Capitolo 12~
Seguendo le indicazioni date dall'anziano Ferel, Elvia aveva raggiunto Seynar in poche ore di cammino.
Lei e Arianwen avevano viaggiato con gli ultimi raggi di luce che la giornata aveva donato, inoltrandosi nelle tenebre della notte per raggiungere il prima possibile il luogo dove Elvia avrebbe potuto recuperare l'oggetto che le serviva per riavere indietro Krir e Akemi.
Aveva rifiutato il gentile invito di Ferel per la notte perché non se la sentiva di perdere troppo tempo e il non vedere più i suoi due protetti intorno a lei la rendeva incredibilmente triste e angosciata.
- Che tipo di oggetto è? - chiese per l'ennesima volta la ragazza al Drago Custode. Arianwen era stata più tranquilla in quelle poche ore che nei giorni precedenti dopo essere stata in quel villaggio: aveva notato le occhiate che aveva lanciato al bambino, Lin, e il cenno di ringraziamento e di rispetto che Ferel le aveva rivolto più volte; ma era stata bene attenta a non farsi beccare, sicura della reazione che quella inattesa compagna avrebbe potuto avere.
- Te l'ho già detto, umana. È un fermaglio.
- E com'è questo fermaglio? - domandò la ragazza, leggermente scocciata dal comportamento che Wen aveva nei suoi confronti. Ma cosa le aveva fatto di male?
A parte minacciare la sua padrona, rifletté. Ma ha Krir e Akemi in ostaggio, ne ho tutto il diritto!, aggiunse con rabbia.
- Non lo so - replicò Wen, sgarbata.
Elvia si bloccò di colpo. Erano a qualche centinaio di metri di distanza dalla città, ma le mura si ergevano alte e massicce, e incutevano terrore a chiunque si trovasse sotto di esse.
- Come non lo sai? - domandò la ragazza all'Asfer ancora una volta.
- Non lo so.
- Se ti stai nuovamente prendendo...
- Non sprecherei il mio tempo per te, umana.
- Ma se hai appena detto...
Wen mostrò i denti, minacciosa, intimando alla ragazza di stare zitta.
- Va bene, va bene. Ma...
- Si può sapere perché Nija doveva mandarmi qua con te?!
Quello dovrei domandarmelo io, pensò Elvia. - Ma qualche segno particolare dovrà pure avere! - continuò. - Non può mica cambiare aspetto, o forma, o qualcosa del genere, no?
- Finalmente l'umana con cui viaggio usa il poco cervello che le hanno dato.
- Farò finta di non aver compreso appieno le tue parole - un sorriso gelido comparve sul volto di Elvia, le mani che prudevano troppo da parecchio tempo. - Tornando al fermaglio... come farò a trovarlo se cambia aspetto? Ma poi, perché deve cambiare forma? Costava troppo farlo rimanere sempre uguale? E non ignorare le mie domande! Sto andando là dentro solo per la tua Signora.
- Tu fai troppe domande, umana.
- Ti ricordo che ho un nome anche io, Wen.
Arianwen ringhiò. - Tu stai giocando con il fuoco. Solo Nija può chiamarmi così. E non aggiungere altro, o non risponderò a nessuna delle tante domande che ti assillano.
Elvia, sul punto di ribattere, stette zitta, trattenendosi dall'assalire, se non fisicamente, verbalmente Arianwen.
- Nija ti aveva già detto che quel fermaglio serve per controllare i suoi poteri, troppo grossi per lei, anche dopo secoli. E, a forza di incanalare questi poteri, il fermaglio ne ha fatti suoi alcuni. Uno di questi è quello di cambiare forma. So solo questo. Trovarlo spetta a te. Altrimenti, perché ti trovi qui?
Odiava quel suo tono così altezzoso. - Magari per non farti catturare da qualche Cacciatore in città?
Wen iniziò a fare strani versi, versi che l'Allevatrice ricollegò poco più tardi a una risata. - Credi davvero che io, Drago Custode della Foresta dei Sussurri e della Regina e Signora Nija, una dei pochi ancora in vita e in contatti così stretti con degli umani, possa essere anche solo sfiorata da essere immondi e senza virtù come voi? Certe volte sei tremendamente spiritosa, ragazza, devo ammetterlo.
Elvia rimase leggermente interdetta: doveva prenderlo come un complimento o come un'offesa? - Spiegami come farò a trovarlo, altrimenti andremo a morte certa.
- Tu andrai a morte certa, nel caso. Non io.
Elvia si voltò a guardare quell'immensa e splendida creatura magica. Davvero avrebbe potuto abbandonarla in mezzo al pericolo, se lo avesse ritenuto necessario?
Sospirò, troppo stanca per quei pensieri e la furia ormai andata, e riprese a camminare, a poca distanza dal Drago.
- Ricapitoliamo quello che dobbiamo fare - Elvia prese un respiro profondo e iniziò a snocciolare, con un groppo in gola, quello che dovevano fare. - Da quanto ci ha detto Nija prima di partire, il fermaglio le è stato rubato da qualcuno che aveva lievi poteri magici nel sangue, molto probabilmente sangue di Urphel ha aggiunto. Per di più, egli è il governatore di questa città, fondata appunto da quel popolo. Ma Ferel non aveva detto che se ne erano andati secoli fa?
- Probabilmente sarà qualche discendente.
La ragazza guardò incuriosita Arianwen. - Discendente? Tra specie diverse?
- Mi sorprende che tu non lo sappia. Molte popolazioni, o semplici famiglie, si sono unite, tra magici e non magici, creando nuove razze con poteri e doni incredibili. Da quanto dice la mia Signora, tu devi aver incontrato Myral, no? Lei è il frutto di uno strano... accoppiamento, oserei dire.
Elvia spalancò la bocca in un'espressione sbalordita. Stava per commentare, ma Arianwen la riprese. - Chiudi quella bocca, o vuoi che si insospettiscano?
Avevano varcato da poco gli immensi portoni della cittadina, e la vivacità delle case, illuminate dalla luce della luna e addossate l'una sull'altra, saltava subito all'occhio. Seynar era una delle poche città costruite sulle pendici di un colle, e le luci, i colori e le grida di festeggiamento che riecheggiavano nell'aria facevano sembrare tutto più magico agli occhi dell'Allevatrice.
- Scusami, - una guardia si era avvicinata senza che la ragazza, troppo concentrata sui dettagli, se ne accorgesse. - ma devi farti identificare.
- E comunque, - riprese. - lo sentirai.
Elvia lanciò un'occhiata a Wen, confusa per quell'ultima affermazione, ma pronta a mettere in atto ciò che la stessa Nija aveva consigliato di fare alle due, anche se con aperto sconforto da parte di entrambe.
- Sono El. Vengo da un piccolo villaggio a qualche miglia da qua per entrare a far parte di una gilda - e indicò una direzione a caso alle sue spalle con il pollice.
- Una nuova, insomma. Vieni con me, ti dobbiamo registrare.
Elvia seguì il soldato a qualche metro di distanza, i suoi passi scanditi dalla spada che continuava a sbattere contro il fianco. Indossava una casacca rosso sangue, sopra cui vi era una cotta di maglia leggera. Un largo mantello dello stesso colore della giubba volteggiava dietro di lui, aprendosi come enormi ali pronte a spiccare il volo.
Il soldato le lanciò un'occhiata fugace per accertarsi che lo seguisse. - Cosa guardi?
La ragazza alzò lo sguardo sul suo viso abbronzato e solcato da una leggera barba bruna. - Gli abiti che indossi. E lo strano simbolo inciso sull'elsa della spada.
Elvia aveva notato qualcosa di inciso sopra, ma da quella distanza non riusciva a distinguere qualcosa di così piccolo.
Come sorpreso a fare qualcosa che non doveva, il giovane spostò il mantello a coprire l'arma, per poi guardarla negli occhi, uno scintillio di interesse e diffidenza negli occhi verdi. - Noto che sei una buona osservatrice - constatò. - Sono Ian - disse, stringendo poi la mano sinistra sul pomo della spada.
Elvia ricambiò la presentazione con un cenno della testa, leggermente sollevata di conoscere almeno una singola persona in quella città.
- Sollievo alquanto inutile - la punzecchiò Arianwen.
Elvia sorrise al ragazzo, ignorando la creatura al suo fianco che sbuffava fumo dalle narici.
- Hai detto che sei venuta qua per unirti a qualche gilda, giusto? A quale?
- Non lo so ancora con certezza. Anzi, non ne ho la più pallida idea. Ma cerco qualcosa legato alla ricerca di manufatti perduti o roba del genere - aveva studiato quella parte negli ultimi giorni, assillata da Arianwen, e la sapeva alla perfezione.
- Trafugatrice di tesori, eh? Ce ne sono pochi, e quei pochi finiscono sempre per morire. Molti preferiscono essere Cacciatori.
Un brivido percorse la schiena della ragazza quando Ian li nominò. - Non sono fatta per quel genere di incarico - spiegò, forse più duramente e gelidamente di quanto si aspettasse.
Ian sembrò non far caso al tono delle sue parole.
Erano appena passati davanti una banchina di dolci e leccornie. Le persone vestite a festa passeggiavano allegramente con un sorriso sulle labbra, che moriva subito dopo aver scorto Arianwen. Si allontanavano subito con una maschera di terrore sul volto, lasciando la strada libera ai due giovani e alla grossa creatura. Dietro di loro, le persone mormoravano lugubremente.
- Non amano molto gli Asfer, soprattutto se sono così grossi e minacciosi. Devi avere pazienza e tener conto di quello che questa gente ha dovuto patire prima di giungere in questa città.
Ian continuò a camminare, lanciando occhiate intorno a sé per constatare che fosse tutto a posto, e rispondendo con brevi cenni di capo e di mano le persone che lo salutavano per strada. Tutti avevano un sorriso gentile mentre lo osservavano passare.
- Che cosa è successo? - domandò, curiosa davvero.
- Non lo sapevi? - Ian si bloccò di colpo, sorpreso da ciò che la ragazza aveva appena chiesto.
Elvia scosse la testa in segno di negazione.
- Pensavo che fossi arrivata fino a qua per lo stesso motivo... - sussurrò a voce l'ipotesi che aveva, poi rispose alla domanda della ragazza. - Ultimamente le creature magiche, gli esseri con strani poteri, gli Asfer... tutti nomi che gli abitanti del continente hanno dato a quelli diversi da noi, stanno attaccando villaggi e città, uomini, donne e bambini senza nessuna distinzione. Molti hanno perso la loro vita per scacciarli. Altri sono morti durante il viaggio per arrivare in luoghi in cui sarebbero stati più al sicuro. Come Seynar, per esempio.
Il volto di Elvia si oscurò, incapace di credere minimamente a quello che diceva Ian. Gli Asfer non erano in grado di fare atti così crudeli, lo sapeva fin troppo bene. Ma perché le tornarono alla mente le distese delle terre bagnate dal sangue di uomini ed Asfer? Il combattimento tra la guerriera bianca e il guerriero dorato? E il nome che quella ragazza - Nephae - aveva sussurrato in fin di vita?
- Ma non devi stare in ansia - la rassicurò Ian, scambiando il volto scuro della ragazza per preoccupazione e non per i pensieri lugubri che stavano tornando a galla. - Qua puoi stare tranquilla. Seynar è ben protetta da qualsiasi minaccia esterna. In particolar modo, il castello del Signore della città.
- Il Signore della città?
- Ma non sai proprio nulla? - la canzonò, dolcemente, il ragazzo mentre riprendevano a camminare, solo stavolta più lentamente di prima.
- Non ho avuto modo di aggiornarmi - ed era vero.
- Malcom de Sar è il diretto discendente delle creature che hanno costruito questa città e fatto prosperare queste terre - Ian sorrise.
- Parli degli Urphel?
Il giovane soldato voltò leggermente il viso verso di lei, sorpreso dal fatto che conoscesse questo particolare. - Esattamente. Come fai a saperlo? - questa era la sua volta di fare domande.
Elvia sorrise enigmatica. - Ho anche io le mie fonti.
Ian le sorrise, complice. - Ma brava la nostra neo trafugatrice di tombe! Più informazioni hai, più ti sarà facile compiere le quest. Quando intendi cominciare?
- Probabilmente domani notte o dopodomani. Mi piace tenermi in movimento - Elvia lanciò un'occhiata di sfuggita ad Arianwen, che sembrava terribilmente annoiata e, allo stesso tempo, irritata.
- Capisco...
Elvia lo guardò confusa. Cosa capiva?
- Intendo, devi avere i tuoi motivi per cui non vuoi stare troppo in un singolo posto. E comunque siamo arrivati.
- Ma tutti quelli che vengono in città devono registrarsi qua? - domandò scocciata la ragazza.
- Beh, sì. Altrimenti sei considerato un criminale.
Un vecchio edificio, di appena due piani, si stagliava davanti ai due. L'intonaco delle mura era vecchio, e in molti punti si notavano i mattoni rossi di costruzione. Una piccola porta di legno grezzo e molto vecchio, secondo la ragazza, era tenuta aperta da un piccolo pezzo di legno molto pesante, da come poté constatare Elvia quando provò a muoverlo con la punta del piede mentre entrava. Le finestre erano molto piccole e nessuna luce proveniva dal loro interno, segno che dimostrava che al piano superiore non vi fosse nessuno.
Quell'edificio stonava completamente con tutti quelli che Elvia aveva avuto modo di ammirare entrando in città in quell'ultima mezz'ora, tutti imbiancati di vivaci colori luminosi.
- Ma non posso farlo domani? Di registrarmi, intendo. È notte fonda.
- No - le sorrise Ian, scaltro. - Faccio io, poi potrai andare a trovarti un letto in qualche locanda. Anche se la vedo dura, avendo quell'Asfer dietro.
- Da come hai descritto la situazione, lo credo anche io.
Non si preoccupava minimamente, poiché quella notte non avrebbero dormito affatto.
Ian entrò a passo svelto, ed Elvia gli corse dietro.
Così come si dimostrava l'esterno, l'edificio era vecchio e poco curato anche all'interno.
Appena entrati, Elvia scorse una scrivania piena di scartoffie e un'immensa libreria piena di quelli che sembravano documenti. L'aria era impregnata dall'odore di carta vecchia, inchiostro e caffè. Ad Elvia piacque sin da subito.
- Vieni - la chiamò il ragazzo, che era rimasto appoggiato allo stipite di una porta ad osservare la reazione della ragazza con un sorriso divertito sul volto.
Elvia si voltò verso di lui, gli occhi e uno splendido sorriso sul volto che sorpresero leggermente il ragazzo.
Scosse la testa divertito e salì le scale accanto al di là della porta con calma, il legno degli scalini che scricchiolava con la minaccia costante ed inquietante di poter cedere da un momento all'altro sotto al loro peso.
Quando arrivarono al piano di sopra, Elvia rimase semplicemente senza fiato.
Se dalla strada di sotto pensava che quello fosse un vecchio edificio senza nessuna caratteristica particolare, a parte lo stato di poca curanza che aleggiava attorno alla costruzione, la ragazza si sbagliava di grosso.
I raggi della luna entravano timidi dall'immensa vetrata che occupava un'intera parete. Questa si affacciava sul miscuglio di colori e di vita del mercato di quella sera. Luci di candele e lanterne illuminavano la via principale della cittadina di Seynar, mentre voci cariche di eccitazione di bambini, donne e uomini di tutte le età riempivano le sue orecchie.
Elvia si mosse lentamente, sotto lo sguardo attento di Ian, che scrutava ogni sua mossa. Quella ragazza aveva acceso una discreta curiosità in lui. I suoi movimenti, il suono della sua voce, le sue espressioni davanti a quello spettacolo, così naturali, così poco artificiali... era possibile provare così tanto interesse verso una persona che si conosceva da nemmeno un'ora?
Elvia aveva posato con delicatezza, quasi come per timore che quel vetro sottile e fragile potesse rompersi da un momento all'altro, i palmi delle mani e continuava a guardare quello spettacolo con gioia quasi crescente.
Mentre Elvia osservava quella vista piena di vita, Ian prese un foglio e una penna su una delle scrivanie, anch'esse piene di scartoffie varie, e registrò la ragazza in pochi minuti.
- Vuoi andare a fare un giro? - la invitò il giovane, trovandosi a sperare che quella ragazza arrivata dal nulla, con un'enorme ed inquietante Asfer dietro di sé, gli rispondesse di sì.
- Non accettare - le consigliò Arianwen, rimasta di sotto vicino alla scrivania. Ma anche lei aveva percepito la gioia e l'eccitazione per tutte quelle novità in Elvia, ed era sicura che niente e nessuno, nemmeno la missione che le aveva affidato Nija, potesse fermarla. Arrivò a pensare che avesse dimenticato anche i suoi due protetti, e che neanche il loro ricordo potesse fermarla.
- Sul serio?! - Elvia si era voltata verso Ian all'improvviso, facendo sussultare e poi sorridere ancor di più il giovane soldato.
Ian annuì con sicurezza, ritrovandosi a contemplare un sincero sorriso apparso dal nulla. Quella ragazza lo lasciava interdetto, e ciò gli piaceva.
- Andiamo - le fece cenno di venirgli dietro, ed Elvia lo seguì con gioia.
Cosa poteva mai succedere se, per una volta tanto, si divertiva un po'?
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