5- Alla Ricerca Di Una Speranza
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Il viaggio sembrava proseguire al meglio, quando solo dopo una ventina di giorni che si trovavano in alto mare, alcune persone cominciarono ad ammalarsi e a morire di tifo.
Così per paura di quella piaga, le persone che morivano venivano gettate direttamente in mare senza neanche dare loro la possibilità di ricevere un degno saluto da parte dei loro cari, e tutto questo per la paura di eventuali contagi.
E così il sospetto aleggiava e correva strisciante nell'aria tra persona a persona. Ognuno di loro era guardato a vista, ogni starnuto ogni colpo di tosse, non passava di certo inosservato, si scrutavano a vicenda, attenti ad ogni minimo sintomo e a ogni minimo cambiamento.
E così non appena uno accennava o manifestava anche un minimo segnale, veniva separato ed allontanato dal resto del gruppo. Venendo immediatamente rinchiuso in un'altra parte della stiva, insieme a tutti gli altri contagiati, inattesa che si compisse il suo destino.
E così erano tutti atterriti per la paura di non sapere a chi sarebbe toccato, o chi sarebbe stato il prossimo sventurato a dover subire questo destino e questa sorte crudele. **
☀️Caterina.
Quasi tutte le sere mi ritrovo a piangere terrorizzata tra le braccia del mio Arcusio, e lui dal canto suo fa di tutto per cercare di farmi riavere quel senso di pace che ho perso.
Per cercare di ovviare a questo problema terribile, cerchiamo di passare la maggior parte del nostro tempo fuori sul ponte. Praticamente dalla mattina presto, fin quasi a tarda sera. E cioè fino a quando non siamo più in grado di sopportare il vento ed il freddo che ad un certo punto si alza dal mare e che arriva fino a noi con tutta la sua forza, sferzando il nostro corpo, oltrepassando queste nostre povere coperte ormai consumate dal tempo.
A questo punto controvoglia mi tocca cedere alle insistenze sia di Arcusio, che di Nasli, che mi incitano ad andare dentro. Soprattutto Nasli, mi sprona a non pensare al peggio, ma ad avere uno spirito più positivo, in quanto afferma che il mio stato d'animo può influire in bene o in male sul mio stato di gravida.
Sapendo che ha perfettamente ragione, li seguo sotto coperta, ma la paura di dover respirare quell'aria malata mi terrorizza, ho paura di riempire i miei polmoni di quest'aria stantia, umida e puzzolente, che aleggia dappertutto.
Poi stanotte mentre ero sdraiata sulla mia branda accanto a quella di Arcusio, lo ho sentito tossire molto forte, a quel punto l'ho chiamato, ma non ricevendo nessuna risposta da parte sua, mi sono alzata per raggiungerlo, e a quel punto mi sono accorta che il mio amore stava male.
Il sangue mi si è fermato nelle vene, mentre la mente mi si è annebbiata dalla paura, nel vederlo tremare nel letto a causa dei brividi di freddo che sconquassano tutto il suo corpo. Poi verso mattina gli è salita pure la febbre, accompagnata da altri vari sintomi che ormai purtroppo abbiamo tutti imparato a riconoscere e che spaventano tutti.
Non ci sono dubbi sono sicura che anche lui abbia contratto il tifo.
Buona regola vorrebbe che ci autodenunciassimo, anche per il nostro stesso bene. Ma io non ho alcuna intenzione di abbandonare il mio Arcusio al suo destino. Se il suo cammino è segnato, non ho dubbi, lo seguirò fino alla morte. Che senso ha continuare a vivere senza l'amore della mia vita.
Così mentre atterita lo guardo bruciare, ho una paura matta che anche altri si possano accorgere del suo stato di salute, e a questo punto possano venire e portarmelo via.
Ma grazie all'aiuto di Nasli che ormai è diventata una figura fondamentale per me, riusciamo insieme ad alzarlo, perché in lui ormai non ce più neanche un briciolo di forza, e così con non poca fatica riusciamo a spostarlo in un punto più isolato della nave, dove praticamente non passa nessuno.
Ci mettiamo anche d'accordo sui turni da fare tra noi, per non lasciarlo mai da solo, in modo da tentare di abbassare la sua temperatura con degli impacchi di acqua fredda, ma questo comporta non pochi pericoli, in quanto siamo coscienti che in questo momento sia io che lei stiamo mettendo la nostra vita in pericolo, rimanendo così tanto a contatto con lui.
Io da parte mia ho pregato Nasli con tutta me stessa di lasciarci andare verso il nostro destino. Non è giusto che lei metta in pericolo la sua vita per noi, non ha senso.
Io sono sua moglie, e lo amo più di me stessa, ma lei non ha nessun obbligo verso nessuno di noi due, ma lei non ha voluto sentire ragione. E così anche se di malavoglia mi è toccato accettare il suo aiuto nonostante io sappia che la sto mettendo in pericolo.
Ma a quanto pare, nonostante tutti i nostri sforzi e il tempo e le ore dedicate nel cercare di abbassare la sua ipotermia Arcusio brucia, non migliora, stiamo facendo un buco nell'acqua. Da sole non possiamo fare nulla, abbiamo bisogno di un medico.
Così sempre più depressa, e non sapendo più che altro fare o dove andare a sbattere la testa, prendo una decisione, cioè quella di inoltrarmi nei piani alti, alla ricerca del dottore.
So che devo cercare di passare il più possibile inosservata, perché sono consapevole del fatto che se qualcuno dovesse vedermi di sicuro verrei bloccata.
Anche perché già non è visto di buon occhio che nessuno di noi miserabili, o pezzenti come ci chiamano loro, si avventurini tra di essi, a maggior ragione ora che sono stati informati che tra noi sono scoppiati casi di tifo, ancora di più.
Ma io ho bisogno di contattare al più presto il medico, anche se sono consapevole che sarà veramente difficile riuscire a convincerlo a scendere fino a noi per curare mio marito.
In quanto anche il dottore non è privo ne è lontano da questa distinzione di classe che aleggia sulla nave. Non si spende né si prodiga per noi in alcun modo. Ma io voglio provare comunque, lo supplicherò se sarà necessario.
Ancora non capisco come io abbia fatto a raggiungere la sala medica senza essere vista, e senza aver commesso nessun passo falso, data tutta l'ansia che mi opprime.
Mentre mi avventuro attraverso questo corridoio desolato, sento il sangue in gola, e il cuore che pompa a mille. Il terrore è la paura di poter perdere Arcusio, mi sta letteralmente schiacciando il petto.
Eppure chissà forse tutta questa adrenalina mi è stata utile, perché mi ha permesso di mantenere una certa lucidità mentale, dandomi la forza di muovermi con estrema cautela e molta attenzione, raggiungendo così con discreta facilità l'ambulatorio medico.
Come busso alla porta, una voce maschile mi dà il permesso di entrare.
Lo studio dentro non è vuoto, in quanto oltre al medico seduta di fronte a lui vi è una donna ben vestita e di classe, anche lei come m'è è incinta, e probabilmente è qui per discutere di qualche suo problema con il dottore.
Appena notano la mia presenza, comprendo che l'espressione facciale dei due, sia quella del medico che della donna cambiano in modo drastico. Il dottore si alza di botto dalla sedia apostrofandomi in malo modo con un tono seccato, mentre la donna si copre il naso con il suo bel fazzoletto ricamato mentre mi guarda con un'espressione di disappunto.
-Che diavolo ci fa qui! - Mi chiede il medico mentre mi prende da un braccio senza nessuna delicatezza per accompagnarmi alla porta e sbattermi fuori.
-La prego! - Gli dico con un tono implorante con le lacrime agli occhi e la voce tremante a causa di un magone che mi sta letteralmente spezzando.
Lui per me è la mia ultima speranza per riuscire a salvare l'amore della mia vita.
-La prego! Mio marito sta molto male, mi aiuti per favore, non ho molto da offrire ma le posso dare questo ciondolo. - Gli dico mentre cerco di toglierlo dal collo.
È un ciondolo di famiglia tramandato da anni da madre a figlia, so che di sicuro vale qualcosa, anche se non so quanto. Di sicuro ha un valore sentimentale, in quanto è appartenuto a mia nonna e poi a mia madre, e il giorno del mio matrimonio mia madre lo ha donato a me. È l'unico ricordo che io ho della mia famiglia, ma se separarmene servirà per salvare la vita di Arcusio lo farò senza nessun problema.
-Non dica sciocchezze, quel ciondolo non vale nulla, esca immediatamente da qui- mi dice il medico urlando.
-Che succede? - Chiede un uomo a questo punto, entrando dentro nell'ambulatorio richiamato dalle urla del dottore.
Appena lo vedo rimango per un momento bloccata, in quanto il viso di quell'uomo mi è familiare, ma non ricordo dove posso averlo visto.
Ma sì! L'ho intravisto qualche giorno fa, mentre passeggiava sul nostro ponte. Me lo ricordo perché non è da tutti i giorni che un loro signore cammini tra noi poveracci.
È un uomo di classe, ben vestito e con un modo di fare che mette una certa soggezione, da come si muove e da come parla si comprende che deve essere abituato a dare ordini più che a riceverne.
È poi per essere entrato così solerte dentro la sala medica per accertarsi del motivo di tanto trambusto sicuramente non può che essere il marito della donna incinta che è qui dentro con me.
"Ora di sicuro si incavola con me, e mi butterà con le sue stesse mani direttamente fuori da questo studio medico in malo modo, per essermi permessa di mettere a rischio la sua vita, ma soprattutto quella di sua moglie e di suo figlio," penso tra me per un attimo tremando al solo pensiero che davvero con il mio comportamento sconsiderato sto mettendo in pericolo la vita di tutti.
Ma ciò non mi importa, noi siamo esseri viventi al pari loro. La nostra vita vale se non più della loro perlomeno quanto la loro, nessuno mi muoverà da qui se non solo con la forza. Dovranno alzarmi di peso e sbattermi fuori se vogliono liberarsi di me, perché io da qui non mi muovo, senza prima aver ottenuto ciò che voglio.
Così con un gesto brusco mi libero dalla presa del medico, mi raddrizzo e li squadro tutti e tre passandoli uno ad uno con lo sguardo fulminandoli, per poi soffermarmi direttamente sul viso di quell'uomo fissandolo direttamente negli occhi, per rispondere alla sua domanda.
-Mio marito sta male, io non pretendo che il medico lo venga a curare, ma che almeno mi dia le medicine che ci servono - gli dico senza batter ciglio, mentre mi preparo per essere sbattuta fuori, ma la reazione di quell'uomo mi lascia letteralmente esterefatta.
-Mi perdoni, ora sistemo tutto! - dice il medico riprendendo la parola subito dopo di me, con un tono compiacente verso quel tipo . Probabilmente vuole ingraziarselo prendendo in mano la situazione.
Ma l'uomo con un solo movimento della mano lo blocca zittendolo, poi rivolgendosi direttamente a me, con un tono dolce e preoccupato, mi chiede...
-Che sintomi ha tuo marito?-
Lo guardo preoccupata, e con una certa ansia in corpo. "Chissà cosa potrebbe accadere, se ora mi azzardo a dire che ha il tifo?" Mi domando preoccupata.
A queste mie parole di sicuro questo suo modo di fare così premuroso nei miei riguardi si trasformerà in un attacco di ira, dopo di che può accadere di tutto e di più.
Ma non mi importa il mio Arcusio è in pericolo, ed io sono arrivata fino qui per un motivo ben preciso, ora devo avere solo il coraggio di andare fino in fondo.
-Il tifo! - Rispondo così a bruciapelo, e senza tanti giri di parole.
La moglie dell'uomo si alza di scatto dalla sedia correndo fuori dalla cabina, mentre il medico attende invece istruzioni da parte dell'uomo. Qualsiasi cosa dovrebbe chiedere, per lui sarà un ordine da eseguire all'istante.
Ma l'uomo, senza scomporsi più di tanto si volta verso il medico, comandano con voce ferma, di darmi tutto ciò di cui io ho bisogno.
Nel sentire queste parole i miei occhi si illuminano di gratitudine, mentre un sorriso spontaneo nasce sul mio viso. Sono felice, forse il destino per noi sta cambiando, forse ho una speranza per poter salvare Arcusio.
-Grazie! - gli dico mentre lo fisso direttamente negli occhi carica di riconoscenza.
In tanto il medico mette in una cesta tutti i medicinali di cui necessito, sotto lo sguardo di quell'uomo che nel mentre mi fissa in un modo molto strano.
Un modo che mi mette non poca soggezione, ma ha cui in questo momento non dò troppo peso, anche perché la mia priorità ora è solo Arcusio.
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