Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

L'abbraccio.

"Fare l'amore non è divertirsi, è cercare l'infinito."
~Franco Arminio
___________

Stretto nella sua ormai consumata e abituale giacca verde, Manuel tremava tra le strade austriache seguendo la fila scomposta creata dai suoi compagni.

L'Aprile austriaco era decisamente diverso da quello italiano.

Mentre l'Italia subiva la brezza primaverile, Vienna era tediata dalla freschezza più pura, molto vicina al gelo per intensità, quasi si stesse preparando ad affrontare l'inverno piuttosto che l'estate.

Manuel, che non era un'amante del freddo, si guardava intorno spaesato, distratto dal rossore delle sue guance e dalle carezze del vento sotto i vestiti leggeri. Quel giardino, probabilmente, era meraviglioso come Dante l'aveva descritto prima della partenza; tuttavia, lui non riusciva a goderne granché, preso com'era a studiare le sue stesse reazioni.

Si limitava a guardarsi i piedi, oppure a osservare l'amico che lo stava accompagnando in quella passeggiata.

C'era silenzio, tra di loro.

Non era di quelle quieti spiacevoli, quelle che bruciavano momenti e cuori, quelle che sostituivano le parole che non si aveva il coraggio di dire. Era più una pace dei sensi; un tacito accordo che entrambi avevano trovato in seguito alla guerra che si era verificata l'anno prima, guerra che aveva portato fin troppo dolore in entrambe le loro vite.

Era un silenzio, insomma, accordato. Un silenzio voluto da entrambi, dall'incidente in poi, in quanto strada estremamente più percorribile di quella del dialogo. Un silenzio che aveva le sembianze di una gomma, pronta a cancellare qualsiasi scarabocchio la matita si fosse permessa di appuntare sul foglio della loro amicizia, partendo da quella giornata al museo fino ad arrivare a quella notte di Marzo.

C'era silenzio, piuttosto che voce. Perché usare la voce sarebbe significato riemergere dalla cullante apnea del dubbio. Il silenzio, invece, ossigeno per i polmoni, li teneva legati indissolubilmente in quel lago eterno.

E a entrambi andava bene così.

Manuel, scosso da queste riflessioni, aveva inconsapevolmente preso a fissare Simone. Notò come i contorni del viso dell'altro, spigolosi e marcati, contrastassero fortemente con la luce accogliente dei suoi occhi. Si soffermò sul naso dritto, sulla mascella pronunciata, per poi spostarsi alla chioma scompigliata dall'aria, corvina, che sembrava invitare le sue dita a riordinarla come se quello fosse il loro posto.

Continuò poi la sua analisi scendendo verso il basso, fino ad arrivare alle labbra arrossate, screpolate, labbra che aveva avuto modo di toccare, assaporare, vivere. Manuel le conosceva, e il solo pensiero lo affascinava; ne aveva sentito la morbidezza, la furia contro la pelle, la fame.

Ne era stato vittima, e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, gli era piaciuto.

Dio. Ma che cazzo m'hai fatto, Simò?

Scuotendo la testa, Manuel si ridestò da quei pensieri, che da un anno a questa parte lo tormentavano, e da un anno a questa parte stava cercando di ignorare.

Simone era il suo migliore amico. Questo, e basta.

Era stato lui a decidere così, perché se c'era qualcosa che conosceva meglio della bocca di Simone, quello era se stesso; a lui, i maschi non piacevano.

Eppure pensi ancora alle sue mani su di te.

Improvvisamente, un colpo di vento lo fece tremare. Arrivò piano, lento, catastrofico, infilandosi tra le pieghe della sua giacca, torturando la pelle che rabbrividiva. Manuel strinse i denti, e rallentò il passo per riprendersi un secondo.

La figura accanto a lui si bloccò un secondo dopo, voltandosi per guardarlo in faccia.

"Tutto okay?"

La voce di Simone era dolce, calda come il fuoco di un camino, quasi minacciosa per la temperatura circostante.

Solo a sentirla, Manuel si sciolse in un sorriso.

"Certo." lo rassicurò, cercando di suonare morbido quanto lui.

Simone non disse niente, e annuì. Poi ripresero a camminare.

Impiegarono quasi un quarto d'ora per attraversare il giardino enorme che decorava La Galerie Belvedere. Manuel gettò un occhiata in alto, verso il cielo, rendendosi conto che metà del suo campo visivo era ingombrato da quell'edificio torreggiante, sovrastante, e spaventosamente meraviglioso.
Sgranò gli occhi, piacevolmente stupito, la voce del professore di filosofia ovattata tra le pareti della sua mente.

Fu Simone, poi, a riportarlo con i piedi per terra. Dandogli una leggera spinta, accennò con la testa al gruppo che si stava muovendo in avanti, verso la porta d'ingresso.

Non disse nulla, ma Manuel capì.

Entrarono uno affianco all'altro.

La guida che li avrebbe accompagnati per l'intera giornata si presentò, sorridente. Era una giovane donna italiana, forse neanche trentenne, dai toni pacati e i sorrisi radiosi. Una di quelle persone che ti fanno venir voglia di ascoltare, di interessarti, di vivere le parole che stanno pronunciando; gli ricordava un po' Dante, per certi versi.

La sua capacità di rendere reale qualsiasi forma d'arte era innata, stucchevole, inspiegabile. Sapeva come parlare, come descrivere le emozioni, come far battere cuori e riflettere menti con un solo gesto. Per questo, Manuel seguiva le sue spiegazioni, attento, anche se a lui l'arte non era mai interessata.

Ne vide molte, di opere. Alcune lo affascinarono a tal punto da ammutolirlo; altre, invece, non gli piacquero particolarmente. D'altronde, era questo l'obiettivo dell'arte: non doveva piacere, doveva solo far provare qualche sensazione.

Che fosse negativa o positiva, poco importava.

Manuel, a differenza di molti, lo comprese immediatamente. Vedeva oltre le pennellate, oltre le raffigurazioni, oltre i volti disegnati sulle tele. Desiderava distinguere la forza e la debolezza nelle loro espressioni, e ne voleva conoscere le storie, i caratteri. 

Voleva sapere i come e i perché, capire cosa fosse passato nella testa dell'artista nel momento in cui aveva deciso di dare vita a tale capolavoro. Vedeva nell'arte un occasione di riscatto: trovare e capire gli altri, per aiutarsi a capire se stesso.

Perché, alla fine, l'arte è anche complessità, e complessità vuol dire essere umani.  Tutti possiamo cercarci in un quadro o in una scultura, e immedesimarci in una storia diversa dalla nostra. L'arte aiuta, l'arte cambia, l'arte capisce e trasforma; Manuel ne era consapevole, ed è per questo che la ammirava.

Non tutti, però, la pensavano in quel modo. Spesso, mentre la guida esponeva una determinata opera, i borbottii si facevano pesanti nella stanza, echi indistinti e confusi tra le parole che Manuel stava tentando di captare. La cosa lo infastidiva alquanto; perfino Simone, che ogni tanto sbuffava annoiato, lo irritava ad ogni sospiro.

Tuttavia, d'un tratto, qualcosa cambiò.

Fecero il loro ingresso in una stanza larga, quadrata, asettica e inquietantemente bianca. La luce diffusa, artificiale e accentuata dal colore delle pareti, fece strizzare gli occhi a Manuel, che ci mise qualche secondo prima di abituarsi a quel tragico cambiamento.

Probabilmente, la diversità dell'ambiente rispetto al resto del museo, colpì anche gli altri, zittendoli. Manuel ne fu immensamente grato.

Si guardò intorno, alla ricerca della ragazza che aveva seguito con tanto interesse, e nel farlo notò come ogni angolo di quel luogo sembrasse vuoto d'arte.

Non c'era nulla se non un solo quadro, protetto da un vetro spesso da cui sporgeva una targhetta d'oro.

Manuel si prese del tempo per osservarlo da lontano.

Le sagome di due corpi avvinghiati, tremanti sotto le luci soffuse, nudi e ubriachi di sesso. Un lenzuolo bianco che non copriva nulla, piegato sotto quell'amore, testimone di quell'intimità. Un uomo ed una donna, abbracciati l'uno all'altra, come l'ossigeno ai polmoni di una persona che ne necessita.

C'era un così grande carico di emozioni in quei due corpi intrecciati che Manuel rabbrividì.
E non solo lui. Quel dipinto, testimonianza di una forza così potente, fece schiudere le labbra a tutti i presenti.

Si avvicinò per leggerne il nome.

"L'abbraccio, Egon Schiele, 1917."

"Ci troviamo di fronte a quello che considero uno dei più grandi capolavori contenuti all'interno di questa galleria, ragazzi."

Con i suoi toni squillanti e coinvolgenti, la voce della guida risuonò tra le pareti. In risposta, nessuno fiatò, e lei lo prese come un invito a continuare.

"Questo che vedete qui, per chi non riesce a leggere, è l'abbraccio di Schiele," spiegò, gesticolando tranquillamente con le mani. "ora, prima di dirvi qualsiasi cosa, voglio porvi una domanda. Cosa rappresenta questo quadro, secondo voi?"

Manuel non rispose. La risposta era talmente chiara che quasi si vergognava ad esporla.

Per sfortuna, tra di loro c'era qualcuno più audace di lui.

"Ma non se vede? È ovvio che so due che stanno a scopa!" esclamò Matteo entusiasta, sfacciatamente, senza filtri.

Simone alzò gli occhi al cielo. Manuel lo vide con la coda dell'occhio, e sghignazzò.
Dante scosse la testa e sospirò sconfitto quando una risata rumorosa di sparse tra i suoi studenti.

"Beh, effettivamente ha ragione, è proprio questo che l'artista voleva ritrarre" ridacchio lei, i ricci castani che le danzavano sulle spalle. "ma a questo punto, sorge spontanea un'altra domanda. Come vi sentite, quando osservate quest'opera?"

Manuel si morse un labbro, riflettendo sulla questione. Ci sarebbero state tante cose da dire. I suoi pensieri erano contaminati da quella vernice, ne sentivamo l'odore, il sapore, le parole. Eppure, c'era qualcosa nell'osservare quei due corpi, che lo faceva sentire strano. Come se non dovesse farlo. Come se stesse invadendo un momento troppo importante, come se fosse veleno per quell'amore.

Si sentiva...

"Fuori luogo."

Il mormorio uscì dalle labbra di Simone, appena percettibile. Tuttavia, nel silenzio della stanza, fu udito chiaro e forte.

Sul volto della donna, che Manuel aveva capito si chiamasse Giorgia, apparve un sorriso che sembrava disegnato dalla sorpresa. Simone aveva centrato il punto, apparentemente.

"Ah Simò, ma te non te lo sei mai visto un porno che te senti fuori luogo a guarda questi?"

A parlare fu Matteo, provocatorio.

I visi di Manuel e Simone si tinsero entrambi di rosso, ma per motivi diversi. Al primo iniziarono a prudere le mani violentemente. Mentre rispondeva, immaginò di assestare un bel pugno sul naso al compagno.

"Mattè, non semo tutti come a te che i porno so l'unico modo pe ave esperienze sessuali, eh."

La risposta di Manuel non solo riuscì a far abbassare la testa a Matteo, ma anche a farla alzare a Simone. In quel momento, non gli importò nulla della risata che aveva fatto vibrare l'intero gruppo; l'unica cosa importante, era il sorriso che Simone gli stava rivolgendo.

Sorrise di rimando, il cuore che batteva appena un po' più forte.

"Ragazzi, per favore, state zitti e seguite." intervenne improvvisamente Dante, richiamando l'attenzione su di lui.

Ci volle un po', ma alla fine, la quiete tornò come il sole dopo la tempesta.

"Bene, ora che ci siamo fatti tutti una bella risata," riprese a parlare Giorgia, sorridente. "vorrei riprendere un attimo in considerazione quelli che ha detto il ragazzo riccio—perdonami, non so come ti chiami."

Il suo sguardo si posò su Simone, che si mise le mani in tasca. Manuel riconobbe in quel gesto tutto il suo imbarazzo.

"Simone." mormorò.

"Simone, bene," annuì lei vigorosamente. "quello che hai detto non è una cosa che pensi solo tu. I più grandi critici, in realtà, si sono sentiti fuori luogo osservando questo quadro. È proprio questo che lo rende speciale.

C'è un'intimità unica e inimitabile, nell'abbraccio di due persone innamorate—l'intimità di un momento condiviso, soltanto loro. Due corpi nudi che si abbracciano mentre fanno l'amore, non è qualcosa di facile da rappresentare. Significa racchiudere in due schizzi un'emozione talmente forte da portare due persone a volersi unire per sempre. Schiele, qui, ci riesce benissimo—è per questo che guardandolo ci sentiamo in imbarazzo. È come se li stessimo privando del loro attimo, del loro desiderio. Come se fossimo una macchia su quella tela, insomma."

Manuel ci mise un po' a digerire quella valanga di informazioni. Sentì il suo stomaco fare una capriola, probabilmente stava cercando di comunicargli qualcosa, ma non capiva ancora cosa.

Era tutto confuso, tutto offuscato.

Ricordò luci rosse, la forza di un braccio intorno al collo che gli urlava di non andar via, che gli assicurava che non l'avrebbe lasciato mai. Sentì di nuovo il formicolio sotto la pelle, le carezze di un paio di dita, il fiato caldo in bocca e sul collo, un paio di mani sui fianchi che lo tenevano stretto. Il muro freddo contro le sue spalle nude, la lingua calda sul suo petto.
L'intimità di un momento troppo breve, un fiore mai sbocciato, appassito dal veleno nelle parole.

Prese a girargli la testa, e il suo sguardo cercò inevitabilmente gli occhi di Simone. Come un riflesso naturale. Come se sapesse esattamente che vi avrebbe trovato certezza, in quelle iridi scure.

Simone, però, non lo guardò. Lo vide deglutire, quei tanto desiderati occhi fissi sul quadro.

"Ora, siccome è stato introdotto già il discorso, vorrei anche cercare di farvi capire un'altra cosa." continuò la guida, distogliendo così l'attenzione di Manuel dall'assenza di Simone. "Il vostro compagno, prima, ha parlato di porno. Ora, non mi metterò a spiegarvi cos'è—anche perché mi pare di capire che già lo sappiate. Però vorrei farvi notare una cosa. Per chi di voi lo ha fatto—vi siete sentiti mai fuori luogo, guardandone uno?"

Le risposte arrivarono confuse, ma arrivarono. Ed erano tutte negative.

"Bene," disse allora Giorgia, soddisfatta. "e qui sta il punto, la differenza sostanziale che Schiele riesce a cogliere in questo suo lavoro. Se osserviamo questo quadro, non vediamo soltanto passione: vediamo due persone che hanno bisogno l'una dell'altra, e questo va ben oltre il sesso. Questo ritratto non rappresenta il compimento di un atto sessuale—rappresenta il compimento di un atto d'amore. Sta qui, il punto. La differenza tra fare sesso e fare l'amore.

Perché, se ci pensate, il sesso è un momento intimo, si, ma si limita solo a quello, al lato carnale. Fare sesso è divertente; ma è l'amore fa venire i brividi, e fa venire voglia di abbracciare la persona che ami e non lasciarla andare mai più. È questo quello che vuole dire Schiele, con questo quadro. Questo vuole trasmettere: l'amore in tutte le sue forme, sia quella carnale che quella spirituale."

Quelle parole, così misurate, così forti, soldati in guerra con il cuore di Manuel, fecero scattare qualcosa in lui. Fu questione di un attimo, prima che le sue gambe iniziassero a tremare.

Lo capì lì, a Vienna, a un anno di distanza, per colpa di un dannato quadro—e quasi si vergognò di aver rifiutato quella realizzazione, così vivida, così reale, per così tanto tempo.

Perché lui è Simone avevano fatto l'amore, quella notte di Marzo. Non era stato divertente; era stato bello. Manuel lo aveva sempre saputo. Ci aveva rimuginato così tanto, si era tormentato, non ci aveva dormito la notte.

Aveva guardato il suo migliore amico per così tanto tempo, cercando in lui la risposta a tutte le sue domande. E invece la risposta stava proprio in quella definizione errata: Simone non era il suo migliore amico. Simone era molto di più.

Simone era l'amore.

Simone, che ora respirava a fatica, e Manuel poteva sentirlo, come sentiva tutto ciò che provava. Simone che aveva gli occhi vuoti, l'espressione malinconica, la testa da un'altra parte.

E senza pensarci, senza averlo programmato, proprio come quella notte, Manuel fece qualcosa che due ore prima non avrebbe mai neanche sognato di fare.

Tentò di prendergli la mano.

Tentò, perché non ci riuscì. Perché al suo tocco, Simone si voltò di scatto, guardandolo con gli occhi sgranati, riempiti ora dalla paura e dalla rabbia, ritraendosi come se fosse fuoco.

E Manuel lo sentì nelle ossa, il dolore. Quello che Simone aveva provato ogni volta che era stato rifiutato, che ti logora l'anima, che ti svuota fino a consumarti. 

Si era maledetto così tanto per aver fatto soffrire Simone.

Ma non aveva mai capito. Mai come ora, almeno.

Spinse le lacrime in gola, e tornò a concentrarsi sulla massa di persone che aveva ripreso a muoversi.

Non si scambiarono più una parola.

E Simone, quel giorno, non lo degnò più di uno sguardo.

***

Aveva piovuto per così tanto tempo che un misero spiraglio di sole scottava, adesso. Si era fatto male così tante volte, che la possibilità di ricucire le ferite appariva come un'utopia ai suoi occhi. Aveva cicatrici ovunque, nel petto, sul petto, fisiche, astratte. Si sentiva come se qualcuno le avesse toccate di nuovo.

Come se qualcuno le avesse baciate di nuovo.

Bruciavano. Da morire. Bruciavano perché la mano che doveva prendersene cura non c'era stata.

Bruciavano perché ora c'era, ma non la riconoscevano.

Simone era sull'orlo dell'isteria.

Chiuso in bagno, si guardava allo specchio, la lampadina sul mobile che gli illuminava il viso contorto. La luna brillava serena, fuori, usufruendo del sole. La notte scorreva, portando via con sé ogni tipo di rumore che potesse distrarre una mente perseguitata dai fantasmi.

E Vienna, così come quel bagno, sembrava una gabbia.

Simone si sciacquò il viso per schiarirsi le idee. Per la fretta, si rovesciò un po' d'acqua sul petto nudo, e rabbrividì.

Cercò di captare qualsiasi rumore proveniente dall'altra stanza, focalizzandosi su ogni minimo spostamento dell'altro ragazzo.

Quella stanza era troppo piccola per loro due, ora; Simone sperava vivamente che non avrebbero dovuto condividerla da svegli.

C'era un dettaglio che non aveva preso in considerazione, però, durante l'ideazione di quel piano che gli era sembrato perfetto. Appena erano rientrati in albergo, si era fiondato in bagno per sfuggire alle grinfie di Manuel. Si era chiuso la porta alle spalle, intimandogli di non disturbarlo, ed effettivamente, non gli era stato arrecato alcun disturbo.

Almeno fino ad ora.

Simone si ricordò improvvisamente che non aveva lasciato che Manuel usasse il bagno prima di lui.

La falla nel piano perfetto.

"Simò, te movi? Guarda che r'bagno serve pure a me!" il più grande picchiò forte sulla porta, facendolo sobbalzare.

Simone si studiò di nuovo allo specchio, e si spaventò dei suoi stessi occhi.

Erano stanchi. Erano consumati come una vecchia scarpa, dimenticati come una sigaretta a terra.

Erano vuoti.

Nel frattempo, i picchi sulla porta si fecero sempre più rumorosi, insinuando un leggero fastidio tra le venature ambrate nelle sue iridi. Prendendo un bel respiro, si decide ad aprire.

"Oh, finalmente! Pensavo che—"

La restante parte di quel discorso rimase sospesa nell'aria, aggrappata alla tensione che si era creata tra di loro.

Simone ci mise un po' a registrare l'effettivo malfunzionamento di Manuel; all'inizio non capì perché il ragazzo avesse smesso di parlare.
Gli bastò seguire la traiettoria del suo sguardo, tuttavia, per capire.

Quando si rese conto di essere ancora mezzo nudo, si morse l'interno della guancia. Analizzò le reazioni di Manuel: come i suoi occhi bruciavano sulla sua pelle, cercandola disperati. Come le sue labbra si fossero inconsapevolmente separate a quella vista. Come il suo respiro fosse diventato irregolare.

Improvvisamente, Simone si sentì livido.

Perché Manuel non aveva il diritto di provare tutto quello. Perché Manuel, con lui, aveva fatto solo sesso.

Mentre Simone, per loro, aveva buttato via tutto il suo amore.

"Te sposti per favore? Dovrei passa." il tono era brusco, intimidatorio.

Vide Manuel deglutire, ma non si mosse.

Simone sbuffò.

"Ma ce senti? Non dovevi andà ar bagno? Se non me fai uscì come fa—"

"Simò."

L'aria intorno a loro vibrò, la tensione si addensò. Si guardarono negli occhi, per la prima volta da quando era successo. Fu Simone, inevitabilmente, a cercarlo. Come il ferro con il magnete. Quando si avvicinava troppo, era irresistibile.

"Dobbiamo parla'" aggiunse Manuel fermamente.

Il cuore del più piccolo prese a pulsare. Il sangue ribolliva, le tempie gli scoppiavano, era troppo, troppa paura di farsi male, troppa rabbia per essersene già fatti.

La montagna delle sue certezze crollò in un istante, e non riuscì a contenere quella valanga.

Allora, esplose.

"No, Manuel, non dobbiamo. Non l'abbiamo fatto per un anno, non lo faremo ora."

"Simò—"

"Lasciami in pace."

Lo liquidò così, e spintonandolo, lo sorpassò.

Gli dava le spalle, perciò non lo vide l'effetto che quel gesto ebbe su di lui. Non vide i suoi occhi tremare, il suo volto ombreggiarsi, le sue unghie affondare nei palmi delle sue mani. Non vide l'ansia nei tratti del suo viso, la mascella che si alzava e si abbassava, come se stesse masticando qualcosa che avrebbe dovuto sputar via.

Non vide, ma sentì. Le parole che esclamò di getto, quelle non programmate, coltelli lanciati a caso che colpirono esattamente il bersaglio.

"Non era solo sesso!"

Fu un urlo.

Come se Manuel si stesse assicurando che lo sentisse bene, per non poterlo più negare in seguito, né a lui né a se stesso. Fu una richiesta d'aiuto, l'inizio di una prova di coraggio, il primo respiro dopo essere quasi annegati.

Simone si bloccò, girandosi verso di lui.

"Che cazzo hai detto, scusa?"

Rilanciò i coltelli. Ora sanguinava, si, ma almeno stava colpendo anche lui.

Vide la sicurezza di Manuel declassare davanti ai suoi occhi.

"Ho detto—ho detto che non era solo sesso. L'anno scorso, intendo." stavolta la voce gli uscì come un mormorio, spezzata.

Il più grande fissò gli occhi sul pavimento, come se da un momento all'altro potesse aprirsi e farlo sprofondare, come se ci fosse davvero una via di fuga da ciò che provava.

Simone, invece, lo squadrò da capo a piedi. Qualsiasi parte di lui, dal suo corpo alla sua anima, la amava e la voleva. E Dio, la cosa lo faceva infuriare, perché non poteva permettersi di amarlo.

Non avrebbe dovuto.

Ma lo amava lo stesso.

"Ah, non era solo sesso? Pensavo fosse stato divertente." nel dire questo, si avvicinò a passo veloce, costringendo l'altro ad arretrare fino a ritrovarsi con la schiena al muro.

Simone torreggiò su di lui, portandogli le mani ai lati della testa. Il petto di Manuel era in affanno, poté chiaramente sentirlo, così come il suo fiato sul collo. Le sue gote erano rosse, i suoi occhi colorati di timore ed eccitazione.

"Simo..."

Era una supplica, e Simone si lasciò coccolare dal suo stesso potere per un attimo, prima di tornare a sentire la sua rabbia.

È questo, quindi, l'effetto che ti faccio?

Le sue iridi si dipinsero di rosso.

"Mi hai rotto il cazzo, Manuel," ringhiò a denti stretti. "tu e i tuoi giochetti del cazzo che non hanno mai fine. Prima era stato divertente, poi non aveva significato nulla, ora, improvvisamente, dopo un cazzo di anno in cui finalmente le cose vanno un po' meglio, te svegli e me dici che non era solo sesso? E allora cos'era Manuel? Dimmelo, se ci riesci."

La gola di Simone era secca, ruvida, la sua voce pregna di lame taglienti. Riversò tutta la sua furia sul viso di Manuel, sotto forma di fiato, e all'altro non parve neanche dispiacere, così distratto com'era dalla sua vicinanza.

Ma stava rispondendo, e la cosa fomentò soltanto l'irritazione di Simone, che, con l'obiettivo di farlo impazzire, avvicinò pericolosamente la bocca alla sua.

"Dimmelo." fu un sussurro che prese le sembianze di un ordine.

Manuel deglutì. Simone vide il suo pomo d'Adamo muoversi, e non desiderò altro se non attaccarlo e farlo suo per sempre.

Ma non lo fece. Aveva bisogno di risposte per saziare la sua rabbia, prima.

"Simo..."

"Te sei rotto, Manuel? O' so come me chiamo. T'ho chiesto altro."

Con due dita gli alzò la testa, obbligandolo a incontrare il suo sguardo.

"Allora? Che cos'era, Manuel?"

"Cristo santo, Simò," fu quasi percettibile. "era amore. Abbiamo fatto l'amore, quella sera."

La saliva di Simone si fece amara in bocca. Si passò la lingua sul labbro inferiore con un unico obiettivo in mente, quello di far provare a Manuel le stesse identiche sensazioni che aveva provato lui. Il rifiuto, il desiderio incessante, il tremore sotto la pelle. La voglia di toccare e di assaporare, la consapevolezza di non poterlo fare.

L'amore e il cuore frantumato.

"Amore," lo schernì, acido. "ma quale amore, Manuel. Quella era una sveltina."

"No..." la sua espressione era affranta.

È così che mi hai fatto sentire, quando hai preso il mio cuore e lo hai stracciato con le mani.

"Si."

Manuel scosse la testa.

"No....no, no, no...." sembrava la preghiera di un uomo al patibolo.

Simone sentì il desiderio di dirgli che era tutto okay, ma lo soffocò. Se avesse ceduto, avrebbe rischiato di farsi male di nuovo.

E non avrebbe mai sopportato un'altra caduta.

"Fattene una ragione, Manuel." lo disse con un fil di voce, a un centimetro dal suo lobo.
Poi si allontanò fulmineamente.

O almeno, ci provò.

La freschezza di cinque dita gli cinse l'avambraccio, e fu girato con forza verso il corpo dell'altro.
I loro nasi si toccarono.

"Vaffanculo, Simò." disse Manuel, affannato.

Poi si fiondò su di lui.

Le loro labbra, insieme, incastrate, le loro lingue che si muovevano a tempo. Le mani di Manuel sul suo petto, sul suo collo, sulle sue spalle, una cascata di scintille elettrizzanti, di tremore, di resa. Le sue dita tra i ricci dell'altro, i loro sapori mischiati, la pelle sudata di Manuel contro la sua ripulita dalla doccia, insieme.

Simone lo sbatté contro il muro, affamato, e si spostò sul suo collo. Gli regalò dei baci umidi, sentiti, carichi di desiderio e amore. Succhiò ovunque, determinato, un re che riconquistava finalmente quel territorio tanto ambito.

Godette dei suoi gemiti spezzati, imitandolo, mentre risaliva per rincontrare la sua bocca.

Le mani di Manuel slegarono i lacci della tuta che Simone usava come pigiama, furtive.
Con non poca fatica, poi, si staccò da lui.

"Sei sicuro?" soffocò.

Simone sorrise.

"Sta' zitto e fai l'amore con me."

E Manuel non se lo fece ripetere due volte.

Le gambe di Simone vennero immediatamente liberate da ogni vincolo, mentre i suoi polpastrelli si facevano strada sotto i lembi della t-shirt di Manuel.

Lo spogliò della sua maglia, e così anche delle sue paure. Lo trascinò a letto, gli baciò ogni singolo tatuaggio, e disegnò su ogni singolo pezzo di pelle
con la lingua, tracciando i contorni di una nuova opera d'arte, loro.

Lo privò di ogni difesa, avvinghiando i loro corpi, spingendosi dentro di lui, abbracciandolo come fosse il gioiello più prezioso al mondo. Non lo rese suo, ma si rese suo. Entrambi si donarono all'altro, nella più meravigliosa delle intimità.

E così fecero l'amore, arrivando al culmine insieme.

"Dio, Manu." sospirò Simone, lasciandogli un ultimo bacio sullo sterno prima di uscire da lui.

Si posizionò con un braccio dietro la nuca, in modo tale da poter osservare il soffitto piuttosto che lui, perché era arrivato il momento di parlare, e aveva paura che se l'avesse guardato non lo avrebbe lasciato mai più.

Con sua grande sorpresa, Manuel si accucciò sul suo petto, prendendo a disegnare cerchi con le dita sul suo stomaco. La velocità con cui il suo cuore stava battendo si triplicò per quell'unico gesto.

"Manu." lo chiamò, tenero, attorcigliandosi un riccio intorno al dito.

"Mh?"

"Ti va di parlare?"

Manuel si alzò lentamente su un gomito, lasciando che il suo petto raggelasse alla mancanza di quel contatto. Simone lo imitò, poggiando si su entrambi gli avambracci.

L'espressione di Manuel era imperscrutabile. Simone, armato di pazienza, prese a scavare una buca in quegli occhi, alla ricerca di qualcosa, che fosse terra o una pietra preziosa.

Ma non trovò nulla.

Certo che non vuole parlare, pensò.

Non ha mai voluto farlo.

"Si."

Simone ci mise tempo a processare la risposta, avendo già lui stesso risposto per Manuel nella sua testa.

Si. Una sillaba. Due lettere.

S-i.

Lo ripeté a se stesso, come un mantra. Perché Manuel voleva parlare, lo aveva detto lui. Voleva sorvolare le montagne dei sogni, dell'immaginazione, delle cose irreali, per arrivare alla realtà.

Voleva rendere il loro amore vero. Voleva viverlo a parole e a fatti, insieme.

Si.

"C'ho un sacco di cose da dirti, Simò."

Simone lo guardò con occhi grandi e brillanti, mentre il groppo nella sua gola si scioglieva. Manuel era sempre stato bello, certo, ma mai come in quel momento, nudo di fronte a lui, illuminato dalla luna e dall'amore, bagnato di dolcezza e qualche lacrima di felicità.

Forse, ma solo forse, di soffrire così tanto ne è valsa la pena.

"Ti ascolto." sorrise Simone. Perché di cose ne aveva da dire anche lui, e pure parecchie, ma ascoltare Manuel che parlava era ormai diventato il suo passatempo preferito.

"Bene, allora," il più grande inspirò forte, preparandosi a quello che Simone intuì sarebbe stato un lungo monologo. "Cristo Santo, è più difficile del previsto. Okay, la verità Simò e che ho passato tutto r giorno a cerca e' parole giuste pe' dirte tutto quello che te devo dì, ma niente da fa, se me guardi così me scordo tutto. E se te devo dì la verità, sinceramente, forse è meglio così, perché armeno sei sicuro che sto a parla dar cuore e che non te sto a dì cazzate come t'ho sempre detto.

Allora, innanzitutto vorrei partì dar chiederte scusa. E o' so, l'ho già fatto n'sacco de vorte, però Simò veramente, se oggi quando nun me guardavi manco n'faccia ho provato armeno un quarto de quello che ho fatto passa a te, me dispiace veramente n'casino, perché nessuno a se merita de sta così. La verità è che c'ho avuto paura, Simò. C'ho avuto paura r'giorno in cui m'hai provato a bacia ar museo, e poi quanno te ne sei andato a Glasgow, che là m'hai fatto prende n'coccolone, e specialmente quanno te sei schiantato sotto casa mia che Simò, sur serio, non lo fa mai più che ho pensato de morì quel giorno.

Ma soprattutto, c'ho avuto paura quando me so trovato di fronte a te col solo desiderio de baciarte. C'ho avuto paura perché tu m'hai messo pe' la prima vorta davanti a me stesso, Simò. Perché m'hai costretto ad aprì gli occhi, e a farme domande che non c'ho mai avuto coraggio di fa. E specialmente, perché quanno t'ho detto che co' te era diverso, te stavo a dì la verità.

Ma non perché fossi n'ragazzo, ma perché le cose che provo co' te non le ho mai provate co nessuno. Tu sei piombato nella mia vita e l'hai cambiata, mi hai cambiato, cor tuo sorriso meraviglioso che bacerei ogni attimo della giornata e tutta la tua perfezione, ed è stato semplicemente troppo pe' me. È spaventoso Simò, credimi, quanno arriva quarcuno a distruggerti tutti i castelli che te sei costruito in una vita intera.Però, forse, certe distruzioni so' necessarie. Forse se può costruì quarcosa de nuovo dopo, Simò. Insieme.

E io qualsiasi cosa, da sto momento n'poi, la vojo fa co' te. Perché me so innamorato de te, per te, con te. E si, non te sei innamorato prima tu come credi, solo che te sei meno rencoglionito e l'hai capito prima, mentre a me c'è voluto Schiele che probabilmente se sta a fa due risate n'paradiso mo', ma vabbè, n'importa. Me so innamorato de te, Simò, questo importa. Dar primo istante in cui ho incontrato gli occhi tuoi, forse. Se me lo chiedessi, non te lo saprei dì quando è successo, perché è successo e basta, e da quando l'ho capito io non me riesco a ricorda' n'momento in cui non so' stato innamorato di te.

Forse ho semplicemente rimosso tutto. O forse te amo da sempre, pure da prima de conoscerte, e te stavi già dentro ar core mio e me seguivi ovunque come hai sempre fatto. Ma chi se ne frega da quanto te amo, poi?

Er punto è che vojo sta' co te. Vojo sta co' te, ora, sempre. Te voglio abbraccia e vojo fare l'amore co' te, e vojo che guardiamo l'alba e il tramonto e viviamo insieme questa vita e quell'altra. Io voglio amarti, Simò, e te voglio ama pe' sempre. Pure se ancora devo scoprì chi so', non me ne frega niente. Lo vojo fa co' te. Me so stufato de fa tutto da solo. Te prego, Simo, promettimi che starai co' me."

Un velo di lacrime sfocò la vista di Simone, e una, fuggitiva, gli scivolò lungo la guancia. Chiuse gli occhi mentre un pollice, delicatamente, la raccoglieva. Non rispose. Le sue corde vocali, a quanto pareva, non ne volevano sapere di collaborare.

A malapena respirava. Le parole di Manuel gli erano entrate nel diaframma, lo avevano scombussolato, come un tornado fa con l'ambiente circostante. I pensieri ruotavano confusi nella sua mente, dirigendosi verso mete ignote, non ancora conosciute.

Ancora non riusciva a guardare Manuel in faccia. Ma se lo avesse fatto, avrebbe notato certamente il terrore nei suoi occhi.

"Simo, per favore, di qualcosa."

Fu quella melodia rotta e angosciata a svegliare qualcosa in lui. Improvvisamente, sollevò le palpebre, e il mondo intorno a lui riprese forma. Manuel era immobile di fronte a lui, lo scrutava preoccupato.

Simone, contro ogni aspettativa, sorrise.

"Ti amo pure io, Manuel,"  rispose semplicemente, accarezzandogli il viso. "e te lo prometto—starò con te, sempre."

L'ossigeno tornò a riempire i polmoni di Manuel, che si appoggiò al palmo della sua mano come fosse la colonna portante della sua esistenza.

"Però voglio che me lo ridici pure tu. È bello quando lo dici."

Il viso del più grande si colorò di gioia, diventando un arcobaleno dalle mille sfumature. Senza dire nulla, si avvicinò e gli schioccò un bacio a stampo.

"Ti amo." bisbigliò, poi.

E gli diede un altro bacio. E un altro, e un altro ancora, e un altro ancora, e così tanti che Catullo ci avrebbe scritto un carme sopra.

"Ti amo, ti amo, ti amo..."

Simone lo portò giù con se, e non si staccò mai da lui. Gli cinse il collo con un braccio, come aveva fatto la prima volta, e Manuel si aggrappò alle sue spalle, cercando in lui se stesso.

Si addormentarono così, abbracciati l'uno all'altro, profumati d'amore.

Nel cielo le stelle brillavano.

Un altro abbraccio era stato appena dipinto.

***

*Spazio autrice*

Non ho idea da cosa io sia partita per scrivere questa cosa, veramente, ma diciamo che mi piaceva com'è uscita quindi eccoci qui. Spero sia piaciuta anche a voi, e che quel minimo di esplicità in più che ho utilizzato non abbia turbato nessuno (anche se ho messo il tag mature per questo motivo.)

Ci tenevo anche a precisare che sia Simone che Manuel sono maggiorenni in questa os (Simone ha compiuto 18 anni a Marzo, Manuel l'anno prima), non che sia estremamente esplicita, ma comunque mi sento un po' disagio a scrivere di minorenni in maniera un po' più dettagliata e so che può dare fastidio anche ad alcuni lettori, perciò volevo specificarlo.

E nulla, come sempre alla prossima. Vi voglio bene.❤️

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro