Marzo: 🦋
«Noi Aristocratici della Matita Rossa proponiamo ogni mese una sfida» cominciò la piccola Wendy «Il Principe e la Principessa fanno la loro richiesta e la borghesia e ogni altra classe a essa inferiore è tenuta a soddisfarla. Semplice, vero?» sorrise. Ma chi si credevano di essere quei mocciosi? Una richiesta? Che tipo di richiesta? Il modo in cui quei bambini lo stavano guardando non gli piaceva per niente, aveva visto espressioni meno furbe e maliziose sui volti dei bambini per strada. La Principessa riprese il suo discorso «Sappi però che se non dovessi presentare il dono del mese, dovrai scontare una pena. La Baronessa Meg si occupa di creare nuovi metodi per punire gli ingrati» disse rivolgendo lo sguardo alla suddetta Meg, la quale fece una piccola riverenza verso Ciel con uno sguardo che gridava in silenzio "non vedo l'ora che tocchi a te". «Se sarai in grado di soddisfare il Principe e la Principessa ogni mese con diligenza, potrai entrare a far parte degli Aristocratici della Matita Rossa» concluse infine Wendy, tornando a sedersi sul suo trono. Jennifer fece lo stesso e sussurrò qualcosa all'orecchio della sua amica.
«Mh-hm... certo... perché no, sì...» mormorò la Principessa.
«Molto bene. Il dono del mese è stato deciso. Il Principe è stato troppo gentile a mio parere, ma dopotutto è per questo che siede sul trono accanto a me» comunicò ancora Wendy. A Ciel dava sui nervi il modo in cui quella bimbetta si desse delle arie spicciolando qualche parola forbita. Lui era capace di molto meglio: sapeva parlare francese e latino, conosceva la musica, la matematica, la storia del suo paese e quella dei continenti lontani, aveva a che fare ogni giorno con capi d'azienda e altre situazioni che non siamo qui a precisare. Cosa ci faceva in mezzo a quattro orfanelli che si credevano degli aristocratici? L'unico vero aristocratico lì era lui ed era costretto a nasconderlo per chissà quanto tempo! Comunque, a quell'annuncio tutti i bambini sussultarono gioiosi e si voltarono verso l'altare in attesa che il dono venisse annunciato. Wendy strinse la mano al Principe «A te l'onore, mio caro». Jennifer si alzò in piedi e con una mano sul fianco e l'indice dell'altra puntato al cielo, annunciò a gran voce «Il Principe e la Regina esigeranno per questo mese... una bellissima farfalla!». Pft, una farfalla? Tutto qui? ... Beh, che ci si poteva mai aspettare da dei bambini? Il Conte aveva però una domanda al riguardo e se si fosse tolto quel dubbio avrebbe sicuramente avuto più probabilità di arrivare a trovarne una. Fece un passo avanti ed alzò la mano, quasi come se fosse uno studente ad una lezione. Jennifer, che era tornata a sedersi, acconsentì a dargli la parola con un cenno del capo. «Ecco... la farfalla deve essere necessariamente viva o...» non sapeva che concetto avessero di morte quei bambini, ma lui la conosceva fin troppo bene. Wendy cancellò ogni dubbio con la sua intromissione «L'importante è che sia bella» disse «Ora che l'annuncio è stato dato, potete andare. Ricordate: il fatto che abbiate messo piede qui dentro non significa che accadrà di nuovo e nemmeno tanto presto! Abbiamo solo fatto un'eccezione per il nuovo arrivato. Dovrete essere degni del titolo di Aristocratico per rimettere di nuovo piede qui dentro! Andate ora! La caccia è aperta!». A quel via ogni bambino borghese corse verso la porta ridendo e schiamazzando. Ciel non vedeva perché tanta fretta, visto che le farfalle non giravano di notte e sperava vivamente che quei marmocchi conoscessero la differenza tra una farfalla e una falena. «Beh? Che fai ancora qui? Sparisci!» Diana si fece sentire e con un gesto simile a quello di un padrone col servo, scacciò Ciel via dalla stanza. Il Conte non vedeva di buon occhio nessuna delle presenti, fatta forse eccezione per Jennifer che da quanto aveva capito, era arrivata qualche giorno prima di lui e la rendeva la più probabile - o meglio - unica dei sospettati «Sì! Vado!» esclamò Ciel, correndo fuori dall'attico e chiudendo la porta dietro di sé. «Volete una bellissima farfalla? ... Bene, vi porterò il lepidottero più bello mai visto prima» pensò mentre si dirigeva al dormitorio, dove alcuni bambini stavano già organizzandosi a gruppi su come catturare una farfalla. Ma la domanda vera era: ce l'avrebbe fatta senza Sebastian? Il maggiordomo si occupava di tutto al posto suo e le cose che sapeva fare da solo erano ben poche (e la maggior parte gli venivano pure male). Per Ciel non era solo una sciocca richiesta per partecipare a un patetico giochino tra bambini, era una sfida, una prova per misurare la sua autonomia e testare quanto fosse veramente superiore a qualsiasi altro bambino, che fosse della sua stessa età o meno. Ciel adorava sia i giochi che le sfide. Non poteva resistere.
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Il nuovo letto del Conte non giovò al suo riposo, tanto meno gli altri bambini che sembravano avere energie da vendere a tutte le ore. Nel cuore della notte sentiva alcuni di loro - non era certo di quali - sghignazzare e bisbigliare cose incomprensibili, ma era sicuro che il soggetto di quelle conversazioni al buio fosse lui. Al mattino era uno straccio e tra i pasti discutibili e le noiose lezioni del signor Hoffman, Ciel aveva del tempo libero solo di pomeriggio dal lunedì al venerdì, il sabato mattina e l'intera giornata di domenica. Il sabato pomeriggio veniva dedicato alle pulizie e già dal primo giorno, il giovane Phantom- Bright, odiò quell'attività non solo perché era costretto a pulire da cima a fondo la stanza dei giochi, ma perché l'insegnante metteva all'interfono una detestabilissima canzone in loop. Più la ascoltava e più gli veniva il voltastomaco a ogni passata di straccio sul pavimento.
Volarono due settimane a quel modo. Ovviamente il Conte non appena aveva tempo libero andava in cerca della farfalla da donare come regalo del mese, ma pareva che più ne cercasse una e meno queste si facessero vedere. Le tre bambine nella classe più alta avevano già offerto il loro dono e anche i tre maschietti. Xavier e Nicholas si davano da fare per aiutare Thomas e questa fu una delle poche cose positive che Ciel ebbe modo di annotare perché le altre bambine erano davvero terribili. Eppure Lizzy non era così odiosa, anzi, le voleva bene anche se era super appiccicosa. Ma quelle lì... oooh quanto le odiava solo per come lo guardavano o per come farfugliavano quando si trovava nella stessa stanza con alcune di loro. Le uniche che si salvavano erano Clara, Wendy e Jennifer. E forse Eleanor, quando non c'erano Diana e Meg a farla parlare. Stranamente Clara era sempre assente quando si trattava di fare pulizie... Ciel si domandava spesso che fine facesse, perché non era sempre insieme agli altri bambini e non era inclusa nella gerarchia. Un giorno gli capitò di doversi occupare delle pulizie nell'ufficio del signor Hoffman. In quell'occasione capì il motivo per cui Clara non si vedeva mai in giro durante le pulizie, ovvero che era lei a occuparsi della stanza del direttore. «Oggi Clara non sta bene» disse in maniera snob il signor Hoffman a Ciel, porgendogli una scopa e un secchio con acqua gelida e uno straccio pendente dal bordo «Pulirai tu al posto suo». Il Conte si mise a spazzare, lucidare e spolverare e tra un lavoretto e l'altro, si accorse di quello che sembrava un diario lasciato incustodito sulla scrivania. Data la probabilità che il direttore potesse passare per controllare il lavoro di Ciel, il ragazzo aprì in fretta il diario, ritrovandosi su una pagina che riportava "2 Marzo" come intestazione.
"Recentemente, i bambini si sono messi a svolgere strane attività che non sono riuscito ancora a captare. Non sono sicuro di che cosa, ma solo i loro sguardi mi mettono i brividi e mi intimano di non indagare oltre. Hanno anche cominciato a diffondere strane voci - voci riguardo a mostriciattoli che fanno dispetti ai bambini che non fanno le pulizie e su certi cani randagi che rapiscono i più sfortunati... bizzarro. Bizzarro e raccapricciante. Beh, meglio per me. Così nessuno di loro si tirerà indietro dal far splendere questo posto".
Questo sì che era interessante. Un "cane randagio" che rapiva i bambini... proprio quando dopo un anno di silenzio, un'orfanella - potenziale sopravvissuta ad una tragedia aerea - veniva ritrovata. Era qualcosa da annotare bene in mente. Un'informazione che - chissà - sarebbe potuta rivelarsi preziosa.
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Una domenica mattina, finalmente, una farfalla fu avvistata nel giardino dell'orfanotrofio. Gli unici a non aver ancora presentato un dono erano Susan, Olivia, Amanda e ovviamente, Ciel. La notizia dell'avvistamento fu data da Xavier, e dai tavoli si alzarono all'unisono Olivia e il nuovo arrivato: uno sguardo di sfida, e cominciò la gara. La farfalla, verde smeraldo come poche, aveva un'apertura alare strabiliante, era impossibile non notarla. Amanda in quel momento non era ancora scesa a far colazione e Susan era andata in bagno, così i concorrenti erano solo il Conte e la Principessa Piagnucolona. La corsa si spostò dal giardino che dava sull'entrata dell'orfanotrofio al retro e Ciel ad un certo punto dovette fermarsi dal rincorrere l'insetto e la sua rivale per non rischiare un attacco d'asma. Quando raggiunse Olivia sul retro, era già troppo tardi. La bambina stava piangendo copiosamente sul corpo inerme della farfalla. Cosa le aveva fatto? Il lepidottero era immobile e le sue ali non erano messe benissimo. Che l'avesse colpita e uccisa? Beh... tanto valeva approfittarne, restava comunque una farfalla. Ciel si chinò sul piccolo cadavere ed allungò la mano per raccogliere l'insetto, ma in un batter d'occhio Olivia smise di piangere e tirò fuori una forchetta; fortunatamente i riflessi del Conte furono pronti, perché questa venne impiantata di prepotenza nel terreno e non nella carne viva del ragazzo. La bambina, con una calma sconcertante, si alzò e non lo guardò nemmeno in volto «Ti meriti... di essere mangiato» disse con tono privo d'emozione, poi andò via. Da dove spuntava fuori quella forchetta?! Era così affilata che avrebbe potuto infilzargli la mano senza problemi, considerata anche la forza con cui l'aveva conficcata nel terreno! C'era decisamente qualcosa di strano nell'aria e Ciel ne stava avendo conferme giorno per giorno. Ma tornando al dono del mese... la farfalla era ancora lì. Forse la bambina voleva consegnarla viva o in condizioni migliori? Il commento del Principe Disordinato gli echeggiò nella mente "a volte lo fa per attirare l'attenzione e se ci sono grandi in giro per lei è ancora meglio". «Dannata mocciosa...» mormorò Ciel, trovando conforto solo in quel che Wendy aveva detto "l'importante è che sia bella"; quel verde era davvero brillante... gli ricordava gli occhi di Lizzy. Anche se era messa male, era comunque meglio di nulla. Così la raccolse, stavolta senza rischiare un arto.
[Una farfalla verde morta, le sue ali sono sbrindellate e in buona parte cadute]
Senza esitazione la portò alla scatola sulla porta degli Aristocratici passando per il retro. Stranamente non incontrò nessuno lungo il tragitto e l'orfanotrofio era insolitamente silenzioso. Una volta davanti alla scatola, Ciel alzò lo sportellino e adagiò come poté la farfalla sul fondo del contenitore. «Bene... e ora?» disse a sé stesso e, in tutta risposta, una voce arrivò dall'altra parte della porta. Sembrava quella di Diana «E questa ti sembra una splendida farfalla? Sei forse orbo? Ti funziona quell'occhio o dobbiamo coprire anche quello? Portami una splendida, ma davvero splendida farfalla e solo allora, forse, sarai invitato ad unirti al club degli Aristocratici!». Il Conte si sentì indignato, offeso e in parte anche giustamente (cosa che alimentava soltanto la sua rabbia). Pensava che presentare una farfalla, bella seppur malconcia, sarebbe bastato. E ora dove avrebbe trovato un'altra farfalla? L'aveva anche sgraffignata a Olivia... così facendo si era messo contro anche la sua amichetta Susan. Urgeva una farfalla bella e intatta prima della fine del mese. Ma soprattutto, bisognava tenere gli occhi aperti. Se una bambina di tre anni aveva avuto l'ardire di provare ad infilzargli una mano con una forchetta per dolci, non osava immaginare di cosa sarebbero stati capaci gli altri pur di entrare a far parte degli Aristocratici della Matita Rossa...
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Qualche giorno dopo, iniziò a sentirsi del movimento nell'aria. Gli unici a non aver ancora trovato una farfalla da consegnare erano Ciel e Amanda e quest'ultima, si comportava in modo altamente sospetto. Correva di qua e di là, farfugliava cose nei pressi della biblioteca e sembrava essere uscita dal circolo di antipatia di Diana. Ciel non sapeva cosa aspettarsi finché non la colse con le mani nel sacco, o meglio, nella teca. La libreria dell'orfanotrofio non era ben fornita, ma ogni tanto Ciel ci faceva una capatina con la speranza di trovare qualche libro non consigliato al di sotto dei quindici anni. Durante il tramonto oscurato dalle nuvole nere e minacciose la vide, al lume di una candela quasi consumata: Amanda era china su una teca di legno, la cui facciata in vetro lasciava trasparire una serie di chiodini. Ad uno di questi chiodini, era infilzata una farfalla marrone. Ecco come avevano fatto tutti gli altri... avevano preso le farfalle dalla teca in esposizione in biblioteca! Ecco perché erano tutti tranquilli! Inoltre il Conte ricordava bene di non averla mai vista prima quella teca... che l'avessero tolta di proposito solo per complicargli le cose?! Quei dannati psicopatici! Amanda si accorse dell'ospite indesiderato, e prese dalla teca la farfalla con una delicatezza da lei improbabile. Il suo sguardo era strabuzzato sulle ali color mogano che aveva tra le dita e dopo aver lanciato un'occhiata al Conte, corse via ghignando «La consegnerò io per prima! Sì! Hahaha! Hehehe! Io! Io!». In quello stesso istante, un fulmine squarciò il cielo e nell'orfanotrofio, la corrente elettrica venne a mancare. Amanda, che stava ancora correndo nel buio, finì con lo sbattere contro il muro e faticò a recuperare la sua farfalla senza danneggiarla, ma Ciel... Ciel aveva lo sguardo su qualcosa di incredibile. Una farfalla blu che splendeva nel buio con le sue ali dipinte col cielo. Il ragazzo iniziò a seguirla come incantato, ipnotizzato da tanta effimera bellezza. In quegli istanti non stava più pensando ad Amanda che rantolava nelle ombre, alla competizione o alla sua missione, ma solo ed unicamente a seguire quell'insetto nelle tenebre. Lo guidava e lui lo seguiva in silenzio. In certi momenti gli sembrava di vederne più di una, come se si sdoppiasse. Due, quattro, otto, sedici... uno sciame vorticante di splendide farfalle blu. La luce ritornò e Ciel si accorse di essere nell'atrio dell'orfanotrofio, dove Sebastian lo aveva lasciato tempo prima. La farfalla era magicamente tornata una sola e svolazzava in alto, troppo perché il Conte potesse acciuffarla. Il lampadario splendeva in maniera accecante mentre fuori iniziava a venir giù la pioggia. Le ali del lepidottero sbattevano a ritmo sostenuto, senza sembrare violente nei loro piccoli movimenti necessario per fluttuare nell'aria. Saliva sempre più se, nell'aria c'era solo silenzio e il battere della pioggia sui vetri. La farfalla sia avvicinava sempre più al lampadario, finché... non toccò la lampadina. L'insetto cadde a terra, sotto gli occhi confusi e spaesati di Ciel. Il bulbo doveva essere ancora caldo, visto che per tutto il pomeriggio le nuvole avevano oscurato il sole. Un calore troppo concentrato e intenso per una vita fragile come quella della farfalla. Il Conte si mosse verso l'insetto e lo prese tra le mani, notando che le ali erano ancora in perfetto stato.
[Una farfalla blu. È molto bella]
«Non accetterò un altro rifiuto... questa farfalla è davvero spettacolare. Quindi che si accontentino» disse a sé stesso dirigendosi verso le scale, attraversando i tetri corridoi accompagnato dal suono della pioggia. Degli altri bambini, nemmeno l'ombra, stessa cosa per gli unici due adulti nel raggio di circa dieci kilometri. Arrivò in soffitta e quando svoltò l'angolo vide in lontananza Amanda lasciare il suo dono nella scatola. La porta si aprì dopo poco e lei venne tirata dentro la stanza per un braccio. Ciel capì di essere arrivato troppo tardi ma corse comunque alla scatola per lasciarvi il suo dono confidando nel fatto che, se avessero paragonato le due farfalle, la sua avrebbe vinto in fatto di qualità. Da dietro la porta si sentì un distinto vociare, frasi come "che facciamo?", "lo facciamo entrare?", "ma è appena arrivato...", "ha portato la farfalla...", "apri la porta!", "è proprio bella...". Alla fine la porta si aprì e nonostante la tenue luce oltre la soglia, Ciel la attraversò con sguardo fiero e a testa alta.
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Il tappetto dell'ultima volta era ancora lì, illuminato ai lati dalle numerose candele che davano un tono lugubre all'ambiente. Davanti a lui, i tavoli posti a forma piramidale erano ricoperti dalle stesse lenzuola bianche della scorsa volta ed erano ora adornati da lunghe collane di rose rosse, candelabri e petali di rosa. Sulla prima fila di tavoli c'erano i "borghesi", sulla seconda Diana, Meg e Eleanor e sulla terza, sull'unico tavolo, c'erano Jennifer e Wendy, sedute su salde sedie di legno che fungevano da trono. Meg si alzò in piedi e aprì il suo fidato quaderno che portava sempre in giro con sé. «Ladies and gentlemen, benvenuti al Club degli Aristocratici. Vi ringraziamo per essere qui stasera». I bambini non risposero in alcuna maniera, rimasero zitti e muti come pesci. Dall'alto, Wendy sorrideva, Jennifer invece un po' meno. Era cose qualcosa la turbasse... e più Ciel la guardava, più lui si sentiva contagiato da quel sentimento di irrequietudine. Diana scese dal suo posto e con fare poco femminile, gli si parò davanti per fargli una riverenza che svelò più di quanto avrebbe dovuto. Il ragazzo riuscì distintamente a vederle la pelle delle gambe, nuda e rosea. Una coscia portava una fasciatura e in quel momento, la cosa sembrava poco rilevante. «Il tuo dono... non è stato accettato» disse sorridendo con aria sfacciata e crudele «Sei arrivato tardi, ci dispiace» continuò con un finto dopo dispiaciuto «Amanda ti ha battuto sul tempo... e anche se la tua farfalla era molto belle - ne abbiamo già abbastanza» indicò poi un barattolo alle sue spalle, accanto a dove Eleanor stava seduta. Era piena di farfalle... fino all'orlo. Fu lì che Ciel pensò ad un complotto. Non riusciva a trovarne una da settimane perché LORO continuavano a catturarne nonostante ne avessero già una a testa, solo per complicargli la sfida! E se Amanda era riuscita a trovarla... era perché le avevano permesso di vincere. «Sei abbastanza inutile... sporco e inutile» concluse con tono sprezzante. Ciel ovviamente non mancò di rispondere, sapeva farsi valere «La mia farfalla è decisamente la più bella! Quella di Amanda è un esemplare comune proveniente da una teca della libreria, la mia me la sono procurata da solo, ed è di un colore bellissimo!». Tutti sembrarono indignati dalle accuse del Conte, anche Eleanor che di solito non lasciava trasparire emozioni. Wendy perse il sorriso, e il volto di Jennifer diede libera interpretazione di quell'ansia che le strisciava dentro. Diana non rispose, e spostò lo sguardo su Amanda, rannicchiata su uno dei primi tavoli. La Principessa Ostinata iniziò a battere le mani «A-man-da! A-man-da! A-man-da!» alla sua voce si unì quella degli altri orfani, anche quella della Principessa della Rosa, ora in piedi a battere le mani. Amanda venne come trascinata al centro della stanza da quelle voci e Diana le mise un braccio sulle spalle, tendendo il braccio libero a Meg, scesa chissà quando dal tavolo per poter consegnare alla Duchessa un lungo bastone. Inizialmente Ciel era preoccupato dalla lunghezza dell'asta ma quando Diana lo passò ad Amanda, capì cosa stava per accadere. All'estremità del bastone vi era un ratto, legato da una corda palesemente troppo stretta e che dava poco gioco all'animale che si dimenava nel tentativo di liberarsi. Il topo era enorme, ma non quanto il sorriso malato sulla bocca di Amanda. Ciel inizialmente indietreggiò, inorridito e disgustato, ma poi gli venne a mente la sfida della Regina: erano solo bambini, e quello era solo un topo. Non l'avrebbero di certo ucciso. Così si fece forza, e riprese subito terreno spaventando così Amanda, che si sentì sminuita da quella presa di posizione. Diana la spinse, e la Principessa da Cuore Piccolo tese l'asta verso il volto del Conte. La puzza era insopportabile, e quella strusciata di pelo sudicio sul viso tanto straziante gli fece divagare la mente su come avessero fatto a trovare e catturare un topo tanto grosso e disgustoso. Jennifer era l'unica a non sorridere, le mani strette in pugni davanti alla bocca, spaventata. Come se non fosse per niente abituata a scene simili. Ciel non mancò di notarlo prima di chiudere gli occhi dato che il topo aveva cominciato a graffiarlo con le sue zampette e Diana, vedendo che la cosa non dava l'effetto desiderato - pianti o suppliche - fece cenno ad Amanda di smettere, la quale intanto era scoppiata in un pianto cronico. Ciel aprì gli occhi, eWendy parlò alla folla di orfani «Che ardire, miei sudditi... avete visto con che coraggio, costui resiste alle torture ideate dalla nostra Baronessa?» indicò Meg, la quale sembrava davvero urtata a livello sentimentale per il fallimento del suo "Bastone della Tortura". «Devo ammettere che è... imperdonabile. Ma anche valoroso, e degno di nota. Ciel Bright!» chiamò il nome del Conte «Io, Principessa della Rosa Rossa, ti consentirò di partecipare ancora una volta alla competizione per entrare a far parte del Club degli Aristocratici, dato il risultato della punizione di stasera! Da oggi in poi, sarai nella casta dei Poveri subito dopo la Povera Amanda. Il tuo titolo sarà... Patetico Ciel!». Alla conclusione di quel discorso, i bambini applaudirono ed acclamarono "Principessa Wendy" in coro, e come prima, Jennifer sembrava totalmente estranea alla massa. Ciel non lo tollerava. Patetico, lui? Lui non lo era mai stato, mai nessuno aveva osato dirgli una cosa simile. Si era fatto prendere a sorci in faccia, che diamine! E per uno stupido gioco tra lattanti! "I bambini sono ostinati... pretenziosi... non distinguono il bene dal male" pensava Ciel "conviene fare buon viso a cattivo gioco, è quel che li spaventa di più". Il Conte fece un inchino, impeccabile e senza sgarro alcuno «La ringrazio della sua benevolenza, mia Principessa» alzò solo la testa per poter sorridere a tutti i presenti con una calma da far invidia alla Principessa di Ghiaccio «Non vedo l'ora di partecipare ancora e poterla sorprendere solo per il gusto d'intrattenervi».
Wendy non lo avrebbe mai ammesso, ma quello sulle sue guance non era il bagliore delle candele ma puro e semplice rossore infantile, probabilmente dovuto alla risposta tanto pertinente al suo capriccioso volere. Jennifer non sembrò notarlo... la reazione di Ciel era stata sconcertante. Impassibile e gelida come poche. Da quando era arrivata, credeva che la storia del Principe e la Principessa fosse solo un gioco personale tra lei e Wendy... ma a quanto pare si era sbagliata. E ora anche il nuovo arrivato le faceva accapponare la pelle. Aveva paura. E i dubbi su di chi poteva veramente fidarsi si fecero largo nel suo cuore. In quegli istanti non credette di essersi sentita mai tanto sola nella sua vita.
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«TI PREGOOO CIEL PERDOONAMII!!!» il giorno dopo Amanda andò a piangere - e strisciare nel senso più letterale della parola - ai piedi di Ciel. Il Conte rimase impassibile alle sue suppliche, no solo perché erano patetiche, ma anche perché ormai la sfida era aperta. Poco alla volta però si fece intenerire, pensando che fin'ora aveva visto tanti adulti reagire a quel modo, ma non una bambina con chiari problemi a relazionarsi. Lui avrebbe fatto lo stesso, avrebbe spalmato quel ratto fetido in faccia a chiunque se fosse servito, ma non si sarebbe di certo messo a chiedere perdono in ginocchio. «Uff...» sbuffò lui, mentre veniva strattonato come una maracas «E va bene! Ti perdono! Ma adesso lasciami prima di farmi male!». Gli occhietti di Amanda si illuminarono e lei balzò in piedi, cambiando atteggiamento «Grazie Ciel, grazie! Quando sarà il mio turno, non pensare neanche di trattenerti! Promettimi che farai quel che andrà fatto! ... S-Siamo ancora amici però, vero?». Amici. Pft, da quando lo erano? Beh, considerato il fatto che erano nella stessa casta, Ciel pensò di poterne approfittare. Un aiutino-ino-ino non gli avrebbe dato fastidio. «Certo... ora però vattene! Mi stai seguendo da almeno un'ora e ancora non sono riuscito ad andare in bagno da stamattina!». Amanda annuì energicamente con un sorriso fin troppo largo, e barcollò via senza guardarsi indietro.
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