L'arrivo al Rose Garden Orphanage
Quel pomeriggio il cielo era uggioso a Cardington, il sole riusciva solo occasionalmente a penetrare la coltre di nuvole che volavano alte sulla spenta collina dove si ergeva il Rose Garden Orphanage. Sebastian non era vestito con la sua solita divisa da maggiordomo, ma con un lungo cappotto nero lasciato aperto per far intravedere una divisa da poliziotto, giusto per dare l'idea di non avere nulla a che fare col ragazzino che aveva al suo fianco. Il Conte invece era vestito con un semplice pantaloncino color zenzero fino alle ginocchia, una camicia bianca trasandata, una benda bianca con agganci alle orecchie sull'occhio destro, berretto da strada e giacchetta rattoppata del medesimo colore dei pantaloni. Nel suo insieme era abbastanza credibile che la sua famiglia fosse morta in un incendio e che un poliziotto lo avesse portato lì perché nessun altro parente era ancora in vita per prendersi cura di lui. Una volta arrivati ai piedi della strana collina, davanti ai due si presentava un vialetto fatto di terreno battuto e ciottoli sparsi. Seguendo quella stradina arrivarono ad un bivio: a sinistra un cartello indicava "←Rose Garden Orphanage" ma nulla indicava cosa ci fosse a destra. In lontananza si scorgeva una piccola baracca e un pozzo. I due proseguirono a sinistra e dopo qualche minuto di scarpinata, arrivarono al cancello della villa adibita a orfanotrofio.
Fuori c'erano dei bambini intenti a giocare con dei bastoni fingendo che fossero spade, uno grassottello e l'altro più magro e alto con un cappello in testa. Appena videro la coppia, i due bambini corsero verso sinistra, infilandosi in quella che era una porticina che probabilmente portava al retro dell'edificio. Ciel fece caso ai due, ma non diede loro importanza e pensò di abbandonare la sua aria da superiore per calarsi meglio nella parte. Sebastian salì le scale al seguito di Ciel e una volta davanti al portone, bussò contro il legno spesso e massiccio, la sua mano coperta da un guanto di pelle nera. Ci volle qualche secondo perché la porta venisse aperta. Ad aprirla fu una signora, probabilmente agli inizi della sua vecchiaia, vestita da cameriera con tanto di cuffia.
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~ La Regina della Pulizia ~
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«Oh... buongiorno. Desiderate?» la signora non aveva una bella cera. Il suo volto sembrava deturpato da qualcosa, ma capire cosa di preciso pareva difficile. «Buongiorno madame» Sebastian fece un piccolo e breve inchino in segno di rispetto, come era solito fare ogni gentleman, e tirò fuori un distintivo della polizia di Londra, ovviamente fasullo «Sono un poliziotto mandato dalle forze dell'ordine londinesi. Vede, abbiamo un sovraffollamento nei nostri orfanotrofi al momento e secondo i registri, questo è l'orfanotrofio più vicino alla capitale con dei posti liberi. Il piccoletto qui avrebbe davvero bisogno di una casa...» e arrivato a quel punto il "poliziotto" fece un passo di lato, lasciando che il piccolo orfano passato fino ad allora inosservato si facesse vedere. Il giovane Conte sapeva essere davvero bravo a recitare... quando voleva. Riuscì a sembrare un piccolo, fragile bambino nelle mani di sconosciuti, con un passato che sarebbe stato meglio non ricordare. La signora si fece sfuggire un sorriso alla vista di quel bambino pallido e con un occhio lucido come una biglia del colore del mare e fece un passo indietro. «Prego, prego, entrate pure. Aspettate pure qui nell'atrio mentre io andrò ad informare il signor Hoffman del vostro arrivo» e detto questo sparì in una porta in fondo all'atrio. Il posto era enorme e vagamente fatiscente, era probabile che in quel posto fossero i bambini a fare le pulizie se gli unici due adulti erano quella signora e il proprietario dell'orfanotrofio, il signor Hoffman. Ciel non ebbe tempo di aprir bocca per consultarsi col suo maggiordomo, che delle risate femminili e beffarde si fecero sentire dai gradini delle scale che portavano al piano di sopra. Le scale in questione erano proprio accanto alla porta dove era entrata la signora ed erano a forma di C, e andando a guardare Ciel vide due bambine alzate in punta di piedi sulla prima rampa di scale. Una era bionda, un giallo spento, portava degli occhiali rotondi; l'altra aveva i capelli castani raccolti in due trecce che mettevano in risalto la sua fronte spaziosa. «Hihihi... guardalo...» mormorava la biondina. L'altra rispose sottovoce «Sembra carino... hehe! Diciamolo agli altri...». Ciel corrucciò lo sguardo nella loro direzione, ma la sua espressione tramutò subito in uno sguardo sorpreso quando vide i due ragazzini di prima spuntare dalla porta alle spalle di Sebastian e correre di sopra, facendosi seguire dalle due ragazzine. Nello stesso istante la signora di prima era tornata insieme ad un uomo, decisamente vecchio dato il colore dei capelli ma con ancora energie da vendere data la velocità dei suoi passi e dei suoi gesti.
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~ Il Severo Insegnante ~
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«Buongiorno. Io sono il signor Hoffman, insegnante e proprietario di questo orfanotrofio. Da quanto ho capito è venuto fin qui da Londra per trovar casa ad un orfanello...» l'uomo si rivolse a Sebastian, il quale annuì mettendo una mano dietro la spalla di Ciel per costringerlo a fare un passo in avanti «Spero abbiate spazio per un altro...». Ciel sfoderò ancora la sua aria da povero coniglietto spaventato e fragile e anche il signor Hoffman si bevve la frottola. Il signor Hoffamn si avvicinò al Conte e gli alzò il viso, mettendo una mano sotto al suo mento «E questa?» domandò indicando la benda bianca con gli occhi, attraverso i suoi occhiali dalla montatura sottile e esile «Ce l'ha ancora l'occhio?». Sebastian non era sicuro delle intenzioni dell'insegnate, ma era rimasto d'accordo con il suo padrone di intervenire solo se la sua vita fosse stata in pericolo e per ora quel presentimento era più lontano che mai. Il poliziotto sotto mentite spoglie si vide costretto a rispondere «Certo. È rimasto orribilmente sfregiato dopo l'incidente che ha portato alla morte di tutti i suoi familiari. Sa prendersi cura della sua ferita da solo ed è molto riservato al riguardo. Si chiama Ciel Bright». Sebastian era rimasto d'accordo con il suo padrone anche sul nome che avrebbe dovuto usare: il Conte aveva insistito sul mantenere il suo nome proprio, peculiare in Inghilterra ma comunque adottato da molti in altre parti del mondo. Il cognome era stato scelto a caso, giusto per non destare sospetti con la nota azienda Phantomhive, produttrice di giocattoli e dolciumi. «Povero giovanotto» lasciò andare il volto di Ciel - il quale si era trattenuto tutto il tempo dal pestargli un piede - e tornò a rivolgersi al poliziotto dagli insoliti occhi scarlatti «Il posto libero c'è. Se vuole seguirmi nel mio ufficio, le lascerò firmare i documenti necessari per permettergli di restare. Da questa parte» fece un cenno a Sebastian e si voltò appena per potersi rivolgere al nuovo orfanello «Vai pure a fare la conoscenza dei tuoi nuovi compagni. Devono essere in giro per la villa. Martha, mostragli il dormitorio». Il maggiordomo lasciò al bambino una piccola valigia contenente qualche vestito di ricambio dettagliatamente scelto per restare nella parte e seguì il signor Hoffman dietro la medesima porta dove la signora era scomparsa in precedenza. Martha, questo era il nome della donna in abito da cameriera, sorrise al giovane Conte «Seguimi, su. Ti farò fare un bel giretto prima di mostrarti il dormitorio». La signora Martha sembrava gentile e accomodante, con quel debole sorriso sulle labbra stanche. Ciel aveva ancora la sozza sensazione della mano di quel signor Hoffman sotto al mento e dovette combattere molto per nascondere la sua espressione disgustata, accentuata anche dal ricordo di quei quattro bambini che una volta saliti, erano rimasti aggrappati al corrimano del piano superiore ad origliare ogni cosa, farfugliando e sogghignando come piccoli folletti maliziosi.
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