Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

08. CAERULEA NOX

Quella giornata gli era sembrata infinita.

Edhel restava seduto sulle pietre del camminamento a Est, con la schiena appoggiata a uno dei merli. Fissava il cielo, incapace di muovere un muscolo. Gli sembrava di aver abbandonato il suo corpo. La sua mente si muoveva tra le stelle, dispersa nelle volte oscure.

Non voleva tornare.

Non voleva tornare a terra. Lì c'era solo la guerra.

Una guerra che non comprendeva, fatta di attese e di atrocità, di resistenza e frenesia.

Ed è solo il primo giorno d'assedio!

Quanto sarebbe potuto durare? Una settimana, un mese, un anno?

Lanciarsi in uno scontro era già stato terrificante, ma almeno in quell'occasione aveva sperimentato l'alienazione del pensiero, che gli aveva permesso di non provare nessun sentimento. Una lucida battaglia di logoramento, invece, non faceva per lui. Si sentiva svuotato, come se avesse esercitato la magia per ore, eppure, a ragionarci su, non era successo nulla.

Secondo Galanár, è solo una prova di forza.

Ma da quando aveva cominciato a dare retta a suo fratello? La sue calme certezze non lo soddisfacevano, non riuscivano mai a dargli delle vere risposte.

Chiuse gli occhi e si abbandonò al blu della notte.

Chissà dov'era Aidan in quel momento. Chissà se anche lui vedeva lo stesso cielo.

Si lasciarono andare sfiniti in un anfratto. Avevano cavalcato tutto il giorno, senza mai fermarsi, spronati dalla paura e dall'ansia di non arrivare. Erano ancora nel regno degli Elfi, ma quella fascia di terra non era più popolata. Il paesaggio si era fatto secco e brullo, alieno alle foreste che gli Eldar abitavano. Quando si erano trovati ai piedi della catena montuosa, avevano capito che l'Ambit era davanti a loro.

Si fermarono perché non sarebbero potuti andare oltre in quelle condizioni. Un riparo nella roccia era quanto di meglio potesse offrire loro quella natura inospitale. Accesero un fuoco e consumarono un pasto frugale. Nessuno dei due aveva voglia di parlare. L'arciere si offrì di fare il primo turno di guardia e Amalion si sistemò alla bell'e meglio, usando il mantello e le bisacce come giaciglio.

Aidan si mise a guardare le stelle. Gli sembrarono di una brillantezza straordinaria, come se la povertà di quel territorio servisse a farle apparire più grandi, più belle. Strinse gli occhi, ordinandosi di non pensare a Formenos, a Edhel, ad Adwen e a tutto il resto. Gli sarebbe sembrato di maledire il creato, se avesse ceduto alla tristezza.

Staccò dalla cintura il libretto che aveva requisito all'elfo che li aveva aggrediti. Con pazienza si mise a sfogliarlo, cercando di leggere alla luce del fuoco da campo. Si sforzò di comprenderlo, facendo ricorso a tutti i suoi ricordi.

La sua contemplazione fu interrotta dal rumore di passi rapidi che salivano le scale. Quattro figure comparvero all'inizio del camminamento, snelle e slanciate, rese indistinguibili dai mantelli rossi da novizie.

Incantatrici.

Dovevano aver finito il loro turno di evocazione insieme al maestro Aegis e stavano attraversando il palazzo per tornare ai loro alloggi. Il camminamento, sebbene fosse il percorso più esposto, era anche il più veloce per tagliare da parte a parte, ed era comunque sorvegliato notte e giorno.

Edhel cercò di ricomporsi. Raccolse le ginocchia al petto e si strinse nel suo piccolo spazio, per non intralciare il loro passaggio. Fissarle troppo a lungo era considerato sconveniente, così si sforzò di non farlo. Le ragazze gli sfilarono davanti in silenzio, il capo coperto, gli occhi bassi. Sapeva che l'ultima della fila era lei. Riconosceva il suo passo.

Non si voltò per risparmiare a entrambi l'imbarazzo di quell'incontro. Le giovani erano sparite oltre l'ingresso che portava alle scale, quando un passo sfiorò ancora l'ammattonato. Il fruscio si interruppe al suo fianco. Il ragazzo sollevò lo sguardo: occhi pervinca lo fissavano dall'alto. Cercò di decifrarli, ma inutilmente. Era tornata indietro per lui, ma in qualche modo si stava proteggendo.

"State bene, principe Edhel?"

Era calma mentre gli si rivolgeva. Nessuna asprezza, nessun dolore. Forse solo un velo di tristezza, ma non avrebbe potuto giurare che non fosse stata la sua immaginazione a percepirla.

"È gentile chiederlo, da parte vostra".

"State bene?", ripeté lei.

Che cosa avrebbe dovuto rispondere? Poteva dirle che si sentiva l'anima a pezzi? In quel momento, anche se gli era accanto, gli appariva più distante delle stelle sopra il suo capo.

"Non ne sono sicuro", mormorò infine.

"Non avete un bell'aspetto. Dovreste andare a riposare invece di restare qui".

Pronunciò quelle parole con freddezza, quindi si girò e fece per andare. Lui la seguì con lo sguardo.

"Avete ancora il mio libro", scandì nel silenzio.

Adwen si voltò. Il cappuccio le scivolò indietro di poco, lasciando sfuggire una ciocca bionda.

"Ah, già... il libro", ribatté con una punta di delusione.

Tornò sui suoi passi, forse solo per il gusto di poterlo di nuovo guardare dall'alto in basso.

"Non l'ho più. L'ho restituito ai suoi legittimi custodi".

Edhel la fissò in silenzio, senza concederle nemmeno un fremito. Stava calcolando tutte le possibili ricadute di quell'affermazione. Adwen sembrò comprenderlo e per un attimo le parve di poter provare disgusto per lui.

"Non temete", riprese aspra. "Ogni vostro segreto è al sicuro. Ho detto che il libro era stato ritrovato da uno dei soldati che, naturalmente, non ne poteva riconoscere il valore".

L'elfo respirò: era sufficiente per lui. Il libro? Poteva anche lasciarlo andare, non aveva importanza. Dal momento che conoscere gli altri Arcani si era rivelata un'impresa impossibile, non aveva alcuna urgenza di tornarne in possesso. Aveva studiato gli incantesimi del Fuoco e dell'Acqua a sufficienza. Avrebbe trovato un'altra soluzione per recuperarlo in seguito, con calma.

Elaborato quel pensiero rassicurante, si strinse nelle spalle e le rivolse un sorriso disarmante.

"Se vi è sembrato corretto agire così, a me sta bene. Mi duole solo il fatto che abbiate deciso di evitarmi".

Lei sussultò, sinceramente sorpresa. Non si era aspettata quella risposta. Mentiva? Era solo una recita o era sincero? Rimase immobile davanti a lui, incapace di andarsene, indecisa se restare.

"Credevo che vi interessaste solo del libro..."

C'era una tale vena di tormento in quel sussurro che riuscì a fargli male al cuore. Con suo stesso stupore, Edhel si chiese come fosse possibile ferire a una creatura simile. Perfino uno come lui avrebbe tremato di fronte a quell'idea.

Si levò in piedi e la fronteggiò, fissandola con quella luce lacustre negli occhi alla quale Adwen non sapeva resistere.

"Dubitate di tutto quello che vi ho detto? Dubitate di quanto ho fatto? Eppure, se interrogate il vostro istinto, vi dirà con chiarezza che io non ho mai voluto farvi del male".

Adwen chinò il capo e gli nascose il viso. Edhel percepì il suo combattimento e l'ombra di una lacrima.

"Come li conoscete bene, gli espedienti per farvi amare...".

L'elfo, suo malgrado, si lasciò sfuggire una risata amara.

"Non così bene, in verità, visto che in pochi a questo mondo mi amano davvero".

Lei sollevò il capo e sgranò gli occhi. Il suo tono era desolato e triste: no, non stava mentendo. Lo percepì, come già altre volte le era capitato di fare, quando le sembrava di poterlo vedere in modo differente da come facevano gli altri: senza corazza, nella sua essenza. Rimase a scrutarlo con una ansia e trepidazione, senza osare interromperlo. Sentiva che lui era sul punto di rivelarle qualcosa di importante e non voleva in alcun modo rovinare quel momento.

"Vedete?", proseguì lui. "Ci siete riuscita ancora una volta. Io non so perché mi accade ma, quando parlo con voi, riesco a esprimere quello che sento. Potete credere di me ciò che volete, anche il peggio, ma posso giurare di avervi rivelato pensieri, sogni e desideri che non avevo mai pronunciato ad alta voce. Un attimo prima che voi passaste di qui, ad esempio, stavo guardando le stelle e... stavo cercando di toccare l'infinito! E a chi altro potrei confessare un simile pensiero senza essere giudicato folle o delirante? Chi potrebbe capire, se non voi?"

La notte, di colpo, sembrava essersi fatta attenta. Tratteneva il fiato e restava a guardare.

Adwen sollevò la mano e gli sfiorò il viso. Quel gesto aveva cominciato a essergli familiare e, una volta ancora, Edhel si abbandonò a quella carezza. Senza sapere come, era a meno di un passo da lei.

Lei che gli tendeva le labbra ad appena un sospiro di distanza, lei che avrebbe saputo come ricoprirlo d'amore.

Lei che sapeva donarsi.

Sarebbe stato così semplice prendersi tutto, e sarebbe stato così dolce, ma sarebbe stato troppo, perfino per lui. Nello stesso istante, gli venne di pensare ad Aidan. L'ultimo dialogo notturno avuto con il suo gemello aveva cambiato tutto. Si obbligò a rinunciare a quel contatto e arretrò di un passo.

"Adwen, sul mio spirito, io vi sarò amico per la vita!", tirò fuori con urgenza, a giustificare il suo repentino allontanamento. "Ma voi sognate un legame che io non so nemmeno se sono in grado di offrire. A voi o a qualsiasi altra donna. Sono testardo, non riesco a controllare le mie reazioni e sono incosciente. Sono affascinato dall'idea di scoprire nuove nozioni e sono disposto a mentire a chiunque se voglio ottenere qualcosa. Riesco a essere fedele a me stesso, ma non so ancora se riuscirei a essere fedele a una donna...."

Prese fiato, dopo averle rovesciato addosso quel fiume di parole, e la guardò negli occhi, del tutto disarmato dalle sue stesse affermazioni.

"Vedete? Io sono questo. Che cosa potrei mai offrirvi?"

Lei esitò, poi parve decidersi.

"E se a me non importasse?", chiese in un soffio.

"Non ditelo!", protestò Edhel con voce tormentata. "Non vi importa adesso, ma con il tempo..."

"Voi non siete solo questo", lo interruppe lei, tirando fuori una decisione che lo sorprese e lo fece subito tacere. "Io vi ho visto! Vi ho visto quella notte, nella mia stanza, quando piangevate, quando credevate di essere solo, di non dover mentire a nessuno. C'è tanto amore in voi, Edhel, solo che... non sapete cosa farne! E vorreste anche essere amato, ma non sapete come chiederlo. E no, non vi temo. Non penso che siate un mostro e non vi temo! Perché è questa la vostra più grande paura, adesso lo so! Ma l'infinito, credetemi, siete a un passo dal toccarlo, perché le stelle sono dentro di voi".

Edhel dischiuse le labbra, ma non riuscì ad articolare un suono di fronte alla passione con cui lei lo aveva avvolto, alla precisione con cui l'aveva accolto e compreso. Sì, sarebbe stato così semplice, si ripeté, e così impossibile allo stesso tempo, afferrare quella parvenza di felicità!

Nonostante l'immenso potere che possedeva, quella ragazza era riuscita a lacerargli l'anima. Perché era lui, quello ritratto nelle sue parole. Allo stesso tempo, però, sentiva di non poterlo essere. Non ancora. Avrebbe dovuto ricucirlo in fretta, lo squarcio che lei gli aveva aperto nel petto, o sarebbe stato costretto a guardarsi dentro e ad affrontare quella parte di sé che non era ancora pronto ad accettare.

Prese fiato e coraggio insieme.

"Allora è Aidan che amate, non me, perché è lui la mia metà migliore. Lui possiede la luce delle stelle, io sono solo il buio che le separa".

Edhel?

La natura, attorno a lui, restava silenziosa.

Nonostante il loro legame, Aidan capì che non avrebbe ottenuto una risposta solo chiamandolo, solo desiderandolo. Scosse il capo, tornò sulle parole del libro.

Continuava a non capirne il contenuto, ma si accorse che in alcune pagine, tra le righe, erano stati tracciati dei numeri. Aveva visto migliaia di volte i libri arcani su cui studiava suo fratello. C'erano figure geometriche, segni runici, ma mai, mai dei numeri. In qualche oscura maniera, comprese che quello scritto conteneva un codice. Era un messaggio. Qualcuno comunicava attraverso quel testo. Forse c'erano loro, racchiusi in quelle cifre, e i loro spostamenti. Forse iniziava a capire come re Arantar riusciva ad avere sempre notizie su quello che accadeva nel suo vasto regno.

D'un tratto una parola catturò il suo sguardo: inyë.

Bambino mio...

Avvertì la presenza di sua madre, viva e presente, come se non l'avesse mai lasciata.

Inyë...

Chiudendo gli occhi, riusciva a ricostruire la sua voce e la dolce lingua degli Eldar che si scioglieva nelle canzoni con cui lo addormentava.

Si concentrò su quel ricordo e una lacrima gli sfuggì dalle ciglia: non si era mai sentito così piccolo come in quella notte, sotto quel cielo di stelle giganti.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro