Dicembre: †
Stranamente le cose sembravano essere migliorate al Rose Garden Orphanage. I bambini avevano chiuso a chiave la porta dell'Attico e avevano smantellato la scatola dei doni, non giocavano più agli Aristocratici e nessuno faceva più dispetti. Questo permise alla Signora Martha di farsi vedere più spesso e di non avere paura dei bambini. Clara sembrava aver riacquistato il sorriso grazie alle attenzioni meno tossiche e più sincere della Regina della Pulizia e si occupava di svolgere le lezioni al posto del Signor Hoffman. Ciel e Jennifer passavano il loro tempo libero in biblioteca. Ciel trovava gusto nell'insegnare alla bambina tutto quel che ai suoi occhi era mistero. Lui sapeva già tutto quel che studiavano in classe ma con la presenza di Clara, prestare attenzione alle lezioni era addirittura una cosa piacevole, anche nonostante il fatto che la nuova maestra abbandonava sesso l'aula per correre al bagno e vomitare... Ciel nascondeva la testa tra le braccia incrociate sul banco ogni volta che succedeva. Jennifer invece sembrava essersi ripresa. Pensava a Brown ogni tanto, a quanto gli volesse bene, a tutti i pomeriggi passati a giocare con lui... preferiva ricordarlo così, come un amico sincero, e non la vittima di una vendetta. Di Wendy non si avevano notizie. Era scappata dall'orfanotrofio e nessuno sapeva che fine avesse fatto. Ma le cose andavano bene e a nessuno sembrava importare più di tanto. La pecora nera non c'era più nel gregge.
Arrivò il 14 dicembre. La Signora Martha, che si era occupata delle scartoffie riguardanti il piccolo Ciel Bright, ricordò la data e all'ora di cena si presentò con una torta ricoperta di panna che portò il sorriso sulla bocca di tutti i bambini... tranne su quella di Ciel stesso. Aveva altri pensieri per la testa, oltre ad un anniversario che sarebbe stato meglio dimenticare. Ora che era tutto finito era finalmente arrivato il momento di andarsene. Presto avrebbe scritto una lettera a Sebastian per farsi venire a prendere inventandosi un qualche stratagemma per portarsi dietro anche Jennifer.
Dopo la cena i bambini si sparpagliarono per l'orfanotrofio, tranne che per Jennifer e Ciel che finirono col chiudersi in biblioteca per poter stare lontani dagli altri orfani che avevano ripreso a bisbigliare strane cose tra di loro. «Non ti è piaciuta la torta? È stata una bella sorpresa...» mormorò la bambina mentre sfogliava un libro distesa a pancia in giù sul lungo tavolo della biblioteca. Ciel era seduto sulla poltroncina accanto alla finestra, gomito impuntato sul bracciolo e mento posato nel palmo della mano. Il suo sguardo era rivolto alla luna piena oltre il vetro opaco per via della condensa «La torta era buona, c'è da ammetterlo... ma non mi piace festeggiare il mio compleanno per motivi personali». Ormai Jennifer lo conosceva, e sapeva che quando parlava con quel tono era inutile insistere. C'era un lato di quel bambino che non era ancora riuscita a comprendere, e che sapeva non avrebbe mai conosciuto. Però volle provarci ugualmente.
«Vuoi sapere la mia storia?» disse sorridendo lei, sedendosi sul bordo del tavolo. Ciel si voltò sorpreso verso di lei. «In che senso?» ribatté lui confuso. «Il modo in cui sono arrivata qui...» rispose Jennifer. Eccolo, il momento della verità. Forse questa era la volta buona che Ciel avrebbe avuto delle certezze, delle prove fondate, dell'identità di quella bambina direttamente dalla sua bocca.
«Okay, parla pure».
«Ecco, vedi... io sono arrivata in questo orfanotrofio qualche giorno prima di te, nel mese di Marzo, ma la verità... è che prima ancora, vivevo a casa del signor Gregory».
«E chi sarebbe?»
«Aspetta, che ora ci arrivo. Vedi, io ero... ero su un dirigibile, con i miei genitori. Era un volo di inaugurazione e la mia mamma e il mio papà mi portarono con loro. Solo che il dirigibile cadde e morirono tutti... il signor Gregory mi trovò e mi portò a casa sua. Credeva che fossi suoi figlio Joshua, e così mi accudiva pensando che io fossi lui. Mi teneva tutto il giorno chiusa nella stanza di Joshua, anche se non l'ho mai visto se non in foto. Ce n'era una sul comodino accanto al letto dove dormivo. Il signor Gregory coltivava piselli e non aveva molti soldi, ma mi comprava le caramelle e mi raccontava delle favole che si inventava da solo, dal nulla. Io per passare il tempo le disegnavo... secondo me ce le ha ancora lui, nella sua casa non lontana da qui. Poi, un giorno, arrivò Wendy. Mi vide dalla finestra della mia camera e facemmo amicizia. Ci scambiavamo lettere ogni settimana... fino a che non decise di farmi fuggire da quella casa, e mi convinse a venire al Rose Garden Orphanage. Con me portai il giocattolo di Joshua, l'orsacchiotto che hai visto sul trono del Principe nell'Attico. Quello era il mio regalo per Wendy, e lei in cambio mi diede la spilla... e il signor Gregory ora è di nuovo tutto solo... un po' mi dispiace per lui, perché credo che il suo Joshua sia morto e che sia convinto che sia ancora in vita. Guardando la foto mi sono resa conto che gli somigliavo molto per via dei capelli...».
Ora non c'erano più dubbi. Era lei. La bambina sopravvissuta al disastro del dirigibile. Tutto questo tempo... tutto quel dolore... solo per poter avere la meglio su un mucchio di marmocchi svitati. La cosa un po' ferì l'orgoglio del Conte, ma ormai il danno era fatto. Restava da avvertire Sebastian.
«Ti piacerebbe andare via di qui?»
«Eh? ... E andare dove?»
«Ovunque tranne che qui»
«Non ho più una casa o dei genitori... non voglio vivere per strada»
«E se ti dicessi che conosco un posto dove potrai vivere, più bello di questo, lontano da... tutte queste persone che hai conosciuto qui?».
«Beh... credo che me ne andrei, allora. Ma perché me lo chiedi? Vuoi scappare?»
«No. Voglio solo tornare a casa».
Quella frase risultò criptica alle orecchie di Jennifer. Ciel aveva una casa? E dove? Lui era lì perché non ne aveva una, come lei. Era lì perché non aveva genitori, come lei. Cosa significava quel discorso?
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Esegui i preparativi per venirmi a prendere. Ora ho la massima certezza su quale di questi orfani sia la bambina scomparsa nell'incidente del dirigibile. Non tardare. 22 Dicembre, ore nove in punto. Un solo minuto di troppo e avremo un nuovo tappeto in casa.
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Novembre, 1xxx
Ufficiale Dolittle,
Il mio nome è Martha Carol, e lavoro al Rose Garden Orphanage. Nei mesi passati, ho inviato almeno sei lettere alla vostra attenzione, ma non ho ancora ricevuto una risposta concreta. Le avete ricevute tutte? Vi chiedo di approfondire le indagini riguardo questa faccenda per la sicurezza dei nostri bambini.
Ieri, li ho visti di nuovo insieme... il Signor Wilson e la piccola Wendy, una bambina del nostro orfanotrofio. Sono davvero preoccupata per la sua sicurezza. Quei due si comportavano in modo strano. Oh, in modo terribilmente strano... per quanto insolito fosse, voglio dire.
Il Signor Wilson camminava a carponi in giro e annuiva... e Wendy sembrava lo stesse sgridando... non so come spiegarlo, ma sembrava l'esperimento un addestramento canino sull'uomo finito male. Oooh... mi da i brividi solo a pensarci. Vi prego di venire qui e investigare su questa faccenda prima che
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Il 20 Dicembre accadde l'irreparabile. Aveva piovuto molto quel giorno, l'aria era impregnata di gelida umidità e il terreno era macchiato da pozzanghere di ogni forma e tonalità di marrone. Lampi e tuoni regnavano sovrani su quella strana collina, accompagnando ogni goccia di pioggia che si schiantava in silenzio al suolo. Jennifer e Ciel erano in biblioteca, come al solito, quando un urlo tremendo e straziato riecheggiò nell'orfanotrofio. «Ma... era la Signora Martha quella!» la Povera Jennifer riconobbe subito quella voce. Ciel si fiondò alla porta, aprendola per poter guardare fuori. Lo spettacolo a cui assistette lo fece gelare fin nelle ossa: i bambini stavano trascinando la Signora Martha giù per le scale, colpendola ripetutamente sul ventre e la faccia con delle scope. Ciel richiuse la porta con uno scatto fulmineo. «Che sta succedendo Ciel?» domandò Jennifer sentendo dentro di sé di star rispolverando quei sentimenti di terrore che credeva di aver seppellito per sempre nei meandri della sua memoria. Quei bambini avevano aggredito un adulto. Per Dio solo sa quale motivo. Erano pericolosi. Pazzi. Incontrollabili. Forse era arrivato il momento di chiamare Sebastian... no, no! Erano dei bambini! Non poteva far loro del male! E Ciel si sarebbe saputo difendere, a differenza di quella povera donna. A differenza del Signor Hoffman che era scappato dopo aver rovinato la vita di Clara! Il Conte prese la sua amica per le spalle e la guardò dritta negli occhi «Resta qui Jennifer. Chiuditi dentro e non lasciare entrare nessuno, chiaro?».
«S-Sì ma-»
«Niente ma!» Ciel aprì la porta ed uscì «Fa come ti dico, e tutto andrà bene!». Chiuse la porta e non se ne andò fino a quando non sentì la chiave nella serratura girare. Il Conte scese di corsa le scale ritrovandosi in un'ambiente silenzioso, troppo silenzioso. Dove erano andati? Si mise a cercare nella zona dell'ufficio del Signor Hoffman, ma non vi era traccia né dei bambini, né della Signora Martha. Controllò in cucina, nel salotto degli ospiti, nella dispensa, dappertutto... poi decise di tentare con la camera della Signora Martha. Forse era riuscita a fermarli ed era tornata a chiudersi lì dentro. Quella donna era probabilmente la loro unica alleata, insieme a Clara... a proposito, ma dove era finita?
Ciel aprì con cautela la porta della stanza della Regina della Pulizia. Era in ordine, pulita, perfetta e splendente sotto gli occasionali fulmini che squarciavano il cielo. Avanzò di qualche passo tra quelle quattro mura, giusto per assicurarsi che tutto fosse davvero al suo posto... e sfortunatamente, sembrava davvero tutto in ottime condizioni. Martha non era lì. Proprio quando si decise ad uscire, il ragazzo inciampò su una piega del tappeto, più precisamente quella ad angolo che combaciava con il letto. Un brivido lo scosse dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli ed ingoiò a vuoto per la tensione. Dall'esterno si sentirono delle grida. Erano i bambini! Ciel non sapeva se uscire sarebbe stata una buona idea... ma prima doveva togliersi quel dubbio e si accovacciò a terra per guardare sotto al letto.
«AAAHHHH!!!» terrorizzato, Ciel cadde all'indietro e lottando con l'attacco di panico che stava avendo, uscì dalla stanza e percorse gli spettrali corridoi dell'orfanotrofio fino ad arrivare nel cortile principale. Lì, sotto la pioggia battente, giacevano i corpi senza vita dei bambini. L'unico assente era quello di Clara... Ciel pregò che stesse bene. Ogni bambino aveva i vestiti strappati, alcuni ne avevano i brandelli accanto, altri invece erano dispersi dall'altra parte del cortile. Teste fracassate, colli piegati in modo innaturale, arti distorti e pance bucherellate. Era uno spettacolo orrendo. Al centro del palcoscenico c'erano solo due individui in piedi... o meglio, uno solo era in piedi, l'altro invece era chino a terra, a carponi. Ciel lo riconobbe: era l'uomo dei quadrifogli. Ora tutti i tasselli combaciavano... quello era Gregory. Era in mutande, sguardo assente e animale, con una corda al collo. Accanto a lui c'era un bambino in pantaloncini neri e camicetta bianca, capelli corti biondi... no. Quegli occhi mentivano. Quell'azzurro cielo apparteneva ad una sola persona... e quella era Wendy. La bambina travestita da quello che per il Cane Randagio era suo figlio Joshua, alzò il braccio indicando il Conte «Prendilo. E mangiatelo tutto!». Ciel capì che doveva fuggire. Correre dipendeva dalla sua vita. E lui non è mai stato un buon corridore. Tornò nella villa e si diresse nei dormitori, dove teneva la sua valigia. C'era uno scompartimento lì dentro, che custodiva una cosa che andava utilizzata solo in caso di necessità. Il Conte si ringraziò di aver contemplato l'improbabile idea che gli sarebbe potuta servire in un posto come quello.
Intanto, Jennifer aveva assistito a tutto dalla finestra della libreria. Mentre Ciel cercava la Signora Martha, Wendy aveva dato ordine al suo cane di uccidere tutti i bambini. Gregory li aveva presi per le braccia, le gambe, li aveva fatti roteare per aria, gli aveva sbattuto con forza la testa a terra e li aveva presi a morsi sulle pance fino ad aprirle. Quando vide il Cane Randagio scattare dietro Ciel, si decise ad uscire dal suo nascondiglio. Il ragazzo era arrivato davanti alla porta del dormitorio, la il panico e l'affaticamento gli impedivano di abbassare la maniglia e spingere con una spallata la porta difettosa. Gregory giunse sul piano a quattro zampe, sbavando e farneticando cose senza senso «Johsua... Joshua! JoshuaJoshuaJoshua! Non andare, no! Scappa! Corri! Va via! Torna da me!». Era arrivato il momento di passarsi il testimone. «Hey!» Jennifer si fece notare dal fondo del corridoio, e Gregory sbarrò lo sguardo quando la vide... era identica al suo Joshua! Subito le corse dietro mentre lei si stava già precipitando sulla rampa di scale sul retro. Ciel fu in parte sollevato e in parte furioso... quella stupida stava rischiando la vita! Il ragazzo riuscì ad aprire la porta e a raggiungere la sua valigia, tirandone fuori una revolver nano carica.
Jennifer corse da basso, riuscendo a sfilare in fretta la chiave della porta che dava sul retro per uscire e sigillarsela alle spalle. Corse nello stretto cortile fino a superare il cancellino in legno e ritrovarsi davanti Wendy nei panni di Jousha. «Ma sei impazzita?! Guarda cosa hai fatto!!!» urlò Jennfier sotto la pioggia, circondata dai cadaveri degli altri bambini. Wendy sorrideva in maniera ostinata e morbosamente inquietante. Aveva perso la testa. Era riuscita ad ammaestrare un povero uomo malato di mente e afflitto dalla perdita del figlio come se fosse un cane. «Mi fai schifo! Mi hai sentita?!» urlò ancora Jennifer, ma Wendy non rispondeva. Sorrideva e basta. Il Cane Randagio riapparve sfondando la finestra che dava sul cortile e al suo seguito, dal portone, c'era Ciel armato di pistola.
Gregory si bloccò alla vista dei due Joshua. Quale era quello vero? Quale dei due era il suo amato figliolo? La confusione sul volto dell'ormai animale era evidente e sia Wendy che Jennifer seppero cosa fare.
«Papà! Papà sono io! Joshua!»
«No! Io sono Joshua! Guardami papà!».
Wendy credeva di tenerlo in pugno perché lo aveva addestrato lei in quelle settimane, mentre Jennifer aveva addosso un vestito da femmina... Joshua non indossava grembiulini merlettati hahaha! Avrebbe mangiato quella sporca, lurida traditrice e non lei! La Povera Jennifer non si perse d'animo e si azzardò a fare la cosa più pericolosa di tutta la sua vita. «Abbracciami papà! Capirai che sono io quello vero!». Gregory inclinò il capo di lato, confuso ma incuriosito. Ciel teneva l'arma puntata sull'uomo dalle sembianze animalesche mentre questi si avvicinava a Jennifer ed eseguiva il gesto più comune e naturale che un cane potesse fare... annusare. Jennifer aveva passato un anno intero a casa di Gregory, il quale aveva ormai memorizzato odore e timbro vocale della bambina credendolo quello di suo figlio. Lo riconobbe, e puntò lo sguardo selvaggio a Wendy che indietreggiò di riflesso. Il Cane Randagio era furioso, e con un balzo scattò verso il falso Joshua. Wendy prese ad urlare ma invano riuscì a fuggire. L'uomo le afferrò la testa con una delle sue mani abnormi e con una violenza inaudita la schiantò a terra. Una pozza di sangue si allargò sotto al suo cranio aperto, che presto si disperse in una pozzanghera come le altre per via della pioggia.
Jennifer diede un urlo straziato, dando libero sfogo al caos che si portava dentro. Perché? Perché dovevano morire tutti? Perché proprio lei? Il Conte rimase spiazzato dalla scena, ma ancor di più dai suoi riflessi che non furono pronti al momento giusto. Quando ormai fu troppo tardi, Ciel premette il grilletto e un proiettile andò a conficcarsi nella testa del Cane Randagio.
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