo sguardo ritrovandosi quello preoccupato di Lorenzo, che iniziò a sfregargli le braccia scoperte.

- Sicuro di stare bene? - gli domandò, gli occhi azzurri divenuti grigi per la scarsa illuminazione del luogo. - Sei gelato... vuoi qualcosa con cui coprirti?

Xerxes sbatté le palpebre un paio di volte, per poi deglutire a vuoto. - No... no, tranquillo. Sto bene così, grazie.

Lorenzo strinse gli occhi, dubbioso.

- Sta bene - lo rassicurò Erika. - Ora però prendici qualcosa da mangiare. Non basteranno queste povere bevande! - urlò, sbattendo il boccale sul tavolo di legno scheggiato per enfatizzare le sue parole.

Xerxes lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava dal loro tavolo per ordinare qualcosa da mangiare, sulla pelle ancora il tocco delle grandi mani dell'uomo. Quando era stata l'ultima volta che qualcuno l'aveva toccato per rassicurarlo?

- A volte è un po' severo - Erika sorrise, richiamando a sé l'attenzione del ragazzo. - E ti potrà sembrare una persona completamente diversa da quella che pensavi fosse il giorno prima, ma non è colpa sua. Certi pensieri, certi... volti continuano ad assillarlo, a perseguitarlo come un cane addestrato solo a cacciare e uccidere. Perdonalo, se dovesse essere più rigido con te in futuro, ma lo fa solo perché ci stiamo affezionando - concluse, sorridendo dolcemente.

A Xerxes tornò alla mente il giorno in cui aveva loro raccontato la sua storia, a come Lorenzo avesse reagito quando aveva nominato la famiglia regnate e a come si era approcciato con lui dal giorno dopo. Severo, rigido e autoritario. Ancora non comprendeva il suo atteggiamento, ma gli occhi di Erika, in quel momento così dolci e sinceri, gli pregavano di non chiedere, non ancora, ciò che voleva domandare da giorni. Alla fin fine, quei due strambi adulti erano riusciti ad entrare nel suo cuore di nascosto, come due scaltri ladri.

Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Xerxes a quei tranquilli pensieri. Avrebbe pazientato e, lo sapeva, come lui aveva raccontato la sua storia, forse anche Erika e Lorenzo avrebbero raccontato le loro, un giorno o l'altro.

- Cos'è questo silenzio inquietante? - Lorenzo si buttò sulla sedia in mezzo a loro, prendendo un boccale e cominciando a bere. - Ragazzo, bevi il tuo schifo di tè, altrimenti si raffredda e io avrò buttato via dei preziosissimi soldi per quello strano intruglio.

Lorenzo scosse il capo. Come poteva un uomo bere quella roba per femminucce? E dalla faccia che fece Xerxes doveva fare anche abbastanza schifo. Ecco cos'era il tè: un schifosissimo intruglio di erba secca e acqua melmosa. Bleah.

Erika prese un altro, enorme, sorso dal suo boccale, per poi scoppiare a ridere di gusto. - Versa via quella schifezza, Xerxes, e prenditi una birra anche tu!

Al sentire il suo nome, urlato in quella maniera, Xerxes strabuzzò gli occhi e inghiottì il tè che si stava rimescolando in bocca, incapace di buttarlo giù in modo definitivo.

- Ma sei impazzita? - riuscì a dire, tra un colpo di tosse e l'altro. - Eravamo d'accordo di non dire il mio nome!

Erika, scossa da un tremendo attacco di ridarella, riuscì a dire a stento anche qualche parola di senso compiuto. - E che problema c'è?

Xerxes la fissò sconvolto. Come avevano fatto, quei due adulti così male abbinati, a riuscire a scamparle tutte con quel modo di comportarsi ed agire? E pensare che poco prima Erika le era sembrata così matura...

- Come che problema c'è? Il problema c'è, eccome! E se qualcuno ti sente e mi riconosce? Oddio, non oso nemmeno immaginare alle conseguenze di ciò che potrebbe accadere... Non farmi prendere certi infarti, ti prego.

In quel momento, una cameriera arrivò al loro tavolo con le loro ordinazioni e, come era arrivata, se ne andò, non prima che Lorenzo avesse ordinato qualche boccale di birra in più.

- Mi sembra tardi per pensarci, ragazzo - replicò Lorenzo, mentre controllava che le posate fossero pulite.

- Cosa intendi? - domandò, allarmato, Xerxes.

- Intendo che - cominciò. - Erika l'ha fatto apposta, per attirare due tizi che ti stanno fissando da quando siamo entrati. Non voltarti, ma stanno venendo verso di noi.

Xerxes, abbandonando definitivamente ogni tentativo di bere quel miscuglio amaro di acqua ed erbe, si voltò verso Erika. - Perché l'hai fatto?

La mezzelfa ghignò, e Lorenzo rispose per lei. - I nemici è meglio averli vicini per controllarli, che dall'altra parte della stanza pronti a dare l'allarme in qualsiasi momento, impedendoci di intervenire, non credi?

Xerxes non seppe che ribattere, ed osservò preoccupato l'uomo accanto a lui prendere un boccone della carne che aveva davanti, e storcere la bocca in una smorfia di disgusto. Come potevano rimanere così calmi nonostante la situazione, e riuscire anche a bere e a mangiare in quella maniera?

- Vero che fa schifo? Dopo aver assaggiato i piatti che prepara questo ragazzo è difficile tornare al cibo normale, non lo pensi anche tu?

XxxX

Sono qua con un nuovo capitolo! Ho fatto in fretta, vero?

Detto questo, non ho niente da dire a parte... BUON COMPLEANNO, ELVIA!

Ho portato a termine la mia missione, e ne sono compiaciuta u.u

P.s.: un piccolo (ma proprio piccolo, eh) ringraziamento va dato alla mia Beta che mi corregge i capitoli e mi rimette sempre in riga... Tsk.

P.p.s.: chi pensate che siano i due?

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