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Capitolo 1~

- Queste bambine, solo e unicamente umane, venivano chiamate Allevatrici.

Elvia concluse come sempre la leggenda in quel punto. Le sembrava un finale più adatto alle piccole creature sotto la sua tutela e anche più piacevole per lei da raccontare, invece di quella maledizione scagliata contro il mondo intero. Le anime che invocavano simili disgrazie erano destinate a non trovare mai pace, a vagare su quella terra resa da loro maledetta, rievocando antichi ricordi e sofferenze, per torturare se stesse e coloro che li circondavano.

Elvia sorrise, scacciando quei pensieri, e guardò Akemi e Krir giocare per aria. Erano i primi Asfer sotto la sua tutela dopo la morte della precedente Allevatrice, Damiana. Akemi, un piccolo e giovane esemplare di Manfeel, aveva le dolci sembianze di una piccola lepre con delle ali al posto delle orecchie, considerata a primo impatto innocua e senza nessuna utilità. In realtà, le piume delle sue orecchie erano usate come amuleto contro i malanni; un ciuffo del loro pelo, se intrecciato nei propri capelli, rendeva più chiara la vista e alleviava dall'ansia e dalla paura; e, se fatto arrabbiare, questo Asfer era tutt'altro che innocuo. Piccolo non voleva dire indifeso, soprattutto se riguardava Akemi. Nonostante fosse ancora un cucciolo, era più veloce degli altri Manfeel della sua età e di quelli di pochi anni più grandi. Era in grado di manipolare, in piccola parte, le piante e l'aria che gli erano attorno, un dono raro e unico dimostrato anche dalle tonalità di verde che tingevano il suo manto.

Elvia incrociò le braccia al petto, sempre controllando i due cuccioli. Quello era uno dei motivi per cui le era stato affidato Akemi, ovvero aiutarlo nello sviluppare i suoi poteri. Ma come? Se sua nonna fosse stata ancora viva, avrebbe saputo sicuramente come fare. Peccato, però, che Damiana se ne fosse andata poco tempo prima, lasciandola completamente sola in una casetta di legno nel bel mezzo di una foresta. Elvia ricordò le ultime parole che la vecchia Allevatrice le aveva detto, prima che chiudesse per sempre quegli occhi di cui tanto si lamentava poiché ormai non vedevano più.

Sii te stessa, tesoro mio, e segui sempre il tuo cuore. Questo è quello che fanno le vere Allevatrici. Questo è quello che facciamo noi.

Una pallina di pelo rossiccio, come i capelli della ragazza, cadde tra le sue braccia, facendo sussultare la ragazza e ricacciando indietro quei tristi ricordi. Una lunga coda uscì dalla piccola palla, cominciando a solleticarle il collo e facendola ridere.

- Krir!

La ragazza prese il cucciolo di volpe tra le mani e lo guardò, sorridendo. Sarà stato grande quanto una sua mano, e sprizzava tenerezza e calma da ogni pelo del suo piccolo corpo.

Conosceva quella piccola volpe da poco più tempo di Akemi. All'inizio, la vedeva aggirarsi da sola per i cespugli lì intorno, a caccia di qualcosa di commestibile. Spesso, Elvia si chiedeva il perché un cucciolo così piccolo si trovasse da solo in quel luogo tanto pericoloso per lui. Ma non era ancora capace di poter parlare perfettamente con gli Asfer come faceva sua nonna, così aveva evitato di avvicinarsi per paura di spaventarlo. Qualche giorno dopo, lo aveva trovato al piccolo torrente privo di conoscenza e, senza pensarci su due volte, lo aveva avvolto in un panno e portato a casa. In poco tempo, il cucciolo aveva ripreso le forze e da quasi due mesi viveva con lei. Una settimana dopo, con un messaggio mandato dalla sua comunità, era arrivato Akemi con la sua energia a riempire quel luogo tanto tranquillo e monotono.

- Krir, Krir, Krir!

Elvia strinse al petto la piccola volpe, e questa si agitò, come sempre, facendo finta di stare per essere soffocata. La giovane Allevatrice lasciò andare il cucciolo che aveva tra le braccia, mentre questo faceva comparire delle piccole ali bianche sulla sua schiena, iniziando, poi, a svolazzarle sopra la testa.

Come un lampo verde e bianco, Akemi piombò tra loro, aprendo le ali per planare e sedersi sulla testa della ragazza, che iniziò a pesare non poco a quest'ultima, ma che, con una smorfia, alla fine non disse nulla. Si stava abituando a questa strana fissa di Akemi di appollaiarsi sulla sua testa, con le ali a coprirle le orecchie, come se la trovasse stranamente comoda.

La voce di Akemi risuonò nella sua testa. - Si mangia?

Elvia non poteva capire tutto quello che dicevano, ma riusciva sempre a coglierne il senso generale, soprattutto nei momenti in cui Akemi appoggiava le ali sulla sua pelle.

- Sempre affamato, tu? Non credi che così facendo diventerai troppo pesante per volare? - uno sbuffo fece sorridere la ragazza. - Scherzo. Ora scendi, devo prendere qualche erba e tu pesi un po'. Intanto voi pensate a ciò che volete per cena. Stasera vi lascio carta bianca.

- Davvero? - un paio di voci risuonarono nella sua mente, entrambe incredule e contente allo stesso tempo. - Quindi niente minestrone alle erbe come sempre?

Era sconcertante come certe volte quei due fossero in una tale sintonia. Forse stavano semplicemente comunicando mentalmente, escludendola, in modo da sorprenderla e farle pensare che per una volta erano d'accordo su un punto... cosa probabile se riguardava il famoso minestrone di Damiana. Non che Elvia andasse matta per quella che riteneva essere una minestra che sapeva completamente di erba e acqua sporca, ma un po' le dispiaceva: quella era una delle tante cose che le aveva tramandato la vecchia Allevatrice e la custodiva con gelosia nel proprio cuore.

- Ehi, quel minestrone è ricco di sostanze nutritive! La faccio solo per voi! E comunque, se non la volete, no; ma chiedete qualcosa che posso preparare con quello che ho.

Akemi si staccò dalla testa di Elvia, e, insieme a Krir, iniziò quella che sembrava un'accesa discussione sulla cena di quella sera.

Elvia li guardò un'ultima volta, prima di dirigersi verso il piccolo torrente dove aveva trovato Krir svenuto. La ragazza sorrise. I due Asfer le avevano riempito le giornate e quella casa silenziosa ora che Damiana era morta; ed era grata a quelle due piccole creature che in qualche modo l'avevano trovata e consolata, e che continuavano a farlo tutt'ora, quando cadeva nei suoi ricordi. Con un piccolo sorriso sulle labbra e una flebile luce malinconica negli occhi, la giovane Allevatrice raccolse le erbe che le servivano per preparare alcune medicine e la cena di quella sera.

Quando Elvia rientrò nella piccola casetta, trovò Krir e Akemi a quattro zampe sul piccolo tavolo, a guardarsi semplicemente fissi negli occhi. C'era uno strano silenzio che aleggiava nella stanza, rotto solo dal respiro dei due Asfer e dai passi leggeri dell'umana che li guardava incuriosita.

- Che state facendo?

- Non vedi? Ci stiamo fissando.

- Lo vedo, Akemi. Il motivo?

- Chi riuscirà a resistere di più, sceglierà cosa mangiare per cena. E io devo vincere.

Krir aveva una tale determinazione nella voce, che Elvia si sorprese. Era la prima volta che quella piccola volpe si dimostrava così agguerrita e interessata a qualcosa. Di solito, se ne stava quasi tutto il giorno a sonnecchiare e lasciava fare ad Akemi quello che voleva, senza mai esprimere i propri desideri.

Elvia posò le erbe accanto al lavello, tenendo gli occhi fissi su ciò che stava per accadere. Krir mosse lentamente la lunga coda rossiccia verso il muso bianco di Akemi, iniziando poi a solleticargli il naso. La lepre arricciò il naso, con le orecchie che avevano iniziato a fremere, pronto a starnutire.

Akemi, sul punto di perdere, fece crescere un piccolo germoglio proprio sotto il muso di Krir, e iniziò a muoverlo, facendo arricciare il naso anche alla volpe. Era sorprendente come avesse imparato a maneggiare i suoi poteri in poco meno di due mesi, ed Elvia sentiva un moto di orgoglio gonfiarle il petto ogni volta che li usava.

Non cantar vittoria troppo presto, avrebbe detto Damiana. Il bello deve ancora venire.

Ed era vero: Akemi era solo alle prime armi e riusciva a muovere solamente piccoli germogli con enormi sforzi di volontà e concentrazione; ma era comunque un bel passo avanti vedere come li stava usando in quel momento.

Krir starnutì, chiudendo gli occhi e perdendo il gioco.

- Ho vinto! - gridò Akemi e attorno a lui sbocciarono piccoli fiorellini e germogli, mentre questi saltellava sul posto e faceva fremere le orecchie. - Insalata di germogli Carotei a me!

- Non vale usare i poteri – borbottò Krir a bassa voce, muovendo nervosamente la coda avanti e indietro. - E io che volevo mangiare quelle polpette di Fenjl.

- Non c'era nessuna regola del genere! E io odio quelle polpette – Akemi fece un verso disgustato. - Come fanno a piacerti?

- Ma se sono buonissime – la volpe sollevò il muso e iniziò ad annusare l'aria, come a sentire l'odore di quelle polpette al solo nominarle. - Io invece non capisco come qualche pezzo d'erba possa piacerti – fu il turno di Krir di fare un verso disgustato.

Iniziarono poi a discutere su cosa fosse meglio, se i germogli o le polpette, mentre Elvia se ne stava semplicemente a guardarli in disparte. Damiana diceva spesso che era un bene che le persone, o gli Asfer, o – meglio ancora – entrambi, si confrontassero.

Nascondere o occultare la verità porta solamente più dolore e sofferenza. Meglio la cruda realtà che una bugia. Ricordatelo, Elvia.

- Io non ho detto che preparerò un solo piatto... - neanche a finire la frase, che due paia di occhi si posarono su di lei, smorzando la discussione.

- E ce lo dici solo ora? E così?

Era davvero sconcertante la loro sintonia.

- Sì, come avrei dovuto dirvelo? - Elvia sogghignò: era troppo divertente.

Krir e Akemi rimasero a fissarla per qualche minuto buono, senza dire nulla. Erano rare le volte in cui se ne stavano in silenzio, e quella era una di quelle. Poi si guardarono negli occhi, e Krir sospirò. - Certe volte ti diverti così male, Elvia. Ma cambiando discorso, hai tutto per i piatti che abbiamo scelto?

- Sì, ero quasi certa che mi avreste chiesto le polpette e i germogli, così ho tutto quanto. E non siate così sorpresi! Ho una buona memoria, ricordate? E anche un buon udito, quindi vi ho sentito benissimo tutte le volte che vi siete lamentati del minestrone. Anche se è strano dire così... voi non parlate davvero... - sembrò pensarci su per qualche attimo. - Per di più sono un'Allevatrice. Il mio compito è quello di aiutarvi in tutti i modi possibili, quindi...

Con una scrollata di spalle, Elvia prese le erbe e iniziò a lavarle.

I due Asfer si guardarono un'altra volta negli occhi, sorpresi. Poi Akemi diede voce alla domanda che stava passando ad entrambi per la testa. - Come mai questa decisione? In questi due mesi ci hai fatto seguire una dieta ferrea, perché allora questa eccezione?

Con le dita che si muovevano agilmente da una parte all'altra per tagliare, lavare e prendere tutto il necessario, Elvia sorrise, continuando a tenere gli occhi fissi sul suo lavoro. - Oggi è il 15 agosto, Ferragosto, il giorno più importante per noi Allevatrici. Damiana diceva che è il giorno in cui possiamo fare un'eccezione e rendervi felici, senza dovervi vedere ingurgitare quel minestrone che anche lei reputava orribile – Elvia ridacchiò, ricordando la vecchia Allevatrice. - Me lo disse quando ero piccola, poco tempo dopo che mi aveva accolto nella sua casa. Non le chiesi mai perché fosse così importante per noi. Non ne ho mai avuto l'occasione...

Per un attimo, gli occhi ambrati di Elvia si scurirono, un attimo che i due Asfer notarono appena poiché la ragazza aveva già ricominciato a parlare, con rinnovata allegria. - Non importa! Ho notato che siete entrambi migliorati: Krir con la magia di evocazione e Akemi con quella di manipolazione. Quindi direi che è il giorno perfetto per festeggiare! Che ne dite se preparo anche...

Akemi aveva rizzato le orecchie, il corpo un improvviso fascio di nervi. Nei libri che Damiana le aveva fatto studiare, c'era scritto che i Manfeel avevano un udito perfetto e sensibilissimo, in grado di sentire un rumore anche a chilometri di distanza. La sua lepre, ancora un cucciolo, era in grado di percepire ciò che accadeva solo nelle vicinanze della casa. Ma ciò era più che sufficiente. Anche Krir aveva alzato il muso, annusando l'aria in modo sospetto, confermando il brutto presentimento che nacque nella giovane.

Con un'espressione troppo seria per essere quella di una ragazza di diciannove anni, Elvia fece cenno ai due Asfer di nascondersi, mentre faceva scivolare il lungo coltello che aveva in mano nella manica destra della vecchia vestaglia. Nessuno di indesiderato aveva il permesso di entrare in casa sua. Nessuno.

Quando Akemi e Krir cercarono di avvicinarsi a lei, un'ombra scura entrò dalla finestra, frantumandone il vetro.

Elvia si mosse come le aveva insegnato Damiana: veloce come il vento, letale come il bosco intorno a lei.

Si lanciò sulla figura mentre questa non si era ancora alzata, per poi assestarle un calcio in pieno petto. La sagoma andò a sbattere contro il muro e la finestra da dove era entrata, cadendo svenuta sul pavimento ricoperto di pezzi di vetro.

Elvia si inginocchiò a terra e, con la fronte aggrottata, notò che l'intruso era un ragazzo dai ricci capelli neri, forse di un paio d'anni più giovane di lei. Aveva un filo di sangue che gli colava dalla nuca. Ma cosa voleva da lei per essere entrato in quel modo?

- Elvia, non è solo. Forse sono una decina. Non riesco a capirlo con esattezza.

La giovane Allevatrice guardò Akemi e Krir, due Asfer che conosceva da poco più di due mesi, già pronti ad aiutarla, e prese la sua decisione. - Prendete solo lo stretto necessario, ce ne andiamo per un po'.

Se mai verranno qua, non pensare a te, ma alle piccole creature affidatoti. Perché le Allevatrici migliori fanno questo: impongono il bene dei loro protetti a se stesse.

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