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CAPITOLO IV.

Saranno una decina di minuti che sono qui, immobile, di fronte all'entrata.

Dovrei esserci abituato ormai, faccio questa cosa da sette mesi: eppure, ogni volta è difficile quasi quanto la prima.

Faccio un respiro profondo e mi decido finalmente a superare l'arco d'ingresso.

Conosco la strada a memoria ormai, ma la percorro comunque lentamente, sentendomi addosso il peso del dolore ad ogni passo; sembra quasi che voglia frenarmi, ricordarmi che continuare non farà altro che peggiorare la mia condizione.

Ma non intendo dargli ascolto: devo continuare ad andare avanti.

- Ciao Kuuro-.

Sono talmente concentrato sul cercare di mantenere una parvenza di calma che non mi accorgo delle due figure appostate proprio di fronte alla mia meta.

Osservo il ragazzo alto e moro che ha appena parlato: cerca di avere un'aura neutra, ma vedo dai suoi occhi che è preoccupato.

Non posso dire lo stesso del ragazzo basso che, più che al suo fianco, sembra quasi nascondersi dietro di lui; non posso dire lo stesso perché è da quel giorno che lui non mi guarda negli occhi.

- È tanto che non ci vediamo- mormora il secondo.

Annuisco.

- È passato quasi un mese dall'ultima volta- rispondo, non sapendo bene cosa dire.

- Siamo passati a fargli un saluto- il bassino si stringe al braccio del suo fidanzato, che lo guarda con aria preoccupata.

- Ne sarebbe felice- affermo, e lui annuisce.

- Ora noi dobbiamo andare; magari ci sentiamo- quello del moro è chiaramente un tentativo di allontanare il più possibile il suo ragazzo dal dolore di questo momento.

- Certo; grazie per essere passati-.

I due ragazzi mi superano e si allontanano.

Osservo il luogo dov'erano fino ad un attimo fa.

- A quanto pare non sono l'unico che ti porta dei fiori- rido leggermente, girandomi in modo da trovarmi esattamente di fronte alla tomba, su cui è appena stato posato un mazzo di camelie.

Osservo il mio boquet di viole nere.

- Come mai hai scelto proprio questi fiori? Non sono particolari- gli faccio notare.
- Sono semplici e neri, come te-. Sorrido.
- Ma come siamo romantici oggi!- esclamo.
- Solo perché è il tuo compleanno, non ti ci abituare- borbotta lui, strappandomi una risata.

Appoggio per un attimo i fiori sulla tomba, e prendo il vaso nel quale è inserito il mazzo che ho portato la settimana scorsa.

Mi allontano leggermente per andare a svuotare i fiori nel cestino e riempire il contenitore con nuova acqua; dopodiché torno alla tomba, appoggio nuovamente il vaso e vi metto dentro le nuove rose.

Incurante del fatto che la ghiaia potrebbe sporcarmi i vestiti, mi siedo ed osservo la lapide.

KOZUME KENMA
1995-2015
AMATO FIGLIO, AMICO FIDATO, AMANTE FEDELE

Accarezzo leggermente l'iscrizione mentre fisso la foto posta di fianco ad essa, che rappresenta il mio piccolo Kenma al secondo anno di Liceo.

Era una delle poche occasioni in cui si era vestito bene: stavamo andando a festeggiare il suo compleanno insieme.

Quel giorno eravamo andati in un locale con tutta la squadra, ed un ragazzo aveva iniziato a provarci con lui.

Nonostante fosse palese che Kenma non era interessato, solo in quel momento mi ero accorto che l'enorme gelosia e paura di perderlo non erano dettate solo dal fatto che lo conoscessi da quando eravamo piccoli.

Consapevole di quei sentimenti, quando l'avevo riaccompagnato a casa non avevo potuto fare a meno di baciarlo; avevo una paura tremenda del suo rifiuto, invece mi aveva gettato le braccia al collo e baciato di nuovo.

Tutta quella dolcezza era stata interrotta da un suo monologo di mezz'ora in cui mi insultava perché non me n'ero accorto prima, mentre io non riuscivo a smettere di ridere e baciarlo.

- Ciao micetto, come te la passi lassù?- sussurro.

- A me qui va leggermente meglio. Riesco a pensarti senza scoppiare a piangere. Lo devo soprattutto a Daichi e Suga: continuano a rimanermi vicino, anche quando non lo merito- faccio una piccola pausa, cercando di capire come continuare il discorso.

- Mi sono fatto un nuovo amico. Fatto letteralmente... Siamo andati a letto un paio di volte. Non lo amo micetto, non amerò mai nessun altro che non sia tu. Però aveva ragione: quando lo facciamo, riesco per un attimo a stare meglio, a distrarmi e non pensare al dolore che provo da quando non ci sei più- ricordo il suo volto quando gli parlavano delle ragazze con cui uscivo: un'espressione al metà tra il "perché dovrebbe importarmi" e "ti prego smettila"; all'epoca non avevo capito cosa significasse realmente.

- Se non ti va bene fammelo sapere, d'accordo? Se non vuoi che io faccia sesso con altri, diventeró un prete solo per te- faccio un piccolo sorriso ed abbasso lo sguardo.

- Come ti avevo già detto, il sesso mi aiuta a distrarmi. Ma l'amore, micetto mio, come promesso, quello l'ho fatto solo con te: e con nessun altro lo farò più. Sei l'unico amore della mia vita, Kenma- sento qualche lacrima ai lati dei miei occhi, e le lascio lì.

- Ho visto Hinata e Kageyama, mentre venivo qui. Penso che il tuo amico ce l'abbia con me... Riesce a malapena a guardarmi. E ha ragione; se io non ti avessi messo in quella situazione, tu ora saresti ancora qui con noi. Con me- le lacrime ormai stanno iniziando a scendere.

- Te lo ricordi no? Il giorno in cui mi hai detto che mi amavi. Ti ho chiesto, se già lo sapevi, come mai non mi hai detto nulla prima; mi hai risposto che avevi paura di perdermi, e avevi deciso che, comunque sarebbe andata, saresti rimasto al mio fianco- faccio un respiro profondo, per poter continuare il discorso.

Ormai le lacrime non vogliono saperne di smettere di scendere; sento il dolore penetrare in ogni punto del mio corpo, raggiungere il cuore e stringerlo in una morsa fortissima.

- Quindi perché non sei più qui? Non avevi detto di voler essere il coogiocatore della mia vita? Come faccio a superare i nemici senza di te?- allungo nuovamente la mano ed accarezzo la sua foto.

Ricordo ancora la morbidezza delle sue guance, il modo in cui arrossiva quando gli dimostravo affetto in pubblico, il suo sorriso tanto raro quando dolce, che illuminava anche le mie giornate più buie.

Rimango immobile in quella posizione per circa cinque minuti, finché le mie lacrime non decidono di smettere di scendere.

Mi alzo.

- Ci vediamo settimana prossima, micetto; cerca di non rimanere sveglio tutte le notti a giocare, va bene? Non potrò più portarti a letto, se ti addormenti sul pavimento- gli raccomando.

Mi sembra quasi di sentirlo sbuffare e sorrido.

- Ti amo, micetto- sussurro, poi mi volto e mi allontano.

Una volta fuori dal cimitero, alzo lo sguardo: è una giornata meravigliosa.

Anche se lui sarebbe certamente rimasto chiuso in casa a giocare; diceva che il sole gli faceva male... Ed in effetti, si scottava piuttosto facilmente.

Erano adorabili gli schiaffetti che mi dava quando gli mettevo la crema post-scottatura, e mi ripeteva che era colpa mia perché lo obbligavo ad uscire.

Ogni volta si stancava troppo e dovevo riportarlo a casa in braccio... Proprio come un micetto.

- Hey Hey Hey! Guarda chi c'è! Che ci fai così sorridente in un posto simile?!-.

Volto di scatto la testa e vedo Bokuto venirmi incontro, con il suo solito sorriso in volto.

- Ma tu sei ovunque?- mi lamento.

- Ammettilo che ti mancavo!- esclama, circondandomi un braccio con le spalle.

- Non ci vediamo da ieri pomeriggio- gli faccio notare.

- Appunto, fin troppo. Come va, nuovo amico? Immagino non molto bene-.

- Cosa te lo fa dire?-.

- Ti droghi?-. Lo guardo male.

- No-.

- Allora hai pianto- afferma.

Mi passo velocemente le mani sugli occhi, ancora leggermente umidi, come se in questo modo potessi fare sparire il rossore.

- Dai, vieni con me; stiamo facendo un aperitivo- indica Tsukishima e Yamaguchi, seduti in un bar dall'altra parte della strada.

- Sono le 11:30- gli faccio notare, mentre inizio a seguirlo.

- Siamo persone avanti!- ride lui, facendomi spuntare un piccolo sorriso.

Bokuto è come una pallina grigia in mezzo a tutto il nero; è simile a quelle intorno a lui, quindi non ha difficoltà a rimanere a galla, ma allo stesso tempo è anche simile a quella pallina gialla che lotta disperatamente per non essere seppellita, e sta iniziando ad aiutarla.

- Ciao ragazzi- saluto, sedendomi di fianco a Tsukishima.

- Ciao Kuuro- mi saluta Yamaguchi; mi sembra leggermente a disagio.

- Come va?- chiede Tsukishima.

- Tsukki- lo richiama Yamaguchi.

- Ma che avete? Siete strani- commento.

- Ti abbiamo visto entrare al cimitero un'ora fa, e sono un po' nervosi- mi spiega Bokuto.

- Ma da quanto siete qui esattamente...?- chiedo.

- Dalle nove- mi risponde Tsukishima.

- Ma non avete niente da fare?-.

- Non oggi- ridacchia Bokuto.

Noto che Yamaguchi continua ad essere nervoso.

- Sono andato a trovare il mio ragazzo. Vengo ogni mercoledì da quando è morto, dato che non ho scuola-.

- Perché proprio il mercoledì?-.
- Nel weekend sarebbe scontato. Il mercoledì è come un incoraggiamento, per dire: sei arrivato a metà settimana, ecco a te la carica per concluderla!-.
- Quindi ogni mercoledì mattina farai irruzione in casa mia per prepararmi la colazione?-.
- Meglio che farti mangiare brioche alla crema tutta la settimana- ribatto.
- Solo perché a te non piacciono...- borbotta lui, avvicinandosi a me e sbirciando al di sopra della mia spalla.
- Cosa cucini?- mi chiede.
- Frittelle! Solo per il mio micetto- mi volto e gli dò un bacio sul naso.
Lui appoggia la fronte sulla mia spalla; è adorabile come debba mettersi in punta di piedi per riuscire a farlo.
Lo sento borbottare qualcosa di incomprensibile.
- Come scusa? Non ho capito-.
- Grazie, ti amo- sussurra. Sorrido, soddisfatto.
- Ti amo anch'io-.

- Mi dispiace bro- mormora Bokuto.

Tsukki gli lancia uno sguardo che non comprendo.

- Allora, voi due che fate nella vita per essere così liberi di mercoledì mattina?- chiedo.

- Tsukki studia giurisprudenza- risponde Yamaguchi, come a vantarsi del suo ragazzo.

- Wow! Verrò a chiedere a te quando finirò in prigione, allora- affermo.

- Non è meglio se non ci finisci?- borbotta il biondo.

- Yamaguchi fa veterinaria- mormora poi.

- Tutti ragazzi in carriera insomma- commento.

- Tu invece giochi al piccolo chimico- ridacchia Bokuto.

- Taci Allegro chirurgo-.

- Non sono un chirurgo, sono un pediatra!-.

- Veramente al momento sei solo uno studente- gli fa notare Tsukki.

- Come sei cattivo! Non infrangere così i miei sogni- protesta l'altro.

- Volete qualcosa da bere?- una cameriera bionda compare alle spalle di Bokuto.

- Un succo grazie-.

- Tieni l'alcool per la sera eh?- ridacchia Bokuto.

- Pomeriggio devo studiare-.

- Perfetto; e voi ragazzi?- chiede agli altri.

- Per ora siamo a posto- risponde Bokuto.

- Io ho fame; vengo con te Yachi- afferma Yamaguchi, alzandosi e seguendo la ragazza verso il bancone.

- La conoscete?- chiedo.

- Yachi è la migliore amica di Yamaguchi- risponde Tsukishima.

- Lavora qui perché è vicino a dove la sua ragazza studia per diventare mangiatrice-.

- Manager, Bokuto; si dice manager- lo riprende il biondo.

- Quello che è. Stasera non lavori Bro?-.

- No: il mercoledì e il mio giorno libero, insieme ad una sera a scelta nel weekend- rispondo.

Yamaguchi torna al tavolo, con un sorriso a trentadue denti sul volto ed un piatto con su delle pizzette in mano.

Dietro di lui c'è Yachi, che mi appoggia davanti un bicchiere di succo.

Rimango con loro fino all'ora di pranzo quando, su insistenza di Bokuto, decidiamo di mangiare qualcosa lì al bar.

Ringrazio che Tsukki sia decisamente più fissato di me con lo studio, perché probabilmente senza di lui non sarei riuscito a tornare a casa prima di mezzanotte.

Entro nel mio appartamento e mi dirigo in cucina.

Anche nella mia vecchia casa, dalla cucina riuscivo a vedere il soggiorno, più precisamente lo schienale del divano.

- Stai studiando per il test d'ammissione?- chiedo, sporgendomi leggermente dallo schienale del divano.
- Programmazione non è un indirizzo semplice- mi risponde il ragazzo, senza però voltarsi.
Non so come faccia a studiare mezzo raggomitolato sul divano, io avrei bisogno di alzarmi per sgranchirmi le gambe ogni dieci minuti.
- Perché non posso studiare qui con te?- gli chiedo, abbassandomi e dandogli un bacio sul collo. Lui mi fulmina con lo sguardo.
- Perché mi distrai?-.
- Sono troppo sexy per te?-.
- Esatto: ora torna in cucina-.
- Solo perché hai detto che sono sexy- affermo, chinandomi per dargli un bacio.
Lui ricambia, e valuto veramente l'idea di rimanere qui a distrarlo ancora un po', ma dato che ci tengo alla vita decido di tornamene in cucina a studiare.
Mi siedo al tavolo e osservo da dietro il mio ragazzo; riesco a vedere la sua testolina bionda muoversi lentamente, mentre ripete a bassa voce gli appunti che ha di fronte, fermandosi quando non riesce a comprendere qualcosa.
Nonostante il suo caratterino apparentemente scostante, è un micetto dolcissimo; sono veramente fortunato ad averlo con me.

Sento qualcuno bussare alla porta; mi stiracchio leggermente contro lo schienale prima di alzarmi per andare ad aprire.

- Ciao Suga- saluto, sorpreso.

- Ti ho portato qualcosa da mangiare- afferma, sollevando un sacchetto.

Aggrotto la fronte.

- Da mangiare? Che ore sono?- gli chiedo.

- Circa le 20:00-.

Spalanco la bocca: sapevo di stare studiando da tanto, ma non pensavo fino a questo punto.

- Deduco che ho fatto bene a portartela- ridacchia, porgendomi il sacchetto.

- Grazie- mormoro, prendendolo.

- Torno da Daichi, se hai bisogno di qualcosa chiamaci- mi dice, voltandosi.

- Suga- lo richiamo.

Lui gira la testa.

- Per quella volta, io...-.

- Non è necessario che ti scusi, non eri in te- mi ferma.

Annuisco.

- Sicuro di non volerlo dire a Daichi?- gli chiedo.

- Conoscendolo si preoccuperebbe con me senza motivo- fa un sorriso - non temere, è tutto a posto. Ci vediamo domani mattina- detto questo si allontana.

Sorrido; Suga non è il mio tipo, ma anche Daichi è un uomo fortunato.

Chiudo la porta e vado in cucina: Suga mi ha portato dei takoyaki.

Prendo un piatto e le mie bacchette, dopodiché mi siedo per mangiare.

Durante la cena mi scambio qualche messaggio con Yaku; pare che tra un paio di settimane lui e Lev torneranno dal loro viaggio, e ha già deciso che verrà a farmi visita appena riuscirá.

Finito di mangiare, appoggio il piatto sul mucchio insieme agli altri.

Mi dirigo in bagno per farmi una doccia, dopodiché indosso i pantaloni che utilizzo come pigiama.

Sto per andare a letto, ma sento il campanello suonare.

Sbuffo: chi diavolo è a quest'ora?

- E io che volevo dormire...- borbotto, andando alla porta.

- Si? Chi è?- chiedo, aprendo.

- Hey Hey Hey! Già in tenuta da letto?!-.

- Bro, che ci fai qui?- chiedo, mentre lui entra in caso.

- Volevo farti un po' di compagnia- afferma mentre chiudo la porta.

- Bro, non sono in vena stasera-.

Abbiamo fatto sesso un paio di volte, e probabilmente succederà ancora; aveva ragione a dire che con un ragazzo per me è molto meglio.

Però stasera non sono in vena: il mercoledì non mi va di fare niente che non sia andare a trovare il mio piccolo micetto e studiare.

- Lo so, sono idiota ma non così tanto- risponde lui.

- Allora perché stai andando verso la mia camera da letto?- gli chiedo, seguendolo.

Lo osservo togliersi la maglietta e lanciarsi sul materasso.

- Ti faccio compagnia: non mi va di lasciarti solo quando sei vulnerabile-.

- Non sono vulnerabile- borbotto, ma vado comunque a sdraiarmi.

Lo sento allungare la mano ed accarezzarmi i capelli.

- Ti piace proprio quando ti accarezzo i capelli eh?- gli chiedo, notando che ha chiuso gli occhi.
- Si- sussurra, raggomitolandosi ancora di più su di me.
- Perché tu non lo fai con me?- gli chiedo.
- Perché i tuoi capelli sono pieni di gel- afferma.
- Quindi in doccia...-. Lui apre gli occhi e mi guarda male. Assumo un'espressione angelica e lui sbuffa.
- Si, quando sono puliti potrei farlo- sussurra.
- Evvai! Ti amo tanto-.
- Ti amo anch'io- chiude nuovamente gli occhi e si addormenta.

- Quindi è per questo che ti sei buttato sul sesso eh?- sussurra, ed annuisco.

- Ti dá fastidio?- chiede, riferendosi al movimento della sua mano.

- No- mormoro.

In realtà mi rilassa; le sue mani sono molto meno delicate di quelle di Kenma, ma è comunque piacevole.

Il mio piccolo micetto si addormentava sempre mentre glieli accarezzavo, era veramente adorabile.

- Dormi pure, tranquillo- lo sento sussurrare.

Annuisco lentamente e chiudo gli occhi, scivolando in un sonno profondo.

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