Novembre: 🐕
L'incubo vero e proprio arrivò a Novembre. I bambini erano decisamente strani, non parlavano più, almeno non davanti a Ciel o Jennifer. Il Signor Hoffman e la Signora Martha sembravano più distanti che mai. L'uomo non pareva minimamente interessato ai bambini dell'orfanotrofio, anzi, ormai si comportava come se non ci fossero affatto. Questo includeva anche la povera Clara, vittima di un subdolo gioco di attenzioni. Ciel lo aveva notato giusto qualche settimana dopo lo "spettacolo" nell'ufficio dell'Insegnante: quando c'era da andare a pranzo, o a cena, o quando il Signor Hoffman annunciava i turni delle pulizie all'interfono, chiamava i bambini in ordine di preferenza; la prima era sempre Diana e piano piano scendeva a Jennifer, Ciel, Amanda e Clara. Quella ragazza non aveva nemmeno la piccola soddisfazione di sentirsi importante per quel grande sacrificio che era costretta a fare ogni volta che metteva piede nella stanza dell'Insegnante. Wendy intanto era guarita, anche se dentro di lei l'odio marcio che provava non era affatto scomparso. Ogni giorno che la sua ex-amica passava fuori dalle mura dell'orfanotrofio insieme a quel cane e quel Ciel uscito fuori da chissà dove, lei nutriva quella rabbia repressa con un tempismo, una minuzia maniacale. Il terzio giorno di Novembre, Wendy appese alla porta del Club degli Aristocratici - quella che ormai non era più la sua "stanzetta" perché Diana, Meg e Eleanor se ne erano impadronite - la sua ultima richiesta. Nessun bambino avrebbe potuto rifiutarsi di consegnarglieli... erano tutti propensi al male, al far soffrire ingiustificatamente il prossimo proprio come lei aveva insegnato loro con quel suo gioco coinvolgente e distorto.
"Lo Sporco Brown"
Jennifer era all'orfanotrofio quando ciò avvenne... e Ciel lesse l'avviso troppo tardi. I bambini si erano messi d'accordo e avevano rinchiuso Jennifer nella cantina dove il Conte aveva trovato il cadavere del koi del Signor Hoffamn, in modo che non potesse interferire. Lo sfortunato ragazzo aveva tentato invano di farsi dire dove era finita Jennifer, e Nicholas e Xavier finironon con lo stufarsi. Presero i loro fidati bastoni - che nei loro giochi erano spade - e colpirono Ciel fino a ridurlo a un cumuletto di lividi, per poi rinchiuderlo in cantina insieme a Jennifer. La bambina, che non aveva smesso di piangere da quando era stata rinchiusa lì, pianse ancora di più alla vista del suo amico conciato a quel modo.
«Ciel! Ciel! Mi dispiace tanto! È tutta colpa mia! Non dovrebbero prendersela con te... non dovrebbero! Mi ero promessa di essere forte... ma più tutto questo va avanti e meno ci riesco! Sono in troppi... non li fermeremo mai!» diceva tra i singulti e le lacrime amare. Ciel, seppur martoriato, si rimise in piedi, si pulì i vestiti passandovi il dorso delle mani e con una calma glaciale le comunicò la notizia «Ci hanno chiusi qui perché stanno andando a prendere Brow... è lui il dono di questo mese».
Jennifer s'impietrì, gli occhi sbarrati e le labbra rosee che tremavano incessantemente. «COSA!? NO!» la bambina salì in fretta la rampa di scale in legno per poter battere alla porta sigillata dall'esterno della cantina, ma dal'altro lato si sentivano solo risate beffarde e crudeli. «BROWN NO! NON LUI! NO! VI PREGO NO!» le forze mancavano, e presto la bambina smise di dimenarsi per potersi accasciare a terra, seduta davanti alla porta con la fronte che le esplodeva sul legno freddo e umido dell'unica cosa che la separava dal salvare il suo amico. Ciel si guardò intorno. Le casse che aveva visto l'ultima volta erano ancora tutte lì, piene di robaccia... e apparentemente stabili. In alto, che quasi toccavano il soffitto, c'erano delle finestrelle rettangolrai, di quelle fatte apposta per far traspirare gli spazi sottoterra come uno scantinato, o una cantina. Iniziò a spostare le casse sotto al muro. Jennifer era persa nella sua disperazione, ma i rumori dietro di lei attirarono la sua attenzione e dopo essersi convinta che c'era ancora una speranza, che non era sola in quella battaglia, asciugò le lacrime e corse da Ciel per aiutarlo. Dopo una decina di minuti le casse erano disposte a mo' di scala, incastonate tra loro alla perfezione, tanto che non traballavano nemmeno quando vi si saliva sopra. Ciel aiutò Jennifer ad uscire per prima, visto che aveva problemi ad arrampicarsi. Una volta fuori, la bambina aiutò il Conte ad uscire. Il sole era già tramontato, gli insetti avevano cominciato il loro piccolo concerto e tutte le luci del Rose Garden Orphanage erano spente. I due poveri bambini si diressero al cancelletto che portava all'ingresso principale della villa - visto che gli altri erano tutti chiusi a chiave - ma anche questo era chiuso. Allora provarono a fare il giro, uscendo dal retro e percorrendo il perimetro fino ad arrivare al cancello in ferro. Quando arrivarono al portone, questo era già stato chiuso a chiave. Alla loro sinistra si udì una risata. Era Thomas, anche lui con un sacchetto di carta sulla testa il cui disegno era però irriconoscibile. Fece loro cenno di avvicinarsi e poi sparì dietro alla porticina in legno lasciata aperta. Jennifer corse in quella direzione seguito da Ciel e insieme riuscirono ad entrare nell'edifizio dalla porta sul retro che poco prima era chiusa! Stavano giocando con loro... come il gatto col topo. Dentro era tutto buio, tranne che per l'ufficio del Signor Hoffman che emanava una luce. La bambina corse in quella direzione mossa dal sentimento della disperazione, sperando di trovarvi uno dei due adulti... e invece nulla. La stanza era stata messa a soqquadro, l'armadio era aperto e mancavano dei vestiti. Sulla scrivania c'era un diario aperto alla data di quel giorno.
"Me ne vado da questo orfanotrofio. Clara resterà qui per occuparsi di tutto. La Signora Martha è troppo spaventata dai bambini per poter fare altro oltre al cucinare per loro e sta sempre in camera sua, chiusa a chiave. Quei diavoletti stanno crescendo in fretta. Troppo. Mi fanno spavento. Ho cercato di fare del mio meglio ma ho fallito... tutto è andato in malora da quando quelle due pesti sono arrivate! Non ho fatto nulla per meritarmi tutto questo!"
«Nulla eh?» sussurrò Ciel leggendo le pagine del diario. Lui sapeva bene cosa aveva fatto... ed era convinto che quella fuga era solo un altro dispetto nei confronti di Clara, per farla sentire insulsa, non voluta, inutile. Intanto la Povera Jennifer si era incollata all'uscio della porta, in fremente attesa che il suo compagno finisse di leggere per poter cercare Brown. Era così stravolta dal panico che non sapeva dove cominciare... ma Ciel raggiunse il suo fianco e le prese la mano. «Nell'Attico» le disse. Il cuore le saltò un battito, e insieme raggiunsero la porta con la scatola dei doni. L'uscio era aperto di qualche centimetro, e il Conte non esitò a spalancarlo del tutto per assistere al macabro spettacolo che li attendeva. La soffitta era decorata come la prima volta che la vide: lenzuoli bianchi sui tavoli ornati da rose rosse in fiore, un lungo tappeto rosso, tante candele... e ogni bambino aveva indosso una maschera, un sacchetto di carta marrone con sopra un animale. In cima, sul trono c'era Wendy con un regale abitino rosso. Accanto a lei, il Principe Orso, il peluche della scorsa volta. Al centro della stanza, invece, giaceva il sacco di juta, inerme e tappezzato di sangue. Wendy aveva un mazzo di rose rosse in mano, avvolto da della carta di giornale. Tutti si tolsero le maschere, rivelando i loro ghigni malefici mentre la Principessa, spodestata e poi risalita al trono per un'ultima tragedia, scendeva dalla piramide di tavoli. Jennifer non se ne curò e corse verso il sacco, gettandosi sulle ginocchia per poter guardare da vicino... per assicurarsi che fosse solo un brutto sogno. Ciel era a pochi passi da lei, alle sue spalle. Sapeva già tutto... la situazione era palese, ma era comunque preoccupato che potessero farle del male, così teneva i sui sensi allerta, pronto a reagire in caso di bisogno. Mentre la vista di Jennifer veniva occultata dalle lacrime e Wendy le sorrideva col mazzo di rose rosse in mano, Amanda le corse vicino per sussurrarle all'orecchio «Il tuo amico è nel sacco. È troppo tardi ora!». La povera bambina sussultò inorridita e i suoi occhi si spalancarono ancora di più alla vista di quello che. ormai, non era più il suo amico... ma un sacco di carne rossa e spenta. Wendy sorrise ancora di più. Senza Brown era lei la cosa più importante nella vita di Jennifer! Era lei la sua migliore amica, come era giusto che fosse! Finalmente aveva avuto la sua vendetta... Jennifer era sua. La Principessa tirò fuori dalla tasca un pastello rosso, il simbolo degli Aristocratici, e lo tese alla povera, sfortunata bambina davanti a lei.
«Un pastello rosso scintillante solo per te!»,
intonarono in coro gli orfani.
Nella testa di Jennifer però, scattò qualcosa. Lottava per trattenere il pianto, per non mettersi a gridare dal dolore e dalla rabbia che stava provando in quel momento. Digrignava i denti nel tentativo di non far esplodere quei sentimenti che fino ad allora aveva provato solo in gocce... ma ora le gocce avevano riempito il vaso. Era finita. Jennifer reagì. Nonostante tremasse dalla rabbia, la bambina si alzò in piedi e si avvicinò a Wendy con passi traballanti ringhiando «Ridammelo... ridammi il mio amico!!!» poi ne seguì uno schiaffo, una manata talmente forte che fece cadere al suolo la piccola Wendy e il suo mazzo di rose sfibrato dal gesto violento. Jennifer salì addosso alla bambina, quella che per lei non era altro che un mostro, ed iniziò a riempirla di schiaffi su entrambe le guance mentre sulle sue colavano solo lacrime «Bugiarda! Vattene! Vattene via! Non ti perdonerò mai! Hai capito! MAI!» poi si alzò in piedi e si rivolse al resto degli Aristocratici «E riguardo a tutti voi! Come avete potuto credere alle sue bugie e aiutarla a fare questo? Aristocratici? Siete l'esatto opposto!» alzò il braccio, puntandolo su ognuno di loro... ma i primi posti erano per la Duchessa, la Contessa, la Baronessa e quella Mendicante codarda di Amanda «Ti odio! Odio te! Te! E anche te! Vi odio tutti! ... Ma più di tutti odio me stessa! Per aver giocato ai vostri stupidi giochi sin dall'inizio senza aver avuto la forza di affrontarvi! Tutto questo... è semplicemente orrendo!». Ciel in qualche modo si sentiva fiero di lei... finalmente le stava affrontando, tutte insieme. Lui non avrebbe mai osato alzare le mani su una donna, tanto meno una bambina... il gesto di Jennifer gli aveva comunicato tanta soddisfazione anche se non era stato lui a compierlo.
Jennifer afferrò la spilla che portava al collo. Quella spilla era da sempre stata preziosa... era un regalo di Wendy, un qualcosa che suggellava la loro amicizia e che la sfortunata bambina non aveva mai abbandonato perché sperava sempre nella riappacificazione... ma ora era tutto perduto. Quell'orsetto di pezza seduto sul trono del Principe... quello era il regalo di Jennifer per Wendy. La Principessa della Rosa Rossa lo aveva utilizzato soltanto per sostituire la presenza dell'amica su quella sedia e nient'altro. Era Jennifer che piangeva ogni notte stringendosi al petto quella dannata spilla. Se la strappò dal vestito e la lanciò addosso a Wendy, e tutti gli altri bambini indietreggiarono spaventati. La Principessa della Rosa allora iniziò a piangere e si alzò dal pavimento in legno coprendosi gli occhi con le mani, fuggendo dall'Attico in preda alla disperazione.
Il regno della Rosa Rossa era finito.
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