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Capitolo 4

Claude Frollo si era ritirato nella stanza accanto: sapeva che sarebbe stata una tortura, come per quei santi che dormivano nello stesso letto con una donna, divisi soltanto da una croce nel mezzo, per provare la fermezza della loro fede. Solo che lì, a separarlo da lei, non c'era una croce ma una porta, anche se significava ben poca cosa, dal momento che era aperta.
Ma la sua fede era tutt'altro che salda: anzi, vacillava pericolosamente ogniqualvolta incontrava gli occhi ardenti di lei. I suoi occhi! Buon Dio, quando aveva incontrato i suoi occhi solo pochi istanti prima, solo per un attimo, si era perduto in essi e aveva sperimentato l'eternità.
Quella donna, cos'era quella donna? Da dove veniva? Nemmeno lui, che l'amava così tanto, avrebbe potuto dirlo. Sapeva soltanto che ella esercitava su di lui due poteri contrapposti, che da un lato poteva trasportarlo in un paradiso e dall'altro sprofondarlo nell'abisso, anche senza pronunciare una sola parola.
Per un momento, ne ebbe paura. Più che il paradiso, continuava a vedere l'abisso della sua passione per lei. Dio l'avrebbe punito per quel suo peccato di lussuria, avrebbe bruciato nelle fiamme per sempre. Cercò di controllarsi: se anche fosse stato destinato alla dannazione perpetua, in quel frangente non gli importava. Voleva vivere la sua esistenza terrena, finalmente, era un suo diritto come di qualunque altro uomo. Era stanco di procrastinare la sua felicità a un vago "dopo", che neppure sapeva se ci sarebbe stato. Perché attendere la beatitudine solo dopo la morte, perché rinunciare alla vita? Sentiva di averlo fatto per troppo tempo, di avere sprecato trentacinque anni, tutta l'adolescenza, la giovinezza a rincorrere un modello di sapienza, di ascesi, di contemplazione, che gli aveva portato onore e fama, ma anche una terribile solitudine.
Ebbene, era l'uomo più colto di Parigi, senza dubbio, forse fra i più colti di tutta la Francia, se il suo nome aveva sfiorato anche le orecchie del Re, ma anche quello più infelice.
Il turbamento portato dalla sua Esmeralda non gli era entrato solo sotto la pelle, nella carne, ma anche nella mente. Aveva riflettuto a lungo, da quando l'aveva incontrata, e si era accorto che, in fondo, non aveva mai preso una decisione da solo per indirizzare la propria vita, non aveva mai scelto. Da bambino, la sua vocazione era stata radicata a forza dai genitori. Era stato educato, spesso con le percosse, a leggere in latino, tenere gli occhi bassi e rispondere solo se interrogato. I compagni lo schernivano per il suo carattere e la sua intelligenza, col risultato di renderlo ancor più triste, serio e silenzioso. Da ragazzo, i Dottori dell'Università lo avevano persuaso che, con quella sua indole e quella sua sete di conoscenza, il suo destino poteva essere solo quello di consacrarsi completamente agli studi. Era cresciuto con la convinzione di dover evitare le donne, per non lasciarsi tentare dalla pericolosa stirpe di Eva, per non essere infelice. E, fino a poco tempo prima, vi era riuscito, accontentandosi di avere per uniche amanti la religione e la scienza. Gli bastavano. O forse, più semplicemente, non aveva mai pensato che un giorno avrebbero potuto non bastargli più. In compenso, al posto suo, l'aveva fatto Esmeralda.
Orfano fin dalla giovane età, non sapeva cosa fosse la tenerezza. Sua madre, neppure quando era ancora in vita, l'aveva mai carezzato né si era mai sentito rivolgere un elogio da suo padre.
L'amore, non conosceva nemmeno quello. L'aveva studiato attraverso Platone, Aristotele, certo, aveva letto sui libri di quella perfezione raggiungibile solo attraverso la completa fusione e compenetrazione delle anime e dei corpi. Ma non l'aveva mai sperimentato su di sé. Non aveva mai ricevuto un bacio da una donna, non sapeva cosa significasse stringere contro il suo un altro corpo caldo, vivo, pulsante di desiderio per lui. Eppure voleva provarlo quell'amore, lo voleva. La voleva. E quella sua volontà passava dalle fantasie più caste a quelle più proibite. Per un momento non chiedeva altro che poter dormire sul suo seno, sentire il suo cuore sbattere come un'onda contro il proprio, scaldarsi con il tepore umano di un po' d'affetto.
L'attimo dopo avrebbe sfondato la porta e si sarebbe avventato su di lei. Le avrebbe strappato gli abiti di dosso, con una violenza che non si conosceva, ma che talvolta si sentiva crescere dentro di sé. L'avrebbe fatta sua anche con la forza, se necessario, perché capisse cosa significava essere tormentati tutto il giorno e tutta la notte da un pensiero fisso, bruciante, delirante. Le avrebbe detto: Vedi come mi hai ridotto? Lo vedi? Non sono più padrone di me stesso!
Non avrebbe più aspettato. Non avrebbe più pensato al rispetto che poteva provare per lei. Voleva prenderla subito, con urgenza, per non impazzire, entrare in lei senza permesso, sprofondare, naufragare in lei, trascinarla nel baratro della sua folle passione.
E che gridasse pure, che lo supplicasse di fermarsi. Non si sarebbe fermato, a costo di farle male.
Non sarebbe stata in grado di fermare le sue mani, il suo corpo, che si sarebbe inarcato, contorto su di lei, sotto l'impulso dettato dalla carne, dal sangue.
Le dita tremarono sulla maniglia. Sarebbe bastato girarla, era così semplice. Forse l'avrebbe trovata addormentata, non sarebbe stato complicato avere la meglio su una creatura così indifesa. Si figurava di immobilizzarla fra le sue braccia, di incollare le labbra al suo collo, al suo seno, alla sua bocca e poi finalmente...
No, cosa stava pensando! La sua piccina adorata! Fu ripugnato dai suoi stessi pensieri.
Come potrei profanare un così bell'angelo, si disse. Merita tutto l'amore che può darle questo arido cuore. Perdonami, mia Esmeralda, per i miei desideri impuri. Non è così che ti voglio, credimi. Ti voglio, sì, ma per amore. Prenderti dolcemente, senza farti male, stringerti tra le braccia, ma non con violenza, con tenerezza. Voglio la tua anima assieme alla tua persona, per fonderli al mio spirito e al mio corpo. È qualcosa di legato al congiungimento carnale, ma che, allo stesso tempo, lo travalica. È come il matrimonio alchemico di sulphur et mercurius, che si uniscono per innalzarsi ad uno stato più nobile, più elevato. Ti amo, mia Esmeralda, e se riesco a non entrare da questa porta è solo perché ti amo. Non avere paura di me, non ti farò del male.
Talvolta temo di diventare ciò che non vorrei. Non mi riconosco più, ho perso la mia fede, le mie certezze. Non ho altra fede se non l'amore per te.

Che avesse perso tutte le sue certezze era vero. Ma sentiva che con lei ne avrebbe potute acquisire di nuove, di migliori, di più perfette.
Era come nella fase alchemica della Nigredo,l'Opera al nero, forse la più drammatica tra tutte quelle della Grande Opera. La materia doveva putrefarsi, ritornare alla materia prima da cui era stata originata. La putrefazione avrebbe distrutto la vecchia forma dei corpi per tramutarli in un nuovo stato dell'essere. Tutto ciò che era vivo, moriva. Tutto ciò che era morto, trovava nuova vita.
Per l'alchimista, la Nigredo significava ritrovare l'autocoscienza, ridurre i propri tormenti all'essenza, comprenderli non solo attraverso l'intelletto, ma anche attraverso le emozioni.
E una volta compresi, trovare un modo più puro di risolverli, per innalzarsi spiritualmente, per trovare l'Albedo, la luce. Ma quanto costava quel viaggio all'interno dei propri sentimenti.
Bisogna arrivare all'interno di se stessi: è lì che risiede tutto il potere di trasformazione, si ripeté Claude Frollo.

L'alchimia! Forse per quella notte, la sua antica passione avrebbe potuto distrarlo. Forse la ferrea disciplina, che aveva sempre seguito per esserne un degno seguace, gli avrebbe riportato un po' di lucidità. Si sedette al tavolo per lavorare ad una formula che aveva interrotto da lungo tempo.
C'erano stati momenti in cui aveva visto una luce, una fiamma, un barlume di riuscita. Si era sentito così vicino alla trasformazione del vile metallo in oro, ma da settimane non avanzava più di un passo. Eppure se con l'oro avesse potuto salire al trono di Francia, certo l'avrebbe fatto per la sua amata. Bene, dunque, che si mettesse all'opera.
Passò tutta la notte a bilanciare dosaggi, a mischiare, pesare, controllare i procedimenti sui libri, talvolta leggendo passi a voce alta, pronunciando frasi di significato oscuro.
- Vi sono nomi di donna da cui emana un fascino così dolce e misterioso che basta pronunciarli durante un esperimento... il nome di una donna dev'essere piacevole, dolce, immaginoso; deve finire con vocali lunghe e somigliare a una parola di benedizione. - La sua bella voce solenne risuonava nel silenzio della stanza in un modo che avrebbe ammaliato chiunque.
Proseguì: - Questo testo ha ragione: infatti Maria, Sofia, Esmeral... - chiuse il libro con uno scatto violento. Ancora quel pensiero! Certo, se continuava a rimanere a pochi metri da lei non aveva via di scampo.
Appoggiò la schiena all'alta spalliera della seggiola. Respirò a fondo per concentrarsi.
Ritornò al lavoro, dosando minuziosamente i suoi elementi nell'alambicco per lunghe ore.
Alla fine, stremato dalla stanchezza e dallo studio, si apprestò a verificare l'efficacia del composto.
Tremò un istante prima di posare l'ampolla sul braciere. La pose.
Chiuse gli occhi e pronunciò, con tutta la passione di cui era capace, il suo nome: Esmeralda.
Il liquido ribollì furiosamente per qualche minuto. L'alchimista fremette d'ansia e di piacere.
Poi, all'improvviso, il bollore si placò. Il composto non reagiva più, neutro, inerme, come fosse stata acqua distillata.
- Hélas! - disse con un sorrisoamaro - Da qualche tempo fallisco in ogni mio esperimento!
Un moto di rabbia si impossessò di lui. Con una mano rovesciò le ampolle dal tavolo.
Non sarebbe più stato un buon alchimista, non nel senso tradizionale del termine, ammise nella sua testa. Credo in Deum et alchimiā. Era sempre stata la sua risposta a chi gli domandava lumi sulla sua fede. Ora non lo sapeva più.
Aveva compreso che esisteva un'alchimia, una chimica, forse una magia, più forte di tutto. Si chiamava Amore.

Con quella nuova consapevolezza, si abbandonò sulla sedia e, sfinito, cadde nel sonno.

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Salve a tutti!
Spero che la storia sia di vostro gradimento! Io mi diverto un mondo a scrivere storie su Grillo ed Esmeralda (essendo una fan di Notre dame de paris 😍).
Vi invito a lasciare un piccolo voto quì sotto ed un commento se avete gradito i primi 4 capitoli!

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