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I colori dell'alba.

Tira il giorno via dal nostro amore
oh sole, che cammini sulla notte
e lasci quelle impronte lì, troppo profonde.

"Simo—oh, Simo. E svejate, dai!"

Il sussurro arriva astratto e leggero al timpano addormentato del ragazzo. Le palpebre, ancora accarezzate dalla notte, si schiudono lentamente, dando modo alle pupille di esplorare e di abituarsi a quell'ambiente così diverso dai loro sogni. Il mondo non si colora, resta scuro, isolato.

Simone affonda il naso nel cuscino odorando il profumo della federa morbida.

Sulla sua spalla una mano preme. Scuote il suo corpo rilassato, tenta invano di liberarlo dalle grinfie di Morfeo.

Una voce continua a ripetere il suo nome.

Simone, Simone, Simone.

"Mhhh..." mugola quest'ultimo in risposta.

Conosce bene la pelle che sta sfiorando la sua schiena nuda. Conosce altrettanto bene la voce che lo sta cullando, e il respiro che gli accarezza il collo.

Ma davvero, non ce la fa.

È notte.

"Daje Simò, e non fa r'cretino," sbuffa Manuel, imperterrito. "mo o te svegli o te rovescio n'secchio d'acqua gelida addosso. Che dici, ce stai?"

Sulle note stonate di quella minaccia, Simone trova finalmente la forza di sollevare la testa.

Sui suoi occhi socchiusi fa pressione la flebile luce di una lampada, quella che comodamente riposa sul comodino in legno di Manuel. Nell'aria calda dell'isola di Mykonos, nel frattempo, vagheggia un senso di libertà, di felicità.

Simone inspira.

La loro stanza ha un profumo diverso, quella notte.

"Mh..." borbotta insonnolito, portandosi un braccio sugli occhi per proteggerli. "ti darei il buongiorno, sai, ma non mi sembra giorno per niente."

In risposta a questo lamento, Manuel alza gli occhi al cielo, sospirando e scuotendolo per l'ennesima volta.

"Poche lamentele, Simò," ordina, autoritario. "alzate. Annamo a vede l'alba in spiaggia."

Quella parole, cantate con fretta e melodioso entusiasmo, risvegliano qualcosa in Simone. Il ragazzo tira su la schiena, la stira, e spalanca gli occhi nel momento esatto in cui l'interruttore viene premuto. Le cornee reagiscono, e in gola nasce un ulteriore mugolio. Un braccio si sposta a coprire lo sguardo precoce.

Non gli importa di nulla.

Vanno a vedere l'alba in spiaggia.

"Ma—è il tuo zaino quello?"

La domanda sorge spontanea nel momento in cui le pupille di Simone incominciano a tracciare i movimenti di Manuel. Lo seguono attente, calme, studiose, passionali. Il ragazzo si muove leggiadro, sicuro, indifferente. Afferra oggetti e li infila nella tasca grande, sembra quasi prepararsi a rinascere.

Simone, ancora seduto sul letto, lo fissa incantato.

Manuel sbuffa.

"Se," risponde, ormai propriamente infastidito. "ce stanno gli asciugamani dentro. Ma te voi mette quarcosa addosso si o no? Guarda che r'sole non c'aspetta."

A quel punto, Simone capisce che non ha più scelta. Un po' controvoglia, un po' troppo entusiasta per crollare sulle ginocchia, si alza, recupera dall'armadio una t-shirt e un paio di pantaloncini, e infine segue Manuel fuori dalla casetta di quel villaggio.

Camminano in punta di piedi. Come se le pareti di quelle casette fossero troppo fini, come se i loro amici potessero svegliarsi e raggiungerli da un momento all'altro.

Vanno piano, proprio per non svegliarli.

Perché vogliono essere soltanto loro.

E Simone, in quel momento, di anni ne ha diciannove.

Ma il cuore batte ancora come se ne avesse sedici.

Alla luce della torcia del telefono di Manuel, i due scendono in spiaggia. Una brezza leggera scuote i capelli di entrambi, impicciati, ribelli, insonnoliti. La sabbia è fresca sotto i piedi quando si sfilano le ciabatte, e il richiamo delle onde calma i loro animi agitati.

Simone chiude gli occhi, e inspira la vita.

Manuel si volta giusto un secondo a guardarlo.

"Qui va bene—dai Simó, sediamoci." commenta poi, scegliendo un punto qualunque su quella spiaggia infinitamente grande.

Simone annuisce, perso.

Il suo sguardo è rivolto al mare, tagliato da una linea bianca e netta che segna il riflesso della luna. Il giorno inizia a salire, il cielo si sfuma di rosso, il mondo dapprima nero comincia a riprendere forma e colore. È la natura che si sfoga, che crea bellezza, che distrugge confini e i pregiudizi dell'uomo.

Un incanto per gli occhi e per il cuore.

Manuel stende due asciugamani a terra, si siede, e fa segno con la mano a Simone per invitarlo ad avvicinarsi. Al che il ragazzo, ancora stregato, scuote la testa, richiamato all'attenzione dall'unico corpo capace di distogliere il suo sguardo dal mare; poi si morde un labbro, e lentamente prende posto accanto a lui.

Il cielo disegna i contorni del mare.Il silenzio è amico in un momento così delicato, nato da un susseguirsi di eventi così veloci da far perdere il fiato.

Tra le onde Simone trova un attimo di pace, un attimo per riflettere. Si domanda perché Manuel l'abbia portato lì, perché non abbia fornito spiegazioni, perché il suo petto stia esplodendo come fuochi d'artificio. Con gli occhi dipinge il suo profilo nella penombra, lo ammira, lo trova ancora più bello dell'aurora.

Guarda lui, lo guarderebbe per ore.

E Manuel se ne accorge.

Lo sente bruciare sulla pelle come fosse sole. Come se il giorno stesse nascendo affianco a lui, piuttosto che sul mare. Come se i raggi gli infliggessero promesse, piuttosto che scottature.

E allora lui si bea di quelle coccole.

Che le iridi di Simone, tra tutte, sono le più comode del mondo.

"Come mai quest'idea? Che ti è passato in mente?"

D'un tratto, Simone sente il bisogno fisico di scrollarsi da dosso una domanda. La pone con morbidezza, la voce impastata dal sonno, gli occhi socchiusi che cercano l'alba. Manuel si volta, la bocca semiaperta, i capelli scompigliati e le pupille dilatate. Osserva il riflesso dei colori del cielo negli occhi dell'amico, la vita che sta per sorgere, le mille ombre di una notte che va via.

Ed è allora che Manuel capisce.

Su quella spiaggia greca, sulla sabbia chiara, alla luce di un giorno nuovo.

Riascolta quelle mille domande che lo hanno seguito per anni, sussurrandogli parole sconnesse nelle orecchie, impedendogli di dormire, di mangiare, a volte persino di parlare. Quei mille dubbi che gli hanno fermato il cuore, rivoltato lo stomaco, crepato il petto.

Tutto ciò che non ha mai capito, per quanto abbia scavato in se stesso.

Tutto ciò che capisce ora, guardando lui, ormai cresciuto.

Simone è la risposta a tutto.

E ci voleva quell'inspiegabile istinto, quell'improvvisa voglia di portarlo a vedere l'alba con lui per capirlo.

"Me piace l'alba," alza quindi le spalle, non trovando le parole giuste per tradurre le pulsazioni del suo cuore. "E me piace il mare. Tutto qua."

"E io? Che c'entro io?"

Lo sguardo di Manuel si sgrana un po'. È paura forse, quella nei suoi occhi, oppure è soltanto mera, innocua realizzazione. Un miscuglio di emozioni vive, forti, cariche di energia, tanto travolgenti da portarlo a preferire il mare.

Manuel si volta, incapace di sostenere Simone.

Quest'ultimo reagisce sospirando.

"A te non te piace l'alba?"

Così svia il discorso Manuel, costringendo Simone a rallentare i passi del proprio cuore.

C'è qualcosa nell'aria, quella mattina. Un profumo che preme sulle loro narici, che vola fino alle loro menti, che forma immagini e pensieri di una nuova realtà. È aria di svolta, quella, di rivoluzione.

Ma è pesante, sulle spalle di Manuel.

E questo Simone lo sa bene.

"Veramente preferisco il tramonto."

Decide di aiutarlo. Di continuare quel dialogo, di alleggerirlo, di snellirlo. Di liberarlo da quel peso, di portarlo insieme a lui.

Perché in amore, d'altronde, è così che si fa.

Le paure si affrontano insieme.

"E certo che preferisci il tramonto. Tutti lo preferiscono. È più semplice da guardare."

Le parole sembrano scappar via dalla bocca di Manuel. Sono un flusso impreciso, non ben analizzato, elaborato, modificato. Le pronuncia con la testa rivolta verso la distesa blu, le iridi perse in quei colori nuovi e precisi.

Un angolo della bocca di Simone sorride.

A volte Manuel non si rende neanche conto della profondità di cui sono impregnate le parole che pronuncia.

"Quindi dici che alle persone il tramonto piace di più perché lo vedono di più?"

Manuel si volta. Ha gli occhi grandi, le guance un po' arrossate, le labbra schiuse. La mente che viaggia, il corpo che fluttua pur stando a terra.

La creatura più bella.

Simone sorride.

"Tu quante albe hai visto in vita tua?" domanda Manuel.

Il più piccolo scrolla le spalle.

"Boh," ammette. "forse questa è la seconda."

"E allora non puoi di de non ama l'alba. Le devi assaggia più volte le cose prima de di di non amarle, Simò."

Simone lascia che il suo corpo venga stravolto. Che la sua concezione di vita venga cambiata da quei discorsi, che l'universo si tinga di un colore diverso. Il cuore prende a battergli forte, consapevole delle implicazioni nascoste nelle pieghe di quelle frasi.

E Simone decide di infilarci le dita, in quelle pieghe. Di dilatarle, di scoprirle fino alla fine.

Perché non ne può più di non sapere cosa ama.

Ha bisogno di assaggiare di nuovo per scoprirlo.

"E questo vale pure per te?"

Senza volerlo, Simone si avvicina un po'. Anche Manuel si sporge, è istinto. Un richiamo naturale dei loro corpi, l'eco di un fischio che li porta a scontrarsi.

Calamite, che si attraggono senza mai toccarsi.

Ma prima o poi una delle due cederà.

"Vale per tutti Simò. Per tutti."

Simone serra gli occhi. Si lascia accarezzare dalla brezza leggera, mentre il suo naso sfiora quello dell'altro. Manuel, d'altro canto, resta concentrato, attento, sveglio. Vive e respira Simone, ogni suo colore, ogni sua forma, ogni suo gesto.

Lo fa, cercando giusto il coraggio di assaggiare.

Che poi, non è la sua prima alba.

Ma una volta non basta mai.

"Guarda l'alba. Guardala."

Simone, controvoglia, tenta di eseguire l'ordine. Solleva le palpebre, combatte contro il desiderio di sfiorare un paio di labbra, lascia che la luce soffusa rientri di nuovo nel suo campo visivo.

Eppure, non guarda l'alba.

Si sofferma su un paio di iridi castane, mielose al rossore di un giorno che sorge. Si sofferma sulla linea carnosa di una bocca, sui pori di una pelle estranea, sulla direzione di ricci confusi e amorevoli. Osserva, ammira, scatta. Imprime tutto nella propria mente, ogni singolo istante.

Compie l'impresa impossibile all'uomo, quella mattina.

Simone ama senza assaggiare.

"Ogni tanto damme retta però."

Manuel, notando la scarsa abilità di Simone nel seguire il suo consiglio, prende l'iniziativa. Alza una mano, avvolge delicatamente la guancia dell'altro, e direziona il viso verso l'alba.

Sorride mentre lo fa.

E i suoi polpastrelli bruciano un po'.

Simone accoglie nel suo sguardo un primo raggio di sole. Spunta da dietro il mare, timido, guardingo, caldo. È sottile, crea un filo di luce sulle onde. Ne spunta poi un secondo, un terzo, un quarto.

Il mondo scende sotto quella sfera di fuoco.

Quattro occhi si incantano, ma giusto per poco.

Simone smette di guardare l'alba della terra per dedicarsi alla sua alba.

"È bella." sussurra.

Manuel si volta verso di lui, acceso quanto il sole.

"È l'inizio de na vita nuova."

È l'inizio dell'università. L'inizio della vita da adulti, la crescita di due adolescenti. Il distacco completo dall'infanzia per dedicarsi a un nuovo livello di maturità, una rinnovata presa di coscienza.

Un bambino che li saluta con la manina, e quel sorriso che si è spento prima di diventar grande.

L'alba è quel bambino che li guarda, ora.

E quell'amore che è maturato abbastanza per sbocciare.

"Manuel..."

"Simone."

Il suo nome completo è una spinta. È il vento fresco che passa tra le loro labbra prima che si tocchino, e la sabbia che si appiccica al suo ginocchio quando si slancia verso l'altro. Sono le sue dita intorno al collo pulsante di lui, e le loro lingue che danzano in armonia.

Sono i loro petti uniti, separati solo da fini strati di cotone.

Un nome per un'emozione nuova.

Un nome per la loro alba.

Il bacio è lento, ma poco casto. Profondo quanto basta ad esplorarsi, a conoscersi di nuovo, ad assaggiarsi. E c'è amore nelle loro salive calde, e nel modo in cui le loro bocche si muovono. C'è amore nelle mani di Manuel che lo cercano, che gli sfiorano i fianchi, che risalgono fino alle sue spalle e si aggrappano al suo collo.

C'è amore persino nell'aria che respirano quando si dividono, che ormai profuma di quei loro sentimenti sospesi negli attimi.

C'è amore, amore ovunque.

Più amore, più amore, più amore.

Quando il bacio si conclude, entrambi sorridono. Il sole è ormai apparso, si sta alzando, sta tingendo il mare di rosso.

La Grecia sembra vuota a quegli occhi innamorati.

Simone accarezza la guancia rossa di Manuel col pollice.

"Da quant'è che volevi farlo?" chiede.

Al che Manuel abbassa lo sguardo, imbarazzato.

"Non lo so Simò. Forse da prima che lo volessi fa te."

La reazione di Simone è istantanea. Porta la fronte sulla sua, chiude gli occhi, gli scocca un bacio a stampo sulle labbra. Lo circonda con le braccia, lo tira a sé, gli infonde il proprio calore come fossero sull'isola più gelida al mondo. Si lega a lui quel mattino, come un pezzo di puzzle che ritrova la metà mancante.

E lo stringe, lo stringe per tutte le volte in cui non lo ha fatto, e per tutte le volte in cui avrebbe dovuto.

E lo ama.

Soprattutto, lo ama. Senza mezzi, senza spiegazioni, senza parole. Con i gesti, con i respiri, con ogni battito del suo cuore. Lo ha amato da bambino, e lo ama ora da adulto. Lo ha amato crescendo, e lo ama ora all'alba di un giorno nuovo.

E Manuel fa lo stesso.

Sorvolando paure, ridicolizzandole, nascondendole al suo cuore.

Perché ora è diventato grande, e non può più permettersi di scappare.

Mai più perdere occasioni per una singola paura.

"L'avrei dovuto fa prima." sussurra quindi Manuel, un po' pentito.

Ma Simone scuote la testa.

"No," lo contraddice dolcemente. "va bene così, Manuel. Se l'avessimo fatto prima non saresti stato pronto. E io non ti voglio spaventato. Io ti voglio felice."

Manuel risponde baciandolo. È un bacio veloce, colmo di bisogno, di necessità. Un bacio che Simone asseconda, che insegue, che si gode fino all'ultimo istante.

Mille parole vengono scambiate da quelle bocche.

E mille sospiri soffusi riempiono quella spiaggia vuota.

"Sei la mia alba, Simò," gli confessa Manuel, proprio sulle sue labbra. "sei quello che ho dovuto vedere più volte per capire di amare. La rarità per cui non ho dormito la notte, e che ha infestato i miei sogni più belli. Sei quello a cui credevo de preferì il tramonto, prima di assaggiare.

Sei l'alba, Simò. Sei l'alba."

Simone si fionda su di lui. Non gli da neanche il tempo di riempire i polmoni, di rilassarsi sulle sue labbra. Lo spinge a terra con leggerezza, gli fa posare la testa sull'asciugamano, e usando la forza delle braccia si tiene su di lui mentre continua a baciarlo.

Scende sul collo, sale di nuovo, sorride ad ogni gemito e ad ogni carezza. Lascia che la brezza mattutina si porti via un po' del loro sudore, sperando che riesca a rinfrescare anche un po' del loro calore. Si ferma, lo guarda, sorride.

Sorridono entrambi.

"Ti amo." mormora, prima di tornare su di lui.

Non gli da neanche il tempo di replicare.

Già sa.

Lo sente.

Ed è così che all'alba di quel giorno di Luglio, Simone e Manuel finiscono per fare l'amore sulla spiaggia. Con un preservativo trovato casualmente nella borsa di Manuel, e la fame di chi non mangia da anni. Con l'amore bruciante nel petto, i brividi dietro la schiena, il collo dolorante per la sabbia dura.

Con il sole appena sorto a illuminare quell'amore appena nato.

Che d'altronde, le albe, non sono poi così rare.

Bisogna solo saperle trovare.

E bisogna solo riuscire a guardarle.

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